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CARATTERISTICHE RIVELATORE
Il rivelatore deve essere sensibile perché deve mettere in evidenza piccole quantità di soluto
- con riduzione del limite di rivelabilità (LOD), ovvero la minima quantità di soluto
distinguibile dal rumore di fondo da parte del rivelatore. Ogni rivelatore è costituito da un
rumore di fondo e in presenza di soluto si ha un segnale: il LOD si ha quando il segnale del
soluto è 3 volte il rumore di fondo. Un rivelatore è più sensibile rispetto ad un altro se a
parità di quantità di sostanza nel sistema il rivelatore dà un segnale maggiore per quel
soluto.
Intervallo di linearità è l’intervallo dove la risposta del rivelatore è proporzionale in modo
- lineare alla variazione di concentrazione del soluto.
Grafico.All’aumentare della concentrazione aumenta la risposta in modo lineare; vi è una zona in
cui l’aumento non è perfettamente lineare e ad un certo punto il rivelatore risponde allo stesso modo
perché si è saturato, per cui si deve diluire il campione per riportarlo nel range di risposta lineare. Si
parte non da 0 da una certa concentrazione al di sotto della quale il rivelatore non rileva nulla
perché il soluto dà un segnale molto piccolo che viene confuso con il rumore di fondo, per cui quel
rivelatore non è adatto per rivelare quel range, ma un altro sarà in grado di farlo.
Selettività: i rivelatori universali rivelano tutti i composti, mentre quelli selettivi evidenziano
- solo particolari composti.
TIPI DI RIVELATORI USATI IN HPLC
Indice di rifrazione: rivelatore universale
- Spettrofotometrico: universale / selettivo che mette in evidenza tutte le sostanze che
- assorbono nell’UV e nel VISIBILE
Spettrofluorimetrico: mette in evidenza gli analiti fluorescenti o che possono essere resi tali
- mediante reazioni di derivatizzazione, introducendo nella molecola gruppi cromofori che
possono essere rivelati mediante lo spettrofotometrico
Conduttometrico: rivelatore selettivo che sfrutta le proprietà elettrochimiche degli analiti
- ELSD: rivelatore universale che sfrutta la luce laser
- Spettrometria di massa: migliore rivelatore universale / selettivo che permette di effettuare
- analisi qualitative e quantitative.
Dispositivi per la retropressione all’uscita del rivelatore: all’uscita della colonna si ritorna a
- P , per cui nel passaggio dell’analita dalla colonna (a pressione alta) al rivelatore si
atm
formano bolle d’aria; all’uscita del rivelatore si aggiunge un dispositivo, un cilindro chiuso
che tiene sottopressione anche il rivelatore.
CARATTERISTICHE DESIDERABILI NEI RIVELATORI:
Alta sensibilità: la retta di calibrazione ha una maggiore pendenza perché piccole variazioni
- di concentrazioni comportano grandi variazioni di segnale e basso limite di rivelazione
Ampio range di linearità
- Il disturbo (background) deve essere minimo: in assenza di soluto vi è sempre un rumore di
- fondo dovuto al sistema per cui il cromatogramma non sarà mai piatto, ma deve essere
basso.
Il background non è sempre orizzontale ma può avere un andamento verso l’altro o verso il
- basso detto DRIFT (deriva), cioè allontanamento della linea di base dalla linea orizzontale e
si ha per esempio quando cambia la composizione della fase mobile o a disturbi.
All’uscita del rivelatore vi è una cella che raccoglie le sostanze riunite che deve avere un
- piccolo volume per rendere l’efficienza elevata e mantenere i composti eluiti in bande
distinte e strette
I rivelatori devono essere riproducibili per permettere il confronto di risposte a distanza di
- tempo
RIVELATORE A INDICE DI RIFRAZIONE
Rivelatore universale, che lavora solo in isocratica, non distruttivo ma poco sensibile. All’interno
del rivelatore vi è una sorgente (lampada a tungsteno), lenti e fenditure per collimare il raggio
prodotto dalla sorgente e una cella a flusso divisa in 2 comparti con un divisorio in vetro: all’inizio
entrambi sono riempiti con la fase mobile e mantengono la stessa composizione di fase mobile
durante tutta l’analisi; il raggio di luce entra nella cella a flusso con conseguente rifrazione del
raggio di luce (la luce passa da un mezzo meno denso ad un mezzo più denso o viceversa, e il
raggio della luce subisce una deviazione rispetto al raggio incidente). Nella fase di riempimento di
fase mobile nelle celle la luce non va incontro a deviazione: fase di azzeramento del rivelatore.
Durante l’iniezione in colonna passa soluto+solvente, per cui da una parte della cella si mantiene la
fase mobile, dall’altra giunge la miscela soluto+solvente; il raggio entrando subisce una rifrazione
nel passaggio da soluto puro a soluto+solvente e riemerge con una direzione diversa. Il
cambiamento viene registrato da un fotodiodo e successivamente è tradotto in picco cromatografico.
Il soluto e il solvente devono avere indici di rifrazioni diversi, perché tanto diverso sarà l’indice di
rifrazione del soluto quanto più diverso sarà l’indice di rifrazione del soluto+solvente rispetto al
solvente di riferimento.
Questo rivelatore è universale per tutti i soluti che hanno indici di rifrazione diversi rispetto alla fase
mobile considerata; è poco sensibile perché se il soluto varia di poco queste variazioni non sono
rilevate. È utilizzato per tutti quei composti che non hanno gruppi cromofori che assorbono la
radiazione: zuccheri, trigliceridi, acidi organici e polimeri. È poco sensibile e lavora solo in
isocratica perché si confronta continuamente la fase mobile e la fase mobile+soluto, quindi vi è
assenza di gradiente. È un bulk property ed è molto sensibile alla temperatura perché l’indice di
rifrazione dipende dalla temperatura dell’ambiente e delle fasi mobili.
RIVELATORI SPETTROFOTOMETRICI
Sfruttano le proprietà di molecole organiche che hanno gruppi cromofori che assorbono la
radiazione nell’UV o nel visibile, o in presenza di molecole derivatizzate (con inserimento di gruppi
cromofori) che vengono rivelate con la spettrofotometria, per esempio zuccheri, trigliceridi..
La spettrofotometria considera l’UV, che va da lunghezze d’onda dai 200 fino a 400nm, e il
VISIBILE, che va dai 400nm fino ad 800nm.
Tra i gruppi che assorbono la radiazione: gruppi aromatici, gruppi carbonilici coniugati a doppi
legami..
I tipi di rivelatori usati sono:
a lunghezza d’onda fissa
- a lunghezza d’onda variabile
- a serie di diodi
-
Il rivelatore UV è collegato all’uscita della colonna e all’interno viene impostata una lunghezza
d’onda di emissione: una lampada irradia il composto separato in colonna che presenta gruppi
cromofori e che in parte assorbe la radiazione e in parte la trasmette.
Il raggio incidente con intensità I investe la cella dove arriva il campione e i soluti separati, parte
0
della radiazione viene assorbita e parte è trasmetta, con una intensità I:
T = I / I A = -logT A = log I /I ma si può scrivere anche come: A = abc
0 0
b: cammino ottico del lato della cella in cui viene inserito il campione; maggiore è il cammino
ottico e maggiore è A
c: concentrazione del soluto presente nella cella; maggiore è la concentrazione di molecole di soluto
e maggiore è l’A
a: assorbività molare, costante tipica di ogni soluto, ed è l’assorbanza di un soluto quando la
-1
concentrazione è espressa in g/Lxcm ; si definisce anche ε, coefficiente di estinzione molare, che è
l’assorbanza di un soluto quando ha la concentrazione di 1M con un cammino ottico di 1cm ed è
-1
espressa in moli/Lxcm .
Il sistema è quindi costituito da:
sorgente che emette una luce incidente
- monocromatore: sistema che seleziona solo una radiazione con una data lunghezza d’onda
- che il soluto può assorbire
cella dinamica dove arriva il campione man mano che viene separato dalla colonna
- fotodiodo: sistema che evidenza come varia l’assorbanza alla luce trasmessa
-
RIVELATORE UV A λ FISSA
I primi rivelatori spettrofotometrici usavano una sorgente che emetteva una sola radiazione, ad
esempio la lampada a mercurio che emetteva solo a 254nm. Oltre alla lampada, il sistema
comprendeva un filtro che collimava la radiazione emessa e la cella a flusso dove passa il soluto
proveniente dalla colonna, assorbe la radiazione e infine un tubo fotomoltiplicatore che evidenzia il
decremento della luce trasmessa.
RIVELATORE UV/VIS A λ VARIABILE
Viene utilizzata una lampada a deuterio se si lavora nell’UV, una lampada a tungsteno se si lavora
nel visibile. Il sistema comprende:
una sorgente
- una fenditura di ingresso per collimare le radiazioni
- il monocromatore, che divide la radiazione UV in tutte le singole componenti e può essere
- un prisma o un reticolo; delle componenti ottenute si isolano quelle di interesse per il
campione
cella a flusso dove arriva, entra ed esce fase mobile con e senza soluti
- fotodiodo registra la variazione di una parte della radiazione trasmessa e una parte assorbita
- e trasforma il segnale in picco.
Il materiale di cui è costituita la cella deve essere trasparente alla radiazione inviata sul campione
per lasciarla passare: nell’UV le pareti sono in quarzo, nel VISIBILE sono in vetro.
All’interno dello spettrofotometro il sistema è molto complesso: oltre alla lampada vi sono degli
specchi che si trovano lungo il cammino della radiazione, inoltre una parte della radiazione
selezionata con il reticolo va nella cella a flusso dove passa il campione, un’altra parte va verso il
rivelatore di riferimento.
Una tipica cella usata è quella a Z che è in quarzo: non si tratta di una cella statica, ma il soluto
proveniente dalla colonna entra da un’estremità ed esce dall’altra. La lunghezza del percorso
corrisponde al cammino ottico; nel cambio della colonna si deve ridurre anche il volume della cella.
Vi sono altre geometrie di celle: normale, ad H, di tipo Z.
In HPLC+rivelatore spettrofotometrico i solventi non devono assorbire nel range per non coprire
l’assorbimento dei soluti; la scelta del solvente dipende anche dalla lunghezza d’onda di cut-off,
ovvero la lunghezza d’onda al di sopra della quale il solvente assorbe il 90% della radiazione
incidente. Tra i migliori solventi: acetonitrile, metanolo, acqua..
Più la lunghezza d’onda è elevata e maggiore è la selettività perché è minore il numero di composti
che assorbono a quella lunghezza d’onda.
Metodologie Analitiche Avanzate lez.14
Oltre al rivelatore UV, vi è il DIODE ARRAY, che lavora in