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Eggert del 2005 dove si cerca sempre di valutare il valore della relazione considerando altre variabili.
È difficili fare queste analisi perché sono invasive, e spesso gli intervistati non rispondono. L’ideale sarebbe
fare interviste vis à vis. Sicuramente sono da fare sui clienti importanti, da non perdere, per questo si deve
investire nella ricerca. Queste analisi sono relative alle attese e alle aspettative del singolo cliente e vanno
misurate rispetto alla concorrenza. Spesso si usano i media per somministrare queste interviste ma non si
sa chi risponde e la maggior parte delle volte rispondono i clienti insoddisfatti che demotivano l’analisi. L’
ideale sarebbe fornire un questionario a ogni persona coinvolta nelle decisioni d’acquisto. Chi acquista è il
centro d’acquisto, infatti, partecipa alla selezione del fornitore. Bisognerebbe chiedere delle risposte
rispetto al fornitore ma anche in riferimento al fornitore del fornitore. Ci sono delle difficoltà pratiche
nell’implementazione delle analisi quali:
la determinazione della dimensione degli attributi rilevanti nel sistema di offerta aziendale;
la difficoltà di realizzazione pratica e di somministrazione;
la difficoltà di quantificare in termini monetari il valore ricevuto dal cliente perché per farlo ci
dovrebbe essere una estrema collaborazione e trasparenza ma anche la conoscenza dei processi
del valore del cliente.
C’è necessità di capire su quali clienti approfondire l’analisi di soddisfazione. I clienti hanno diversa
importanza, è necessario definire su quali focalizzare le risorse per svolgere delle analisi approfondite e
mirate. I clienti valutano il livello di soddisfazione confrontando il valore atteso e quello ricevuto, oltre ad
effettuare confronti con il valore offerto dai concorrenti. La soddisfazione del cliente dipende da una rete di
relazioni che costellano i networks e si influenzano a vicenda. È difficile definire l’effetto che le varie
relazioni hanno su quelle di interesse primario. Il valore ricercato dal cliente dipende da cliente a cliente. È
estremamente variabile nel tempo, si modificano le condizioni entro le quali ciascuna impresa sviluppa il
proprio business ( strategia e processi). Le strategie di differenziazione devono essere varie e variabile.
Come gestire l’offerta flessibile? Interagendo continuamente con il cliente con cooperazione e
progettazione dei prodotti e dell’offerta.
Tema innovazione e modularità: CAP.7
L’innovazione, che oggi ha cambiato aspetto, si costruisce sul prodotto e sul processo. È fondamentale la
capacità di essere diversi, e innovativi nel rendere efficienti i processi dei clienti anche attraverso il
prodotto. Rispetto al passato si parla di innovazione aperta e in rete. In passato prevalevano i modelli
razionale e poi quello organizzativo-manageriale all’innovazione. Il primo fa riferimento al periodo
schumpeteriano, l’innovazione è ricondotta all’imprenditore. Esempio. I distretti. L’imprenditore genera
l’idea e finché non viene copiata si è competitivi sul mercato. Oggi è facilissimo copiare un buon prodotto,
basta rifornirsi dagli stessi fornitori. L’idea dell’impresa-manageriale di fare grande impresa era scaturita dai
laboratori, dal controllo della ricerca e sviluppo, e dall’influenzava sul sistema e sull’ economia. L’IBM era
l’unica che negli anni 50 sapeva innovare. Questi sono due modelli chiusi: la prima nell’imprenditore, la
seconda nella grande impresa che fa pure innovazione. Si controllano tutti i processi in un’ottica
sequenziale. L’idea produce un’innovazione, si fa ricerca per capire se è applicabile e si fanno delle ipotesi
sull’applicabilità, si arriva così allo sviluppo del prototipo. Infine, si fa un test sul prototipo fino al lancio sul
mercato. C’è una gestione sequenziale da un’unica impresa. è quella che viene chiamata una technology
driven perché è guidata dal laboratorio, dalla ricerca e dalla tecnologia che portano a innovazioni
dirompenti. I limiti del modello razionale e sequenziale sono che l’innovazione inizialmente è unicamente
un fattore endogeno all’impresa. non vi è alcuna interazione e scambio con l’esterno. Non si considera
l’importanza dello scambio e dell’integrazione. La dimensione della conoscenza è limitata ed è firm-specific.
Inoltre, agendo in una logica di autosufficienza l’impresa innova attraverso lunghi percorsi di
sperimentazione interna e vi è un’elevata burocratizzazione.
L’innovazione marketin driven è suggerita dal mercato in un modello aperto. Oggi in realtà l’impresa non è
autosufficiente in nulla, tanto meno nella capacità di innovare. Bisogna interagire con gli altri, soprattutto
con il cliente che comprerà, userà e dovrà essere soddisfatto; ma anche con le altre imprese che hanno un
know-how complementare. Si è più efficaci ed efficienti se si interagisce con altri. Ci sono delle conoscenze
condivise, anche se avere del know-how non piace a tutti, infatti, ci sono tecniche di tutela. Tuttavia,
questo è fondamentale in un tempo della complessità e della velocità. L’impresa da sola non è in grado di
fare innovazione durevole, che conferisce competitività nel tempo. I tempi di imitazione generati nel tempo
e il mantenimento del monopolio sono brevi se si fa innovazione da soli. Prevale un modello parallelo dove
le fasi non sono sequenziali ma avvengono quasi contestualmente.
Il processo innovativo è molto più breve. Nei precedenti sistemi la gestione era da parte di funzioni diverse.
Ad esempio la funzione produttiva avveniva solo dopo quella di ricerca e sviluppo. Il modello parallelo è
caratterizzato da un team che comprende il personale addetto a diverse e specifiche attività. C’è una
rottura del modello chiuso e sequenziale si confluisce così nel modello opening innovation detto anche
reticolare. L’innovazione di prodotto e processo è dato dall’interazione tra più attori sia dentro l’impresa (
team) ma anche esterni ( centri ricerca, università, parchi tecnologici, distributori, clienti). Grazie
all’interscambio della conoscenza si genera l’innovazione. Questo modello sposa l’idea che l’impresa non è
più autosufficiente. La soluzione di valore offerta al cliente è il risultato del lavoro di una rete. Non si parla
di concorrenza tra imprese piuttosto di concorrenza tra supply chain ( reti di imprese) e reti di offerta. Un
conto è parlare di innovazione guidata dal laboratorio, un conto è parlare di innovazione guidata dal
mercato. L’innovazione del mercato è chiamata demand pull, che risponde ai bisogni dei clienti grazie
all’uso del prodotto. Porta a dei miglioramenti non a un prodotto nuovissimo. Sono quelle che vengono
chiamate innovazioni incrementali. È sicuramente differente da quella di laboratorio, della ricerca, che è
technology push. È spesso più pesante, impattante sul mercato e sui prodotti. È radicale però a differenza
della precedente è molto più rischiosa. Non è detto che venga recepita bene dal mercato se non c’è utilità,
se non c’è una buona campagna di marketing. Il nuovo prodotto che, invece è demand pull, è chiaramente
meno rischioso; si sa già che ha un mercato e una richiesta.
Le fonti dell’innovazione si dividono in :
interne : riferite all’interno dell’azienda. Sono frutto della funzione ricerca e sviluppo, oppure del
direttore marketing che ha intercettato un nuovo bisogno sul mercato;
esterne: clienti, fornitori, distributori che possono generare nuovi bisogni, idee all’azienda.
Come sono attivati queste fonti e attori? Come riescono a genare innovazione e migliorie?
Attraverso processi di apprendimento che sono di 4 tipi:
Learning by doing: più fai, più impari a farla meglio; è riferito a fonti interne.
Learning by using: tipico delle fonti esterne come i clienti. Più si usa, più si capisce dove può essere
migliorato.
Learning by searching: tipica da laboratorio: più si fa ricerca più si impara ad avere soluzioni. In
Italia si tende a finanziare la ricerca applicata e sempre meno la ricerca di base tipiche delle
università. La ricerca di base è la ricerca per la ricerca. È porsi delle domande, delle questioni, fare
degli approfondimenti senza uno specifico obiettivo applicativo. Porta a grandi salti e idee. È
diverso dalla ricerca applicata che porta subito a dei ritorni anche se non sempre sono altissimi.
Learning by interacting: che scaturisce dalla interazione tra gli attori. Si dividono costi e rischi.
Se si incrociano le fonti interne all’azienda e quelle esterne con le diverse tipologie di apprendimento si
vede la tipologia di innovazione che ne scaturisce:
coopetition
I lead user sono importantissimi perché sono quei clienti della base cliente che usano criticamente il
prodotto dando valore ai servizi, danno idee e suggerimenti per apportare dei miglioramenti. Hanno un
chiaro beneficio economico connesso all’introduzione dell’innovazione, sono interessati a diventare parte
attiva scambiando delle conoscenze. Possiedono una significativa capacità di prevedere e di anticipare le
necessità e le esigenze del mercato riuscendo ad offrire dunque un significativo vantaggio. Sono quei
clienti che hanno talmente a cuore il prodotto e servizio che per essere loro stessi competitivi lo usano con
grande attenzione. Questi clienti hanno bisogno che il prodotto sia eccellente altrimenti la loro
competitività diminuisce. Si cerca di capire come si può migliorare. Sono competenti, hanno un expertise
che permette di dare dei suggerimenti con un linguaggio giusto. Hanno capacità di prevedere e anticipare le
migliorie per affrontare nuovi mercati.
Distinzione tipologie innovazione a seconda da chi le guida:
Essere innovativi prevede la capacità di realizzare una soluzione attesa dal cliente. Il cliente è soddisfatto se
ottiene la soluzione ai suoi problemi. Non si tratta solo di prodotto, ci deve essere adattamento e
customizzazione. Non è sempre il fornitore che fa questa customizzazione. Si riprende Il caso Ricoh e Kraft:
Se Kraft dice di avere un problema, e chiede l’intervento da parte di Ricoh la soluzione è definita supplier
driven. Tuttavia ci sono dei casi in cui il cliente richiede solo la fornitura del prodotto e poi provvede in
maniera autonoma alla risoluzione del problema e la riorganizzazione del processo interno. La soluzione è
implementata dall’utilizzatore ( user