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C’era una volta a Bagdad un facchino che mentre stava al mercato appoggiato sulla sua cesta,gli si fermò
accanto una donna bellissima che lo esortò a seguirlo. La donna si fermò a comprare ogni genere di ben di
Dio: frutta, carne, dolci, spezie e profumi; dopodiché si fece accompagnare ad una casa alta ed imponente,
dove vennero accolti da un’altra fanciulla bella e avvenente, tanto che il facchino non riusciva quasi a
credere a quello che gli stava succedendo. Entrando una terza donna bellissima gli si avvicinò e tutte e tre le
fanciulle lo aiutarono ad alleggerirsi del carico per poi ricompensarlo del lavoro; ma quando esse erano sul
punto di mandarlo via, egli si rifiutò e chiese loro inizialmente di passare la serata insieme. Dopo vari
discussioni, le donne accettarono.
Prepararono dunque il banchetto per la cena, nel giardino della dimora, a fianco ad un laghetto e
cominciarono a bere, ridere e scherzare tutti insieme, inebriati dal vino, dai profumi e dal buon cibo. Quando
però le tre fanciulle, fattosi tardi, insistettero affinché lui andasse via, egli si oppose nuovamente chiedendo
di rimanere almeno tutta la notte con loro a ridere e scherzare; ed esse accettarono a patto che egli non
rivelasse a nessuno il loro segreto, se non voleva essere colpito da spiacevoli conseguenze. All’improvviso
bussarono alla porta e quando una delle ragazze andò ad aprire si ritrovò davanti tre mercanti cristiani, tutti e
tre col mento rasato e l’occhio sinistro cieco che chiesero aiuto per la notte, fecero promettere loro di
mantenere il loro segreto e di non parlare di cose che non conoscessero e li fecero poi entrare per festeggiare
tutti insieme con canti e balli.
Nuovamente bussarono alla porta a anche questa volta la ragazza si ritrovò davanti dei mercanti che
chiedevano aiuto per la notte, essa ospitò anch’essi, sempre a patto che anche loro mantenessero la promessa.
In realtà uno di quei tre ultimi mercati, era il califfo Harùn ar-Rashìd, il quale era solito travestirsi da
mercante e andare in giro per il paese per sentire le novità eventuali; egli era accompagnato dal suo visir
Giafar e dal carnefice.
Dopo aver mangiato e bevuto a sazietà, le tre donne si alzarono e sparecchiarono, chiedendo ai commensali
di mettersi da parte e di assistere al loro rito senza conferir parola. Una delle tre donne arrivò poi con due
cagne nere, legate a due catene; si fece aiutare dal facchino nel tenerne una e cominciò a frustare una delle
due cagne fino a perdere la forza per poi asciugarle le lacrime e baciarla; fece poi lo stesso con la seconda.
Dopo ciò a turno ogni donna recitò una poesia accompagnata al suono dello liuto, per poi strapparsi le vesti e
cadere svenuta. Dopo tutto ciò, i commensali presi da grande angoscia ma anche grande curiosità chiesero
alle tre donne di rivelare i loro segreti andando contro le promesse fatte in precedenza. Le donne allora li
fecero legare dai loro schiavi negri e chiesero a ciascun commensale di rivelare la propria identità e di
raccontare la propria storia; così fecero ognuno a turno e a mano a mano vennero liberati e lasciati andar via.
L’indomani, il califfo mandò a chiamare a palazzo le fanciulle,le due cagne e i tre mercanti, rivelando a loro
la sua posizione e chiese alle donne di rivelare il loro segreto, essere avrebbero dovuto per forza raccontare il
vero in presenza del sovrano.
Una di loro allora iniziò a raccontare la prima fanciulla, rivelando a tutti che, in realtà, le due cagne erano le
sue due sorelle maggiori, trasformate da una demone a cui lei aveva salvato la vita, in cagne poiché esse
avevano cercato di uccidere lei e il suo innamorato gettandoli in mare dalla loro nave. La demone ordinò alla
ragazza che ogni giorno le sorelle avrebbero dovuto ricevere 300 scudisciate; se non avesse obbedito,
avrebbe fatto anche lei la stessa fine.
Iniziò poi a raccontare la seconda che a causa di un equivoco, venne presa a scudisciate dal nuovo marito, il
quale pensava di essere stato tradito.
Il califfo allora mandò a chiamare la demone e fece in modo che le due cagne tornassero umane; dopo ciò
maritò le tre sorelle con i tre mercanti ciechi dando loro molte ricchezze. Scoprirono poi che il marito che
prese a scudisciate una delle fanciulle era proprio suo figlio al-Amin e allora restituì al figlio, la fanciulla per
il brutto equivoco. Infine sposo egli stesso la terza fanciulla portinaia e diede lei ricchezze, schiavi e un
castello.
I viaggi di Sindibad
Al tempo del califfo Harùn ar-Rashìd, vi era nella città di Bagdad un uomo di nome Sindibad il Facchino, di
povera condizione che trasportava carichi pesanti. Un giorno egli si trovò a passare davanti alla casa di un
mercante e decise di riposarsi su una delle panche nel giardino della casa. All’improvviso venne invitato ad
entrare al cospetto del padrone di casa poiché egli aveva apprezzato molto i versi che egli stava recitando
seduto in giardino. Dopo averli uditi, il padrone di casa rivelò di chiamarsi Sindibad il Marinaio e che egli
aveva raggiunto quel grado di agiatezza dopo grandi fatiche, e cominciò a narrare dei suoi sette viaggi.
Egli era figlio di mercante, il quale morì quando Sindibad era ancora un ragazzo. Quando crebbe, Sindibad
dissipò tutta l’eredità e per risolvere la situazione, vendette tutti i suoi averi e partì in giro per il mondo,
comprando e vendendo merce.
1. Lui e la nave con cui era partito approdò su quella che consideravano un’isola quando in realtà era
un grosso pesce. Esso, sentito che avevano acceso fuochi sul suo dorso, era pronto per inabissarsi in
mare portando tutti e tutto con sé. Alcuni si salvarono ma molti, tra cui lui, naufragarono. Egli si
salvò e riuscì ad arrivare su un’isola e rimettersi in forze. In quel luogo trovò un uomo, il quale dopo
avergli raccontata la storia del suo naufragio, lo invitò ad entrare in una caverna, casa sua, e si fece
raccontare tutto l’accaduto. A sua volta l’uomo raccontò di essere un servo del re Mihragian che si
occupava di far accoppiare delle puledre con un raro stallone marino, in modo da avere puledri che
valessero una fortuna e gli promise di portarlo con sé dal re. Il re lo fece diventare primo ministro nel
porto e un giorno, per caso, incontrò nel porto di una delle isole del regno, la sua vecchia ciurma e
tornò a Bagdad.
2. Sindibad decise di partire nuovamente per mare e preparò dunque una nave e salpò. Attraccarono su
un isola e lì si rifocillarono e si riposarono, ma al risveglio, Sindibad non trovò più nessuno, né
ciurma né nave. Cadde perciò nella disperazione più totale poiché era senza cibo né acqua e pensava
che sicuramente quella volta sarebbe morto. Ma quando riuscì a riprendersi, cominciò ad esplorare
l’isola e trovò una cupola senza nessun tipo di porta da cui poter entrare; arrivò all’improvviso un
uccello gigantesco, il Rukh, e S indibad si rese conto che quella che lui credeva una cupola, fosse in
realtà un uovo di Rukh. Sindibad decise allora di legare il suo turbante alle zampe dell’uccello
mentre stava covando, in modo da poter andar via dall’isola e quando l’indomani il volatile partì,
atterrarono poi in un luogo deserto, peggio del precedente in cui ogni sera apparivano serpenti e
vipere giganteschi. Dopo aver passato la notte in quel posto e mentre girovagava per esso, gli cadde
di fronte la carcassa di un animale e gli venne allora in mente che si raccontava che i mercanti di
diamanti lanciassero dall’alto le carcasse di animali per fare in modo che i diamanti si appiccicassero
alla carne, poi quando un’aquila prendeva i pezzi di carne per mangiarli, essi si recavano al suo nido,
la scacciavano e prendevano le pietre preziose. Così Sindibad decise di legarsi addosso una delle
carcasse in modo da essere trasportato dall’aquila e salvato dai mercanti.
3. Sindibad decise nuovamente di partire e così comprò merce e partì con una nuova ciurma. Il vento
però fece loro perdere la rotta e si ritrovarono sull’isola delle scimmie e la nave venne attaccata; le
scimmie fecero scendere tutti e partirono con l’intera nave e tutte le ricchezze. Girovagando per
l’isola si imbatterono in un castello che sembrava disabitato e riposarono in quel luogo per tutto il
giorno,quando all’improvviso apparse dal cielo un uomo mostruoso e altissimo che ad uno ad uno
cominciò a tastare gli uomini finché non trovò quello più grasso e lo fece allo spiedo. Per fuggire
trovarono allora uno stratagemma: conficcarono negli occhi del gigante due spiedi ardenti e
scapparono sulle zattere. La maggior parte morì per mare e solo Sindibad e altri due compagni
riuscirono a salvarsi e ad approdare su un’altra isola, dove anche i due compagni morirono mangiati
da un grosso serpente. Egli riuscì a salvarsi dal serpente, e dopo che una nave di mercanti lo vide e lo
prese a bordo, egli scoprì che erano i suoi vecchi compagni
4. Nuovamente Sindibad decise di partire per mare e commerciare merci, ma anche quella nave
naufragò e lui e alcuni suoi compagni si ritrovarono su un’isola e girando per essa trovarono una
costruzione. Dalla costruzione uscirono schiere di uomini nudi che li imprigionarono e li portarono
dal loro re, il quale diede loro del cibo che Sindibad non aveva mai visto: chi mangiava quel cibo,
cominciava a mangiare e mangiare senza mai fermarsi e quando diventava grasso abbastanza, il re lo
faceva uccidere e lo mangiava. Sindibad, che non avendo mangiato niente rimase pelle e ossa, venne
abbandonato e passò una settimana a mangiare e bere piante. Un giorno incontrò della gente che
raccoglieva grani di pepe che lo salvarono e lo portarono alla loro isola; dopodiché venne presentato
al loro re, insegnò a lui e alla sua gente a fabbricare selle per cavalli con le quali si arricchì e divenne
così ricco che il re gli chiese di sposare una bella donna ma solo dopo Sindibad scoprì che una delle
loro usanze prevedeva di seppellire insieme al coniuge morto, il coniuge ancora in vita. Purtroppo la
moglie di Sindibad si ammalò e morì e lo calarono quindi nella tomba con la moglie. Ma egli riuscì a
sopravvivere poiché ogni volta che seppellivano qualcuno, egli uccideva la persona viva e mangiava
il suo pane e beveva la sua acqua. Dopodiché egli riuscì a trovare una via d’uscita e a farsi salvare da
una nave, e tornò a Bagdad.
5. Sindibad partì di nuovo con ricchezze e una nave, approdarono su un’isola in cui i suoi compagni
cominciarono a rompere uova di Rukh per mangiarne il piccolo. Vennero allora attaccati ed essi
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