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Commento del narratore: “Ancora oggi queste tre qualità attenuano il ridicolo”.
Corrispondenza fra l’aspetto fisico e l’interiorità. L’esprit è il principio della vita
psichica: l’esprit che risiedeva nel corpo “mancato”, abbozzato, non finito di
Quasimodo (come se il suo corpo si fosse fermato ad uno stadio della metamorfosi)
aveva, a sua volta, qualche cosa di non completo e di sordo.
Inoltre, quello che sentiva in quel momento era vago, indistinto e confuso; quello
che sente non arriva alla coscienza. Trapelava solamente la gioia e l’orgoglio
dominava. Attorno a questa figura cupa ed infelice figura c’era irradiazione.
La fine del capitolo precisa la relazione tra servo e padrone, tra Quasimodo e il
suo padrone.
Il narratore crea una sorta di suspence nel lettore, non rivelando il nome di Frollo
fino alla fine del capitolo (pag. 146).
Questo uomo viene definito temerario perché si avvicina sulla lettiga del papa dei
folli, gli strappa l’insegna del papato, la tiara, il bastone pastorale e la folla si
spaventa dato che l’uomo temerario ha sfidato la forza di Quasimodo, chiamato
“formidable” per la grande forza e perché ispira terrore.
Era vestito con un abito ecclesiastico. Il riconoscimento di Frollo è attuato da
Gringoire che ha avuto a che fare con Frollo: è stato suo allievo delle scienze
occulte (Frollo è anche un alchimista).
La reazione di Quasimodo, però, delude la reazione della folla: si mette in
ginocchio, abbassa la testa e congiunge le mani di fronte a Frollo. C’è una
comunicazione privilegiata fra campanaro e arcidiacono che è tutta gestuale.
Il prete: in piedi, irritato, minaccioso e imperioso.
Quasimodo: prosternato, umile, supplicante. Quasimodo avrebbe potuto
schiacciare il prete con un pollice, quindi il mostro ha il controllo della sua forza e
la usa anche per uccidere.
(fine pag.146-147) Si confermano i tratti della forza e della bestialità di
Quasimodo: basta solo lo sguardo di Quasimodo per far spostare la folla ed
entrambi i personaggi escono di scena. Quasimodo fa vedere i muscoli, i suoi
pugni atletici, guarda la folla digrignando i denti come una tigre infuriata.
Quasimodo è massiccio (trapu), ringhioso, mostruoso, astioso, irsuto, si lecca
le sue zanne di cinghiale, gronda come una bestia feroce.
Clausola finale: si parla di Quasimodo come una chimera.
Libro II, capitolo IV: Les inconvénients de suivre une jolie
femme le soir dans les rues
Gringoire continua la propria strada e il lettore lo segue mentre si inoltra nelle
stradine nere, buie, deserte di Parigi, nel Nord della riva destra.
Gringoire insegue Esmeralda in questo dedalo inestricabile di stradine, incroci,
vicoli ciechi.
(pag. 152) Gringoire sente un grido quindi si inoltra nelle stradine, affetta il passo e
vede la bohémienne che si dibatte fra le braccia di due uomini e la capretta che
bela. Gringoire affronta questi due uomini.
Riappare la “formidable” figura di Quasimodo. C’è una sequenza veloce del
tentativo di rapimento di Esmeralda da parte dei due uomini ma uno dei due
scompare. L’occhio di Gringoire segue la capretta che bela.
Entra in scena un altro personaggio: Phoebus che fa un’entrata di scena a cavallo
e con la spada in mano. É un soldato, un uomo d’ordine ed un esecutore del
potere reale: sta dalla parte dello Stato (lo ritroveremo come capitano che deve
reprimere la rivolta del popolino miserabile). Strappa Esmeralda dalle braccia di
Quasimodo e la fa salire sulla sua sella. Allora il temibile gobbo (redoutable
bossu ) cerca di ferire Phoebus, non ci riesce, viene circondato, afferrato, legato.
Ruggisce, morde, schiuma. il suo viso, reso ancora più orrido dalla collera,
avrebbe messo in fuga lo squadrone, tuttavia durante la notte era disarmato della
sua arma più temibile: la bruttezza (la laideur).
Esmeralda si alza graziosamente sulla sella dell’ufficiale, appoggia le sue mani
sulle spalle dell’ufficiale e lo guarda fissamente per qualche secondo come rapita
del suo bell’aspetto.
Rende la sua dolce voce ancora più dolce e rompe il silenzio.
Libro II, capitolo VI: La cruche cassée
Continuiamo a seguire il percorso di Gringoire che entra in una città nella città:
entra nella Corte dei Miracoli, una città al grottesco perché:
c’è una grande varietà di forme,
• una molteplicità di figure, di volti, di personaggi;
• c’è la valorizzazione del brutto fino al mostruoso,
• c’è una mescolanza di razze, di riferimenti animali, di specie, di sessi, di
• malattie, di religioni, di linguaggi.
Tutti i delinquenti di Parigi si rifugiano in questa corte; ci vive la parte più bassa
• del popolo. Victor Hugo ha detto che in questo capitolo si doveva sentire il
pullulare della malavita.
C’è la presenza del personaggio collettivo del popolo (populace), altro tratto
• distintivo del grottesco, rappresentato come un unico corpo.
Al grottesco rimanda anche l’alto grado di rumore amplificato e composito (è
• composto da una mescolanza di tanti diversi rumori).
Il colore rosso: la Corte dei Miracoli è rossa per il fuoco (dappertutto ardono dei
• fuochi che illuminano la città nella città) e anche il colore del vino che scorre nella
Corte dei Miracoli (il re di questa città siede su una botta di vino. Sarà Gringoire
che, ancora una volta, riconoscerà il personaggio del re della corte: il mendicante
della festa dei folli).
Dimensione fantastica: il fuoco, proiettandosi sulle pareti della Corte dei
• Miracoli, dilata le forme, le fa muovere e c’è l’idea della pietra viva che si anima:
il fuoco, proiettandosi sulla pietra, crea l’effetto di movimento della pietra; le
forme si confondono e diventano figure fluttuanti. Il fuoco, e anche il fumo che
disturba la visione, fa sì che questa città assuma all’occhio di chi guarda (in
questo caso Gringoire) una dimensione fantastica. I mattoni, le vecchie case
della Corte dei Miracoli si animano e sembrano assumere le figure di donne
vecchie e brutte. La pietra può essere pietra viva e, al contrario, un personaggio
antropomorfo può diventare pietra, come nel caso di Frollo.
Il titolo “La brocca spezzata” fa riferimento alla sequenza conclusiva del capitolo e
ad un costume zingaro della Corte dei Miracoli: il matrimonio nella Corte dei
Miracoli era concluso dalla rottura di una brocca; il matrimonio sarebbe durato
il numero pari ai cocci della brocca, finiti questi anni il matrimonio era sciolto.
Questo capitolo è costruito sul principio del grottesco, è consacrato alla descrizione
della Corte dei Miracoli.
C’è un’altra modalità di descrizione che incrocia quella della lista (descrizione
omerica che fa riferimento alla descrizione dello scudo di Achille che si estende per
moltissimi versi): la descrizione promenade, passeggiata, o descrizione
deambulatoria perché c’è un personaggio che cammina (come in Le Rouge et le
Noir) e descrive quello che vede mentre avanza. Il personaggio che ci fa entrare
nella Corte dei Miracoli è Gringoire ed è suo il punto di vista.
La Corte dei Miracoli è un’escrescenza parassitaria sulla città di Parigi; è una
verruca che, quindi, sfigura Parigi. Ospita una sorta di società al contrario; è uno
spazio che si oppone alla cattedrale: gli aggettivi ricorrenti sono hideux (orrido) e
horrible. Spazio grottesco che si opporrebbe alla sublimità della cattedrale;
tuttavia, come vedremo la cattedrale è insieme sublime e grottesca.
La Corte dei Miracoli era collocata sulla riva destra, verso nord-ovest. Poi è stata
distrutta nel 1656.
Gringoire si addentra nelle stradine e si scontra con delle forme: nota qualche cosa,
delle masse vaghe e informi, ambulanti; intravede qualche cosa, poi una figura
mostruosa che potrebbe essere una specie di ragno con la faccia umana. Sono
forme indistinte indicate per approssimazione.
Queste masse ambulanti gridano in lingue diverse: in spagnolo, in latino di basso
livello etc… Il testo ci parla della torre di Babele per la mescolanza di lingue.
Mano a mano che si inoltre nella strada incontra una massa di storpi, di ciechi, di
zoppi, mendicanti senza gambe che vengono descritti con la modalità a effetto
lista: accumulazione di aggettivi, di verbi. Visione al mostruoso.
Alla fine arriva alla fine della strada e sbuca in una piazza immensa: la piazza ha
sempre la funzione di palco su cui si svolge uno spettacolo. Il registro è iperbolico:
la piazza è immensa, perché sembra tale all’occhio di Gringoire, con mille luci che
si muovono nella nebbia confusa della notte.
É inseguito da questi tre fantasmi, spettri malati.
Clausola finale che indica il luogo che è stato descritto: “Dove sono?” “Nella Corte
dei Miracoli”. Prima c’è la descrizione, poi c’è la clausola finale che indica il luogo e
poi continua la narrazione.
Ritorna il motivo del riso che rimanda al principio del grottesco: in questo caso il
riso è sinistro (pag. 162).
Verbi che indicano il punto di vista di Gringoire: “Le pauvre poète jeta les yeux
autour de lui”. Guarda quello che lo circonda con un movimento circolare dello
sguardo che dovrebbe abbracciare questa piazza.
(pag. 163) Segue un altro lungo elenco ad effetto lista degli attributi della Corte dei
Miracoli: città di ladri, orrida verruca sulla faccia di Parigi, fogna, alveare
mostruoso da cui escono la mattina i mendicanti per andare a chiedere l’elemosina
e per rubare; ospedale bugiardo, perché tutte queste infermità sono finte, che
contiene lo zingaro, il monaco spretato, lo scolaro perduto, i delinquenti di tutte le
nazioni, le religioni ci vivono con piaghe ottenute con il trucco. É un guardaroba
immenso perché questi attori si vestono e si svestono per interpretare la parte dei
malati. Sono attori di una commedia che si travestono per interpretarla.
Commento del narratore (verbo al presente) che attualizza la delinquenza di
Parigi del Medioevo all’attualità del 1830. Questa commedia eterna di ladrocinio,
di prostituzione, di assassinio è recitata sul pavimento di Parigi.
“C’était” indica l’inizio di una descrizione: la descrizione della piazza che accoglie
una società al contrario descritta come un corpo unico. “Tutto questo andava,
veniva, gridava”.
Aiuto al lettore per visualizzare la scena: tutto questo può essere paragonato ad un
pandemonio (pandemonium): la capitale immaginaria dell’Inferno. I