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15. REAZIONI AVVERSE DEGLI ALIMENTI
Le reazioni avverse agli alimenti possono essere
suddivise in reazioni tossiche e non tosscihe.
Le reazioni non tossiche vengono catalogate in
immunomediate ovvero reazioni allergiche e non immuno
mediate ovvero reazioni dovute al metabolismo quindi
dovute alla carenza enzimatica, questo tipo di reazione
avverse da carenza enzimatica o metabolica(sono la stessa
cosa)é detta anche intolleranza. L'efsa fa una ulteriore
distinzione suddividendo le reazioni avverse non tossiche
in intolleranze, reazioni autoimmuni e reazioni
allergiche.
Un altra catalogazione delle reazioni avverse agli
alimenti non tossiche viene fatta suddividendo tali
reazioni in allergiche, metaboliche, allergo-metaboliche
di dubbia causa o controverse(come la celiachia poiché
non si capiva se fosse causata da allergia Iga mediata o
intolleranza), e reazioni psicosomatiche di tipo
religioso o culturale.
Le intolleranze possono essere suddivise ancora in
intolleranze farmacologiche, intolleranze metaboliche, e
intolleranze psicosomatiche.
Le reazzioni avverse non tossiche di tipo allergico
possono essere di due tipi IgE mediate, non IgE mediate.
REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI TOSSICHE
In questo caso l'alimento contiene una dose eccessiva di
una determinata sostanza,le sostanze tossiche possono
essere presenti naturalmente nell’alimento introdotto
oppure formarsi in conseguenza alla sua trasformazione,
trasporto, condizioni igieniche etc dell’intera catena
alimentare. Possono essere considerate sostanze tossiche
anche gli antinutrienti, cioé quelle sostanze in natura
che non favoriscono l'assorbimento dei nutrienti o
provocano danni al nostro organismo.
Vediamo quali sono gli antinutrienti principali e i
cibi che li contengono a cui prestare attenzione:
Inibitori degli enzimi proteasi o amilasi presenti
nei legumi, soprattutto soia e alcuni cereali; questi
enzimi determinano un aumento delle perdite di proteine,
riduzione dell'attività degli enzimi pancreatici e
riduzione della digeribilità; vengono inattivati dal
calore, quindi basta cuocerli per evitare spiacevoli
effetti.
Fitati: anche questi presenti in alcuni
•
legumi, cereali e derivati, la loro azione riduce la
biodisponibilità dei minerali presenti nell’alimento. La
neutralizzazione, nella pratica di panificazione, si ha
attraverso la naturale lievitazione, abbastanza lunga da
permettere la degradazione dei fitati presenti. Per il
consumo casalingo di legumi e cereali interi, la stessa
degrazione si ottiene grazie all'ammolo. Una volta
degradati i fitati, i minerali negli alimenti ritornano
disponibili.
Ossalati: interferiscono, di solito negativamente, con i
•
processi di assorbimento dei minerali, come calcio e
ferro. il composto è presente in diverse verdure e
abbondantemente negli agrumi.
Tannini: presenti in moltissime piante alimentari,
•
abbondantemente nel tè, nel caffè, nel cacao, nel vino,
nei mirtilli e via dicendo. Possono interferire
negativamente con l’assunzione di alcuni nutrienti, come
il ferro, e potrebbero diminuire la digeribilità delle
proteine.
Lectine: si trovano in molti vegetali, come fagioli,
•
grano e arachidi. Nei legumi non cotti, possono provocare
danno alla mucosa intestinale e ostacolare la digestione
e l’assorbimento dei nutrienti. Si inattivano al calore:
quindi i legumi, per diventare nutrienti, devono essere
cotti.
Avidina: è un'antivitamina, presente nell’albume d’uovo
•
crudo che lega stabilmente la biotina (vitamina H),
impedendone l’assorbimento nell’intestino. Per potere
assumere la biotina di cui è ricco il bianco d'uovo, è
necessaria la cottura: così l'avidina sarà disattivata.
Ossalato di calcio: un'assunzione eccessiva fa si che
•
precipiti in grande quantità nelle vie urinarie portando
alla formazione dei calcoli. L’acido ossalico è presente
nelle biete, negli spinaci e nel cacao.
Cadmio: frutta e verdura sono inquinati da questo
•
metallo estremamente tossico per colpa dell'uso di
fertilizzanti e pesticidi nell'agricoltura e
nell'industria alimentare. Come tutti gli altri metalli,
se accumulato nell'organismo, può portare all'insorgenza
di tumori e può competere con l’assorbimento di
oligoelementi, quali rame e zinco.
Non bisogna, tuttavia, preoccuparsi eccessivamente degli
antinutrienti: la maggior parte delle persone che seguono
una dieta varia ne assumono solo piccole quantità, che
non comportano danni per l’organismo.
REAZIONI AVVERSE DEGLI ALIMENTI NON-TOSSICHE
Come abbiamo gia detto e ripetiamo, le reazioni non
tossiche vengono catalogate in immunomediate ovvero
reazioni allergiche e non immuno-mediate ovvero reazioni
dovute al metabolismo quindi dovute alla carenza
enzimatica, questo tipo di reazione avversa da carenza
enzimatica o metabolica(sono la stessa cosa)é detta anche
intolleranza. L'efsa fa una ulteriore distinzione
suddividendo le reazioni avverse non-tossiche in
intolleranze, reazioni autoimmuni e reazioni allergiche.
Un altra catalogazione delle reazioni avverse agli
alimenti non-tossiche viene fatta suddividendo tali
reazioni in allergiche, metaboliche, allergo-metaboliche
di dubbia causa o controverse(come la celiachia poiché
non si capiva se fosse causata da allergia IgA mediata o
dall'intolleranza al glutine), e reazioni psicosomatiche
di tipo religioso o culturale.
Le intolleranze possono essere suddivise ancora in
intolleranze farmacologiche, intolleranze metaboliche,
intolleranze psicosomatiche.
Le reazioni avverse non tossiche di tipo allergico
possono essere di due tipi IgE mediate, non IgE mediate.
Ci sono ancora secondo l'EFSA le reazioni avverse non-
tossiche autoimmuni come la celiachia.
INTOLLERANZE
Le intolleranze possono essere suddivise ancora in
intolleranze farmacologiche, intolleranze metaboliche, e
intolleranze psicosomatiche.
Le intolleranze farmacologiche si manifestano in
• soggetti che hanno una reattività particolare a
determinate molecole presenti in alcuni cibi. In
alcuni casi, infine, la reazione può essere dovuta ad
alcuni additivi aggiunti agli alimenti,Intolleranza
alle xantine porta eccitazione, effetti
cardiovascolari, riflusso esofageo.
Le intolleranze psicosomatiche sono dovute motivi
• culturali, come in europa non si mangiano gli
insetti, o motivi religiosi, nell'ISLAM non si mangia
carne di suino.
Le intolleranze metaboliche sono dovute alla carenza
• di un enzima come nel caso dell'intoleranza al
lattosio.
L’intolleranza al lattosio consiste nell’incapacità
di digerire correttamente il lattosio, lo zucchero
contenuto nel latte, ed è causata da una presenza
insufficiente dell’enzima lattasi. La carenza di
lattasi è rara nel neonato. Il declino dell’attività
della beta-galattosidasi è un processo “programmato”.
L’introduzione del latte stimola solo relativamente
la sua attività. I prodotti delattosati possono
essere utili all’apporto di calcio e di altri
nutrienti di cui il latte è ricco.
Il disturbo, che si stima interessi almeno il 40%
degli italiani, può essere di origine genetica, e
dunque comparire già dall’infanzia, oppure
manifestarsi in età adulta. Il problema ha origine
nell’intestino tenue. Il lattosio infatti è un
disaccaride che per essere correttamente digerito
dall’organismo deve prima essere scomposto nei due
zuccheri semplici che lo compongono: galattosio e
glucosio. Questa scissione avviene proprio
nell’intestino tenue ad opera dell’enzima lattasi,
che come tutti gli enzimi ha il compito principale di
facilitare l’assimilazione di specifici cibi
“riducendoli” a elementi più semplici.
Se l’enzima lattasi è carente o assente, il lattosio
non può essere digerito e resta a fermentare nel lume
intestinale.“Esistono vari gradi di intolleranza al
lattosio e dipendono, appunto, da quanto è
consistente e reversibile il deficit di enzima
lattasi.
“Quando il lattosio, come qualunque altro residuo
alimentare non digerito, permane nel tratto
intestinale, viene fermentato dalla flora batterica.
Il processo di fermentazione richiama liquidi nel
colon e aumenta la produzione di gas. Quindi vi é una
componente osmotica,una biochimica(ha effetto sul
funzionamento di meccanismi biologici) e una gassosa.
I principali sintomi sono
meteorismo,flatulenza,gonfiore,dolori
addominali,diarrea,stitichezza.Possono manifestarsi
anche nausea, mal di testa, spossatezza ed eruzioni
cutanee. I sintomi appaiono dopo aver mangiato
alimenti che contengono lattosio ma possono cambiare
molto da soggetto a soggetto, perché dipendono dalla
gravità dell’intolleranza e dal tipo di pasto
ingerito. L’intolleranza può essere genetica o
acquisita. Nel primo caso,nella forma piú blanda
l’organismo non è in grado di produrre a sufficienza
l'enzima lattasi e il neonato riesce ad andare avanti
per qualche mese, il disturbo si manifesta in genere
a partire dal periodo dello svezzamento. In una forma
più rara, il neonato è completamente privo di lattasi
e quindi manifesta i sintomi già quando viene nutrito
con il latte materno. In tutti gli altri casi,
invece, l’intolleranza al lattosio è acquisita o
secondaria, e può insorgere a qualunque età. Può
essere la conseguenza di patologie, lesioni e
infiammazioni a carico dell’intestino o di terapie
antibiotiche che inibiscono l’attività dell’enzima
lattasi. In questi casi il problema è transitorio:
occorre eliminare per 3-6 mesi le fonti di lattosio e
poi reintrodurlo gradualmente. Eliminando dalla dieta
tutte le fonti di lattosio, non bisogna per forza
rinunciare a tutti i derivati del latte.
“I formaggi stagionati (come grana, parmigiano,
provolone e pecorino) in genere non danno problemi, a
meno che l’intolleranza non sia molto grave”.
L’esame diagnostico più diffuso per accertare
l’intolleranza al lattosio è il test del respiro
o breath test, un esame non invasivo che consiste
nell’analisi dell’aria espirata dal soggetto prima e
dopo la somministrazione di una dose di lattosio. Nel
momento in cui lo zucchero del latte non viene
digerito e inizia a fermen