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Produzione e profitto
La produzione è OQ e il profitto netto che assicura la quantità OQ è il massimo possibile, basta dimostrare che qualsiasi diverso volume produttivo assicura un profitto minore. In corrispondenza del volume produttivo OQ il ricavo totale è dato dall'area del rettangolo OP HQ. Se F è il punto di fuga, il costo totale relativo alla stessa quantità è dato dall'area OQ HFS. Dati il ricavo totale ed il costo totale, si ottiene per differenza il profitto: OP HQ - OQ HFS = P HFSE. Bisogna dimostrare perché questo profitto è il massimo che possa essere ottenuto dall'imprenditore. Se il volume produttivo si riduce ad OQ (OQ < OQ), il margine P HFS si riduce a P SGK, poiché non viene realizzata la parte di profitto rappresentata dall'area del trapezio curvilineo KGFM. Se il volume produttivo, invece, aumenta ad un livello superiore OQ (OQ > OQ), sebbene il ricavo totale aumenti.
di un ammontare pari all'area del 2 Erettangolo Q HLQ , le ulteriori quantità prodotte (Q Q ) comportano un aumento del costo E 2 E 2 totale (Q Q MH) maggiore dell'aumento del ricavo totale, comportando una perdita netta E 2 pari all'area del triangolo curvilineo tratteggiato HML, perdita che va sottratta al profitto corrispondente al livello di produzione OQ . Poiché un volume di produzione minore di E quello corrispondente all'intersezione tra la curva del costo marginale e la linea del ricavo marginale comporta un profitto minore, e poiché lo stesso si verifica per un volume di produzione maggiore di OQ , si deduce facilmente che la dimensione ottima a cui corrisponde la massimizzazione del profitto si ottiene in corrispondenza di un volume di produzione pari a OQ .
L'equilibrio di breve periodo del mercato concorrenziale
Per esaminare il problema dell'equilibrio di un mercato bisogna modificare l'ipotesi finora assunta, cioè,
Considerare prezzi dati. Per studiare il funzionamento del mercato, infatti, bisogna ipotizzare prezzi variabili. Ricordando che la curva di domanda è data dall'insieme delle domande dei potenziali acquirenti e quella di offerta dall'insieme dei potenziali produttori-offerenti, si possono rappresentare graficamente le suddette due componenti del mercato.
Nella figura vengono riportate le curve di domanda e di offerta di mercato di un determinato bene. Tali curve si intersecano nel punto A in corrispondenza di un prezzo P, essendo la domanda funzione inversa del prezzo, e quindi decrescente, e l'offerta funzione diretta del prezzo, e quindi crescente.
Il prezzo P è il prezzo di equilibrio del mercato, in quanto, in corrispondenza di tale prezzo, la quantità domandata è esattamente uguale alla quantità offerta. In altri termini, a quel prezzo, la somma delle quantità offerte dalle singole imprese è uguale alla somma
delle quantità domandate dai consumatori. Si può dimostrare la determinazione di tale equilibrio partendo da ipotesi basate su livelli di prezzo maggiori o minori di P e ragionando per esclusione. Sia P (P > P) il livello di prezzo ipotizzato. A tale prezzo la quantità complessivamente domandata dai consumatori è pari a OQ, mentre la quantità offerta all'insieme dei produttori è OQ. Come si può osservare OQ è maggiore di OQ, cioè, al prezzo P l'offerta è eccedente rispetto alla domanda. Le imprese accumulano scorte invendute; per ovviare a tale squilibrio esse devono cedere il prodotto sul mercato a prezzi inferiori e tale riduzione prosegue fino a che non si annulla l'eccesso dell'offerta sulla domanda. L'equilibrio si raggiunge allora quando dal punto A' sulla curva dell'offerta ci si sposta nel punto A. La variazione del prezzo è un meccanismo riequilibratore, in quanto,man mano che il prezzo si abbassa da un lato si riduce l'offerta di mercato fino a che dal livello OQ non passa al livello OQ', dall'altro aumenta la domanda che per effetto di successivi abbassamenti di prezzo passa dal livello OQ a OQ'. Allo stesso modo, le forze di mercato convergono all'equilibrio qualora si parta da un prezzo P inferiore a P*. In questo caso la domanda OQ eccede l'offerta OQ. L'eccesso di domanda provoca il rialzo del prezzo, fino a che quest'ultimo non raggiunge il livello P*, in corrispondenza del quale la curva di domanda e quella di offerta si intersecano nel punto A. Monopolio e concorrenza monopolistica La concorrenza imperfetta o monopolistica si attua tra imprese grandi e su mercati di ampiezza notevole. Tali imprese tendono a diversificare la gamma dei beni prodotti, ad usufruire di costose campagne pubblicitarie, ad impiegare ingenti capitali in ricerca e sviluppo, per rendere più penetrante la loro azione sul mercato.per orientare i consumatori nella direzione voluta. In altri termini, le imprese cercano di ampliare la propria quota di mercato a danno delle altre. In tale contesto si innesta un processo di concorrenza basato sulla qualità del prodotto da offrire, processo che fa perdere le caratteristiche di omogeneità. Tale mercato viene definito di concorrenza imperfetta o monopolistica proprio per evidenziare una situazione di rivalità tra diverse imprese che producono beni simili ma non identici.
Relazione tra ricavo marginale ed elasticità della domanda
La curva di domanda del monopolista coincide con quella di mercato, essendo egli l'unico produttore operante sul mercato, che deve soddisfare la domanda dei numerosi consumatori. In tali condizioni il ricavo totale del monopolista coincide con l'intera spesa dei consumatori.
Partendo dalla relazione tra ricavo totale e ricavo marginale si nota che quest'ultimo assume valore positivo, nullo o negativo a secondo
Che il ricavo totale, rispettivamente, aumenti, sia costante o diminuisca. Inoltre, esiste una relazione tra ricavo marginale ed elasticità della domanda secondo la quale si può facilmente riscontrare che il ricavo marginale è positivo in corrispondenza di un'elasticità maggiore dell'unità, nullo allorquando è uguale ad uno e negativo nel caso in cui l'elasticità è minore di uno.
Equilibrio dell'impresa monopolistica
Per determinare l'equilibrio è necessario conoscere la relazione tra costo e quantità prodotta unitamente a quella tra ricavi e quantità venduta. Si può dire subito che le funzioni di costo nel mercato monopolistico hanno più o meno le stesse caratteristiche delle analoghe funzioni nel mercato di concorrenza, cioè anche l'impresa monopolistica ha la curva di costo medio ad U e la curva del costo marginale che interseca la prima nel punto di minimo.
Tuttavia molto spesso l'impresa monopolistica opera nel trattodecrescente della curva dei costi medi, poiché essa sceglie di produrre la quantità che le consente di ottenere il massimo profitto. Teleobiettivo può essere raggiunto in modo alternativo o fissando il prezzo di vendita, lasciando al mercato la determinazione della quantità, o fissando la qualità da offrire, lasciando al mercato la determinazione del prezzo. Il prezzo che un'impresa monopolistica pratica nel breve periodo dipende dagli obiettivi che si è prefissa di raggiungere, dalla sua conoscenza dei costi e delle condizioni della domanda in tale periodo. La situazione cui fa fronte un monopolista nel breve periodo è quella riprodotta nella figura sotto, nella quale vengono riportati, sull'asse delle ordinate, prezzo, ricavo medio, ricavo marginale, costo totale medio, costo medio variabile e costo marginale e, sull'asse delle ascisse, i volumi di.La posizione di equilibrio è rappresentata dal punto M nel quale la curva del costo marginale interseca la linea del ricavo marginale. In tal punto il monopolista massimizza e si può osservare che per quantità vendute minori di OB il ricavo marginale è maggiore del costo marginale. In questo caso, la differenza tra ricavo marginale (Rm) e costo marginale (Cm) costituisce il profitto. Tale differenza si annulla nel punto M, cioè, in corrispondenza della quantità OB. Per livelli di vendita maggiori di OB il monopolista non realizzerebbe più profitti ma perdite. Infatti a destra del punto M la curva del costo marginale (Cm) è maggiore di quella del ricavo marginale (Rm), pertanto, in questo caso la differenza tra costo marginale e ricavo marginale rappresenta perdita. Tale perdita è tanto maggiore quanto maggiore è il livello di vendita, perché la differenza tra la curva del costo marginale (Cm), che è crescente.
e quella del ricavo marginale (Rm), che è decrescente, aumenta sempre più via via ci si sposta sempre più a destra del punto M. A che prezzo il monopolista può vendere la quantità OB? Il prezzo è quello al quale il mercato è disposto ad assorbire tale quantità. Per determinare il prezzo bisogna tracciare un segmento parallelo all'asse delle ordinate dal punto M al punto E che giace sulla curva del ricavo medio, che come è noto, è anche la curva di domanda. Pertanto ricordando che ogni punto ha come coordinate quantità prezzo, si può facilmente dedurre che, essendo OB la quantità venduta che massimizza il profitto del monopolista il corrispondente prezzo è pari a EB. Il costo medio corrispondente alla quantità di equilibrio è BC, pertanto, il margine di profitto del monopolista è CE, essendo esso dato dalla differenza tra prezzo di vendita e costo totale medio. Il profittonetto è dato dalla differenza tra ricavo totale e costo totale. Il ricavo totale è uguale al prezzo (BE) moltiplicato per la quantità venduta (OB), cioè è uguale all'area del rettangolo OBEF. Il costo che il monopolista deve sostenere per produrre la stessa quantità è uguale all'area del rettangolo OBCG. Pertanto, per differenza, l'area GCEF rappresenta il profitto netto. Poiché il monopolio è caratterizzato dal prezzo maggiore del costo marginale (p > Cm), a differenza della concorrenza in cui p = Cm, qualche economista ha ritenuto di utilizzare lo scarto tra queste due grandezze, come misura dell'intensità monopolistica; l'unità di misura, detta grado di monopolio (μ), può essere così calcolata: μ = p - Cm. Monopolio e inefficienza allocativa Sempre dalla figura precedente si evince che il monopolista non p