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CAPITOLO 9 – LO SCAMBIO NELLE SOCIETA’ ARCAICHE E L’ORIGINE DELLA MONETA
Nell’Oriente Mediterraneo, già nel III e II millennio, numerose attestazioni documentano un
consolidato uso come bene di valore, oltre che di oggetti in metallo lavorato, del metallo a peso.
Testi scritti dalla Mesopotamia e Siria del III millennio testimoniano pesi come il siclo e la mina
e la consuetudine di pagare in sicli d’argento le ammende. In Egitto nella stessa epoca testi
dell’Antico Regno (2600-2100) riportano due sistemi ponderali, uno basato sul deben per l’oro e
l’altro sulla shat per l’argento. Pesi in mine risalenti al III millennio sono stati trovati in
Mesopotamia e Assiria. In II millennio, il codice di Hammurabi attesta il pagamento di multe in
sicli d’argento e ne riferisce l’equivalenza con il bestiame (1 siclo per un maiale, 2 per un
montone).
Nel mondo greco segni di differenti stadi della concezione del valore si colgono nei poemi
omerici, ove non vi è menzione della moneta, ma non c’è riferimento alla moneta neanche nelle
tavolette in lineare B dei palazzi micenei, epicentro di un sistema di produzione e distribuzione
dei beni che ruotava intorno alla figura del re.
In momenti fondanti del vivere sociale e in occasione di pratiche mercantili tra differenti gruppi, il
trasferimento dei beni appare improntato su una concezione quantitativa e non più qualitativa: il
valore è espresso in quantità misurate e ne sono definite le equivalenze. Metro di valutazione
ricorrente è il bue che per il suo essere un bene universale di prestigio è anche l’oggetto
sacrificale per eccellenza. Tra gli oggetti di prestigio usati come valori circolanti e scambiati in
dono tra i gruppi aristocratici omerici, nel corso del tempo, taluni se ne distanziano assumendo
funzioni di strumenti di valutazione e configurandosi come segni premonetari. Tripodi, scuri,
bipenni, calderoni, diventano in determinati ambienti nomi di unità ponderali o usati per il
pagamento di ammende.
I più antichi esemplari di monete sono stati ritrovati a Efeso nel santuario di Artemide, ricostruito
da Creso re di Lidia nel 560 a.c. I globuli presentano pesi e tipi differenti: ci sono piccole frazioni
di meno di 1 grammo e strateri con valori di peso riferibili almeno a due differenti sistemi, quello
lidio-milesio da 14 grammi e quello foceo da 16. I tipi attingono al repertorio di animali tipico della
cultura orientalizzante: una capra, due galli affrontati, una testa di leone di prospetto, una zampa
di leone, un cavallo imbrigliato, grifo, falco, foca, scarabeo, cinghiali.
CAPITOLO 11 – LA MONETA A ROMA
Prima della moneta i Romani e altre popolazioni indigene usavano bestiame e bronzo non
lavorato come misura del valore e scambio. Le prime coniazioni in bronzo e argento di Roma
risalgono a fine IV secolo. Le emissioni, prima scarse, seguono il modello e valori ponderali della
moneta napoletana, quindi denominate romano-campane. Serie in bronzo con i tipi delle monete
di Neapolis. Anche le prime emissioni in argento si ricollegano all’ambiente campano. Il periodo
in cui Roma comincia a produrre moneta coincide con la fase della sua più intensa espansione,
attraverso la fondazione di colonie e rete di alleanze. Le emissioni rispondono all’esigenza di far
fronte ai costi delle imprese militari per la conquista di vaste aree e agli interventi su monumenti
pubblici. Alla fase della guerra tarantina, 280-272, risalgono la serie in argento di Roma con la
testa di Apollo e cavallo al galoppo. Nel III secolo Roma introduce immagini fisse sull’argento,
con Giano bifronte e quadriga. Ad esse si affiancano quelle in oro dette serie del giuramento. Sul
bronzo vi erano prua di nave e una testa di divinità. Il generale riassetto dell’ordinamento
monetario romano è stato attuato nel corso del conflitto contro Annibale, in un momento critico
per Roma per le difficoltà di reperire risorse per fronteggiare le spese di guerra. La riforma
stabilisce un rapporto stabile tra l’argento e il bronzo, fissando a 10 assi il valore della nuova
unità monetaria d’argento, dal pesi di 4 scrupoli. Oro marziale per la testa di Marte, recano il
marchio del loro valore di 60, 40 e 20 assi. Sulle monete in bronzo continuano a campeggiare la
prua di una nave a rovescio e a dritto la testa di una divinità.
In seguito alla sconfitta di Marco Aurelio e Cleopatra, sui denari di Ottaviano ora compare
l’iscrizione IMP CAESAR, avendo egli assunto nel 29 a.c. il prenome Imperatoris. Il passo
successivo è il riconoscimento da parte del Senato romano della sua autorità, sancita nel 27 con
il titolo Augustus. Nel 23 gli vengono conferite due cariche fondamentali, l’imperium proconsolae
ovvero il comando militare di tutte le provincie dell’impero, e la tribuncia potestas, che prevedeva
l’inviolabilità della sua persona e gli attribuiva il diritto di convocare comizi e porre il veto sulle
proposte di legge.
Il provvedimento preso da Nerone per aumentare la liquidità dello stato definiva un valore
maggiorato alla moneta d’argento. Fino al III d.c. si registra la tendenza a intervenire sul denario
abbassandone il peso e alterando la composizione della lega d’argento con l’immissione di
quantità minori di rame. All’incremento delle uscite per i maggiori costi di voci di spesa non
corrispondevano introiti di metallo pregiato sufficienti a sorreggere la produzione monetaria,
essendosi esaurita nel II d.c. per la reazione dei popoli confinanti, la spinta espansionistica
segnata dalle conquiste di nuovi territori da cui derivavano ingenti bottini. Per fronteggiare la
svalutazione della valuta d’argento, Caracalla introduce nel 212 il nominale “antoniano” pari a
un doppio denario. Nel III d.c. scompaiono le monete in rame e in metallo vile.
CAPITOLO 10 – LA MONETA NEL MONDO GRECO
Tra le poleis greche, fu Atene la città con gli usi monetari più sviluppati. Le prime coniazioni sono
successive alle riforme di Solone riguardo all’introduzione di pesi attici in sostituzione di quelli
eginetici. La dracma ateniese si suddivide come quella eginetica in 6 oboli ma è più leggera.
Denominate “monete con scudo araldico” perché i loro tipi sono racchiusi in un bordo circolare
rilevato, come raffigurazioni di uno scudo. Nonostante la varietà di impronte, esse vanno riferite a
un’unica zecca perché il quadrato incluso dei loro rovesci è simile e in alcuni casi è ricavato dallo
stesso punzone. L’ultima serie di queste monete ha come tipo una testa di Gorgone e nel
rovescio una protome di pantera. Subito dopo sono state coniate le “civette”, tetradrammi
contrassegnati con la testa di Atena e la civetta. Questi nuovi tipi dureranno fino alla fine della
produzione in argento, I secolo a.c. Le prime civette sono attribuite a Ippia, ai suoi figli o a
Clistene e quindi collegate all’avvento della democrazia. Il cambio del tipo monetale e la
comparsa della legenda rispondono all’affermazione dell’identità politica di uno stato unificato. La
vittoria sulla Persia aveva reso Atene una potenza nell’area orientale del Mediterraneo e la sua
moneta era accettata anche fuori dei confini. In questi frangenti si colloca il provvedimento
chiamato decreto monetario, che impone agli alleati l’abolizione di coniazioni autonome e l’uso di
monete, pesi e misure ateniesi.
Altra moneta importante fu quella di Egina, ritenuta da Eforo la prima città a coniare moneta
d’argento per facilitare le pratiche mercantili svolte dai suoi abitanti che si dedicavano al
commercio a causa della povertà del suolo. La sua moneta è una delle più antiche e ha avuto un
ruolo di primo piano tra le isole egee, che ne hanno utilizzato il peso per le proprie coniazioni. La
diffusione dei primi stateri è vasta, provengono da Persepoli, da Corinto, dall’Albania.
Monetazione di Corinto. Le serie sono distinte dal tipo del pegaso, il cavallo di Bellerofonte che
soggiogò la Chimera con l’aiuto di Atena, la cui testa viene abbinata al pegaso sull’altro lato della
moneta, nel VI secolo.
Le prime monetazioni della Magna Grecia sono caratterizzate dalla tecnica inclusa. La data di
inizio è fissata intorno al 540-530 per le città che presentano monete battute su tondelli larghi e
sottili. Taranto e Reggio avviano la produzione dopo il 510 e hanno le monete battute su tondelli
di diametro minore rispetto alle prime emissioni delle città achee. Le colonie magno-greche, fin
dall’inizio, scelgono per le loro emissioni in argento un’unica raffigurazione come emblema civico,
accompagnata dal nome della città: il toro a Sibari, la spiga d’orzo a Metaponto, Posidone a
Posidonia. Le città achee e Taranto utilizzano il piede acheo, uno stratere diviso in 3 dracme.
Velia all’inizio sceglie come tipo del dritto un leone con la preda ma in V secolo sono apposte
nuove immagini, la testa della ninfa Yele e la civetta. Poseidonia aveva interrotto le sue
emissioni, alla ripresa della coniazione nel 480 abbandona il sistema ponderale fenicio
assumendo quello acheo. Sulle serie monetali ora a doppio rilievo all’immagine di Posidone
nell’atto di scagliare il tridente si affianca il toro. Metaponto dismette la tecnica incusa, accanto
alla spiga d’orzo è rappresentata ampia varietà di divinità o il mitico fondatore della città
Leucippo. Tra le prime serie a doppio rilievo c’è un’emissione particolare, coniata per i giochi in
onore di Acheloo, il dio fluviale metà toro. Le serie di Taranto mostrano l’eroe locale Phalantos
o Taras a cavallo di un delfino, abbinato a un ippocampo, una ruota o una testa femminile, e con
l’instaurarsi della democrazia compare una figura maschile, l’ecista, fondatore della città.
Crotone riproduce tra il V e IV secolo le stesse immagini usate inizialmente per gli inclusi,
tripode e aquila, ora a rilievo, mentre il ricordo del ruolo di Eracle e dell’oracolo di Delfi nella
fondazione della città è il tema evocato sugli stateri con Eracle seduto su una roccia. La testa di
Era Lacina, venerata a Crotone, ritenuta emblema della confederazione, si afferma anche a Turi
e Pandosia, poi in Campania e Posidonia. Locri è l’ultima a usare la moneta vietata a lungo per
leggi locali. Le coniazioni iniziano dal IV secolo quando è governata da regime democratico, e
mostrano legami con quelle di Siracusa.
Dagli ultimi decenni del V secolo era andata affermandosi la produzione di monete in bronzo a
valore fiduciario. Esse diventarono strumenti rispondenti ai bisogni distributivi e amministrativi
della polis e a esigenze di scambio di merci e di prestazioni di valore diversificato. Eccezionale è
invece in Magna Grecia la coniazione dell&