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CAPACITA’ PRECOCI E RAPPRESENTAZIONE PRESIMBOLICA

Oggi la ricerca ci mostra dei bambini attivi, competenti e impegnati sin dalle

prime ore di vita in complesse interazioni interpersonali. Secondo il pensiero di Piaget sull’origine presimbolica delle

rappresentazioni del Sé e dell’oggetto, il pensiero simbolico emerge alla fine del 1° anno di vita, si riorganizza tra i 16­18

mesi e si consolida nel corso del 3° anno. Molte ricerche però mostrano che prima della simbolizzazione (→ capacità di

rievocare un oggetto fisicamente assente riferendosi ad esso non in base alle sue caratteristiche fisiche, ma attraverso

un simbolo convenzionale, linguistico) esiste una capacità di rappresentazione presimbolica già dal 2° mese di vita.

Stern ha cercato infatti di fornire diverse prove a favore dell’esistenza di questa capacità di rappresentazione

presimbolica

LA RAPPRESENTAZIONE PRESIMBOLICA DEI MODELLI DI INTERAZIONE

Diversi autori avanzano l’ipotesi che, prima di sviluppare una capacità simbolica, il bambino sia in grado di rappresentare

modelli di interazione (modalità caratteristiche in cui madre e bambino si influenzano reciprocamente nel corso

dell’interazione) caratteristici, prevedibili, insieme alle peculiari caratteristiche temporali, spaziali, affettive e fisiologiche.

Verso la fine del primo anno, dalle rappresentazioni dei modelli di interazioni attesi si formano prototipi generalizzati , da

cui successivamente si sviluppano le rappresentazioni simboliche del Sé e dell’oggetto. La rappresentazione

presimbolica si basa sulla motivazione ad elaborare informazioni. Il bambino manifesta un’attività endogena innata ed

una motivazione intrinseca a processare ed ordinare le informazioni. Ecco molte ricerche a tal proposito:

Discriminazione tra madre ed estranei già nelle prime 15 ore di vita il neonato distingue la voce, l’odore e il volto

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della madre, e li preferisce a quelli di una persona estranea (per preferenza si intende una convergenza statisticamente

significativa dei pattern di risposta).

Apprendimento in utero In uno studio, alcune donne all’ultimo trimestre di gravidanza leggevano ad alta voce al loro

- →

bambino una storia; alla nascita i bambini mostravano di preferire l’audiocassetta in cui la madre leggeva la storia che

avevano ascoltato nell’utero rispetto ad un’altra storia.

Discriminazione uditiva del Sé Martin e Clark hanno osservato che, già nel primo giorno di vita il neonato è in grado

- →

di riconoscere la propria voce e di distinguerla da quella degli altri neonati. Se il neonato è calmo e ascolta la

registrazione del proprio pianto, emette meno vocalizzi di quanto ne emetterebbe ascoltando il pianto di un altro neonato.

Se invece sta piangendo e ascolta la registrazione del proprio pianto, piange di meno rispetto a quanto farebbe

ascoltando il pianto di un altro neonato. Questa ricerca dimostra l’esistenza, fin dalla nascita, di una capacità di

discriminazione specifica del Sé.

Percezione di contingenze e creazione di aspettative degli esperimenti di DeCasper e Carstens all’inizio veniva

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insegnato al bambino che, prolungando o abbreviando le pause nella suzione, poteva iniziare una musica. Per potere

provocare la musica il bambino doveva misurare la durata delle pause. Una volta imparato che prolungando o

abbreviando le pause nella suzione iniziava la musica, il neonato si crea delle aspettative e attende un certo grado di

contingenza tra il suo comportamento e la risposta dell’ambiente; si è osservato che la violazione di tale aspettativa

(sperimentatasi non accendendo più la musica) portava alla produzione di effetti negativi come pianto e agitazione. In

sintesi, il bambino è in grado di individuare contingenze tra ciò che fa e le risposte immediate dell’ambiente. Ciò aumenta

il suo senso di controllo e di efficacia.

Memoria i neonati hanno una memoria molto sviluppata lo dimostra la ricerca di Rovee­Collier che evidenzia la

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capacità dei neonati di 2­3 mesi di ricordare, dopo 24 ore, elementi e movimenti di una giostrina legata con un nastro alle

loro caviglie (il bambino impara che, muovendo la gamba, si muoveva anche la giostrina). La scoperta che a 2­3 mesi i

bambini possono codificare e ricordare in dettaglio la giostrina a distanza di 24 ore sfida la tradizionale concezione della

memoria infantile, secondo cui, prima degli 8­12 mesi, il bambino non sarebbe capace di ricordare un’esperienza

precedente.

Memoria e affetti lo stesso gruppo di ricercatori ( Rovee­Collier) ha dimostrato che, a 2 mesi gli affetti provati dal

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bambino al momento dell’apprendimento ne influenzano il ricordo. In un primo momento i ricercatori insegnarono ai

bambini a tirare calci per far muovere una giostrina composta da 10 elementi. Quando, in una 2 fase, la giostrina venne

sostituita con un’altra composta da 2 elementi, la metà dei bambini pianse. A distanza di 1 settimana i bambini che

avevano pianto non ricordavano ciò che avevano appreso e cioè che muovendo la gamba, si sarebbe mossa la giostrina,

a differenza di quelli che non avevano pianto, che invece ricordavano il compito x 3 settimane. Nei bambini che avevano

pianto, l’intenso affetto negativo provato al momento dell’apprendimento sembrava aver interferito con il ricordo. Si è

osservato che i bambini che non ricordavano riuscivano a farlo poi con un indizio: il loro problema non era

l’immagazzinamento, ma il recupero del ricordo, reso difficoltoso da dall’interferenza dell’ affetto negativo.

Percezione di tempo, spazio, affetti e livello di attivazione queste sono dimensioni salienti della percezione del

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bambino che gli permettono di rappresentare le interazioni sociali. Per quanto riguarda il tempo, il bambino nasce con la

capacità di percepire il tempo ed è in grado di stimare eventi della durata di secondi o di frazioni di secondi. Già a 2 mesi

il bambino distingue differenze di durata di 25millisecondi, percepisce abilmente sequenze temporali, sviluppa

aspettative su quando si verificheranno gli eventi. Per quanto riguarda lo spazio il bambino possiede fin dalla nascita una

notevole capacità di percezione spaziale. La coordinazione visivo­uditiva consente al neonato di localizzare un suono

nello spazio visivo. In risposta a uno stimolo che si avvicina velocemente, il bambino abbassa la testa e alza le mani in

un riflesso difensivo. Circa l’espressione facciale degli affetti, nel bambino, l’espressione e la percezione di affetti sul

volto del partner sono molto sofisticate. Un’espressività completa si raggiunge sui 3­4 mesi.

Il bambino sa leggere gli affetti sul volto del partner e ciò produce un effetto sul suo stato emotivo. Il neonato riconosce

le espressioni di sorpresa, paura e tristezza sul volto di un modello adulto, mostrando espressioni corrispondenti. Circa

l’espressione vocale degli affetti si è osservato che il bambino è in grado di percepire gli affetti anche in base al profilo

melodico e al tono della voce; già nei primi 6 mesi di vita i bambini distinguono tra espressioni verbali positive

(ascendenti) e negative (discendenti), avvicinandosi all’intonazione positiva e allontanandosi da quella negativa.

Riconoscimento di caratteristiche e formazione di schemi il bambino riconosce le

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caratteristiche di uno stimolo, per es. il colore, la luminosità, la forma, e alcuni aspetti del linguaggio. È inoltre in grado di

riscontrare somiglianze e differenze tra le forme. a 5 mesi il bambino riconosce la fotografia di un viso a distanza di 2

settimane. Guarda lo stimolo, si crea un modello che comprende le caratteristiche dello stimolo, memorizza questo

modello e infine lo paragona allo stimolo successivo. Il processo di formazione degli schemi o modelli è così importante

che dalla capacità del bambino di formare schemi a 3­5 mesi è possibile prevedere l’intelligenza verbale dai 2 ai 5 anni.

Percezione trasmodale un’altra notevole capacità posseduta dal bambino è la percezione trans modale che

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consente al bambino di creare uno schema unico da modalità percettive diverse, arrivando alla costanza percettiva

dell’oggetto; un es. la ricerca in cui al bambino bendato è messa in bocca una pallina con protuberanza, mostrandogli

poi 2 palline il bambino preferiva guardare quelle che aveva avuto in bocca, le informazioni ricevute dalla lingua

(protuberanza) sono state trasformate in informazioni visive

.

Categorizzazione presimbolica il bambino è capace di categorizzare nel senso che è capace di trattare entità

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differenziate come simili. Una categoria si forma quando il bambino percepisce regolarità e a partire da queste si forma

un prototipo; la categorizzazione facilita la percezione, la memoria e l’elaborazione delle informazioni. Nel processo di

categorizzazione si distinguono 3 livelli: 1. sensoriale: il bambino si basa su caratteristiche senso­motorie concrete come

la forma o il colore; 2. concettuale: c’è maggiore astrazione, es. la relazione spaziale ; 3. linguistico:dove la caratterista

comune della categoria è il simbolo, come avviene per es per i concetti di verità e bellezza. La capacità di formare

categorie è alla base del concetto di RIG è posta da Stern alla base del concetto di RIG (rappresentazione di interazioni

generalizzate), che permette al bambino di generalizzare le interazioni sulla base delle caratteristiche percettive o

cognitive.

Rappresentazione presimbolica a 1 anno il bambino possiede notevoli capacità di rappresentazione presimbolica.

- →

Percepisce caratteristiche, le traduce in altre modalità sensoriali, riconosce se il partner sta agendo in modo contingente.

Queste capacità consentono al bambino di sviluppare rappresentazioni presimboliche di interazioni tipiche. Verso la fine

del 1 anno, dalla rappresentazione delle interazioni attese vengono astratti prototipi generalizzati, che a loro volta creano

le condizioni per lo sviluppo delle rappresentazioni simboliche del Sé e dell’oggetto.

Prove dell’esistenza di un’organizzazione presimbolica delle interazioni sociali nel primo anno

- Tra le prove a sostegno di questa ipotesi, citiamo : 1.il comportamento dei bambini con madri depresse, che

ricorrono al modello di interazione deviata usato con la madre anche nelle interazioni con estranei adulti non depressi; 2.

l’esperimento del “volto immobile” di Tronick, in cui la madre mostra un volto inespressivo davanti al bambino, che invece

si aspetta un partner normalmente responsivo. L ’aspettativa del bambino (che il partner risponda in modo contingente)

è violata e ciò gli crea disagio; gli effetti dell’esperiment

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
23 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AleCas di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Modelli psicodinamici di ricerca e intervento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Giannone Francesca.