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OLIGOPOLIO
Per oligopolio si intende un mercato in concorrenza imperfetta dominato da un numero relativamente
ridotto di imprese di grandissime dimensioni. In un oligopolio possono essere presenti un numero elevato
di imprese, ma le vendite vengono dominate da un numero ristretto di venditori.
Le caratteristiche dell’oligopolio
Come già anticipato, la caratteristica fondamentale dei mercati oligopolistici è la presenza di un numero
relativamente ridotto di imprese dominanti, ognuna delle quali può offrire un prodotto identico o simile a
quello degli altri produttori.
Differenziazione
Ogni impresa oligopolista offre prodotti che sono di per se simile fra loro, ma nonostante questo tendono a
differenziarsi da quest’ultimi, tentando di descrivere il loro prodotto come “migliore” rispetto al suo simile,
tentando così di rubare loro una fetta di mercato.
L’interdipendenza
I mercati oligopolistici sono dominati da poche grandi imprese, legate da un rapporto di interdipendenza:
ovvero ogni impresa influisce su tutte le altre attraverso le proprie decisioni, e può reagire alle decisioni
degli altri. Quindi ogni impresa nel mercato compie le proprie scelte, ma nel farlo deve tener conto delle
possibili reazioni dei concorrenti.
Duopolio
Nella seguente tabella osserviamo le varie caratteristiche di due oligopolisti
proprietari di un pozzo d’acqua. Notiamo che in quanto il costo marginale é
nullo, sicuramente il ricavo totale è uguale al profitto.
Concorrenza, monopolio, cartello
Dalla tabella possiamo trarre le seguenti informazioni: il prezzo dove un
monopolista massimizzerebbe il profitto è 60€, che equivale ad una quantità
venduta di 60 litri, che sappiamo essere inefficiente in quanto la quantità
socialmente utile sarebbe 120 litri.
Cosa dovrebbero fare quindi i duopolisti?
Un risultato possibile è che i due si accordino sulla quantità da vendere e il prezzo da applicare. Tale
accordo si chiamerebbe collusione, e il gruppo di imprese che agisce sulla quantità da produrre e il prezzo
da applicare è detto cartello. Se ci trovassimo in questa situazione, intuitivamente, la scelta migliore per le
due imprese sarebbe quella di produrre 30 litri a testa ad un prezzo di 30 euro, ottenendo così, ciascuna,
1800 euro di profitto. Vedremo però che la situazione è più complicata di così.
Equilibrio in regime di oligopolio
Le norme sulla concorrenza proibiscono accordi espliciti fra oligopolisti, il disaccordo tra i membri
dell’oligopolio sul prezzo e quantità da produrre ciascuno rende la collusione impraticabile. Vediamo quindi
come i due oligopolisti decidono quanta acqua produrre.
Come già abbiamo anticipato, ma come tra l’altro si evincerebbe dalla tabella, intuitivamente si terrebbe a
dire che le due imprese sia in equilibrio al prezzo di 30 euro ciascuno e quindi una quantità venduta di 30
litri d’acqua ciascuno, con un profitto totale di 3600 diviso in due. Ma questo non è possibile, perché fra
l’impresa A e l’impresa B, c’è ancora un margine di profitto maggiore che può essere raggiunto. Infatti,
l’impresa A aumentasse la sua produzione a 40 litri, il suo profitto passerebbe da 1800 euro a 2000, ai danni
dell’impresa B (naturalmente potrebbe avvenire anche al contrario). Quindi una delle due imprese, è
incentivata ad aumentare la quantità venduta, in quanto avrebbe un profitto maggiore. Questo “gioco” non
si ferma finché le due imprese non hanno raggiunto il punto di equilibrio, dettato dal così detto equilibrio di
Nash. Ovvero, arrivati a quel punto, in questo caso entrambe le imprese produrrebbero una quantità di 40
litri d’acqua ciascuno, in cui nessuna delle due imprese sarebbe incentivata ad aumentare la produzione, in
quanto questo diminuirebbe il profitto.
Gli effetti delle dimensioni dell’oligopolio sul risultato del mercato
In assenza di cartello, gli oligopolisti devono accordarsi sulla quantità da vendere ciascuno. Per stabilire
come il numero di venditori condiziona il risultato del mercato, supponiamo che ogni venditore debba
decidere ogni dato momento se aumentare o meno la produzione di un litro aggiuntivo, e per fare questo
deve confrontarsi su due effetti:
• L’effetto quantità: farò che il prezzo è maggiore del costo marginale, vendere un litro d’acqua in più
accresce il profitto
• L’effetto prezzo: all’aumentare della produzione aumenta la quantità totale venduta e, quindi,
diminuisce il prezzo dell’acqua, riducendo il profitto anche su tutti gli altri litri d’acqua venduti.
Se l’effetto quantità è maggiore dell’effetto prezzo, il venditore decide di aumentare la produzione, in caso
contrario di diminuirla. Ogni oligopolista, prendendo per data la produzione degli altri partecipanti al
mercato, continua ad aumentare la produzione, finché I due effetti si compensano.
Tanto è maggiore il numero di imprese presenti sul mercato, tanto è minore l’effetto prezzo. Nel caso in cui
l’oligopolio fosse veramente grande, l’effetto prezzo scomparirebbe, lasciando quindi solo l’effetto
quantità, e le imprese continuerebbero ad aumentare la quantità fintato che il prezzo è maggiore del costo
marginale.
Possiamo quindi dire che un oligopolio non collusivo di grandi dimensioni è, essenzialmente un gruppo di
imprese concorrenziali. L’impresa concorrenziale, nel decidere se aumentare la produzione, Prende in
considerazione il solo effetto quantità perché, dal momento che subisce il prezzo, l’effetto prezzo è
assente. Quindi all’aumentare delle dimensioni, un oligopolio, tende ad assomigliare sempre di più ad un
mercato concorrenziale
Oligopolio e curve di domanda ad angolo
Un’altra conseguenza dell’interdipendenza è la cosiddetta rigidità dei prezzi nei mercati oligopolistici. Per
spiegare tali rigidità, ipotizziamo che i prodotti siano omogenei e che un’impresa venga imitata dai
concorrenti se abbassa il prezzo, ma non se lo alza. In questo modo se l’impresa A alza il prezzo, vedrà una
diminuzione delle vendite, in quanto l’impresa B manterrà il prezzo che aveva inizialmente. Questo perché i
prodotti sono omogenei, e quindi se l’impresa B mantiene i prezzi inalterati, l’impresa A vedrà perdere
clienti. Se invece, l’impresa A diminuisce i prezzi, anche l’impresa B a sua volta li diminuirà. Quindi l’impresa
A si scontrerà con una curva molto elastica nel caso alzasse i prezzi e molto anelastica nel caso li diminuisce.
Queste ipotesi portano alla conclusione che; invece, di competere sul prezzo, le imprese oligopolistiche
potrebbero decidere di farsi concorrenza sui fattori diversi dal prezzo, differenziando il proprio prodotto in
base alla qualità, ai servizi, pubblicità, branding e così via.
La situazione appena descritta è chiara dal seguente grafico.
LA TEORIA DEI GIOCHI E L’ECONOMIA DELLA COOPERAZIONE
Per teoria dei giochi si intende lo studio del comportamento individuale in situazioni strategiche. Per
strategiche, si intende, che l’individuo, nel momento in cui deve affrontare una scelta, deve tener conto
anche delle reazioni degli altri individui alla sua scelta. Ciascuna impresa sa che il proprio profitto dipende
non solo dalla quantità che produce, ma anche dalla quantità prodotta dalle altre aziende. La teoria dei
giochi gioca un ruolo fondamentale in regime di oligopolio.
Ogni gioco vede protagonista duo più imprese che si confrontano con svariate opzioni o strategie. Il
processo decisionale determina diversi Payoff. Ipotizziamo che ciascun giocatore sia conoscenza del proprio
Payoff, e sa che anche il rivale gioca ad armi pari. Di conseguenza, ciascun giocatore deve mettersi nei
panni dell’altro prima di decidere la propria strategia. Le scelte sono rappresentate sotto forma di una
matrice dei Payoff, ovvero una tabella che mostra le possibili combinazioni di risultati a seconda della
strategia prescelta da ciascun giocatore.
Supponiamo di avere due imprese; X e Y, e concentriamoci sui profitti in base alle scelte fatte dalle varie
imprese, ovvero se stare o non all’accordo.
Il dilemma del prigioniero
Il dilemma del prigioniero è un gioco che evidenzia le effettive difficoltà della cooperazione.
Per comprendere il ragionamento possiamo fare il seguente esempio; Bonnie e Clyde sono due criminali
che hanno commesso un reato, la polizia però è a conoscenza di un altro commesso da loro due ma senza
le prove necessarie per provarlo, e viene quindi posta la seguente domanda ai due indagati, interrogati
separatamente: “se confessi che tu e il tuo complice avete fatto una rapina, tu sei libero e lui si fa 20 anni di
carcere, in caso in cui negherai vi farete entrambi 8 anni” la stessa domanda viene fatta in contemporanea
all’altro incriminato in separata sede. È intuitivo pensare, che se il primo indagato pensa al proprio
interesse non ci penserà due volte ad ammettere che hanno fatto la rapina, così da essere scagionato, ma
ipotizzando che fra i due vi fosse un accordo, in cui si era promessi di negare, finché non siano vincolati a
mantenere l’accordo, i due non avranno mai il 100% di sicurezza che l’altro rispetti il patto. Quindi la
condanna che verrà attribuita a loro, non dipenderà solo dalle scelte sostenute da un criminale, ma dalle
scelte che farà anche l’altro.
Nel linguaggio della teoria dei giochi, tutto questo ambaradan è detta strategia dominante ovvero: quella
strategia che rappresenta la scelta migliore possibile per un giocatore, indipendentemente dalle strategie
prescelte da altri. In questo caso quindi, per entrambi, la strategia
migliore sarebbe quella di confessare, in quanto,
sarebbe l’unica sicurezza di ottenere la condanna
minore, in quanto il rischio di non confessare, ed
ottenere vent’anni è troppo elevato, e non c’è nessun
vincolo, che renda al criminale un vantaggio non
confessare.
In questa situazione, quindi, entrambi confesseranno, ottenendo 8 anni di condanna ciascuno. Pessima
notizia per entrambi, in quanto, se nessuno dei due avesse confessato, avrebbero ottenuto solamente un
anno di condanna.
Gli oligopoli come dilemmi del prigioniero
Supponiamo ora che fra Iran e Arabia Saudita vi sia un accordo in cui
entrambi devono limitare la produzione di petrolio per mantenere il
prezzo elevato. Una volta preso l’accordo però le due imprese
devono decidere se cooperare e quindi produrre meno o ignorare
l’accordo e produrre di più. Se entrambi i paesi mantenessero
l’accordo, avrebbero un profitto di 50miliardi entrambi. Supponiamo
però