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CAPITOLO 3: IL PADRE TEMPO
Le composizioni profane di Piero di Cosimo, fondate su un evoluzionismo quasi darwiniano,
costituiscono una manifestazione estrema e praticamente unica della tendenza generale a far
rivivere la “sacrosancta venutas”.
La reintegrazione dei motivi e dei temi classici non è che un aspetto del movimento artistico
rinascimentale. Esistono, in grandissimo numero, rappresentazioni di divinità pagane, di miti
classici o di eventi della storia greca e romana che, iconograficamente almeno, non rivelano il fatto
di costituire il prodotto di una civiltà post medievale. Ma ancora più grande era il numero di opere
nelle quali lo spirito rinascimentale non si confinava alla restaurazione dei tipi classici entro i limiti
della sfera classica, bensì mirava ad una sintesi figurativa ed emotiva tra il passato pagano e il
presente cristiano. A tale sintesi si perveniva con metodi diversi.
Il metodo più largamente usato si potrebbe chiamare re- interpretazione delle immagini classiche.
Tali immagini o venivano investite di un nuovo contenuto simbolico di carattere profano ma
assolutamente non classico, oppure venivano asservite alle concezioni specificamente cristiane.
Mentre l’arte medievale si era appropriata dei motivi classici senza troppo riflettervi, il
Rinascimento cercò di giustificare questa pratica su basi teoriche.
Mentre le immagini classiche venivano così deliberatamente reinterpretate, esistono numerosi altri
casi in cui le tradizioni classiche riportate in luce si fondevano quasi naturalmente con le tradizioni
medievali tuttora vive.
“ Pseudomorfosi”: certe figure del Rinascimento risultano investite di un significato che, malgrado
l’apparenza classicheggiante, non era comparso affatto nei rispettivi prototipi classici, sebbene
fosse stato frequentemente adombrato nella letteratura classica. A causa dei propri precedenti
medievali, l’arte del Rinascimento riuscì spesso a tradurre in immagini quanto l’arte classica aveva
giudicato inesprimibile. A differenza di molti altri del loro genere, essi sono riusciti a resistere alla
1
totale eliminazione del soggetto umanistico dell’arte dello scorcio del secolo scorso, e godono di
vasta popolarità persino ai giorni nostri: il Padre Tempo e il Cupido Cieco.
Il Padre Tempo che si scorge, ad esempio, in un disegno pubblicitario della Bowery Savings Bank,
ne costituisce una semplice illustrazione. Degli attributi che servono a rendere riconoscibile una
personificazione, presenta soltanto la tarda età e la falce. Nell’arte rinascimentale e barocca, il
Padre Tempo è generalmente alato e per la massima parte ignudo; al suo attributo frequentissimo,
la falce, si aggiungono una clessidra, un serpente o un dragone che si morde la coda, ovvero lo
zodiaco; e, in molti casi, egli cammina su grucce.
In essa scopriamo due tipi principali di concezioni e di immagini. Da un lato, si tratta di
rappresentazioni del Tempo come “Kairos”: del breve e decisivo momento, cioè, che segna una
svolta nella vita degli esseri umani o nell’evoluzione dell’Universo. Questa concezione si illustrava
con la figura originariamente conosciuta come Opportunità (figura 35).
L’Opportunità veniva raffigurata in forma d’uomo, in movimento come per mutare luogo,
normalmente giovane e mai molto vecchio, malgrado il fatto che il Tempo venga talvolta chiamato
“dai capelli grigi” nella poesia greca. Era dotato di ali, tanto sulla schiena che al piede.
Attributi: paio di bilance e, in un periodo più tardo, una o due ruote.
Dall’altro lato, l’opposto esatto dell’idea di “Kairos” trova rappresentazione nell’arte antica come
“Aion”: vale a dire, il divino principio della creatività eterna ed inesauribile. Queste immagini o si
connettono con il culto di Mitra, nel quale caso presentano una sinistra figura alata con una testa di
leone e artigli pur essi leonini, avviluppata da un enorme serpente e con una chiave in ciascuna
mano, oppure dipingono la divinità orfica comunemente conosciuta come Phanes (Fanete),
presentando allora un bel giovane alato circondato dallo zodiaco, e dotato di numerosi attributi
(figura 36).
In nessuna di questa antiche rappresentazioni troviamo la clessidra, la falce, le grucce, né alcune
segno di età particolarmente avanzata. Le immagini antiche del Tempo sono caratterizzate o da
simboli di rapidità di spostamento e precario equilibrio, o da simboli di potenza universale e fertilità
infinità, ma non da simboli di decadenza e distruzione. L’espressione greca per indicare il tempo,
Chronos, era assai simile al nome di Kronos (il Saturno romano), il più vecchio e il più temibile tra
gli dei. Patrono dell’agricoltura, recava di solito un falcetto. Come decano del Pantheon greco e
romano era professionalmente vecchio, e più tardi, quando si giunse a identificare le grandi divinità
classiche con i pianeti, Saturno venne associato al più lontano e al più tardo di tali corpi celesti.
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I dotti autori del IV e V secolo a. C. cominciarono a dotare Kronos- Saturno di attributi nuovi come
il dragone o il serpente che si morde la coda, che avevano lo scopo di sottolineare il significato
temporale.
la sintesi che infine fede sorgere il Padre Tempo quale la consociamo non ebbe luogo senza
numerose vicissitudini. Nell’arte classica Kronos o Saturno è una figura di perfetta dignità, anche
se alquanto tetra, caratterizzata da un falcetto, da un velo sul capo (figura 38) e da una postura
lugubre, col capo che riposa sulla mano. Non compaiono mai le ali, sostegni o grucce.
Ciò si alterò durante il medioevo. Secondo lo schema evolutivo normale, l’immagine classica di
Saturno venne riesumata occasionalmente tanto nell’arte bizantina che in quella medio- bizantina,
ma doveva sopravvivere solo per un periodo relativamente breve.
Durante il tardo medioevo, l’arte occidentale abbandonò le figurazioni carolinge che caddero
nell’oblio fino al XV secolo, e furono nel frattempo sostituite da tipi non- classici. A causa del fatto
che Saturno, come Giove, Venere, ecc. era stato identificato con un pianeta, queste immagini
nuove emergono nelle illustrazioni di testi sia mitografici che astrologici. Nella veste di potenza
planetaria, si riteneva che Saturno avesse un carattere peculiarmente sinistro; usiamo ancora il
termine “saturnino” per indicare un “temperamento greve, cupo”. Chi era soggetto al suo potere
poteva essere ricco e potente, ma non generoso e gentile; saggio, ma non felice; poiché
inevitabilmente gli uomini nati sotto Saturno saranno malinconici. Generalmente Saturno, il più
gelido, arido e lento tra i pianeti, veniva associato alla vecchiezza, alla povertà abietta ed alla
morte. In realtà la Morte, come Saturno, era rappresentata con un falcetto o una falce da tempi
assai antichi (figura 44). 1
Saturno era ritenuto responsabile delle inondazioni, delle carestie e di ogni sorta di altri disastri.
Chi era nato sotto il suo segno era classificato tra i più miseri e indesiderabili tra i mortali, come
storpi, mendicanti, pitocchi, criminali, poveri bifolchi, vuota cessi e becchini. Non fu che all’ultima
quarto del XV secolo che i neoplatonici fiorentini ritornarono al concetto plutoniano di Saturno,
onorandolo come esponente e patrono della contemplazione filosofica e religiosa profonda, e
identificando Giove con la pura intelligenza pratica e razionale. Ma anche questo ritorno
neoplatonico non poté indebolire la credenza popolare che saturno fosse il più maligno tra i pianeti.
L’immaginazione astrologica non cessò mai di sottolineare queste implicazioni sfavorevoli. Saturno
appare nella maggior parte dei casi come un vecchio tetro e ammalato, il più sovente di aspetto
rustico. Il falcetto o la falce sono spesso sostituiti da una zappa o da una vanga, anche quando sia
rappresentato come un sovrano in trono e incoronato (figura 43, sopra con 44), e la vanga tende
a trasformarsi in un sostegno on in una gruccia, a indicare vecchiezza e decrepitezza generale
(figura 45). Ne risulta, finalmente, che Saturno è mostrato in concreto come uno zoppo con una
gamba di legno, il che adombra la sua mutilazione ancora più repulsiva (figura 46).
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Nelle miniature e nelle stampe che illustrano l’influenza dei Sette Pianeti sul carattere e sul destino
umano le qualità dei “figli” di Saturno riflettono profusamente la natura indesiderabile del loro
“padre”: i quadri mostrano una raccolta di poveri bifolchi, taglialegna, prigionieri, storpi e criminali
sulle galee.
Nelle illustrazioni mitografiche l’aspetto di Saturno si sviluppa dal fantastico al terrificante e al
repulsivo. Il tipo standard si sviluppo nel XV secolo, quando si cominciò ad illustrare l’Ovidio
moralizzato e i suoi derivati.
Questi dipinti comprendevano solitamente altre figure di contorno, connesse al mito di Saturno,
che valevano a drammatizzarne il carattere sinistro e ad accentuarne la crudeltà e distruttività
ancora più nettamente che nel caso delle illustrazioni astrologiche. I miniaturisti non si facevano
scrupolo di dipingere il vergognoso processo della castrazione, nonché l’atto di divorare un bimbo
vivo. Quest’immagine di cannibalismo doveva diventare il tipo accettato dell’arte tarda medievale
(figura 47), e infine si fuse con le rappresentazioni astrologiche, così che talvolta troviamo una
combinazione della castrazione col cibarsi del bimbo (figura 48), o una combinazione del pasto
con il motivo della gamba di legno. In forma più o meno classicheggiante la scena del pasto e la
castrazione continuano nel tardo Rinascimento (figura 49), nell’arte barocca e ancora oltre.
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Tale era la situazione quando gli artisti cominciarono ad illustrate i Trionfi del Petrarca. Solo
l’Eternità trionferà sul Tempo.
L’apparenza esteriore del Tempo non è stata descritta dal poeta se non per il suo “andar leggero |
dopo la guida sua, che mai non posa”, e gli illustratori avevano piena libertà di rappresentarlo nella
forma preferita.
Il Tempo di Petrarca non era un principio filosofico astratto, ma un’allarmante potenza concreta.
Non vi è da stupirsi che gli illustratori decidessero di fondere l’innocua personificazione del
“Temps” del 1400 con l’immagine sinistra si Saturno. Dalla prima ripresero le ali, dalla seconda
l’aspetto tetro e decrepito, le grucce e tratti strettamente saturniani come il falcetto e il motivo
cannibalesco. Che questa immagine personificasse il Tempo venne spesso indicato mediante una
clessidra.
Cinque esempi caratteristici delle illustrazioni di Petrarca:
1. una xilografia veneziana dello scorcio del XV secolo, che