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E F A H D J B C I G
20 40 60 60 100 100 120 120 140 240
Dividiamo ora le famiglie in 5 gruppi (chiamati quintili) da 2 famiglie ciascuno, in
ordine crescente:
I° E+F 20+40=60 20% 6%
II° A+H 60+60=120 20% 12%
III° D+J 100+100=200 20% 20%
IV° B+C 120+120=240 20% 24%
V° I+G 140+240=380 20% 38%
TOTALE: 100% 100%
1000
Media: il valore che si ottiene dividendo il reddito complessivo per il numero delle
famiglie
Mediana: il valore centrale rispetto all’intera distribuzione del reddito.
Il primo 20% è la percentuale più povero, e il 20% è la percentuale più ricca.
Istituzioni di Economia Politica
CURVA DI LORENZ Nell’ asse orizzontale la percentuale
cumulativa (20% del primo gruppo +
20%=40 + 20=60 etc), nell’asse verticale
la percentuale di reddito di ciascun gruppo
cumulativo (6%; 6+12=18%, etc)
Questi due valori (20%;6%) sono il primo
(tecnicamente il primo è 0;0) punto della
curva di Lorenz e una volta segnati tutti i
punti, si ottiene una curva. Più la curva di
Lorenz è distante dalla linea dell’uguaglianza, più ineguale è la distribuzione del
reddito.
Come si estrae dalla curva di Lorenz un numero (grado di eguaglianza)? La curva di
Lorenz esprime l’ineguaglianza e dove si trova, ma manca la sintesi. Il valore più basso
è 0, cioè quando l’area non c’è. Quindi la curva di Lorenz si sovrappone alla linea di
uguaglianza. (perfetta eguaglianza=0). Il valore massimo invece è 1.
L’ indice di Gini (grado di ineguaglianza) è la misura dell’area compresa tra la retta
dell’eguaglianza e la curva di Lorenz rapportata (divisa) all’intera area che sta sotto
alla retta dell’eguaglianza.
intimamente legato alla curva di Lorenz
L’indice di Gini è ed estrae una informazione
sintetica, un numero compreso tra 0 e 1. Tanto più alto è quel numero, tanto più
grande è la ineguaglianza nella distribuzione del reddito.
Sia la curva di Lorenz che l’indice di Gini hanno un mero significato comparativo,
aiutano a capire se l’ineguaglianza in un certo paese aumenta o diminuisce e quanto,
inoltre in quali paesi c’è più ineguaglianza rispetto ad altri paesi.
Il Palma ratio, dall’ economista Palma, è il rapporto tra il reddito del 10% più ricco e il
reddito del 40% più povero di un Paese, in quanto circa il 50% della popolazione fa
parte del ceto medio.
LE MISURE DELLA POVERTA’ IN ITALIA
La povertà si può suddividere in due concetti:
- Povertà assoluta : spesa familiare inferiore ad una certa soglia ritenuta necessaria
per partecipare alle attività minime del vivere in un determinato contesto sociale. Non
è assolutamente povertà estrema, bensì una povertà statistica calcolata in termini
assoluti su vari beni quali cibo, trasporti sanità, istruzione.
- Povertà relativa: spesa familiare per due persone inferiore alla spesa media pro
capite della nazione.
Queste due soglie variano:
- seconda dell’ampiezza della famiglia, secondo una scala di equivalenza rispetto ad
una famiglia di due persone
- Nel tempo, in relazione ai prezzi
- Nel tempo, in relazione al consumo medio o al consumo ‘essenziale’, a seconda che
si tratti della soglia relativa o di quella assoluta
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- La soglia di povertà assoluta varia a seconda delle caratteristiche territoriali (città
grandi, città piccole, campagna; nord, sud) e del nucleo familiare (età), mentre la
soglia di povertà relativa è la stessa in tutto il territorio nazionale.
Le misure della povertà riguardano:
- L’incidenza della povertà: percentuale delle famiglie la cui spesa mensile è inferiore
alla soglia. La soglia non è tuttavia una linea di separazione netta tra povertà e non
povertà;
- L’intensità della povertà: misura di quanto in percentuale la spesa media delle
famiglie definite povere è al di sotto della soglia;
- Il profilo della povertà: l’incidenza della povertà nei vari gruppi sociali (genere,
nazionalità, età, posizione professionale ecc. della persona di riferimento; ripartizione
geografica, numerosità della famiglia, ecc.)
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14. INEGUAGLIANZA, SALARI E DOMANDA DI LAVORO
Troviamo situazioni di ineguaglianza in due scenari:
1) FAMIGLIE: sono diversamente dotate di ricchezze: capitale, lavoro e capitale
umano.
Per quanto riguarda il capitale esso è il risultato di risparmio nel tempo, il
quale ha consentito investimento. A parità di reddito si trovano famiglie
consumistiche e famiglie parsimoniose, inoltre sempre dal punto di vista
del risparmio, esso dipende da un vincolo di reddito infatti quando il
reddito è di mera sussistenza non può esservi risparmio. Questo posta
alla TRAPPOLA DELLA POVERTA’, aspetto socialmente preoccupante che è
caratterizzato dalla incapacità a investire. Non vi è quindi via d’uscita
dalla povertà senza un atto di risparmio. Vi è molta ineguaglianza nel
reddito quando vi è ineguale distribuzione di risorse nelle famiglie, questo
è dato dalla scelta di risparmio fatte nel passato;
La chiave della prosperità è il capitale umano. Cosa deve fare lo Stato per
evitare che le famiglie cadano nella trappola della povertà e allo stesso
tempo accumulare capitale umano? Lo stato può dare un sostegno al
reddito (ridistribuzione dai ricchi ai poveri) o dare in natura (consentire
istruzione gratuita a coloro in necessità).
2) SALARI: la sintesi di 3 fondamentali forze che tuttavia si presentano in modo
diverso a seconda delle circostanze:
a. Il salario massimo che le imprese sono disposte a pagare;
b. Il salario minimo che il lavoratore è disposto ad accettare;
c. La forza negoziale delle imprese e dei lavoratori.
Punto C è l’intervallo tra i punti A e , infatti se non vi è intervallo allora non vi è un
possibile equilibrio nel mercato del lavoro (no salario, no occupazione). È inoltre
necessario che le imprese siano disposte a pagare abbastanza da poter attrarre
lavoratori disponibili (trovare possibilità di salario al di sopra del loro minimo). Se
manca questo accordo, quindi il salario massimo delle imprese è al di sotto del salario
minimo del lavoratore, non vi è possibilità di impiego.
Punto A: di fronte a due alternative il lavoratore deve calcolare il prezzo minimo che è
disposto ad accettare per quel lavoro; allo stesso tempo l’azienda deve interrogarsi
confrontando due situazioni (quando ricavo con quel lavoratore e quanto ricavo senza
quel lavoratore) la variazione del ricavo è Δ
Il salario massimo che le imprese sono disposte a pagare è commisurato
all’incremento di ricavi dovuto a quella certa assunzione di un lavoratore in più.
L’unicità di tal lavoratore in più si chiama MONOPSONIO (situazione in cui vi è un
unico venditore). In presenza di unicità di entrambi i soggetti (venditore e impresa) e
quindi in situazione di concorrenza praticamente inesistente, si parla di MONOPOLIO
BILATERALE.
Punto B: il salario minimo che il lavoratore è disposto ad accettare non può essere
inferiore al salario che potrebbe avere se accettasse una proposta di un’altra impresa.
Questa retribuzione che si associa all’alternativa è chiamato SALARIO DI RISERVA, è
quindi il salario che il lavoratore si aspetta di ottenere dall’ alternativa (valore
dell’alternativa). C’è però da tenere in considerazione anche il valore del tempo libero,
quindi un ora in più di lavoro quanto mi costa in tempo libero?
Il principio economico generale dice che all’impresa conviene assumere o licenziare un
∆
dipendente in più (ragionando su cioè la variazione) quando il maggior ricavo
mensile derivante dall’incremento della produzione è maggiore del maggior onere.
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Il MAGGIOR RICAVO MENSILE è dato dal valore dell’incremento mensile della
produzione (NB: la singola impresa concorrenziale riesce sempre a vendere ciò che
vuole, purché rispetti il prezzo di mercato)
Questo valore è il prodotto fra prezzo unitario (costante) e l’incremento fisico della
produzione: p P’F
∙
P’F = il prodotto marginale fisico del lavoro (un concetto astratto) è la variazione della
quantità prodotta dovuta ad una variazione unitaria della quantità di lavoro utilizzata,
a parità di ogni altro fattore produttivo. Δq
q l P’F=
è la quantità prodotta e è il lavoro: Δl
esempio: Campo di pomodori e numero di lavoratori. Se un proprietario di campo
necessita di raccogliere pomodori in 4 giorni e ha 10 braccianti avrà un costo x. Ma se
decidesse di portare il numero di braccianti a 12, avrà una maggiore quantità raccolta
ma un costo maggiore. La domanda da porsi è: quanto è più produttivo il lavoro se
aumento i lavoratori?
Questa situazione varia se il numero dei lavoratori è limitato. È ovvio che se i
lavoratori passano da 100 a 101 la quantità raccolta in più al giorno non cambierà
sostanzialmente.
La produttività del lavoro (prodotto medio del lavoro) è un calcolo e se esprime con:
q . il salario però va pagato in euro, quindi si deve calcolare il VALORE del lavoro.
l
Il prodotto fra P’F e il prezzo del bene è chiamato prodotto marginale in valore del
lavoro. Il prodotto marginale in valore è la variazione del valore della quantità
prodotta dovuta ad una variazione unitaria della quantità di lavoro utilizzato ed è pari
∙
P’V= p
al prodotto marginale fisico moltiplicato per il prezzo del bene. Quindi:
Δq
Δl
Quando p varia (per diverse motivazioni, ad esempio per concorrenza) il salario
massimo diminuisce effetto della globalizzazione.
Quindi, riassumendo: W
¿
Ad un’impresa conviene assumere se: P’V w ovvero P’F
¿
P
dove w è l’incremento di costo W
¿
Ad un’impresa conviene licenziare se: P’V w ovvero P’F
¿
P
W
¿
La condizione di equilibrio si ha se: P’V w ovvero P’F
¿
P
∙
P’F p
La legge del prodotto marginale decrescente dice
che, se aumenta la quant