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SCELTE PUBBLICHE E RELAZIONI GERARCHICHE
Le scelte pubbliche non pongono solo un problema di aggregazione delle preferenze dei cittadini, infatti, tutti i soggetti coinvolti nelle decisioni pubbliche hanno preferenze e obiettivi propri.
RAPPORTO FRA UN PRINCIPALE E UN AGENTE
Il rapporto di agenzia è quello che esiste fra un primo soggetto, detto principale, il quale persegue degli obiettivi sulla base delle proprie preferenze e un secondo soggetto detto agente, che viene delegato dal primo a prendere decisioni quotidianamente necessarie a perseguire gli obiettivi del principale. Questo tipo di relazione non è specifica della sola azione pubblica, ma ha luogo anche in molti rapporti fra privati.
Nel rapporto di agenzia il principale per contratto è gerarchicamente superiore, però i suoi ordini non possono estendersi e prevedere ogni dettaglio. Per questo l'agente è più informato circa gli accadimenti quotidiani e le specifiche tecnologie che sono.
implicate dalle sue mansioni. Quindi, il rapporto è un caso di informazione asimmetrica. Inoltre, l'agente ha il corrispettivo di una somma di denaro, ma non è interessato solo al pagamento: se può scegliere, sceglie di impegnarsi di meno. La conseguenza nei contratti di agenzia fra privati è che occorre sovra-pagare l'agente per indurlo a impegnarsi di più. Il sovrapprezzo è la misura dell'inefficienza che si viene a creare in questa situazione. A ben vedere i problemi che si creano nei rapporti di agenzia sono il nucleo essenziale dei costi di organizzazione (vedi cap.4)
RAPPORTI DI AGENZIA E SETTORE PUBBLICO
Il settore pubblico è pieno di rapporti di agenzia e non sempre è possibile controllare il comportamento dei delegati; quindi si crea l'inefficienza. Stessa cosa avviene nel privato. La differenza è che nel settore privato esiste qualche segnale sintetico che "valuta" i risultati conseguiti
dalle imprese che è essenzialmente il profitto. D'altra parte non sempre questo segnale può essere "distribuito" attraverso i diversi livelli della gerarchia. Non c'è dubbio che nel settore pubblico manca il segnale del profitto, occorrono quindi delle regole per ottenere una maggiore efficienza. È necessario che tali regole siano semplici per non aumentare i costi di transazione (avvocati, commercialisti etc, per capirle), non devono, inoltre, essere deliberate in modo autocratico e devono avere un qualche riferimento ai meriti individuali per evitare un appiattimento che disincentiverebbe l'impegno personale dei dipendenti pubblici. Il problema del rapporto di agenzia nel settore pubblico non si limita al solo caso dei dipendenti o funzionari, ma esiste un problema analogo anche nel caso dei parlamentari o del governo. Spesso le motivazioni dei rappresentanti o dei governanti non sono solo di tipo economico ma anche di tipo.Il termine "ideale" il cui senso è: ha un tale atteggiamento chi, nelle decisioni prese nel proprio ruolo pubblico, attribuisce un peso maggiore alle preferenze dei principali, cioè degli elettori, che alle proprie preferenze. Dobbiamo inoltre considerare che il rappresentante o governante può avere l'obiettivo personale di farsi nuovamente eleggere o incaricare, quindi costui prenderà posizioni che cercano di catturare la benevolenza dell'elettore "mediano": poiché può accadere che sia difficile accontentare contemporaneamente la stessa maggioranza su ogni diversa decisione, è probabile che il rappresentante o governante sia tentato di dare soddisfazione ai propri principali su aspetti molto visibili e facilmente identificabili. Ciò spiega, ad esempio, il fatto che in prossimità delle elezioni si osservi una tendenza a decisi aumenti della spesa pubblica e/o riduzioni delle tasse. Se poi le elezioni sono
frequenti è probabile che il deficit pubblico sia difficilmente controllabile. L'effetto di questo stato di cose è una redistribuzione a carico delle generazioni future. Questo problema ci rinvia alla necessità di norme che limitino il potere discrezionale delle persone o degli organi che operano nel settore pubblico, e in questo caso saranno norme costituzionali la fissazione delle quali non può avvenire se non rifacendosi a punti di vista "ideali".
D'altra parte, è probabile che un sano atteggiamento ideale sia più facilmente presente in concomitanza di mutamenti radicali, se non traumatici, dell'assetto sociale. Per tale ragione occorre essere molto cauti nel vagliare richieste di modifiche significative dell'impianto costituzionale in epoche "normali": queste richieste potrebbero rispondere ad interessi più o meno immediati di una singola parte.
Per concludere, l'intervento pubblico in
economia non deve essere pensato solo in termini di una sequenza di singoli atti dei governanti o dei funzionari. Il disegno del quadro generale in cui i diversi soggetti, privati e pubblici, possono liberamente operare è una scelta pubblica almeno altrettanto importante. Tutto ciò non va confuso con la pretesa di progettare nei suoi dettagli il funzionamento degli apparati e dei poteri pubblici.CRITERI DI BENESSERE, EQUITÀ E SCELTE COLLETTIVE
Posto che il quadro normativo esistente consenta un buon funzionamento delle istituzioni e dei mercati, spesso i risultati del mercato stesso non sono socialmente efficienti. In questi casi c'è la possibilità che l'intervento pubblico aumenti il benessere sociale. C'è però da considerare che questo intervento comporta dei costi; se tali costi non sono troppo elevati il risultato dell'intervento pubblico resta positivo in termini di benessere.
ANCORA IL CRITERIO DI PARETO
Il criterio
di fondamentale importanza nell'analisi di singoli mercati, in quanto permette di valutare l'impatto di un intervento sulla società nel suo complesso. La teoria di Pareto si basa sull'idea che un intervento debba essere considerato positivo se almeno un individuo ne trae beneficio senza che nessun altro ne risenta. Tuttavia, in alcuni casi potrebbe essere necessario compensare coloro che subiscono una perdita a causa dell'intervento, al fine di garantire che nessuno peggiori le proprie condizioni. È importante che il meccanismo di compensazione sia chiaro e comprensibile per tutti i cittadini, in modo da evitare contrasti e favorire l'accettazione dell'intervento. In altre parole, se un miglioramento paretiano fosse proposto, otterrebbe l'unanimità in un'eventuale votazione da parte di tutti i cittadini. Tuttavia, l'unanimità è un requisito molto restrittivo per le decisioni collettive e potrebbe rischiare di bloccare il processo decisionale se utilizzato troppo frequentemente. È quindi necessario trovare un equilibrio tra il principio di Pareto e la necessità di prendere decisioni collettive in modo efficiente.L'altra faccia della medaglia del fatto che il criterio di Pareto è un criterio molto debole: solo un criterio molto debole è in grado di passare il test di un meccanismo di deliberazione molto restrittivo.
Dire che un criterio di valutazione è debole significa che esso non permette di confrontare fra loro molte situazioni alternative. Quindi, richiedere l'unanimità è come scaricarsi della responsabilità di decidere nella maggior parte dei casi, per questo è usata per le decisioni molto delicate.
In molte circostanze, invece, le decisioni si prendono a maggioranza semplice o qualificata: il metodo della maggioranza ha l'effetto di evitare un particolare problema: può darsi che il metodo dell'unanimità incentivi l'unico soggetto che viene penalizzato ad opporsi sino a quando la compensazione che gli è dovuta non sia molto alta, e lo faccia stare enormemente meglio di prima.
IL CRITERIO
UTILITARISTA
L'equità è un valore che è spesso presente nella sensibilità di cittadini. Il criterio di Pareto è indifferente ai problemi di equità. Viceversa il criterio utilitarista è un criterio di benessere sociale che pare essere più propenso a dare elevata importanza nelle preferenze sociali al valore dell'equità.
L'utilitarismo può essere visto in modo semplificato come quella dottrina che ritiene che il benessere sociale vada misurato sommando le utilità di tutti gli individui che costituiscono la società.
Se le utilità sono concave una redistribuzione del reddito giova alla società perché la somma delle utilità (cioè il benessere sociale in senso utilitarista) dopo la distribuzione aumenta.
Ne segue che questo criterio è favorevole a trasferimenti di reddito dai più ricchi ai più poveri, cioè è sensibile a esigenze di
equità. Se il numero dei più ricchi è inferiore alla metà dei cittadini, questo criterio di benessere è anche coerente con il metodo della maggioranza, benché non costituisca un miglioramento nel senso di Pareto perché non è vero che nessuno sta peggio dopo il trasferimento del reddito. Non è possibile però identificare in modo pieno il criterio utilitarista con il metodo della maggioranza. Infatti, supponiamo che per esempio nella società si verifichi un cambiamento non dovuto a intervento pubblico, per cui la maggioranza dei cittadini a reddito medio-basso sta come prima, mentre la maggioranza dei ricchi sta ancora meglio. Questo è un miglioramento nel senso di Pareto. Però se la maggioranza dei cittadini a reddito medio-basso sono invidiosi, si possono mettere d’accordo per proporre una redistribuzione di reddito a proprio favore e a danno degli arricchiti. Questa proposta è coerente alIl metodo della maggioranza e il criterio utilitarista non corrispondono a una nozione di equità. Ancora peggio, se la maggioranza del 50% +1 dei cittadini votasse per togliere reddito ai più poveri e attribuirlo a se stessi. Anche in questo caso vi è coerenza col metodo maggioritario ma non con il criterio utilitarista.
Quindi bisogna sottolineare due aspetti importanti:
- Non è opportuno che le decisioni collettive in termini di redistribuzione delle risorse siano lasciate a maggioranze semplici
- È come se il criterio utilitarista desse peso maggiore ai soggetti meno abbienti. Non si può quindi tradurre nel principio "ogni testa un voto", ma semmai si potrebbe tradurre nel principio "ogni unità di utilità potenziale un voto". Per tale ragione non se ne può proporre una versione operativa in termini di votazione ordinaria.
IL CRITERIO DI RAWLS
Il criterio di Rawls è diverso da quello utilitarista.
io la teoria della giustizia come equità. Secondo Rawls, la società dovrebbe essere organizzata in modo tale da garantire il massimo beneficio per i meno abbienti, attraverso una distribuzione equa delle risorse e delle opportunità. Questo principio, chiamato "principio di differenza", implica che le disuguaglianze sociali devono essere giustificate solo se servono a vantaggio dei meno fortunati. Rawls sostiene che questa è la forma più giusta di organizzazione sociale, in quanto tiene conto delle differenze di partenza e delle circostanze di vita degli individui.