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CLAY
Il titolo era stato anticipato dalla poesia di Byron. La protagonista è Maria, parodia della Mary cristiana.
Interessante è il fatto che i suoi datori di lavoro siano protestanti. In Irlanda la commistione tra pagano e
cristiano è costante, le tradizioni si fondono (Halloween). La parte nord di Dublino è quella più povera.
L'argilla è simbolo di morte precoce, il libro di preghiere di una vita monastica. Il gioco a cui partecipa Maria
è celtico ed è praticato per tradizione ad Hallow's Eve. Il nome della protagonista ha un potere evocativo
enorme: come la Vergine è portatrice di pace, così Maria è una “peace maker”. In primo piano viene messa la
sua statura morale e la sua funzione sociale. Il suo volto tuttavia è una caricatura, perché ricorda una strega.
Ella è un personaggio ambivalente, a metà strada tra paganesimo e cristianità: vergine moralmente, strega
fisicamente. Joyce fa qui uso della tecnica oppositiva (realtà/apparenza...). È protestante a lavoro, cattolica
in privato e pratica rituali celtici in società. Nella dimensione morale Maria è l'esatto opposto di Farrington:
lei possiede tutto ciò che a lui manca, temperanza, bontà, grazia, leggerezza nei modi. Il filo simbolico è
sottolineato dal commento del figlioccio di Maria, Joe Downes, che la considera la sua vera mamma. Ella è
una sorta di suora laica: il suo destino è quello di consolare gli altri, essere presente ai rituali sociali. Ha
preparato dei semplici dolcetti tradizionali, che taglia e distribuisce, come il pane spezzato per la comunione.
La tensione maggiore è proprio questa opposizione tra la dimensione cristiana e celtica. Maria non è una
donna completa: non le è concesso di essere amante e sposa e ciò ne sottolinea l'esclusione sociale. La
domanda del commesso porta a un lapsus freudiano, che insiste sulla sua emarginazione sociali. Tutti la
amano, ma non sarà mai amante né sposa. Funge in cui certo senso da capro espiatorio, da vittima designata.
Si sacrifica per la comunità da cui rimane esclusa. È una sorta di capro espiatorio. L'argilla che tocca
rimanda al mito della creazione, altro episodio biblico, e al fatto che ciascuno di noi è plasmabile dalle mani
degli altri. In chiusa al racconto si trova una canzone che porta al tema del rimpianto di una vita di gioie, che
mai sono state viste. Ha una posizione simile a quella della preghiera del bambino nel racconto precedente.
L'inno rivela la situazione emotiva del personaggio e la portata emotiva della storia. Maria ripete due volte
per errore, con voce tremante, il ritornello sul tema delle gioie sognate e mai vissute. È un pensiero che lei
ha: sa che le mancano alcune cose per vivere la vita in maniera piena. In chiusura c'è l'elemento ironico del
cavatappi, che il commosso Joe non riesce a trovare, e viene presentato il sentimentalismo dei dublinesi.
L'ironia si mescola all'amarezza: viene presentata l'inutilità della pazienza, dell'amore e del sacrificio, che
non servono a sanare l'ipocrisia della comunità e la paralisi che attanaglia la società. Il senso conclusivo è
l'inefficacia della carità cristiana. Dublino è città di morti viventi e l'argilla è simbolo di questa morte.
A PAINFUL CASE
Il protagonista è un altra proiezione di Joyce. Egli, James Duffy, è un traduttore a tempo perso, funzionario
in banca. L'autore lavorò in banca e faceva traduzioni da l'inglese all'italiano. Ha una casa maniacalmente
ordinata. Sta traducendo un dramma di Hauptmann (scrittore tedesco vincitore premio Nobel nel 1912 e
considerato massimo esponente dell'astrattismo) e ai margini del testo inserisce note. Dallo scenario iniziale
emerge il senso della distanza emotiva. Egli è descritto dal paesaggio che abita: una torre d'avorio con cui si
difende dall'esterno. Si sdoppia, si guarda a distanza, quasi come se si osservasse vivere. Come in Clay,
Joyce sviluppa qui l'indagine sul rapporto tra individuo e comunità. Nell'uno utilizza l'analisi ironica,
nell'altro la descrizione della psicologia di Duffy. Questo racconto è più disperato, è evidente la presa di
posizione che l'amore è impossibile. L'affetto che unisce, che rende felici nella città paralizzata è impossibile.
Per i critici questa racconto è “Il racconto più tragico e più disperato dell’intera raccolta”. I tre cardini della
storia sono disperazione, l'autobiografismo e l'ironia. Duffy è anch'egli uno scrivano, vicino quindi ai due
personaggi, da cui si distingue in quanto funzionario di banca (ha una certa autorità) e assimilabile a un
antico scriba. Egli annota, glossa, è custode della tradizione, conduce una vita ritirata, quasi monastica. Nella
scrupolosità del personaggio si può ritrovare quella dell'autore, che si presenta ironicamente sotto la
maschera del traduttore, del commentatore. Duffy è la parodia di un monaco amanuense, un custode del
canone (ironia nei confronti della letteratura religiosa). Gli oggetti assumono valore simbolico, emblematico.
I temi sono l'isolamento, la routine esistenziale (ripetitività dei gesti), che avvolgono tutta Dublino. Joyce
aveva scritto al fratello in una lettera che avrebbe usato una cattiveria meticolosa. Duffy incarna questa
attenzione maniacale ai dettagli. È una proiezione della figura reale, che viene presentata sotto la maschera
ironica del traduttore o commentatore. È un custode del canone delle scritture, riferimento questo biblico.
L'ironia è corrosiva nei confronti della tradizione letteraria. La stanza è come una spoglia cella monacale, i
colori (nero e rosso) sono liturgici. C'è una riflessione metaletteraria sulle tecniche e i generi di scrittura:
traduzione, glossa, la preghiera e scrittura giornalistica sono quelli presi in esame. Il principio della glossa è
anche quello che scandisce il ritmo dell'esistenza del protagonista. Egli non ha contatti con la realtà, parla di
sé in terza persona, le glosse di cui parla sono quelle della propria esistenza. La traduzione simboleggia il
tentativo di passare dall'irrealtà alla realtà, vano perché egli rimane prigioniero di questo sistema
paralizzante. Respinge la parola d'amore, il rapporto con Sinico, unico motivo di speranza. È un testo
estremamente crudo sull'impossibilità dell'amore tra gli uomini. In Clay vi era la sterilità della parola
d'amore, qui l'impossibilità della vita nel mondo moderno. Come Maria, Duffy fallisce nel tentativo di
donare amore al prossimo. 12/11/2013
LEZIONE #16*
IVY DAY IN THE COMMITTEE ROOM
La coralità di questo racconto è data dagli otto personaggi che vi si muovono all'interno. Ci sono due
presenze principali. Una è la presenza spirituale, quella di Charles Stewart Parnell. Questi fu uno degli eroi
dell’indipendenza irlandese, simbolo dell’Irlanda eroica, tradita e traditrice. Egli è simile alle ombre che
vengono proiettate dal gioco delle fiamme del camino, descritto in apertura del testo. Il setting è nella stanza
del comitato. È una stanza male illuminata, situata sopra un bar, scaldata in maniera poco efficace dal fuoco
del cammino. I personaggi sono impegnati in una campagna elettorale, quindi si discute di politica,
soprattutto, ma anche si sparla di tutto e di tutti. Il pettegolezzo ha un chiara importanza nel testo. La
giornata è quella del sei ottobre, data importante in quanto anniversario della morte di Parnell.
L'indipendentista aveva combattuto nel 1877 per la Home Rule League, vale a dire per l’autonomia e
l’indipendenza del paese. Era giunto a diventare presidente della Irish National Land League, il partito dei
contadini, ed ebbe una serie di successi a Londra e al parlamento, dove sedeva come rappresentante
irlandese. Nel 1885 ci furono le elezioni e il suo voto, quello del gruppo che rappresentava, fu determinante
per la vittoria delle elezioni parlamentari da parte dei liberali. Grazie a questa personalità importante,
Gladstone, allora primo ministro, concesse la Home Rule all’Irlanda. È per questo motivo che è considerato
un eroe: è colui che per primo riuscì ad ottenere un status di autonomia per l’isola. Successivamente fu anche
oggetto di accuse, ovviamente ingiuste, di complicità con altri politici e venne quindi costretto ad
abbandonare la scena politica. Definitivamente la sua scomparsa dalla scena sociale irlandese accadde nel
’90, quando fu accusato di avere una relazione con una donna sposata. Allora l’adulterio era un crimine
molto grave. La conversazione inizia in una stanza buia e presenta uno scenario naturalistico come oggetti,
luci e persone, ma anche simbolico, come il fuoco e l’edera.
È evidente l’opposizione joyceiana tra giovane (O'Connor) e anziano (Old Jack), tra vecchia e nuova
generazione, contrasto studiato qui in un contesto politico. L’atmosfera è di sospetto e di pettegolezzo.
Potremmo sostenere che qui venga preso in esame il tradimento attraverso la parola. Le maldicenze sono al
centro del discorso. È un comitato, dove si fa pettegolezzo e non si fa politica. Vi è un rimando preciso a
Ulysses, all’Odissea dei cavatappi. Le bottiglie di birra sono il vero nucleo politico del racconto. Il testo è
costellato da una serie di suoni onomatopeici. È un commento estremamente ironico al tema che dovrebbe
essere serio, ovvero quello della politica. Gli unici discorsi politici fatti riflettono un pragmatismo di bassa
lega. Hynes l’unico che prende l’opportunità di accogliere in maniera positiva il re dell’Inghilterra, re
Riccardo VII, il quale era in visita commerciale in Irlanda. I grandi nazionalisti si scontrano con il
pragmatismo politico. L’atmosfera si scalda sempre di più ed Hynes recita una elegia che “accelera” la morte
di Parnell. La recita fatta con enfasi e la conclusione sono un anticlimax perché molto minimalista: si
conclude infatti con il rumore del tappo che sale e con un insulto ai presenti, che rende questo atto artistico
vano e basso.
Il titolo propone uno dei contrasti tipici dell’arte joyciana. L’edera, che è una pianta che si attacca al tronco
e cresce sempre, è una pianta molto forte. È il simbolo del nazionalismo irlandese e verrà utilizzato da
Parnell e dai membri del suo partito. Il contrasto si verifica tra l’edera e la stanza del comitato, dove si
rinnova il tradimento nei confronti dell’eroe. Costui viene definito il Messia non incoronato. Viene tradito da
queste manovre spicciole, mafiose, da