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Nella tematica di Traiano assume molta importanza la figura di Giove che, fino ad allora, era
sempre stato raffigurato raramente. Per la prima volta, imperatore e divinità vengono raffigurate
insieme col sovrano di più bassa statura dato che era inammissibile paragonarsi ad un Dio a
quell’epoca. In questo modo si voleva specificare come Traiano governasse la Terra e Giove il cielo.
Durante il sesto consolato Traiano celebrò sulle monete ben tre acclamazioni imperatorie.
L’acclamazione del 114 fu pronunciata dopo i successi nell’area orientale che videro la fine del re
Parthamasiris e l’annessione, anche se non totale, dell’Armenia.
Anche Traiano era solito celebrare le sue imprese e i suoi provvedimenti amministrativi. Sulle
monete fu data grande importanza all’istituzione dell’Alimenta Italiae (una sovvenzione in denaro
per i ragazzini bisognosi d’Italia), forse iniziata con Nerva ma che solo con Traiano divenne
regolare. Si tratta di aurei, di denari, di sesterzi, dupondi e assi, di cui il più rilevante è un aureo
con al R/ la figura di Traiano, in toga, nell’atto di stendere la mano verso due fanciulli con le mani
alzate verso di lui. 15
Oltre a questi provvedimenti amministrativi, nelle monete di Traiano vengono anche celebrate
importanti opere architettoniche e monumentali come la Via Traiana, il Foro di Traiano, il Circo
Massimo e la Basilica Ulpia.
È la seconda volta (la prima fu con Augusto) che le monete celebrano la costruzione di strade e la
prima volta che ne compare una personificazione: Traiano dava particolare importanza alla via
Traiana che da Benevento conduceva a Brindisi. In realtà l’imperatore si occupò anche del restauro
di altre strade, come la Via Appia.
Celebrate anche le costruzioni dell’acquedotto e di un nuovo porto ad Ostia, considerata
appendice marittima dell’Urbe. Il porto di Ostia del tempo di Nerone era stato raffigurato
anch’esso sulle monete, ma la scritta lo definiva PORT. OST., Traiano pone invece in esergo la
scritta PORTUM TRAIANI, specifica dunque che la grande costruzione fu realizzata per suo merito.
Un rilievo eccezionale assumono le monete (aurei e denari) con la celebrazione del padre naturale
di Traiano. Nessun imperatore precedente aveva mai raffigurato sulle monete l’effigie del proprio
padre, ed è quindi evidente che Traiano vi teneva in maniera particolare e, forse, non aveva
gradito molto la necessità di essere figlio adottivo di Nerva. Ma la celebrazione del padre si
affianca comunque alla celebrazione di Nerva.
Traiano si occupava anche di riconiare tutte le monete consunte dei predecessori e di rimetterle in
circolazione, con la dicitura al R/ che indicava che si trattava di “restituzione”. Non si tratta solo di
monete imperiali, per la maggior parte sono di età repubblicana. Non mancano esemplari in oro di
monete di Giulio Cesare, di Augusto, di Claudio, denari repubblicani con la testa giovanile bifronte
al D/ e la quadriga guidata da Giove al R/.
Vi sono anche restituzioni delle moneta emessa dal cesaricida Bruto che celebra l’antenato Lucio
Giunio Bruto. Il vero scopo delle restituzioni di Traiano non era quello di ricordare i personaggi e la
storia romana, ma di celebrare la moneta romana in quanto aveva registrato uomini, avvenimenti,
dei e virtù di Roma.
Adriano venne adottato da Traiano, anche se in realtà pare che questa adozione fosse stata
falsificata: Traiano era morto senza indicare alcun erede ma la sua morte venne tenuta segreta per
qualche giorno al fine di poter falsificare l’adozione.
Adriano celebrerà in ogni caso il vecchio imperatore sulle monete e, non solo, celebrerà anche
alcune figure femminili come Plotina, moglie di Traiano, e Matidia, nipote del vecchio imperatore.
Meraviglia il fatto che non compaia subito il ritratto della moglie stessa di Adriano, Sabina, che
effettivamente fu fatta Augusta molto tardi. Negli aurei ella è rappresentata al D/ con la titolatura
SABINA AUGUSTA e al R/ con la personificazione della Concordia. 16
Seguendo una linea diversa da quella di Traiano, Adriano – non avendo figli naturali – riprese la
tradizione delle adozioni idonee ad assicurare la continuità dinastica. Inizialmente scelse Lucio Elio,
cui fu conferito il titolo di Caesar, successivamente fu la volta di Antonino Pio che fu adottato e
destinato alla successione.
Adriano era fortemente appassionato di cultura greco-ellenistica. L’Oriente, nei disegni di Traiano,
era stato il limite estremo da assicurare alla soggezione romana. A tale programma Adriano portò
delle modifiche per costruire un assetto possibile senza guerre, con l’uso della diplomazia. E le
conquiste orientale furono ampiamente celebrate sulle monete.
Altre raffigurazioni celebrano l’età dell’oro inaugurata da suo padre, il Natalis Urbis (l’874esimo
anno del natale dell’Urbe) celebrato nel 121, l’Ercole di Gades (Hercules Gaditanus) un dio che
aveva assimilato le caratteristiche del preesistente dio fenicio Melqart. Il santuario di Gades era
celebre per gli oracoli e il tempio, l’Herakleion, che richiamava un flusso continuo di pellegrini (ma
anche da Annibale, Giulio Cesare, Polibio…). L’importanza del tempio spiega il motivo per cui
Adriano non poteva trascurare un Dio così importante della sua terra nativa.
Altre monete celebrano i provvedimenti amministrativi, come la remissione delle tasse, e i suoi
lunghi viaggi. La sollecita cura dei bisogni delle province portò Adriano a compiere continui viaggi
come nessun altro imperatore. La testimonianza monetale è ricchissima: sono celebrate le
personificazione delle regioni e delle province, gli eserciti posizionati in tutto l’impero. Questi
lunghi viaggi avevano anche il desiderio di soddisfare la grande curiosità intellettuale di Adriano.
Ma nelle monete l’imperatore non riprodusse mai edifici o opere d’arte che aveva visto
personalmente, mantenendo così separati i suoi interessi privati da quelli pubblici.
Adriano aveva scelto come successore Antonino Pio. Il nuovo imperatore – già cinquantenne –
riuscì, anche grazie al prestigio personale che gli proveniva dal carattere mite e corretto, a vincere
la resistenza di alcuni membri del Senato che volevano la Damnatio memoriae di Adriano.
Le monete emesse da Antonino celebrano l’imperatore defunto, proclamato Dio: aurei e denari
portano la titolatura Diuus Hadrianus Augustus e presentano al D/ il busto di Adriano e al R/
compare per la prima volta la scena dell’aquila di Giove che porta sul dorso l’imperatore defunto,
con la scritta Consecratio.
Antonino Pio adottò il giovane Marco Aurelio, nipote della moglie Faustina, nominandolo Cesare e
facendolo raffigurare su aurei, denari, sesterzi, dupondi e assi con al D/ l’effige di Antonino e al R/
quella di Marco. 17
Molto importante è la celebrazione della moglie Faustina di cui era molto innamorato. Questa
devozione fu sigillata con la costruzione sulla via Sacra del Foro del tempio alla Diva Faustina e alla
sua morte furono emessi aurei e denari con il busto della consorte e la dicitura Augusta ed
Aeternitas.
Ma l’amore di Antonino per Faustina fu concretizzato con la creazione, in onore della sposa
deceduta, di un’istituzione per il soccorso alle orfane povere.
Tra le monete di Antonino Pio spiccano quelle che raffigurano divinità, come Minerva, Diano,
Giunone, Giove, Marte, divinità arcaiche, e la Pietas. Inoltre sulle sue monete vengono celebrate la
religione romana e la leggenda delle origini del popolo romano. Compaiono infatti sulle monete
(aurei e sesterzi) varie raffigurazioni di Enea con i Gemelli Anchise e Ascanio.
Fra gli atti rivolti alla celebrazione dl passato vi furono anche restauri di templi. Particolare
attenzione fu dedicata al tempio del Dio Augusto, raffigurato in un sesterzio.
Sulle monete furono ricordati anche importanti avvenimenti politici. Le difficili relazioni con
l’Armenia furono superate con l’assegnazione di un re sotto la protezione e la vigilanza romana.
Un sesterzio con al D/ la testa laureata di Antonino presenta al R/ l’imperatore in toga nell’atto di
porre la tiara sul capo del nuovo re. Il segno della dominatrice potenza romana è nella statura più
bassa del re rispetto a quella di Antonino.
L’imperatore assegnò un re anche ai Quadi e l’avvenimento fu celebrato sulle monete: un
sesterzio raffigura al R/ Antonino in toga che consegna il diadema al re, con il torso nudo e un
mantello.
Marco Aurelio regnò per un breve periodo assieme al fratello Lucio Vero che venne poi divinizzato
(alla morte) assieme al padre Antonino Pio e celebrato sulle monete.
La guerra in Armenia – distinguibile in tre parti, armeniaca dal 161 al 163, partica dal 163 al 165,
medica dal 165 al 166 – suggerì l’esaltazione anche su monete, con la rappresentazione
dell’Armenia e della Parthia sconfitte.
Molto furono anche le monete con le figure di divinità o comunque alludenti al culto, come un
sesterzio con al D/ il busto laureato di Marco Aurelio e al R/ un tempio e la statua di Mercurio.
Già nel 166 Commodo era stato nominato Cesare da Marco Aurelio e Augusto nel 177. Con
Commodo torniamo ad assistere ad un riaffiorare dell’individualismo, dato che l’Imperatore
18
celebrava moltissimo la sua stessa figura associandola a quella di Ercole, facendosi raffigurare con
le sue sembianze.
Ampiamente raffigurato sulle monete era inoltre Giove a petto, di cui Commodo proclamava la
supremazia sugli altri dei. Non manca la definizione tradizionale di Iuppiter Optimus Maximus:
Giove illuminava e guidava l’età di Commodo, per dimostrare che il Dio più potente fosse dalla sua
parte.
Parte quinta – La crisi e la decadenza
CAPITOLO 8 – Dai Severi alla fine dell’impero
Commodo, ucciso dai pretoriani, dovette subire la Damnatio Memoriae decretata dal Senato. La
mancanza di un successore portò alla lotta armata, dalla quale uscì vincitore Lucio Settimio Severo
(211).
Egli, come segno di riconoscimento per il prezioso contributo del suo esercito, emise delle monete
celebrative delle sue legioni che servivano per pagare loro il soldo.
Settimio Severo – che costituirà poi un criterio dinastico anche più rigido di quello di Vespasiano e
di ogni altro imperatore prima di lui, perché includerà anche la moglie – avvertì le difficoltà create
da un potere conquistato con la forza.
La soluzione definitiva fu trovata da Severo nel proclamarsi discendente degli Antonini, una
discendenza ovviamente inesistente, per legittimare il suo potere agli occhi del popolo e creando
quindi una genealogia fittizia (come le fittizie genealogie dell’età repubblicana). Per questo fu
costretto a divinizzare