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Questa situazione animale è stata estesa all’ambito umano, in ambito lavorativo. Il presupposto è il
rapporto di lavoro. In ambito sportivo si parla di mobbing per gli sport professionistici e per il
professionismo di fatto. Giuridicamente il termine si presta ad essere utilizzato soltanto in contesti
lavorativi.
Fenomeno che si ha quando un soggetto (datore di lavoro, lavoratore) cerca di escludere un altro
soggetto dal contesto lavorativo attraverso comportamenti vessatori ripetuti nel tempo. La vittima
dopo un po’ non riesce più a sostenere il contesto lavorativo e se ne va.
Etimologia: deriva dal termine inglese “to mob”, in ambito animale.
Nel caso del fenomeno del mobbing abbiamo due parti, il mobber ovvero l’autore del mobbing,
mobbizzato ovvero la vittima del comportamento vessatorio. Concretamente, nel caso di persone
fisiche e non di animali, il mobbing consiste in un terrorismo psicologico. Il mobber è l’autore del
mobbing che si esprime in un terrorismo psicologico: in particolare il mobbing è stato definito come
un comportamento ostile sistematico, ripetuto, posto in essere da una o più persone verso un
individuo che si trova in una condizione indifesa, allo scopo di allontanarlo, o dal contesto sociale o
dal contesto lavorativo professionale. Comportamento ostile realizzato sistematicamente da una o
più persone nei confronti di una persona in condizione indifesa allo scopo di allontanarlo dal
contesto sociale o lavorativo. I comportamenti con cui viene realizzato il mobbing sono
comportamenti eterogenei, accomunati dall’elemento della violenza psichica. Ciò che li caratterizza
è il fatto che vengono realizzati costantemente, posti in essere in modo costante, e di avere una
finalità persecutoria (di allontanamento del soggetto preso di mira dal posto di lavoro). Sono
comportamenti eterogenei accomunati dal fatto della finalità persecutoria e dalla costanza con il
quale essi si ripetono.
Gli studiosi hanno elencato 5 requisiti soddisfatti i quali si può parlare di mobbing; un fenomeno di
violenza psichica può essere considerato mobbing soltanto se presenta 5 requisiti:
• Si deve trattare di un fenomeno che si verifica sul luogo di lavoro. CONTESTO
LAVORATIVO;
• L’intenzionalità persecutoria, volontà finalizzata a prendere di mira un soggetto, per
allontanarlo dal contesto lavorativo, per farlo desistere dallo svolgimento dell’attività;
• Andamento per fasi successive, il mobbing richiede necessariamente il rispetto di fasi
successive, viene articolato in fasi successive, c’è una evoluzione del comportamento del
mobber nell’azione nei confronti del mobbizzato;
• Modalità vessatorie, comportamenti dannosi, di violenza psicologica;
• Durata e ripetitività nel tempo dell’azione vessatoria: nella durata perché il mobbing non è
un fenomeno istantaneo, si caratterizza nella costanza nel tempo dell’attività violenta,
vessatoria;
Devono sussistere questi elementi per poter parlare di mobbing. Si parla di mobbing in senso
tecnico se questo viene svolto in ambito lavorativo, nel contesto di lavoro.
Il mobbing parte da una fase in cui non è evidente l’intento persecutorio, poi successivamente il
comportamento del mobber si inasprisce. Le fasi sono caratterizzate dall’accrescersi della violenza
persecutoria del mobber ai danni del mobbizzato: il comportamento di violenza psichica è un
comportamento crescente, in evoluzione. Sono state individuate 4 fasi in cui il comportamento del
mobber, la violenza psicologica si inasprisce, da una finalità persecutoria latente ad una fase finale
in cui il conflitto tra mobber e mobbizzato è caratterizzato da un inasprimento dei rapporti.
• La prima fase è quella del conflitto latente, in cui tra mobber e mobbizzato emergono dei
piccoli contrasti nel luogo di lavoro. Il conflitto non è evidente, ci sono solo dei piccoli
contrasti tra mobber e mobbizzato. I dissidi non rendono evidente il comportamento di
mobbing, sono solo delle discussioni tra colleghi che non fanno presagire la gravità del
fenomeno. Latente (sta per emergere);
• La seconda fase è quella del conflitto mirato in cui il conflitto non è più occasionale ma è un
conflitto vero e proprio. Il conflitto esplode, non è più un conflitto nascosto, ma evidente;
• La terza fase è quella del conflitto pubblico in cui il conflitto tra mobber e mobbizzato è
evidente. C’è un aggravamento della situazione, nel luogo di lavoro si percepisce il
malessere del mobbizzato e il conflitto è talmente evidente che talvolta la vittima già in
questa fase la vittima inizia ad assentarsi ripetutamente dal posto di lavoro a causa di
malattia (il mobbing ha comunque degli effetti in termine di lesione dell’integrità psicofisica).
La vittima inizia ad accusare situazioni di malessere psicofisico che gli impediscono di
affrontare il contesto lavorativo: il rendimento lavorativo e professionale del mobbizzato
cala vistosamente. In questa fase si presagisce l’esito del mobbing;
• La quarta fase è quella dell’allontanamento dal posto di lavoro, si realizza lo scopo ultimo
della condotta del mobber. Da un conflitto non particolarmente evidente, che cresce con il
passare del tempo con l’aggravarsi delle condizioni di salute del mobbizzato, si arriva al
suo allontanamento dal posto di lavoro;
Il mobbing viene distinto a seconda di altri elementi, a seconda di chi procura la condotta di
violenza psichica che può essere o un collega (un soggetto che si trova allo stesso livello operativo
professionale), un dipendente o addirittura da un datore di lavoro. Si parla di mobbing orizzontale
quando avviene tra colleghi che si trovano allo stesso livello, che hanno lo stesso inquadramento
professionale (tra due dipendenti di una ditta, all’uscita di un bando di progressione di carriera, per
conflitto di interessi). Mobbing e mobbizzato hanno lo stesso ruolo nell’ambito del contesto
lavorativo. Il mobbing può essere effettuato tra soggetti con diversa qualifica professionale; in
questo caso si parla di mobbing verticale, che può essere discendente o ascendente. Il mobbing è
discendente quando il mobber ad esempio è il datore di lavoro autore di una condotta di mobbing
nei confronti di un dipendente. Ascendente quando un dipendente vuole allontanare il datore di
lavoro rendendosi autore di una condotta di mobbing nei confronti del superiore.
Orizzontale quando è posto in essere da soggetti con la stessa qualifica professionale;
Verticale quando è posto in essere da soggetti con diverso inquadramento professionale e può
essere discendente o ascendente;
Un ulteriore distinzione vi è tra mobbing diretto e mobbing indiretto: mobbing diretto si ha quando
viene posta in essere una condotta di violenza psicologica direttamente nei confronti della vittima,
mobbing indiretto invece quando vengono presi di mira soggetti diversi dalla vittima. L’autore della
condotta di mobbing non si rivolge direttamente al lavoratore che vuole allontanare dal contesto
professionale ma tiene questi atteggiamenti di violenza psichica o nei confronti dei parenti della
vittima o del partner (soggetti vicini alla vittima, che hanno un legame molto stretto con la vittima).
Eventuali azioni di mobbing nei confronti di questi soggetti producono lo stesso effetto che
avrebbero nel caso fossero condotti direttamente ai danni della vittima stessa.
Il fenomeno del mobbing non è previsto dalla legge, si è sviluppato nella pratica e il legislatore non
è intervenuto a regolare questo fenomeno. Dai diversi casi pratici cui sono seguiti processi civili, i
giudici hanno elencato i diversi elementi che ci consentono di definire il fenomeno del mobbing. In
particolare, questo fenomeno è stato enucleato alla fine degli anni 90’ dalla Corte di Cassazione:
questo fenomeno ha iniziato a diffondersi all’incirca a metà degli anni 80’. Questo fenomeno è
considerato illecito civile (non è un illecito penale perché non è espressamente indicato dalla
legge come reato) perché viene posto in essere da soggetti privati, non è la pubblica
amministrazione (quindi non può essere illecito amministrativo). La Cassazione nel 1999 ha dato
una definizione di mobbing che poi è stata confermata dalla Corte Costituzionale nel 2003.
La Corte ha definito il fenomeno del mobbing è un fenomeno complesso, caratterizzato da una
pluralità di atti e comportamenti vessatori ripetuti nel tempo, nei confronti di un determinato
lavoratore nel contesto lavorativo in cui è inserito il lavoratore stesso per escluderlo dal contesto
professionale. Le caratteristiche del mobbing sono la sistematicità e la durata nel tempo delle
azioni vessatorie di violenza psicologica e il fine persecutorio.
Gli studiosi si sono chiesti se si può verificare una eventuale responsabilità del datore di lavoro e
nel caso quale sia la responsabilità. La responsabilità è senza dubbio civile, ma si tratta di
responsabilità contrattuale o extracontrattuale?
Responsabilità contrattuale art. 1218 c.c Responsabilità extracontrattuale art. 2043 c.c.
E’ importante perché cambia il regime della prova dei fatti. Nei casi di responsabilità
extracontrattuale sarà il lavoratore vittima del mobbing a dimostrare eventuale colpa o negligenza
del mobber o comunque del datore di lavoro. Nel caso di responsabilità contrattuale c’è già una
presunzione di colpa: l’autore della violenza psicologica o comunque il datore di lavoro si presume
già in colpa e deve dimostrare la prova contraria. Nel caso di responsabilità extracontrattuale il
mobbizzato si trova in una posizione svantaggiata perché è lui che deve dimostrare la colpa altrui.
Nel caso di regime di responsabilità contrattuale invece è il mobber che deve fornire la prova
contraria. Altra differenza tra i regimi di responsabilità è il termine entro cui si può chiedere il
risarcimento: nel caso dell’art. 43 il risarcimento può essere chiesto entro 5 anni, a pena di
prescrizione, nel caso dell’art. 1218 il termine di prescrizione è di 10 anni. Sia per quanto riguarda
l’onere della prova che per i termine di prescrizione, il mobbizzato è avvantaggiato nel ricondurre la
responsabilità all’articolo 1218. Inizialmente si riteneva che il mobbing fosse un esempio di
responsabilità extracontrattuale; a seguito di valutazioni volte a riconoscere una posizione di
maggior tutela al mobbizzato, si è ritenuto applicabile il regime di responsabilità contrattuale.
La responsabilità non è detto c