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Gli dei possono combattere per le due parti ma alla fine è sempre il fato a decidere le sorti di
ogni uomo!!!
Tutta la guerra di Troia è opera del fato e i protagonisti ne sono consapevoli. Non si tratta di
quello che noi oggi possiamo definire “fortuna” o “caso”, ma si tratta di un disegno più vasto
già stabilito fin dal principio. Se qualcosa si brutto accade nella guerra, significa che doveva
accadere poiché scritto dal fato. Di questo tutti gli eroi dell’Iliade ne sono a conoscenza. Anche
Ettore alla fine del duello contro Achille capisce che il suo destino è segnato poiché è così che è
stato scritto dal fato.
Nell’Iliade sono presenti molte profezie pronunciate per lo più da persone in fin di vita che
preannunciano il futuro del loro uccisore. È il caso di Ettore che poco prima di morire
preannuncia a Achille che anche lui morirà per mano di Paride sostenuto dall’aiuto di Apollo.
Achille è comunque consapevole della sua ine anche grazie alla madre che gli aveva già
annunciato la sua fine. Achille aveva la possibilità di non combattere per vivere più a lungo, ma
preferisce entrare in guerra pur coscio del fatto che vi perirà. Accetta quindi la gloria più
grande in cambio di una vita molto breve. Quindi quando uccide Ettore è a conoscenza della
sua fine, ma scambia la sua vita per la gloria eterna.
Andamento a U
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L'andamento delle vicende di guerra nel poema è a U: il pedice è rappresentato dal momento
in cui i Troiani arrivano alle navi greche e all'uccisione di Patroclo. La morte di quest'ultimo
accelera l'incombere tragico del poema, che porta all'uccisione di Ettore. Morto Ettore la fine di
Troia è segnata.
Le pause
Sono quei momenti nel poema in cui l'azione è sospesa, in cui il divenire incessante e tragico
lascia spazio all'emergere dell'essere umano. L'essere è infatti secondo la filosofia occidentale,
la realtà più profonda, metafisica, ossia che va oltre la realtà fisica.
Le pause nell'Iliade sono:
1. Libro 3, Elena sulle mura
Elena compare davanti ai vecchi di Troia che sono raccolti sulle mura della città per vedere la
battaglia tra Menelao e Paride che si svolge sulla piana. Quando Elena giunge sulle mura i
vecchi sono meravigliati dalla bellezza di quest'ultima e affermano che vale la pena combattere
per una donna simile. Elena è così bella da assomigliare a un'immortale. La bellezza diventa
quindi la causa della guerra.
La bellezza è infatti il valore più alto e importante nell'ideale dell'epoca arcaica, ma quella di
Elena è una bellezza maledetta. Lei stessa si chiama "cagna" e afferma di essere la causa di
questa dannata guerra. Priamo tuttavia la rassicura affermando che la guerra è stata voluta
dagli immortali.
Questa è la prima scena di pausa nell’Iliade, il primo momento dove s’intravede l’essere: si
vede un’Elena oltre la sua realtà fisica, ossia si vede la sua bellezza incarnata che va oltre tutto
ciò ce è terreno!
2. Libro 6, scontro fra Glauco e Diomede
Nella battaglia s'incontrano questi due guerrieri avversari, Glauco e Diomede.
Diomede comincia il discorso chiedendo la stirpe del nemico e Glauco gli risponde che non
importa il nome, le generazioni degli esseri umani poiché essi cadono come foglie. Questo
topos degli esseri umani paragonati alle foglie ricorre in tutta la tradizione successiva (ancora
Ungaretti riprende la stessa immagine nella poesia “Soldati”). Le genealogie sono delle
caratteristiche molto importanti per la poesia e per la mentalità arcaica. Anche nella Bibbia,
Matteo nel suo vangelo propone una lunga genealogia per dichiarare la discendenza di Cristo
fino ad Adamo stesso, non mancando una sola generazione.
Questa pausa comprende 2 racconti: Glauco che parla della sua genealogia con al centro
Bellerofonte, e il Diomede che parla dell’ospitalità dei due padri. In questo incontro non si
intravede l’essere dell’uomo, ma piuttosto s’intravede la genealogia dei personaggi che indica
il divenire.
Il discorso fra Glauco e Diomede rivela lo stile tipico di Omero, ossia il fatto che ogni occasione
è buona per una digressione storica che per quanto concerne la scena non ha molto senso, ma
per comprendere il senso completo dell’episodio sì. Sono delle piccole parentesi che
chiariscono quanto è successo in precedenza o quanto accadrà in seguito.
In questo incontro i due riconoscono di essere legati da un patto di ospitalità e per dimostrarlo
si scambiano le armature. Il patto di ospitalità nel mondo antico comportava un dono reciproco:
per siglare il patto occorreva un dono da entrambe le parti. Questo patto in seguito non può più
essere infranto poiché è l’unico legame civile che legava due persone in un mondo
completamente ostile e violento. In quel periodo qualsiasi incontro era considerato pericolo,
legato alla violenza, e i patti di ospitalità erano quindi fondamentali e rispettati. In questo
incontro possiamo approfondire uno studio antropologico, ossia troviamo forti indizi che ci
permettono di capire come vivevano questi uomini e i loro antenati.
Tuttavia questo scambio non è equo poiché l’armatura che Glauco dona a Diomede è di oro,
mentre quella di Diomede è di bronzo.
Questo momento d’incontro va al di là della guerra, della forza, che in questo caso ha dei
limiti: la guerra conosce il rispetto di leggi umani e l’etica persiste anche di fronte alla forza dei
guerrieri. 5
3. Libro 6, Ettore torna a Troia
Ettore abbandona il campo di battaglia per trovare sua moglie Andromaca e suo figlio,
Astianatte. Non li torva a casa ma sulle mura, dove Andromaca si è recata con il figlio e una
balia a vedere la battaglia. Questa scena è simile a quella del libro 3, dove è invece Elena a
guardare lo scontro dalle mura.
L'incontro tra marito e moglie è particolarmente toccante: lei lo scongiura di non tornare a
combattere perché Ettore è tutto ciò che le rimane. Tutta la sua famiglia è stata infatti
sterminata da Achille. Se Ettore venisse ucciso, a lei non resterebbe più nessuno. Questa legge
è irresistibile agli occhi dell’eroe ma Ettore non può lasciare l’esercito poiché non darebbe il
giusto esempio e non si guadagnerebbe quella gloria che è tanto desiderata dagli eroi antichi.
Le risponde quindi che non può non tornare in guerra perché si guasterebbe la sua fama.
La cosa che più ferisce Ettore è pensare al futuro, alla presa di Troia e soprattutto dopo la sua
morte, pensare al destino della moglie. Ciò che più l'angustia è il pensiero che alla caduta di
Troia Andromaca verrà venduta come schiava dai greci.
Vediamo qui un eroe pensante e cosciente: crea una scena futura nella quale sa già della
caduta di Troia ma niente lo angustia di più del sapere che la moglie finirà schiava di un greco.
Ettore prende in braccio suo figlio, che spaventato dall'armatura del padre scoppia a piangere.
Ettore invoca gli dei chiedendo che il figlio diventi ancora più glorioso del padre.
Ettore aveva un unico figlio che verrà poi ucciso dal figlio di Achille. Perciò Ettore e la stessa
Troia non avranno discendenti. Gli unici eredi saranno Enea e suo figlio Ascanio i quali saranno
però costretti ad emigrare in Italia dove fonderanno Roma.
Nel vedere questa scena Andromaca ride e piange allo stesso tempo. Ettore torna così in
campo e Andromaca a casa dove cominciano i pianti funebri per il marito che però è ancora in
vita.
Si tratta in questo caso di una vera e propria pausa dalla guerra anche se questa continua
incessante nel campo sottostante. In queste scene appare però che i protagonisti se la
dimenticassero. La legge che ora prevale non è il fragore delle armi, ma lo scoppio degli affetti:
si tratta infatti di una scena famigliare in una situazione estrema. Si tende qui a dimenticare la
guerra.
La guerra ha quindi due facce: da una parte il campo di battaglia dove gli uomini si
scontrano, dall’altra le retrovie, la città dove non si combatte e dove i soldati potevano
riposarsi e ritrovare le proprie famiglie.
All’improvviso Omero è capace di tocchi di una delicatezza straordinaria in un poema di
maschi, di guerra e di crudeltà. Questo è un momento di pausa che va veramente dentro
all’essere umano, toccando la sofferenza e i sentimenti, il pathos!! È questa l'umanità presente
all'interno del poema della forza: la forza produce solo dolore, non gioia. La guerra fa soffrire e
produce queste situazioni.
Gli esseri umani hanno bisogno del conflitto per capire. L’Iliade e le tragedie sono importanti
per questo: noi diventiamo più acuti nel momento della sofferenza, più capaci di sentire e far
sentire le cose quando soffriamo.
4. Libro 8, Paesaggio notturno
In questo libro vediamo l’avanzata dei Troiani verso le mura greche. I greci sono costretti a
ritirarsi verso le loro navi. All’improvviso succede che cala la notte e durante la notte non si
combatte. Ettore decide di fermarsi nel campo di battaglia. Manda a prendere alimenti in città e
ordina ai suoi uomini di accendere dei fuochi.
Omero si sofferma sui fuochi utilizzando una similitudine: per indicare il numero dei fuochi
accesi sul campo indica il numero delle stelle in cielo. In seguito prosegue la similitudine
elencando tutti gli elementi del paesaggio circostante, disegnando così un vero e proprio
notturno. È questo infatti il primo notturno mai descritto da un poeta al mondo! Disegna un
intero paesaggio, cominciando dalle stelle, poi alla luna, all’aria, alle cime e ai picchi (monti)
arrivando a delimitare l’orizzonte con le tante valli. Con questa descrizione vediamo un infinito
che si apre davanti agli occhi del lettore.
!!! La similitudine riguarda però il numero di stelle per indicare quello dei fuochi !!!
L’introduzione nella descrizione del pastore che osserva il cielo non c’entra nulla. Il pastore è
un eccesso di informazione, come del resto lo è la letteratura stessa, fatto di eccessi! La
ragione di inserire il pastore in questa descrizione è pura mimesi: colui che osservava il cielo in
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età arcaica era per l’appunto il pastore che per sua natura guarda il cielo quando la sera riporta
a casa le bestie. Il pastore gode in cuor suo guardando il cielo, non perché sta a riposare, bens&igr