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La diagnosi attraverso le IgM e le IgG, per essere efficace deve essere integrata con una buona
anamnesi della paziente (ad esempio se la paziente ha già avuto una gravidanza possiamo andare
a controlare le analisi che ha fatto in precedenza).
Un’altra tecnica molto utile per comprendere se l’infezione della paziente è di tipo primario o
secondario è il test di avidità delle IgG. Questa analisi verifica il livello di affinità delle IgG per gli
anticorpi verso cui sono diretti. L’avidità bassa indica una prima infezione recente, mentre
un’avidità alta indica una prima infezione remota. Questo avviene perché con il passare del tempo
i linfociti B che producono IgG vengono “selezionati” ossia sopravvivono solo quelli che producono
anticorpi con maggiore affinità per l’antigene, quindi più tempo passa e più le IgG sono affini agli
antigeni.
I tempi di maturazione dell’avidità variano da patogeno a patogeno: ad esempio per Toxoplasma
l’avidità matura in 12-16 settimane, mentre per Rubivirus matura in circa 8 settimane. Se il test
dell’avidità delle IgG viene fatta dopo la fine del periodo maturativo non potremo sapere il periodo
esatto della prima infezione. Ad esempio per Rubivirus dopo l’ottava settimana dalla prima
infezione le IgG manterranno sempre la stessa avidità, per cui un’infezione primaria all’ottava
settimana avrà la stessa avidità delle IgG di una infezione alla decima settimana, alla dodicesima
settimana e così via.
Attenzione: valutare l’avidità delle IgG nel neonato non ha alcun senso, perché il bambino
acquisisce i propri anticorpi dalla madre (in particolare acquisisce le IgG in quanto le IgM non
passano la barriera utero-placentare). Andando a valutare l’avidità nel neonato infatti sapremmo
quando l’infezione è avvenuta nella madre, ma non quando è avvenuta nel figlio, quindi il test
risulta assolutamente inutile.
Attenzione: il professore ha spiegato che una bassa affinità per le IgG non deve per forza essere
interpretata come indice di infezione primaria recente. Quindi un’avidità delle IgG alta è molto
significativa, mentre un’avidità delle IgG bassa è scarsamente significativa.
In sintesi, la diagnosi di prima infezione, con discreta confidenza, deve essere fatta utilizzando
almeno due parametri:
1. Sierologia quantitativa di IgM ed IgG su doppio prelievo intervallati da almeno 2-3 settimane.
2. Test di avidità delle IgG.
La reinfezione da parte di un microbo può essere esogena (quando deriva da un ceppo differente
dello stessi patogeno) o endogena (quando deriva dalla riattivazione del patogeno che ci aveva
infettati precedentemente).
1) Rubivirus (virus della rosolia)
Il virus della rosolia causa gravi malformazioni nei feti che hanno contratto una infezione da parte
di questo virus nei primi mesi di gravidanza.
Il fatto che Rubivirus causasse queste malformazioni fu scoperto nel 1941 dal dottor Norman Mc
Allister Gregg. Egli aveva notato che nel 1940 c’era stata un’epidemia di rosolia, e che nel 1941 c’è
stato un enorme numero di bambini nati malformati. Quindi il dottore ha ipotizzato che le madri
da poco gravide che avevano contratto una infezione del virus della rosolia avessero trasmesso
l’infezione al figlio, e che questa infezione ne ha causato la malformazione. Gregg aprì la strada
allo studio delle infezioni che causano patologie fetali (potremmo chiamarla genesi del ToRCH).
Rubivirus è un virus a RNA a singolo filamento positivo appartenente alla famiglia Togaviridae. Ha
un capside a simmetria icosaedrica e presenta un pericapside. Questo virus viene trasmesso per
via aerea.
Durante l’infezione non causa la lisi cellulare, ma causa un rallentamento della moltiplicazione
delle cellule embrio-fetali. Per cui tutto ciò che si dovrebbe generare dalle cellule infettate si
genera più lentamente, o addirittura non si sviluppa (e da qui deriva la malformazione).
Se l’infezione della madre avviene prima della diciottesima settimana i danni al feto possono
essere gravissimi. Dopo questo periodo il danno al feto è soltanto occasionale.
Una rosolia congenita può causare:
• Sordità neurosensoriale.
• Cataratta congenita.
• Anoftalmia o ipoftalmia (presenza di un piccolo abbozzo, o totale assenza del globo oculare).
• Danni alla retina.
• Danni importanti all’apparato cardio-circolatorio.
Se una donna è sieronegativa per il virus della rosolia e vorrebbe entrare in gravidanza, deve fare il
vaccino, e non può rimanere incinta per almeno 3-6 mesi dopo l’inoculazione del vaccino. Infatti
quest’ultimo è costituito dal virus attenuato che potrebbe riattivarsi, causare viremia e passare al
feto. Il prof ha specificato che la viremia dura circa 20 giorni, ed io gli ho chiesto perché aspettare
sei mesi per entrare in gravidanza se la viremia dura molto meno? Il professore ha risposto che
questo periodo viene stabilito dalle case farmaceutiche per “pararsi il di dietro”, e che
effettivamente è possibile entrare in gravidanza senza rischio già un mese dopo l’inoculazione del
vaccino.
La viremia di Rubivirus, di CMV e di Morbillivirus è di circa 20 giorni.
Per i soggetti con valori bassi di IgG anti-rosolia è consigliato fare un booster.
Il vaccino monovalente RA 27/3 (non presente in Italia), non induce patologie fetali anche se
iniettato incidentalmente in corso di gravidanza. In italia si usa il vaccino trivalente (morbillo-
parotite-rosolia), che invece può causare delle patologie fetali se inoculato incidentalmente
durante la gravidanza.
2) Toxoplasma
Toxoplasma Gondii è un protozoo parassitario che vive in alcuni animali a sangue caldo (in
particolare nei gatti) e può parassitare l’uomo causando la toxoplasmosi.
Toxoplasma infetta il nostro organismo attraverso la via oro-fecale, e presenta vari vie di
trasmissione:
Gatti: il contatto con materiale che è venuto a contatto con le feci del gatto può costituire una
possibile via di infezione. Anche baciare il pelo o il muso del gatto dopo che si è pulito il sedere
con la lingua aumenta enormemente le probabilità di trasmissione della malattia.
Carne cruda o poco cotta: all’interno della carne possono risiedere le cisti di Toxoplasma, che
se vengono ingerite provocano l’infezione. Tra le carni da evitare ricordiamo i salumi e le carni
cotte in un unico pezzo come il roastbeef (in quanto durante la cottura la parte centrale della
carne non raggiunge una temperatura necessaria ad uccidere le cisti del patogeno). Il
prosciutto crudo si può consumare solo se la stagionatura è maggiore di 16 mesi. Il prosciutto
cotto e la mortadella IGP si possono consumare solo se sono di alta qualità, e se si vede che la
sua cottura del salume è avvenuta in modo uniforme.
Per uccidere le cisti del Toxoplasma è necessaria una cottura a circa 60 °C per 30 minuti,
oppure un congelamento a circa -20 °C per 5 giorni. Per tale ragione in gravidanza è buona
regola evitare i cosiddetti “paninari”. Ricordiamo che la carne maggiormente infetta da
Toxoplasma è quella di provenienza francese. Se proprio si vuole consumare la carne bisogna
evitare la “fettina spessa”, ed è preferibile cuocere la carne fino a farla diventare una “soletta”.
Carne tritata. La carne tritata bisogna evitarla, a meno che questa non sia usata per fare il sugo
(in quanto la cottura dura circa 2 ore, tempo sufficiente ad uccidere tutti le cisti di
Toxoplasma).
Frutta e verdura non lavati correttamente. Le cisti del patogeno infatti possono persistere
sulla frutta e sulla verdura. Per il lavaggio di queste ultime si consiglia un lavaggio meccanico
seguito da 30 minuti di immersione in acqua e bicarbonato di sodio (1 cucchiaio di bicarbonato
ogni litro d’acqua). Tra le verdure da evitare ricordiamo il finocchio (perché difficile da lavare),
mentre tra la frutta da evitare ricordiamo le fragole (perché dato che la fragola è un frutto che
matura a livello del suolo può facilmente venire a contatto con le feci degli animali e con
l’acqua contaminata). Oltre alle fragole bisogna evitare tutti i prodotti da esse derivati (gelati,
granite, creme, ecc.). Attenzione: le verdure non devono essere consumate crude.
Manipolazione di oggetti contaminati: è preferibile evitare il giardinaggio e la manipolazione
della lettiera del gatto a mani nude.
Acqua.
Toxoplasma in gravidanza
Toxoplasma è un patogeno intracellulare, e quando si moltiplica distrugge la cellula che lo ha
ospitato. Ovviamente se il processo di moltiplicazione di toxoplasma avviene nelle cellule fetali si
avranno complicanze gravissime per il bambino, fino ad arrivare all’aborto spontaneo.
Nella donna gravida l’infezione primaria induce un forte rischio per il bambino, in particolare se
viene contratta entro il primo semestre di gravidanza. In oltre il 90% dei casi in cui l'infezione è
avvenuta nel primo semestre di gravidanza consegue aborto spontaneo.
Un feto che sia stato infettato dal patogeno non sviluppa necessariamente la malattia.
La probabilità di un’infezione del feto da Toxoplasma aumenta man mano che procede la
gravidanza (il professore ha detto che l’ultimo mese di gravidanza la placenta diventa
“un’autostrada” per i patogeni del gruppo TORCH, in particolare per Toxoplasma). Quindi se una
donna gravida ha la prima infezione da toxoplasma nel primo mese la probabilità che il bambino
venga infettato è molto minore rispetto ad una prima infezione che avviene all’ottavo mese.
Al contrario di quanto detto fino ad ora, la probabilità che il feto presenti una malattia da
Toxoplasma alla nascita diminuisce man mano che la gravidanza procede. Quindi man mano che la
gravidanza va avanti: aumenta la probabilità che il feto venga infettato da una prima infezione
della madre, ma diminuisce la probabilità che il feto sviluppi malattie da Toxoplasma dovute ad
una prima infezione della madre.
Il danno causato al feto dall’infezione di Toxoplasma è tanto maggiore quanto più giovane è il feto.
Nel primo trimestre di gravidanza la probabilità che il feto manifesti malattie alla nascita
(dovute da infezione di Toxoplasma) è circa il 50%.
Nel secondo trimestre di gravidanza la probabilità che il feto manifesti malattie alla nascita
(dovute da infezione di Toxoplasma) è di circa il 20%.
Nel terzo trimestre di gravidanza la probabilità che il feto manifesti malattie alla nascita
(dovute da infezione di Toxoplasma) è di circa lo 0%.
Rico