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Esistono molte cause di emorragia cerebrale spontanea ma in assoluto la più importante è
l’ipertensione, alla quale vanno aggiunti i piccoli aneurismi di Charcot (aneurismi di piccole arterie
intraparenchimali) e l’ampliamento degli spazi perivascolari. Cause meno importanti sono i tumori
(di solito rappresentano la causa di morte in pazienti con neoplasie ormai avanzate), malformazioni
arterovenose (MAV), angiomi, ecc..
Facendo riferimento alla tipica emorragia cerebrale del soggetto iperteso, ci sono delle zone più
colpite di altre: putamen (55%), talamo e ponte (10%) e corteccia (15%). Si tratta spesso di
emorragie che colpiscono i nuclei della base (circa due terzi dei pazienti).
Le emorragie si verificano perché l’ipertensione esercita una forte spinta sui vasi che si distaccano
dall’arteria cerebrale media ad angolo retto (arterie lenticoloottiche e lenticolostriate),
considerando poi che sempre per colpa dell’ipertensione queste arterie sono più “deboli” (jalinosi
arteriosa) e con poco tessuto perivascolare che “ammortizza” l’onda sfigmica.
Quando il vaso si rompe si ha uno spandimento di sangue nel parenchima cerebrale (ma non esiste
un evidente collegamento tra il vaso rotto e l’area infarcita) e il primo effetto è l’aumento di volume
dell’emisfero a causa dell’accumulo di sangue ma soprattutto per l’edema perilesionale, con
possibilità di erniazione cerebrali. Si forma così un focolaio apoplettico accompagnato da piccole
emorragie alla periferia che accompagnano la lesione.
Dopo la fase si spandimento ci può essere:
La morte (causata generalmente dall’erniazione di materiale cerebrale, in particolare dell’uncus
o che si impegna sotto il tentorio del cervelletto con compressione e comparsa di piccole
emorragie a livello mesencefalico e pontino).
L’affioramento del sangue che passa dalla corteccia agli spazi subaracnoidei (tipico delle
o emorragie subcorticali) con emocefalo esterno.
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La diffusione al ventricolo omolaterale alla lesione e da lì a tutto il sistema liquorale (emocefalo
o interno).
Il contenimento dell’emorragia all’interno del parenchima cerebrale.
o
Se il paziente sopravvive, la lesione va incontro a modificazione, che pone le basi anatomiche per la
regressione. Prima cosa a scomparire (da solo ma anche grazie ai farmaci come il mannitolo) è
l’edema, con miglioramento importante della sintomatologia; inoltre, siccome il fenomeno
apoplettico non è necrotico ma di infiltrazione ematica, ci può essere trasformazione del coagulo e
riassorbimento (se la lesione è piccola) con cicatrizzazione. Si formerà invece una pseudocisti se la
lesione era più grande.
Le emorragie dei nuclei della base possono verificarsi in due sedi:
Tra putamen e caudato (capsula interna), più facile ad arrivare al ventricolo laterale e prognosi
o più sfavorevole.
Tra putamen è claustro (o antimuro) nella capsula esterna, più vicino allo spazio subaracnoideo.
o
Detto questo, ci sono anche forme diffuse e puntiformi di emorragia cerebrale, nelle porpore (come
nell’emofilia, nelle leucemie, nelle piastrinopenie, nella PTT/SEU, insomma nei deficit
dell’emostasi.
Lesioni traumatiche dell’encefalo
Sono molto frequenti e di importante gravità, anche se la loro incidenza si è ridotta dopo l’utilizzo
obbligatorio del casco in moto. Occorre suddividere le lesioni traumatiche in:
Lesioni della scatola cranica
o Lesioni vascolari (extradurali, subdurali e subaracnoidee).
o Lesioni parenchimali.
o
Come già detto, il nervasse è chiuso in una scatola rigida (colonna vertebrale e scatola cranica) ed è
circondato da meningi vascolarizzate con vasi venosi “a ponte” che attraversano gli spazi a rischio.
Inoltre l’encefalo è ancorato solo a livello del tronco cerebrale per cui è
suscettibile a movimenti passivi e può
andare contro le ossa o le pieghe della
dura madre. Va tenuto conto altresì che
l’encefalo è un organo parenchimale
relativamente poco compatto, fatto di
strutture compattate con loci di minore
resistenza. Ultima premessa quella che
gravi danni alla scatola cranica non
sempre danno importanti danni
all’encefalo e viceversa ci sono situazioni
di grave danno encefalico senza
coinvolgimento della scatola cranica.
Emorragia ed ematoma extradurale: in questo caso il sangue si raccoglie tra la teca e la dura
o madre (che consiste in una lamina fibrosa densa). La dura è strettamente adesa alla teca cranica
alla base del cranio ma ci sono aree in cui è meno adesa, in particolare a livello del lobi parietali
e temporali (zona scollabile del Marchant). Ci sono tre possibilità affinché si raccolga sangue in
questa area: frattura della teca con rottura di piccoli vasi venosi (di norma con sanguinamento
modesto), rottura dei seni venosi che decorrono nelle pieghe della dura (evento molto raro anche
se grave perché sono vasi di alta portata) ma l’evenienza più frequente è la rottura dell’arteria
meningea media, che decorre sulla squama del temporale e sull’osso parietale. L’arteria
meningea media può decorrere addossata all’osso, ma più spesso in una doccia o in un canale
dell’osso; la frattura di queste ossa determina un effetto lama con emorragia molto rapida.
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Con la formazione dell’ematoma si possono associare lesioni subaracnoidee o parenchimali
perché la focaccia comprime un emisfero determinando delle ernie molto pericolose. A seconda
delle dimensioni, l’evoluzione può essere differente:
Se l’ematoma è piccolo, può esserci il riassorbimento dello stesso con cicatrizzazione (anche
se spesso rimane “l’impronta” della compressione sull’encefalo.
Se l’ematoma è grande e non viene operato subito, porta il paziente a morte.
Emorragia ed ematoma subdurale: è legato a lesioni della scatola cranica. Può formarsi per
o lacerazioni della pia madre nelle emorragie parenchimali o per lacerazioni della dura nelle
rotture dell’arteria meningea media ma è definito “puro” quando si forma per la rottura delle
piccole vene cerebrali a ponte prima del loro sbocco nei seni della dura. Questo avviene di solito
per frizione tra i piani meningei, soprattutto nei casi di riduzione della massa cerebrale (come
negli anziani) in cui lo spazio sottodurale diventa reale e non più virtuale, mettendo in tensione
le strutture venose.
La localizzazione tipica è quella nelle convessità degli emisferi e più raramente nella fossa
cranica posteriore. Punto fondamentale è che non è mai localizzata con un aspetto “a focaccia”,
bensì è più diffusa e tende a scendere ai lati dell’emisfero interessato “a lamina”. Si può
distinguere clinicamente in tre forme:
Acuta: nei traumatismi gravi che portano a morte, e si collega a danni parenchimali e
meningei.
Subacuta: è più lenta e avviene per traumi meno importanti; può esserci uno iatus tra trauma
e comparsa della clinica.
Cronica: in questo caso spesso il trauma non è segnalato e tipica è la sede parietale, in cui la
raccolta è sottile e si tratta di un sangue organizzato in cui la focaccia è adesa alla dura
madre da una struttura fibrosa di contenimento e contenuta dall’aracnoide da una struttura
molto sottile. Con l’andare del tempo avviene il riassorbimento e rmane un liquido
rugginoso come una cisti che però non ne riproduce la forma: si parla infatti di igroma.
L’impronta è più diffusa che nell’ematoma epidurale.
L’evoluzione classica è l’infarcimento di sangue liquido che va in contro a lisi nel giro di una
settimana, proliferazione fibroblastica della dura (2 settimane) e formazione di connettivo
fibroso (in 23 mesi) o formazione dell’igroma. L’igroma vale per la forma cronica a patogenesi
traumatica minima, con traumi non avvertiti e in
cui il sangue esce a pousse successive: la lesione
si autoalimenta e la parete sottile verso
l’aracnoide (che lo separa dal liquor) permette il
passaggio di acqua come una membrana
semipermeabile perché esiste un gradiente
osmotico tra contenuto dell’igroma e liquor;
questo porta all’alimentazione dello stesso
facendone assumere l’aspetto citrino
Lesioni parenchimali: trauma che determini una
o lesione del parenchima. Può essere:
Concussione (o commozione), di poca
rilevanza anatomopatologica.
Danno parenchimale diretto (o contusione).
Nel danno parenchimale diretto la localizzazione
è capricciosa in base alla sede ed all’estensione del trauma, anche se in generale è localizzato
sul punto del trauma e sul punto opposto (lesione da contraccolpo). Sono tendenzialmente
lesioni superficiali (corticali) delle circonvoluzioni e meno della corteccia dentro i solchi. In
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genere si osserva lesione meningea con raccolta ematica e lesione parenchimale superficiale “a
cuneo” ma esistono anche altre possibilità che non si escludono a vicenda. Ci può essere infatti
una lesione della sostanza bianca perché l’encefalo ha aree di minore resistenza al suo interno
nei punti di passaggio di aree a consistenza diversa: di fronte all’onda d’urto avviene una
frizione che rompe i piccoli vasi con emorragie midollari (laminari o pervasali).
Ultima possibilità è la contusione della sostanza grigia del tronco dell’encefalo per torsione dei
piccoli vasi che decorrono intorno all’acquedotto del Silvio (emorragie per rexin).
Accanto a queste descrizioni di eventi primitivi, c’è poi da sottolineare come l’evento
traumatico può portare ad alterazioni secondarie di tipo ischemici legate alle conseguenze
vascolari (come una trombosi cerebrale secondaria a trauma), focolai emorragici ed edema
perifocale.
Emorragia subaracnoidea: ha certamente patogenesi anche traumatica (rotture meningee nelle
o emorragie cerebrali, nei traumi, nei tumori), ma più spesso avviene per rottura degli aneurismi
cerebrali. È una raccolta di sangue tra pia madre ed aracnoide dove normalmente circola il
liquor.
Emorragia subaracnoidea ed aneurismi cerebrali
Per aneurisma si intende una “dilatazione permanente di tutte le tonache di un vaso localizzata ad
un tratto del vaso” (altrimenti sarebbe opportuno parlare di estasia).
Gli aneurismi cerebrali possono essere di vario tipo: congeniti (nel 95% dei casi, “a bacca”),
arteriosclerotici (“fusiformi” dell’arteria b