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LIBRO II: SULLE IDEE
Capitolo I: delle idee in generale
L’idea è un oggetto immediato interno. Se l’idea fosse la forma del pensiero, essa nascerebbe e
cesserebbe coi pensieri attuali che vi corrispondono, ma essendone l’oggetto essa potrà essere
anteriore e posteriore ai pensieri. L’esperienza è necessaria affinché l’anima sia determinata a tali
o tal’altri pensieri, e affinché presti attenzione alle idee che sono in noi, ma l’anima racchiude
anche molte nozioni che i sensi non saprebbero dare. L’anima pensa sempre: lo si prova allo
stesso modo che si prova che vi sono corpi impercettibili e movimenti invisibili. Vi sono anche
innumerevoli percezioni di poco risalto, che non si distinguono abbastanza perché se ne abbia
percezione o ce ne ricordiamo; ma esse si fanno conoscere per mezzo di conoscenze certe.
Bisogna considerare che noi pensiamo a una quantità di cose nel medesimo tempo, ma che
prestiamo attenzione solo ai pensieri più distinti. Ma dico di più: rimane qualcosa di tutti i nostri
pensieri passati, e nessuno potrebbe mai essere cancellato interamente. Credo che le anime
umane e tutte le altre non siano mai senza qualche corpo; e ritengo anche che Dio soltanto, in
quanto è un atto puro, ne sia interamente esente. Vi sono sempre oggetti che colpiscono i nostri
occhi o i nostri orecchi, e per conseguenza ne è colpita anche l’anima, senza che li notiamo;
perché la nostra attenzione è rivolta ad altri oggetti, fino a che l’oggetto non diventi abbastanza
forte da attirarla a sé. Tutte le impressioni hanno il loro effetto, ma non tutti gli effetti sono sempre
osservabili. Tutte le nostre azioni non deliberate sono risultati di un concorso di piccole percezioni
e anche i nostri costumi e passioni ne derivano. È una gran fonte di errori credere che nell’anima
non vi siano percezioni all’infuori di quelle di cui essa ha appercezione. Credo che noi non siamo
mai senza idee, ma i senza pensieri. Distinguo soltanto tra le idee e i pensieri. Poiché abbiamo
sempre tutte le idee pure indipendentemente dai sensi, ma i pensieri corrispondono sempre a
qualche sensazione.
Capitolo II-VIII: delle idee semplici
Le idee sensibili sono semplici in apparenza, perché essendo confuse, non danno modo allo spirito
di distinguere ciò che contengono. È come per le cose lontane che paiono rotonde perché non si
riesce a discernerne gli angoli. Acconsento tuttavia a che si trattino queste idee come semplici,
perché almeno la nostra appercezione non le divide. Le idee che si dice vengano da più di un
senso, come quelle di spazio, figura, movimento, riposo, sono piuttosto del senso comune, vale a
dire dello spirito stesso, poiché sono idee dell’intelletto puro, ma che i sensi fanno appercepire;
pertanto esse sono capaci di definizioni e di dimostrazioni. Quando la facoltà è intelligibile e si può
spiegare distintamente, deve essere annoverata tra le qualità primarie; ma quando non è che
sensibile e non dà che un’idea confusa, bisognerà metterla tra le qualità primarie. Non occorre
immaginarsi che idee come quelle del colore o del dolore siano arbitrarie, e senza rapporto o
connessione naturale con le loro cause. Direi piuttosto che c’è un tipo di somiglianza non totale,
ma espressiva o di rapporto d’ordine. È ben ragionevole che l’effetto corrisponda alla sua causa. Il
calore non è una qualità sensibile del tutto assoluta, ma relativa a degli organi proporzionati. Anche
le qualità primarie, come l’unità o il numero, possono non apparire come dovrebbero; poiché, come
Descartes ha rilevato, un globo toccato dalle dita in una certa maniera sembra doppio. Non ne
segue dunque che ciò che non appare sempre nel medesimo modo non sia una qualità
dell’oggetto e che la sua immagine non gli somigli. In qualche maniera si può dire che il calore
appartiene all’acqua, benché quest’ultima possa apparire fredda a qualcuno; come il miele è detto
dolce assolutamente, e l’argento bianco, nonostante l’uno sembri amaro e l’altro giallo ad alcuni
malati; poiché la denominazione si fa in relazione a ciò che è più ordinario.
Capitolo IX: della percezione
Vorrei distinguere tra percezione e avere appercezione. La percezione della luce o del colore, per
esempio, di cui abbiamo appercezione, è composta da una quantità di piccole percezioni di cui non
abbiamo appercezione.
Capitolo X: sulla ritenzione
Se le idee non fossero che le forme del pensiero, cesserebbero insieme a questi ultimi, ma esse
ne sono gli oggetti interni e in questa maniera possono sussistere. Se di pensieri passati non
rimanesse nulla non appena non ci si pensa più, non sarebbe possibile spiegare come se ne
possa conservare il ricordo.
Capitolo XII: delle idee complesse
Non soltanto noi riceviamo immagini o tracce nel cervello, ma ce ne formiamo anche di nuove,
quando prendiamo in considerazione delle idee complesse. Così occorre che la tela che
rappresenta il nostro cervello sia attiva ed elastica. L’idea della sostanza non è così oscura come
si pensa. Se ne può conoscere quel che è necessario e quel che si conosce anche in altre cose; e
del resto la conoscenza dei concreti è sempre anteriore a quella degli astratti; si conosce più il
caldo che il calore.
Capitolo XIII: dei modi semplici
Le sostanze o i concreti sono concepiti più facilmente che gli accidenti o gli astratti. È vero che se il
mondo fosse pieno di corpuscoli duri che non potessero né piegarsi né dividersi, come vengono
raffigurati gli atomi, sarebbe impossibile vi fosse movimento. Ma la verità è che non vi è durezza
originaria: al contrario la fluidità è originaria, e i corpi si dividono secondo il bisogno, poiché non vi
è nulla che lo impedisca. Ciò toglie ogni forza all’argomento ricavato dal movimento per provare il
vuoto.
Capitolo XIV: della durata
Una successione di percezioni risveglia in noi l’idea della durata, ma non la costituisce. Le nostre
percezioni non hanno mai una successione sufficientemente costante e regolare da corrispondere
a quella del tempo che è un continuo uniforme e semplice come una linea retta. Il mutamento delle
percezioni ci dà occasione di pensare al tempo e lo si misura mediante mutamenti uniformi; ma
quand’anche non vi fosse nulla di uniforme nella natura, il tempo non cesserebbe di essere
determinato, come il luogo non cesserebbe di essere determinato, quand’anche non vi fosse alcun
corpo fisso o immobile. In questo senso il tempo è la misura del movimento, vale a dire il
movimento uniforme è la misura del movimento difforme. La durata si conosce dal numero dei
movimenti periodici eguali dei quali l’uno comincia quando l’altro finisce. I sensi da soli non
potrebbero essere sufficienti a fare formare la nozione di eternità. Si può dire che l’idea
dell’assoluto è anteriore nella natura delle cose a quella dei limiti che vi si aggiunge, ma noi non
rileviamo la prima se non cominciando da ciò che è limitato e che colpisce i nostri sensi.
Capitolo XVI: del numero
Questa definizione secondo la quale il numero è una moltitudine di unità non ha luogo che negli
interi. I numeri sono non soltanto differenti in grandezza, ma anche dissimili. Un numero pari può
essere diviso esattamente in due, ma non un numero dispari; tre e sei sono numeri triangolari,
quattro e nove sono quadrati, otto è cubo.
Capitolo XVII: dell’infinità
Il vero infinito in senso rigoroso non è che nell’assoluto che è anteriore a ogni composizione, e non
è formato per addizione di parti. L’idea dell’assoluto è in noi anteriormente come quella dell’essere.
La vera ragione in base alla quale si ha argomento di ritenere che la bianchezza non potrebbe
essere aumentata all’infinito è che non si tratta di una qualità originale. Ma riguardo alle qualità
originali, si vede che vi sono i mezzi qualche volta per andare all’infinito non soltanto laddove vi è
estensione, come nel tempo o nel luogo, ma anche laddove si ha intensione o gradi, come per
esempio nella velocità.
Capitolo XVIII: di alcuni altri modi semplici
La maggior parte dei modi non sono abbastanza semplici e potrebbero essere annoverati tra i
modi complessi. Si ha sensazione quando si appercepisce un oggetto esterno, la reminiscenza ne
è la ripetizione senza che l’oggetto si ripresenti; mentre quando si sa di averla già avuta si ha
ricordo. Abbiamo attenzione per gli oggetti che distinguiamo e preferiamo agli altri, la quale,
allorché tende alla conoscenza senza rapporto all’azione, sarà contemplazione. L’attenzione il cui
scopo è apprendere, è studio. Il sonno è una cessazione delle sensazioni. Senza dubbio il
pensiero è un’azione, ma è un’azione essenziale. Noi non siamo mai senza percezioni, ma è
necessario che siamo sovente senza appercezioni, quando cioè non si hanno percezioni distinte.
Capitolo XX: dei modi del piacere e del dolore
Credo che non vi siano percezioni che siano del tutto indifferenti, ma è sufficiente che il loro effetto
non sia discernibile perché le si possa dire tali; il piacere o il dolore sembrano consistere in un
aiuto o un impedimento palese. Il bene deve essere gradevole di per sé o perché serve per
qualcos’altro che ci possa dare un sentimento gradevole; vale a dire che il bene è gradevole o
utile, e l’onesto a sua volta consiste in un piacere dello spirito. Nel desiderio in se stesso vi è
piuttosto una disposizione e una preparazione al dolore, che non il dolore medesimo.
L’inquietudine, vale a dire piccole sollecitazioni impercettibili che ci tengono sempre sotto stimolo,
sono determinazioni confuse; e per questo sovente non sappiamo ciò che ci manca, mentre nelle
inclinazioni e nelle passioni sappiamo almeno ciò che domandiamo. Questi stimoli sono come
tante piccole molle che cercano di distendersi e che fanno agire la nostra macchina. L’inquietudine
si trova pure nella gioia, poiché essa rende l’uomo vigile, attivo, pieno di speranza per andare più
lontano. Le passioni non sono opinioni, ma tendenze o piuttosto modificazioni della tendenza, che
vengono dall’opinione o dal sentimento, che sono accompagnate da piacere o da dispiacere.
Capitolo XXI: della potenza e della libertà
La potenza in generale è la possibilità del cambiamento. Il cambiamento, essendo azione in un
soggetto e passione in un altro, avr&