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BIOGRAFIA:
Nato il 6 marzo 1475 in un piccolo paese della Toscana, vicino ad Arezzo, Michelangelo
Buonarroti ancora in fasce viene portato dalla famiglia a Firenze. Viene avviato dal padre agli
studi umanistici sotto la guida di Francesco da Urbino, anche se ben presto dimostra tale
inclinazione al disegno che, in contrasto con i progetti paterni, passa alla scuola del già
celebrato maestro fiorentino Ghirlandaio. Il maestro rimane stupefatto vedendo i disegni
eseguiti dal tredicenne Michelangelo.
Michelangelo doveva per la verità rimanere, per contratto, almeno tre anni a bottega
dal Ghirlandaio, ma nel giro di un anno abbandona la comoda sistemazione, anche a causa
della grande passione per la scultura che egli nutriva, per trasferirsi nel Giardino di San
Marco, una libera scuola di scultura e di copia dell'antico che Lorenzo de' Medici aveva
appunto istituito nei giardini di San Marco, ponendovi a capo lo scultore Bertoldo, discepolo
di Donatello.
Notato da Lorenzo il Magnifico, Michelangelo viene da lui accolto nel suo palazzo dove, a
contatto con i grandi pensatori umanisti ha modo di arricchire la propria cultura. Alla corte
dei Medici egli esegue le sue prime sculture, la "Battaglia dei Centauri" e la "Madonna della
Scala". Nel 1494, impaurito dalle voci di una prossima caduta dei Medici (nel novembre di
quell'anno Carlo VIII era entrato a Firenze), Michelangelo fugge a Bologna.
Torna a Firenze nel 1495 e - nello stesso periodo in cui il Savonarola tuona contro il lusso e
l'arte paganeggiante - crea il Bacco Ubriaco. Si dirige quindi a Roma ove scolpisce la famosa
“Pietà” Vaticana.
Fra il 1501 ed il 1505 è di nuovo a Firenze, subisce qualche suggestione leonardesca e
produce una serie di capolavori: il "Tondo Doni" (Uffizi), il "Tondo Pitti" (Museo del Bargello),
il perduto cartone per l'affresco della "Battaglia di Cascina" e l'ormai famosissimo David di
Marmo, collocato all'ingresso di Palazzo Vecchio come simbolo della Seconda Repubblica ma
anche come apice dell'ideale rinascimentale dell'uomo libero e artefice del proprio destino.
Nel marzo del 1505 papa Giulio II chiama l'artista a Roma per commissionargli il monumento
sepolcrale, dando così l'avvio ad una vicenda di contrasti con il pontefice e i suoi eredi, che si
concluderà solamente nel 1545 con la realizzazione di un progetto assai ridotto rispetto al
grandioso piano iniziale: il mancato compimento di quest'opera fu assai doloroso per
Michelangelo, che ne parlò come di una "tragedia della sepoltura".
Intanto i continui impegni costringono l'artista a continui spostamenti tra Firenze, Roma,
Carrara e Pietrasanta, dove si prende cura personalmente della cava dei marmi per le sue
sculture.
Nel maggio del 1508, dopo una clamorosa rottura e riappacificazione con papa Giulio II,
firma il contratto per la decorazione del soffitto della Cappella Sistina, alla quale attende
ininterrottamente dall'estate di quell'anno fino al 1512.
Giulio II muore nel 1513 e si ripropone il problema del monumento funebre: di questo
secondo incarico ci restano il Mosè e i due schiavi anche se di fatto la tomba completa sarà
completata solo nel 1545. Michelangelo comunque lavora anche ai progetti per la facciata di
San Lorenzo, e a quelli per le tombe Medicee. Nell'autunno del 1524 il nuovo papa dei
Medici, Clemente VII, fa iniziare all'artista i lavori per la biblioteca Laurenziana e proseguire
quelli per la tomba che, principiate nel 1521, saranno portati a termine solo nel 1534, anno in
cui Michelangelo si stabilisce definitivamente a Roma.
Tra il 1542 e il 1550 l'artista si dedica alle imprese architettoniche, come il compimento di
Palazzo Farnese, la sistemazione del Campidoglio, e soprattutto i lavori per San Pietro, alla cui
fabbrica viene preposto da Paolo III nel 1547, e porta a termine diverse sculture, dalla pietà
del duomo di Firenze, alla quale lavora nel 1555, alla estrema incompiuta Pietà di Rondinini.
Michelangelo Buonarroti muore il 18 febbraio 1564.
IL CONCETTO
Michelangelo, il più concettuale degli architetti, fu anche il più immediatamente comunicativo:
l’architettura non doveva più essere una rappresentazione da contemplare, ma un’esperienza
quasi traumatica, che dagli occhi passava alla coscienza, sollecitava un agire.
Michelangelo, nella storia dell’arte è il primo caso di artista isolato, quasi avverso al mondo
che lo circonda.
Ogni opera di Michelangelo appare concatenata: ogni singola opera riprende, rielabora,
supera le esperienze precedenti.
Tra l’opera architettonica fiorentina e quella romana v’è una significativa relazione di affinità
o di antitesi: le connetté la dialettica di laico e devoto, le divise anche nel tempo la crisi
politico-religiosa. Tra la libreria Laurenziana e la piazza capitolina, opere laiche, e la cappella
medicea e il nuovo San Pietro, opere religiose, c’era una certa affinità strutturale malgrado la
forte diversità dimensionale: religione laica e professa correvano su binari paralleli.
A Michelangelo interessava, come una delle grandi variabili, la forma della mensola a voluta:
gli piaceva quella stretta concentrazione di forze in un cartoccio, lo scorrimento nel tratto
lungo.
Per Michelangelo tra il dinamismo delle forze portanti e quello delle membrature visibili non
c’è rapporto di deduzione, ma semmai di continuità o di rottura.
A FIRENZE
L'ascesa al soglio pontificio di un Medici, Leone X, riportò l'attività di Michelangelo a Firenze:
la delusione di non veder attuato il suo progetto per la facciata di S. Lorenzo (1516) venne
compensata dagli incarichi per la Sacrestia Nuova di S. Lorenzo e per la Biblioteca Laurenziana,
iniziate nel 1521-24 e portate avanti a più riprese negli anni successivi. Praticamente agli
esordi nel campo architettonico, Michelangelo creò due capolavori, in un linguaggio
profondamente nuovo e carico di valenze eversive: se nella Sacrestia Nuova lo spazio
brunelleschiano è profondamente alterato da nuovi rapporti proporzionali, da più complesse
articolazioni, dalla tensione creata dall'inestricabile rapporto delle strutture con gli interventi
scultorei, nel vestibolo della Biblioteca l'euritmia dello spazio rinascimentale è addirittura
stravolta e un intero codice linguistico appare sovvertito da un'energia plastica che scaturisce
con assoluta libertà.
Nella chiesa di S. Lorenzo sono collocate la Sacrestia Vecchia, a sinistra, e la Sagrestia Nuova,
a destra. La prima, realizzata tra il 1421 e il 1428, nasce come una cappella funeraria per
Giovanni de’ Medici. Dedicata a San Giovanni Evangelista, omonimo del committente, presenta
una pianta quadrata, divisa tra un vano principale coperto a cupola con oculi alla base, la
scarsella (abside di forma rettangolare) con altare, anch’essa coperta da una cupola e due
ambienti di servizio laterali preceduti da portali con architrave e battenti in bronzo realizzati
da Donatello.
La Sacrestia Nuova, realizzata da Michelangelo nel secolo successivo (1520-34), presenta
una pianta quadrata e copertura a cupola semisferica. Fu voluta da Leone X per ospitare i
sepolcri di Giuliano e Lorenzo de’ Medici.
Per la decorazione interna si fa largo uso di elementi architettonici ispirati alla classicità come
timpani, architravi, trabeazioni, lesene e paraste.
Nel complesso scultoreo della Sacrestia – i due monumenti a Giuliano e Lorenzo de'Medici,
con le statue del Giorno e della Notte, dell'Aurora e del Crepuscolo, e la Madonna col
Bambino sull'altare – si esprime compiutamente il grande tema michelangiolesco della
riflessione dell'uomo sulla vita e sulla morte. La complessità simbolica dell'insieme, che ha il
suo fulcro ancora una volta nella statua della Vergine, cui guardano le figure idealizzate dei
due Medici, e la superba resa formale, che passa dalla levigatezza estrema dei nudi femminili
al rude non-finito di quelli maschili, fanno di quest'opera uno dei massimi esiti della scultura
di Michelangelo; essa esprime tutto il suo valore, però, solo nella dimensione architettonica
che la accoglie e ne è allo stesso tempo condizionata.
La biblioteca Laurenziana
È la più complessa e la più compiuta; e tuttavia si intravedono i presupposti del non finito,
come coscienza dello scacco esistenziale, come rinuncia al prestigio della forma chiusa.
Clemente VII , secondo papa di casa Medici, subito dopo la sua elezione nel 1523, ne seguì gli
sviluppo. Fu il primo atto della sua politica nei confronti di Firenze: garantirne il prestigio
culturale dandole una biblioteca altrettanto illustre che l’Apostolica Vaticana.
La volontà di Michelangelo fu di fare di una libreria non solo l’ambiente, ma la forma visibile
di una cultura. La concepì come un grande parallelepipedo vuoto, e la volle isolata sopra il
convento, in modo che fosse pienamente esposta alla luce.
Ma lo spazio dello studio doveva pur essere collegato con lo spazio della vita , in questo stava
la vera laicità: e quello spazio animato dove coesistevano l’attesa e la memoria, fu il vestibolo,
uno spazio a sé, emotivo quanto l’altro era astratto, e quasi per intero occupato dalla grande
scalea chiaramente simbolica degli opposti stati esistenziali del salire e discendere.
L’impostazione è l’opposta. Tutto in altezza il ricetto, tutta in lunghezza la sala.
[Nel vestibolo i telai delle pareti sono rafforzate da colonne abbinate e incassate
profondamente. La struttura è impostata su uno zoccolo molto alto, con sostegno delle
colonne nient’altro che il ricciolo di una mensola.]
Il ricetto aveva tre livelli: liscio e inadorno il più basso; il secondo cominciava all’altezza del
pavimento della sala, con le colonne accoppiate e incastrate e le grandi finestre murate; il
terzo, oltre il soffitto della sala, era la sorgente luminosa, come fosse una cupola.
L’icona della voluta, con quell’invertito giro di curve, fu in grande scala ripresa nella
grandinata. Questa è ricurva come una densa colata ribollente ai bordi, contenuta dalle due
grandi balaustre, che saldavano la rampa fluente alle laterali di segno opposte, rigide.