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Basato su una rielaborazione delle Royal Lectures tenute dall’autore
nell’università di Berkeley nel 1986 questo libro vuole essere il punto di
congiunzione tra 2 campi tradizionalmente affini e al tempo stesso sempre più
distanti specialmente per le loro concrete dimensioni sociali e civili su scala
globale:etica ed economia.Sen si serve dell’analisi tecnica delle possibili
interazioni e congiunzioni tra parti specifiche dell’etica contemporanea e i
principali risultati limitativi da egli stesso o da altri dimostrati,arrivando a
conclusioni sorprendenti.L’intento è di dimostrare che l'homo
oeconomicus,l'uomo cioè che persegue, nella sua attività e nelle scelte,
unicamente l'interesse privato, non coincide con l'uomo reale,le cui motivazioni
ad agire, anche a livello economico sono in genere più complesse.Esse non
escludono che egli possa agire perseguendo altre finalità rispetto all'utilità,
vale a dire il vantaggio economico legato allo scambio, né che egli, senza
trascurare i suoi bisogni, possa pensare di agire tramite comportamento
cooperativo piuttosto che più o meno aspramente conflittuale.
1.COMPORTAMENTO ECONOMICO E SENTIMENTI MORALI “L'economia si
:
ritiene debba interessarsi alle persone reali”.Ciò è straordinario,così come il
contrasto tra il carattere consapevolmente non etico dell’economia moderna e
l’evoluzione storica di questa disciplina in gran parte quale derivativo dell’etica.
1.DUE ORIGINI:si può sostenere che l’economia ha avuto 2 origini
diverse,entrambe collegate alla politica,ma in modi interessati all’etica da un
lato e all’ingegneria dall’altra.La prima risale ad Aristotele che la collegava ai
fini umani,riferendosi all’interesse di questa scienza per la ricchezza,poi a studi
rivolti alla valutazione e avanzamento di obiettivi più fondamentali ed infine si
collega allo studio dell’etica e a quello della politica.L’approccio ingegneristico
è invece caratterizzato dall’interesse per i temi prevalentemente logistici più
che per i fini ultimi,considerati dati in modo abbastanza diretto(oggetto
dell’impegno è trovare i mezzi adeguati per raggiungerli).Con l’evoluzione
dell’economia moderna l’importanza dell’approccio etico si è andata
indebolendo in modo sostanziale.Egli a tal proposito critica il modello
dell'economia positiva, incentrata sul principio per cui, data un'economia di
mercato governata dalla domanda e dall'offerta, i soggetti, sulla base delle
informazioni di cui dispongono, agiscono razionalmente perseguendo lo scopo
univoco di massimizzare la propria utilità. Tale modello si è imposto
progressivamente e la sua affermazione ha coinciso con una progressiva
riduzione dell'interesse per l'economia normativa, che tiene conto di valutazioni
etiche e affronta, al di là dell'efficienza del sistema economico, anche i
problemi legati all'equità, vale a dire alla distribuzione sociale delle opportunità
e del reddito. 2.SUCCESSI E CARENZE:Non sostiene che l’approccio
ingegneristico sia stato infruttuoso,anzi.E’ stata resa più semplice la
comprensione dell’interdipendenza sociale ad esempio(carestie possono
verificarsi anche in situazioni di elevata e crescente disponibilità di
cibo,facendo intervenire degli schemi di interdipendenza sottolineati dalla
teoria dell’equilibrio scopriamo che poco o nulla hanno a che fare con la
disponibilità di cibo). Nonostante gli indubbi successi conseguiti sul piano
teorico dall'economia positiva, quell'elusione ha prodotto "un sostanziale
impoverimento a causa della distanza venutasi a creare tra l'economia e
l'etica". Sen ritiene che questa distanza possa e debba essere sormontata con
un duplice vantaggio: per un verso "l'economia, così come si è venuta
costituendo, può essere resa più produttiva se si presta maggiore e più
esplicita attenzione alle considerazioni di natura etica, che informano il
comportamento e i giudizi umani";per un altro, "alcune delle acquisizioni
utilizzate in economia per affrontare i temi d'interdipendenza possono essere di
grande importanza nell'affrontare complessi problemi etici, anche quando non
sono in gioco variabili economiche". 3.COMPORTAMENTO ECONOMICO E
RAZIONALITA’:supponendo che gli esseri umani si comportino
razionalmente,descrivere questo comportamento non è diverso dal descrivere
quello effettivo,ma noi tutti facciamo errori,esperimenti,confusione(quindi
Critica dell’economia moderna).Mentre in difesa dell’ipotesi che i 2
comportamenti siano gli stessi si potrebbe dire che se questa ha la possibilità
di portare degli errori,qualsiasi tipo di irrazionalità aumenterebbe la probabilità
di arrivare a degli errori.E’ possibile che un concetto della razionalità possa
ammettere schemi di comportamento alternativi,e quando ciò avviene,la sola
ipotesi di comportamento razionale non sarebbe adeguata a costringere a un
qualche comportamento effettivo richiesto,anche se fossero specificati obiettivi
e limiti determinanti.Identificare comportamento effettivo con quello razionale
è differente dalla questione del contenuto del comportamento razionale,ma
insieme sono state utilizzate per caratterizzare la natura del comportamento
effettivo tramite il doppio processo consistente nell’identificare il c.effettivo con
quello razionale e nello specificare la natura del c.razionale in termini ristretti.
4.RAZIONALITA’ COME COERENZA:La razionalità nella teoria economica
prevalente viene vista come coerenza interna di scelta o con la
massimizzazione dell’interesse personale.Per la prima si tende comunemente a
correlarla alla possibilità di spiegare l’insieme delle scelte effettive come
risultante dalla massimizzazione secondo una relazione binaria.E’comunque
difficile credere che la coerenza interna delle scelte possa di per sé essere una
condizione adeguata di razionalità(persona che agisce sempre al contrario di
come gli servirebbe per il raggiungimento di ciò che vuole),perché è necessaria
una corrispondenza tra modo di agire e ciò che si cerca di ottenere.Si accetti o
no la concezione estrema della coerenza puramente interna come non
persuasiva(coerente in un insieme di scelta osservate deve dipendere
dall’interpretazione di queste scelte e da alcune caratteristiche esterne alla
scelta in quanto tale,la coerenza interna non è sufficiente a garantire la
razionalità di una persona. 5.INTERESSE PERSONALE E COMPORTAMENTO
RAZIONALE:La critica di Sen si fonda sull'allargamento del concetto di
razionalità: "Perché dovrebbe essere peculiarmente razionale perseguire il
proprio interesse personale ad esclusione di qualsiasi altra cosa? Naturalmente
può non essere per niente assurdo affermare che la massimizzazione
dell'interesse personale non è irrazionale o perlomeno non lo è
necessariamente, ma sembra del tutto straordinario sostenere che tutto ciò
che non sia massimizzazione dell'interesse personale debba essere una forza
irrazionale. Cercare di fare il proprio meglio per raggiungere ciò che si vorrebbe
raggiungere può far parte della razionalità, e questo può includere il
perseguimento di obiettivi non dettati dall'interesse personale ai quali diamo
valore e desideriamo raggiungere".Questo allargamento pone il problema della
razionalità in termini non esclusivi: "Negare che le persone si comportino
sempre in modo esclusivamente mosso dall'interesse personale non è lo stesso
che asserire che essi si comportino sempre in modo altruistico. Sarebbe
straordinario se l'interesse personale non dovesse svolgere un ruolo molto
importante in moltissime decisioni, e in realtà le normali transazioni
economiche subirebbero un collasso, se l'interesse personale non rivestisse un
ruolo sostanziale nelle nostre scelte. La vera questione è se ci sia una pluralità
di motivazioni, o se sia il solo interesse personale a guidare gli esseri umani". Il
dubbio che implicitamente avanza Sen, dunque, è che l'homo oeconomicus,
univocamente animato da un sacro egoismo, non sia la migliore
approssimazione possibile al comportamento degli esseri umani in campo
economico. Ma quali altre motivazioni vanno ammesse, associate all'interesse
personale, per arrivare ad una comprensione del comportamento economico
più fedele alla realtà delle cose? 6.ADAM SMITH E L’INTERESSE PERSONALE:Sen
ritiene che uno spunto importante per la risoluzione di questo problema si
possa trarre proprio da Adam Smith, il fondatore della scienza economica, al
quale a torto,a suo avviso, viene attribuito(da Stigler) il principio per cui è
l'interesse personale(prudenza sta più all’unione delle 2 qualità della ragione e
comprensione da un lato e del dominio di sé dall’altra piuttosto che ad
interesse personale) a dominare il comportamento economico umano. Nella
Teoria dei sentimenti morali Smith attribuisce all'uomo, oltre all'interesse
personale, che coincide con l'amore di se stessi, anche una vocazione sociale,
espressa dalla simpatia e dall'autodisciplina, che, nel loro insieme definiscono
la prudenza: "Benché la prudenza vada molto al di là della massimizzazione
dell'interesse personale, Smith la considerava in generale solo "di tutte le virtù
quella che è più utile alla persona", mentre "l'umanità, la giustizia, la
generosità e lo spirito pubblico sono le qualità più utili agli altri"".Il fatto che poi
Smith abbia notato che commerci reciprocamente vantaggiosi sono una cosa
molto comune non indica affatto che egli pensasse che il solo amore per se
stessi,o anche per la prudenza in senso lato,potessero essere adeguati per una
buona società,anzi egli affermava l’opposto.L’atteggiamento smithiano verso
l’amore per se stessi ha qualcosa in comune con quello di Edgeworth,il quale
riteneva che il calcolo economico,in quanto opposto alla valutazione etica,fosse
particolarmente importante per 2 attività specifiche,la guerra e i
contratti(riferimento ai contratti simile a quello smithiano al commercio che
avviene sulla base dei contratti).Ci sono numerose attività nelle quali il
semplice perseguimento dell’interesse personale non è la motivazione
principale,ma Smith si limita a difenderlo solo in certi contesti,in particolare
avendo a riferimento le svariate barriere burocrati