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FORNO
Porta istantaneamente
in fase vapore tutto
l’eluato (molecole di
UGELLO DI USCITA DALL’ LC soluto + molecole di
Ultimo punto prima del passaggio solvente).
degli ioni verso l’orifizio di
ingresso ORIFIZIO DI INGRESSO
DELLO SPETTROMETRO
L’eluato arriva come spray all’interno del forno ed evapora completamente. Il passaggio in fase vapore di una grande
quantità di solvente toglie calorie e quindi raffredda perché serve tanta energia: la sorgente deve essere ben calda in
modo da determinare la vaporizzazione nel più breve tempo possibile). Per fare in modo che vada tutto in fase vapore,
il forno deve essere estremamente caldo 400-600°C. Solo le molecole in fase vapore riescono ad interagire tra di loro.
L’eluato esce dal forno in fase vapore. Sul cammino di uscita delle molecole dell’eluato è posto un ago che ha una
superficie della punta estremamente piccola. Se si applica una differenza di potenziale tra l’ago e l’orifizio di ingresso,
nella punta dell’ago c’è un’elevata densità di carica tale che, essendo estremamente piccolo, crea un flusso di elettroni
detto “scarica corona”. Questi elettroni vanno ad interagire con le molecole in fase vapore, ionizzandole.
Per definizione, in una soluzione, il solvente è il componente più abbondante. Gli elettroni vanno a ionizzare
preferibilmente il solvente e non il soluto, perché il soluto è presente in quantità molto minore rispetto al solvente. Il
solvente prende gli elettroni e si comporta come nella PCI: prima si ha una ionizzazione elettronica ma, siccome siamo
a pressione atmosferica e quindi le molecole interagiscono molto tra di loro, si crea poi un plasma reagente in cui le
+ -
specie interagenti sono tante ma in gran parte costituiscono gli ioni [M+H] oppure gli ioni [M-H] , dove M è il peso
molecolare del solvente. Sono sempre gli elettroni che catalizzano la reazione, ma il tutto avviene a pressione
atmosferica.
Il gas reagente è l’eluato che noi scegliamo, mentre la fase mobile è l’HPLC.
Il soluto, che si trova all’interno del plasma reagente, scambia il protone oppure perde il protone a seconda che si
abbia una ionizzazione positiva o negativa. Una volta ionizzato, il soluto viene aspirato dalla differenza di potenziale
che si crea all’orifizio di ingresso. Rimane comunque sempre una differenza di potenziale tra l’ugello di uscita dell’LC e
l’orifizio di ingresso dello spettrometro.
L’APCI è identica all’ESI ma in più possiede:
• un vaporizzatore che vaporizza tutto l’eluente
• gli elettroni vengono forniti dalla scarica corona e costituiscono il plasma reagente del solvente
• il plasma reagente trasferisce la carica al soluto
Vantaggi e Limiti dell’APCI
ionizza le molecole non ionizzabili in ESI
la ionizzazione avviene in fase vapore perché solo in fase vapore si ha interazione bimolecolare tra il plasma
reagente (= molecole di solvente attivate per reagire con il soluto) e il soluto stesso
le sostanze devono essere volatili e stabili termicamente altrimenti non si possono né analizzare né vedere.
Devo essere stabili ad alte temperature perché, se si degradano, non si ionizzano
come nell’ESI, gli eventuali processi di frammentazione possono essere controllati. Gli ioni che si formano in
ESI (= ione addotto) si ritrovano anche in APCI
rispetto all’ESI, con l’APCI non possiamo generalmente avere ioni multicarica. Si tornano ad avere ioni
monocarica.
Per ioni multicarica: Più il valore di z aumenta, maggiore è la possibilità di monitorare e analizzare molecole
grandi (es: proteine). Si arriva fino a circa 200000 Da
Per ioni monocarica: il range di massa è compreso tra 50-1500 Da. Ci sono però poi gli analizzatori che lavorano
in limiti prefissati di range di massa. Anche se la sorgente è in grado di analizzare molecole grandi, non abbiamo
però un analizzatore per poterle separare. Molecole molto grandi e ionizzabili sono molto poche: più si
aumenta il peso molecolare e più la sostanza è termodinamicamente instabile
è sensibile alla quantità di flusso di solvente. Più si diminuisce il flusso della cromatografia liquida, meno
plasma reagente si ha e quindi si ha meno possibilità di ionizzare il soluto. La cosiddetta “NANO LC” non
funziona in APCI ma può lavorare solo con l’electronspray
Ricapitoliamo…
Abbiamo interfacciato la GC con la massa e la sorgente è sottovuoto. Abbiamo visto la ionizzazione elettronica, le
biblioteche spettri e la possibilità di riconoscere un composto dal suo spettro di massa.
La ionizzazione elettronica è un’importa digitale perché va a rappresentare gli orbitali molecolari, i quali sono una
caratteristica propria di ogni molecola. La ionizzazione elettronica viene definita anche “hard ionization” perchè
utilizza troppa energia e, molto spesso, si perdono le informazioni sul peso molecolare della molecola stessa
Per avere informazioni sul peso molecolare si ricorre alla ionizzazione chimica che è una modifica della sorgente EI. La
ionizzazione chimica si basa sugli elettroni, ma solo come catalizzatori della reazione, perché produce il plasma
reagente. Con una reazione bimolecolare, la parte attiva del plasma reagente trasferisce la carica sull’analita, che viene
poi analizzato.
La ionizzazione elettronica lavora generalmente solo ioni positivi, a causa di caratteristiche strutturali. La PCI può
lavorare sia ioni positivi che ione negativi.
L’interfacciamento con la LC è stato per problema per tanti anni, per l’incompatibilità tra un sistema ad alta pressione
LC e un sistema a bassa pressione (= spettrometro di massa). Ciò è stato risolto portando fuori la sorgente, come in
electronspray. In electronspray si sfruttano diversi meccanismi simultanei di desolvatazione dell’eluato e, molto
spesso, si utilizza una reverse phase: la fase mobile è idro qualcosa (acqua+solvente), dove l’acqua è un dipolo e i soluti
sono polari, quindi sono già ioni. Non c’è bisogno di fornire energia per ionizzare i soluti, quindi l’unica cosa da fare è
“spogliarli” dal solvente. Una volta liberato, lo ione entra nello spettrometro (= entra nel sistema ad alto vuoto).
In questo caso, lo ione è diverso rispetto alla ionizzazione EI ma è più simile agli ioni addotto della PCI, in cui viene
+
addotta una parte del plasma reagente (H o la molecola intera).
In ESI non si può utilizzare la libreria spettri perché lo spettro in ESI è dipendente dal sistema e dalla fase mobile scelti.
In più, si tratta di uno spettro estremamente semplice: c’è lo ione addotto del molecolare e i vari ioni che si trovano
nell’intorno dello ione addotto. Non è dunque possibile sapere la struttura perché mancano gli orbitali molecolari.
La sorgente APCI è una modifica dell’electronspray. Va a coprire tutta quella gamma di composti che non vengono
ionizzati in electronspray: serve quindi per interfacciare la cromatografia liquida (LC) per quelle sostanze che non
possono essere analizzate in gascromatografia, perché sono termolabili.
CLUSTER ISOTOPICI
L’abbondanza isotopica naturale è una caratteristica fondamentale per l’interpretazione dello spettro di una qualsiasi
molecola. Analizzando uno spettro, si osserva la presenza di un numero sopra ogni picco: esso rappresenta il peso
della sostanza, o meglio, rappresenta una molecola ionizzata che di per sé sarebbe neutra.
Prendiamo come esempio, in tabella, il bromo. Il bromo ha un peso atomico pari ad 80 g/mol: questo valore non esiste,
ma esiste solo il 50% di 79g/mol e il 50% di 81g/mol. Allo stesso modo, Il peso molecolare, approssimato all’unità, di
un composto bromurato non esiste: il bromuro di metile CH Br ha un peso molecolare calcolato pari a 95g/mol, ma
3
questo valore non esiste. Infatti, ci sarà il 50% di 94g/mol e il 50% di 96g/mol. In uno spettro, avremo due segnali
distanti due unità l’uno dall’altro. Thompson e Aston scoprirono la composizione
elementare naturale degli elementi della tavola
periodica.
Il carbonio non è 12, ma circa l’1.09% è 13.
Il bromo si trova a 80 nella tavola periodica, ma
l’80 non esiste perché è 79 e 81, entrambi al 50%.
Dal punto di vista dello spettrometro di massa,
tutte le sostanze, che hanno il bromo, presentano
un segnale costituito dalla differenza di due m/z
tra i due segnali, i quali sono circa di uguale
intensità.
Il cloro si trova a 36 nella tavola periodica, ma il
36 non esiste perché è 35 e 37, rispettivamente al
76% e 24%, che sono le due unità di massa.
Il carbonio è presente in tutte le sostanze organiche.
Consideriamo la sostanza organica più elementare, il metano CH :
4 1 atomo di carbonio
4 atomi di idrogeno
Peso molecolare pari a 16 = 12(1) + 1(4)
Nello spettro di massa c’è anche 17 che siamo
essere presente all’1.1%, perché questo spettro
è riferito alla struttura del metano in cui è
13
garantita la presenza del C. 12 13
Se in natura si ha il 98.9% di C e l’1.1% di C,
considerando l’intera molecola del metano si ha
dunque il 98.9% del picco a 16 e l’1.1% del picco
13
a 17, perché deve contenere un atomo di C.
Consideriamo il decano C H :
10 22 10 atomi di carbonio
22 atomi di idrogeno
Peso molecolare pari a 142 = 12(10) + 1(22)
13
La probabilità, che ci sia almeno un C nella
struttura del decano, si deve moltiplicare per 10.
Ogni atomo di carbonio ha l’1.1% di probabilità
13 13
che sia C. il contributo isotopico del C è circa
l’11% = 1.1%*10 e corrisponde al picco 143
.
Consideriamo un ipotetico idrocarburo C H :
100 202 100 atomi di carbonio
202 atomi di idrogeno
Peso molecolare 1402 = 12(100) + 1(202)
Il segnale si è arricchito. La probabilità di avere un
13
atomo di C nella struttura è il 100% = 1.1%*100
atomi di carbonio.
Il segnale più alto non è infatti quello dovuto al
12
calcolo come C (1402), ma è quello riferito a
1403. Ciò è dovuto al fatto che con 100 atomi di
13
carbonio, la probabilità di avere un C nella
struttura è il 100%
La distribuzione isotopica naturale degli elementi comporta che i segnali di massa non sono quasi mai singoli, ma sono
sempre accompagnati dai cosiddetti segnali dovuti alla stessa struttura ionica ma con diverso contributo isotop