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Estratto del documento

LIBRO III

Capitolo VI

21. Estensione e corpo Con un gioco linguistico di sostituzione delle parole Locke dimostra la

differenza tra sostanza estesa e sostanza corporea. Estensione non significa nulla, mentre il corpo,

considerato a partire dalle sue qualità sensibili, è una cosa solida estesa. Critica anche la definizione

di uomo come animale razionale perché non esprime la totalità dell’essenza dell’uomo:

nell’esperienza ciò che cattura di più l’attenzione è l’aspetto.

24. Definizione di sostanza La sostanza non è un sostrato inconoscibile né un’essenza reale ma

l’idea complessa dell’insieme delle qualità sensibili unite insieme nelle cose particolari contingenti.

E’ soltanto un’essenza nominale creata dalla mente: non è necessaria, non è arbitraria ma è

contingente. Gli uomini quindi formano l’essenza delle sostanze con i loro insiemi di qualità

sensibili e non in base alle loro reali strutture interne.

25. Genesi del linguaggio Anche se si conoscessero le essenze delle sostanze non si avrebbero i

nomi per definirle. I linguaggi in tutti i paesi del mondo si sono creati spontaneamente dal basso

prima della nascita delle essenze: non esistono saggi o poeti (come il datore dei nomi a seconda del

significato delle cose nel Cratilo di Platone). I termini si basano su aspetti sensibili al fine di

permettere la traducibilità tra diverse lingue.

26. Convenzionalità dei nomi Noi assegniamo i nomi alle sostanze sulla base della sola loro essenza

nominale, non su quella reale sconosciuta, in modo convenzionale ma non arbitrario (vedi 20, 24,

28). Platone e Aristotele differiscono molto nella loro definizione di uomo, il primo come animal

implume bipes latis unguibus (classificazione secondo l’aspetto) e il secondo come animal

rationale. La ragione per Locke non esaurisce l’essenza dell’uomo: è piuttosto la figura esteriore,

più evidente ai sensi, ad essere fondamentale alla specie umana.

27. Non ci sono mai confini certi tra le classificazioni perché le essenze nominali delle sostanze

particolari non sono determinate dalla natura ma dalla convenzione umana.

28. Nel conferire le essenze nominali la mente non unisce tra loro idee che apparentemente in

natura non sono unite: l’uomo osserva nella natura quelle determinate qualità che si trovano unite

insieme e delle idee così unite ha ricavato le idee complesse di sostanza.

29. Considerazione delle qualità Nel formare l’idea complessa di sostanza spesso però le qualità di

un oggetto che vengono prese in considerazione non sono le stesse per tutti: generalmente ci si

limita a poche qualità sensibili ovvie e spesso si tralasciano altre molto importanti. Per le sostanze

sensibili organiche la qualità più evidente è l’aspetto, per quelle inorganiche è il colore. Queste

classificazioni sono incerte dal punto di vista filosofico (vedi rapporto coscienza ordinaria-filosofica

nella Fenomenologia dello Spirito) ma non sono arbitrarie, pur essendo convenzionali: anche se

ognuno cambia il nome e le qualità che il nome considera si vedono in ogni caso le stesse qualità

unite insieme.

32-33. Il linguaggio segue un certo tipo di sviluppo il cui intento è comunicare più informazioni

possibili in uno spazio ristretto e in modo facile e breve (vedi Twitter).

Capitolo IX

15. L’uso civile delle essenze nominali Le essenze nominali derivano dall’analisi delle qualità

sensibili che vengono percepite in modo soggettivo, quindi si ha una serie di definizioni dipendenti

da chi le dà. Non ci sono premesse precise per dedurre conseguenze filosofiche dunque i nomi sono

adeguati solo ad un uso civile. In filosofia le verità generali devono essere determinate e derivate da

premesse stabilite e certe.

16.Esempio del liquido In un salotto avviene una disputa tra dotti sul tema dell’esistenza di un

qualunque liquido che possa passare per i filamenti nervosi. Locke interviene perché nessuno va

d’accordo in quanto ognuno conferisce un significato diverso al termine “fluido”. Prima di

intavolare una qualsiasi discussione filosofica bisogna mettersi d’accordo sul senso dei nomi.

17. Esempio dell’oro L’oro ha tante qualità (colore, peso, fusibilità) le quali sono unite insieme e

non si possono separare dicendo che una di queste rappresenta l’essenza dell’oro e le altre sono solo

proprietà: quante più qualità si scoprono tante più bisogna usarne per descriverlo.

18. I nomi delle idee semplici I nomi delle idee semplici, essendo esse molto più certe e

rappresentanti una singola percezione, sono meno soggetti ad errore e più facili da ottenere e

conservare in quanto c’è un rapporto diretto tra percezione e nome.

Capitolo X

14. L’abuso filosofico dei nomi Un errore molto comune, in particolare tra filosofi, è scambiare le

parole per cose e dunque abusare dei nomi delle sostanze: molti nomi non esprimono la natura delle

cose ma sono solo prodotti mentali che non hanno riscontro nella realtà sensibile. Non esiste

corrente filosofica che non abbia dei termini che gli altri non comprendono. Locke abolisce le forme

sostanziali, l’anima vegetativa, l’orrore del vuoto, le specie intenzionali (Aristotele), l’anima del

mondo (Platone) e la tendenza al moto degli atomi (epicurei).

15. Materia e corpo Intorno alla materia si sono svolte innumerevoli dispute come se in natura

esistesse qualcosa di simile distinta dal corpo [per Aristotele era la sostanza di più infimo grado, per

Cartesio si identificava con il corpo e con l’estensione]. La materia non è la stessa cosa del corpo

ma solo una concezione parziale, confusa e incompleta che designa l’idea di consistenza e solidità

del corpo ma non della sua figura ed estensione. Il corpo è una sostanza estesa, solida e figurata

mentre la materia non è che una parte del corpo. Se le parole fossero prese solo come segni delle

nostre idee e non come cose reali ci sarebbero molto meno dispute.

17. Non bisogna usare le parole per cose che esse non possono significare. Sia Platone che

Aristotele nella loro definizione di uomo fanno questo errore: entrambi danno lo stesso nome

(anthropos) a essenze che intendono in modo diverso.

18. In verità la parola uomo è solo un’idea complessa di proprietà unite insieme in lui.

BERKELEY

1685 Nasce da una famiglia inglese

1706-1708 Philosophical commentaries (nome dato da Luce)

1709 Pubblica a Dublino An essay towards a new theory of vision

1744 Pubblica a Dublino Siris, la sua opera più acclamata.

1753 Muore

Malgrado le sue origini inglesi e il suo anglicanesimo Berkeley si sente un filosofo irlandese. Le

teorie berkeleyane mescolano misticismo e senso comune, rispetto della tradizione e

antidogmatismo, fideismo e tolleranza. Si fondano su tradizioni di pensiero antiche (Teofrasto,

Bacone, Platone, Plotino) e moderne (Gassendi, Hobbes, Newton, Locke, Cartesio, Malebranche).

La sua filosofia viene accolta con indifferenza, ostilità, incredulità e ironia: i Gesuiti ad esempio lo

accusarono di ateismo in quanto negando la realtà del mondo esterno e materiale negava la prova

cosmologica.

“Philosophical commentaries”

Sono due quaderni di appunti redatti tra il 1706 e il 1708 al Trinity College di Dublino: contengono

appunti, confutazioni di autori come Locke e pensieri, spesso in forma di domande che a volte non

trovano risposta, trattando tutti i temi poi affrontati nelle opere successive, come la critica delle idee

astratte, degli infinitesimali e della divisibilità infinita dell’estensione, e l’immaterialismo.

“Essay towards a new theory of vision”

L’immaterialismo nelle opere precedenti

L’opera ha lo scopo di confutare la prova a favore dell’esistenza della materia in favore

dell’immaterialismo. L’immaterialismo prende spunto dalla critica di Hobbes, Gassendi e Locke

alla nozione di sostanza, dal rifiuto della materia di Malebranche e Leibniz, e dall’importanza

crescente che Dio assume nella gnoseologica a partire da Cartesio. Già nelle opere precedenti

Berkeley aveva trattato questo tema: nei Commentaries afferma che il mutamento ontologico delle

cose materiali in cose sensibili le lascia immutate sul piano fenomenologico. Nel Treatise e nei

Dialogues adotta due prove a sostegno dell’immaterialismo: la prova a priori (la materia non è

concepibile per mezzo di sensi o ragione, quindi è una parola priva di significato e, anche ammesso

che potesse esistere, inutile per chiunque) e a posteriori (la materia produce errori nelle teorie

filosofiche e scientifiche e induce empietà nella religione).

Immaterialismo e mondo come linguaggio divino

Alla fine della Vision viene formulata la teoria delle idee come segni divini degli oggetti tangibili: il

mondo si riduce al modo in cui Dio vuole che esso sia. Con questa teoria Berkeley riesce a

conciliare il realismo ingenuo del senso comune con il carattere soggettivo della realtà (Galileo,

Cartesio, Locke), congiungendo l’immaterialismo e il mondo come linguaggio divino. Tutto ciò che

percepiamo è allo stesso tempo reale e soggettivo: le cose sono idee e la loro oggettività è garantita

dalla mente divina. La materia è una mera finzione filosofica di una cattiva metafisica, usata da atei

e scettici, e Berkeley la elimina.

“De motu”

Nel De motu Berkeley cerca di dimostrare che i corpi non possiedono potere causale e che le cause

vere sono incorporee e devono essere studiate dalla metafisica/filosofia prima. Bandisce ogni

astrazione e ammette l’esistenza di cause seconde, pur privandole di ogni effettivo potere, che

riserva al principio universale o Mente.

“Siris”

In quest’opera Berkeley tenta di collocare la propria filosofia nell’ambito della tradizione

neoplatonica, svalutando la conoscenza sensibile a favore di quella intellettuale e ribadendo la teoria

del mondo sensibile come linguaggio di Dio.

“Trattato sui principi della conoscenza umana”

Qualità primarie e secondarie

Ne Il saggiatore Galileo è il primo pensatore a distinguere tra qualità primarie e secondarie.

• Qualità primarie: non sono separabili dalla materia e non dipendono dal rapporto col

soggetto. Sono dunque proprietà delle cose in se stesse: movimento, figura, quiete, solidità, numero

ed estensione sono primarie in quanto appartengono necessariamente al corpo, sono inscindibili da

esso.

• Qualità secondarie: esistono solo nella connessione tra soggetto percipiente e oggetto

percepito (il suono ad esempio non esiste in natura indipendentemente dal timpano che l

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
38 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elib. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Ferrini Cinzia.