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La scelta del tono e del linguaggio del messaggio fanno parte della contestualizzazione. Non è solo un scelta
stilistica, ma dipende dal target e dall’ambiente a cui ci si sta rivolgendo: le stesse istituzioni sono portatrici
di un modello culturale e hanno difficoltà su questo terreno, perché nella società ci sono molti pareri diversi.
Fear-arousing appeals
Quando i toni duri ed espliciti, che creano paura, sono efficaci?
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La fonte è credibile, autorevole;
Se il livello di paura è adeguato;
Se il target non è ansioso;
Se la minaccia è reale;
Se il target non si sente toccato dal problema;
Se la soluzione è percepita come efficace.
Il ricorso a messaggi impressionanti presume una relazione diretta tra la minaccia evocata nel pubblico e
l’adozione di comportamenti atti ad impedire che essa si verifichi. Ma se ci si spaventa troppo, bisogna fare
attenzione al diniego. Il modello fear-drive afferma che, quando si è in una condizione di paura, gli individui
sono portati ad alleviare la tensione con la ricerca di soluzioni. Se la soluzione è adeguata, si presenta un
“rinforzo operante” e l’individuo apprende una soluzione appropriata. In presenza di messaggi
impressionanti, ma senza soluzioni chiare ed attuabili vengono evitati.
Linguaggio politicamente corretto
Un linguaggio corretto deve essere un modo di esprimere contenuti cercando di riconoscere pari dignità a
differenti categorie della società. Questa concezione nacque negli anni ’70, nella Sinistra Americana. Bisogna
trovare un modo meno stigmatizzante per parlare delle differenze.
Ma è davvero positivo? Per alcuni no, perché ha determinato solo ipocrisia.
La lingua italiana, come tutte le lingua del mondo, ha sia maschili che femminili, espressioni articolati sia in
un genere che nell’altro. Tra le une e le altre, però, possono esistere grosse differenze. Si tratta di quelle che
vengono definite come polarizzazioni semantiche o asimmetrie semantiche. Ad esempio, “celibe” indica un
maschio primo di legami e libero da vincoli (nella tradizione, il maschio può scegliere se sposarsi o no);
invece, “nubile” significa “da sposare” (la condizione della donna è di attesa). Un altro esempio è la
differenza tra “scapolo”, un uomo non sposato con accezione bonaria, e “zitella”, una donna non sposata con
accezione peggiorativa.
Inoltre, in italiano, mancano i femminili relativi alle professioni e alle cariche che le donne hanno via via
assunto nel corso del secolo. I femminili, invece, sono ben radicati per ruoli e mestieri tradizionalmente
svolti dalle donne (come la casalinga): per molti di questi manca proprio il maschile, oppure, se c’è, assume
un senso diverso. Le linguiste suggeriscono di puntare direttamente alla creazione del femminile, anche se
potrebbe “suonare male”. Più è rara la presenza femminile in questi ruoli, più è difficile accettarne il termine.
I femminili che risultano più strani e più forzati sono proprio quelli relativi ai ruoli di potere più alti;
nessuno si stupisce più dei mestieri medio - bassi declinati al femminile (cameriera, ragioniera, commessa..).
Fede illuministica nel potere della conoscenza
Presumere che ci sia un rapporto tra la conoscenza e l’azione è parte di una fede illuministica nel potere della
ragione: se io so qualcosa, agisco di conseguenza.
In realtà, non c’è un rapporto diretto, perché non abbiamo strumenti a sufficienza. La consapevolezza
vorrebbe dire aver digerito la conoscenza.
Non basta, quindi, sapere di un problema, per poterlo risolvere.
È stato fatto dall’Osservatorio di Pavia, nel 2010, uno studio sulla copertura mediale delle crisi umanitarie. I
dati dicono che c’è un calo costante delle notizie che si occupano di crisi umane, passate dal 10% nel 2006 al
6% nel 2009. Nel 2007, 63 notizie trattano di Paris Hilton e 41 di contesti di crisi in Africa.
Diniego
Il diniego consiste in una serie di meccanismi di negazione che fanno sì che ciascuno di noi tenda ad
allontanare da sé elementi che possono apparire troppo dolorosi o la cui risoluzione appare fuori dalla
nostra portata. Il diniego impedisce all’informazione di diventare esperienza. Noi rimuoviamo pezzi della
nostra conoscenza, ma questo non vuol dire “non sapere”: si tratta di meccanismi che non fanno diventare
l’informazione consapevole.
In questi studi, Cohen, non vuole colpevolizzare nessuno. Non si tratta di meccanismi solo individuali, ma
possono essere reazioni favorite anche dalle caratteristiche del contesto.
Come costruire un messaggio anti-diniego:
Beneficienza e soccorso (termini negativi) Giustizia sociale
Semplificazione della cause Attenzione alla complessità
Immagini negative Immagini positive
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Per allontanare il diniego bisogna coinvolgere direttamente l’interessato, definire il problema, elaborare un
programma di risoluzione e descrivere quale può essere il contributo del singolo. Sono importanti, allora, i
programmi culturali di educazione e prevenzione nelle scuole, la non-colpevolizzazione dei messaggi, i
riconoscimenti pilotati attraverso investimenti etici. Ad esempio, la distanza comunicativa può essere ridotta
con i Medici senza Frontiere per le donne.
Contestualizzare significa anche capire quali sono gli ostacoli che si mettono tra le persone e il messaggio,
per rendere i problemi più gestibili, senza colpevolizzare nessuno e formando strade percorribili.
Cohen dice che ci sono molti problemi relativi alla costruzione del messaggio:
Ritorsione della colpa, con messaggio troppo invadente, si crea un risentimento verso il mittente; ma
non usare toni forti non genera attenzione.
Personalizzazione;
Vulnerabilità: se le persone malate sono dette uguali a quelle normali, non c’è bisogno di fondi;
Identificazione.
Cohen è contro la teoria della “stanchezza da compassione”; egli dice che non è vero che al crescere degli
stimoli diminuisce l’attenzione (sovraccarico di informazione), non è vero che ci abituiamo all’esposizione
all’informazione (indifferenza) e non è vero che gli aspetti morali diminuiscono la loro portata per un
eccesso di richieste (sensibilizzazione). Non ci sono dati empirici a sostegno di queste leggende
metropolitane.
L’idea è che il diniego è parte del comportamento umano. Il messaggio deve essere capace di farci prendere
consapevolezza, per questo la creazione di un messaggio è molto complessa.
Comunicazione sociale e terzo settore
Il terzo settore è stato definito come il settore delle azioni organizzative di rilevanza sociale con esplicite finalità
solidaristiche. In realtà, al suo interno sono presenti molti attori eterogenei e con statuti giuridici differenziati,
a metà tra il profit e il no-profit (cooperative, associazioni di volontariato, onlus, organizzazioni non
governative).
Negli ultimi anni, si è passati da piccoli gruppi locali (anni ’80) ad un associazionismo più vicino al modello
dell’impresa (anni ’90), che accresce il suo ruolo di risorsa e supplenza del sistema pubblico.
Per superare il problema di attori eterogenei, si dà vita a realtà che migliorino i soggetti e che sono in grado
di dotarsi di strumenti comunicativi, per far fronte alle difficoltà dei soggetti più piccoli. Ad esempio, in
Piemonte, si è creato il Consorzio delle Ong Piemontesi, che è un associazione che riunisce le principali
organizzazioni operative sul territorio piemontese, che si occupano di cooperazione internazionale e di
educazione alla cittadinanza mondiale. Si tratta, quindi, di uno strumento di coordinamento delle unità più
piccole, per valorizzarle: si pone come interlocutore con le amministrazioni pubbliche, rende più visibili le
molteplici attività delle associazioni, promuove iniziative sulla cooperazione e attiva servizi comuni agli
aderenti.
L’agevolazione delle cooperative consiste nel passaggio dalla mutualità alla solidarietà: le organizzazione
devono promuovere il bene della comunità, non del singolo socio, per questo la legge prevede degli sgravi
fiscali, con vantaggi e svantaggi, che possono incidere sulla produttività comunemente intesa.
Forme di comunicazione sociale nel settore no-profit
Per superare la soglia dell’attenzione ci sono diverse strategie:
Lobbying: è una forma indiretta, con cui si fa pressione sulle istituzioni perché alcune questioni
o vengano prese in considerazione, come le associazioni dei malati.
Comunicazione di pubblico servizio: carattere prevalentemente non partigiano, cioè si presuppone
o che su queste questioni l’opinione pubblica non presenti particolari divisioni.
Comunicazione di advocacy: è una forma diretta, con cui si esprime un proprio punto di vista,
o quindi è una comunicazione di parte. Letteralmente significa “perorare una causa in nome e per
conto di qualcuno”. Si può fare se non ci si trova in un ambiente pubblico. L’intento non è la
neutralità. Ad esempio, una campagna che miri a limitare la vendita e l’uso di armi.
“L’albero delle sette regole”
All’interno del terzo settore prende pian piano forma l’esigenza di incentivare le organizzazioni ad
intraprendere percorsi di promozione e autopromozione, anche con toni autocelebrativi: le campagne sono
la forma di mobilitazione della società più completa e con esse si sono fatti grandi passi avanti nell’umanità.
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Per tentare di gestire l’eterogeneità delle organizzazioni no-profit, si sono fatte delle regole per far capire
l’importanza delle campagne:
1. Analizzare l’organizzazione e stabilire un budget: scegliere il tema della campagna, valutarne i costi,
identificare le risorse e fare fundraising.
2. Sviluppare la ricerca: conoscere a fondo il problema sociale.
3. Sviluppare managerialità, dichiarare gli obiettivi e prevedere i tempi: coordinare e condurre gruppi di
persone verso obiettivi dichiarati, definire gli scopi e guidare le diverse fasi.
4. Costruire alleanze strategiche: individuare i partner migliori per radicare la campagna.
5. Esercitare pressione: saper riconoscere gli attori in campo per riconoscere il cambiamento.
6. Comunicare per mobilitare: trasferire i contenuti della campagna all’opinione pubblica.
7. Valutare e ricominciare: analizzare i risultati ottenuti e intraprendere il passo successivo.
Strumenti di fund-raising
Il fund-raising è la raccolta fondi. Di solito, viene usato dalle organizzazioni no profit che reinvestono i soldi
in attività sociali; tuttavia, viene usata