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SECONDO MODULO­ L’ARCHEOLOGIA DA CAMPO.

l’archeologia da campo comprende due grandi sezioni che sono tra loro collegate e complementari,

cioè: • lo scavo che ci permette di conoscere un determinato sito archeologico; esso offre molte

informazioni su una piccola parte di un sito e può farlo una volta sola, mentre la

• ricognizione (survey) ci fornisce relativamente poche informazioni, ma su una grande

quantità di siti, quindi su un territorio più vasto e può essere ripetuta; la ricognizione

prevede l’analisi di più siti entro un contesto unitario, il paesaggio e mostra come esso si

organizzava nei vari periodi dell’antichità e l’arco di tempo in cui si è sviluppata l’attività

umana (a questo scopo sono importanti le carte di fase).

Sia lo scavo stratigrafico che la ricognizione prevedono una attività preliminare e una impostazione

metodologica molto simili; lo scavo e la ricognizione non sono azioni a sé stanti, ma fanno parte di

un contesto di ricerca che parte dalla domanda iniziale, alla base di entrambe infatti vi è una fase di

ricerca in cui è sorta una domanda che deve trovare soluzione con lo scavo o la ricognizione.

Infatti partendo dalla domanda devo formulare un’ipotesi e ricercare quegli elementi che mi

permettono di convalidare o falsificare questa ipotesi e a questo scopo devo effettuare uno scavo o

un’indagine di survey ed è meglio se vengono effettuate entrambe. scavo o ricognizione

Sia lo scavo stratigrafico che la ricognizione hanno due impostazioni: vi è lo

di urgenza: si ha quando occorre intervenire in occasione di un evento che ha intaccato strati

archeologici; avviene ad opera delle soprintendenze competenti per territorio che hanno soprattutto

compiti di tutela.

Accade soprattutto in occasione di grandi opere come il tracciato dei treni per l’alta velocità, la

costruzione di grandi complessi residenziali o anche costruzioni minori; nel caso di grandi opere è

obbligatoria una valutazione di impatto archeologico che integra quella di impatto ambientale.

ricerca scientifica

La risponde alle esigenze del ricercatore e nasce quando il confronto tra la

situazione che sta osservando e il patrimonio delle sue conoscenze porta non a una conferma di ciò

che è noto, ma a una contraddizione; quindi la ricerca nasce per risolvere questa contraddizione e il

ricercatore pone la domanda che dà origine alla ricerca.

In ogni caso la ricerca trae origine da una domanda o meglio da una serie organizzata di domande e

ha lo scopo di risolvere la contraddizione iniziale. Protagoniste della ricerca scientifica in Italia

sono soprattutto le università e gli enti di ricerca; cmq qualunque sia la motivazione iniziale di uno

scavo, questo deve essere condotto con i medesimi criteri di rigore scientifico.

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Lo scavo d’urgenza, una volta terminata la fase di pericolo del sito, può poi trasformarsi in uno

scavo di ricerca; esso avviene dividendo il bacino archeologico in quadrati in modo poi da ottenere

durante lo scavo una sezione trasversale e longitudinale delle unità stratigrafiche, di cui verranno

fatti anche i rilievi.

Circa le fasi dello scavo, prima di impostare il progetto di scavo, ma anche quello di ricognizione,

occorre conoscere tutto quanto è già noto sull’argomento, consultando:

• Fonti scritte:

• Fonti classiche;

• Letteratura specifica precedente;

• Archivi.

• Tradizione orale:

• Memoria di un ritrovamento;

• Toponimo esatto;

• La cartografia:

• Cartografia storica;

• Carte IGM

• Carte tecniche regionali;

• Mappe catastali;

• Carte geologiche e pedologiche;

• Carte archeologiche;

• Cartografia numerica;

• Le prospezioni fisiche già note

• La documentazione fotografica:

• Foto d’archivio;

• Foto aree;

• Foto da satellite;

• La documentazione iconografica:

• Stampe antiche del sito;

• Dipinti e disegni. 26

È necessaria la formazione di un equipe pluridisciplinare che collabora fin dall’inizio con

l’archeologo direttore del progetto (quindi anche i risultati interesseranno discipline diverse); egli

individua lo scopo specifico del progetto, cioè pone la domanda di base e formula l’ipotesi da

verificare. Sulla base dello scopo specifico, ciascuno dei membri dell’equipe propone il proprio

campo d’indagine, corrispondente alle sue specializzazioni e quindi formula le domande cui lo

scavo o la ricognizione devono rispondere; in tal modo si ottiene il questionario della ricerca, diviso

per argomenti, ma comune a tutta l’equipe. Il questionario si trasforma in una serie di schede

normalizzate con risposte predeterminate, che vengono compilate sul campo.

Sul campo, prima di procedere allo scavo bisogna innanzitutto scegliere il luogo di scavo mediante

l’analisi del terreno e le prospezioni che permettono di vedere cosa si trova sotto terra senza dovere

ricorrere allo scavo; poi bisogna fare l’analisi del sito (quindi bisogna avere delle conoscenze

pregresse e delle conoscenze sul sito stesso) e segnare il “punto zero” sulla carta IGM.

Dopo queste operazioni preliminari sia sul terreno che sulla carta è necessario impostare la

quadrettatura e infine bisogna scegliere le tecniche di scavo che fino a poco tempo fa erano diverse,

mentre oggi su tutti gli scavi archeologici si utilizza lo scavo stratigrafico.

Circa una breve storia dei metodi di scavo:

primi scavi

I consistevano nel “liberare dalla terra” gli oggetti artistici del passato; dal

Rinascimento con la “riscoperta” dell’antico e poi, con gli scavi sul palatino e nel Foro e infine con

la scoperta di Pompei, iniziarono in Italia i primi scavi, che si proponevano di riportare in luce, di

“disseppellire” le antichità del passato.

Nel 1800 nascono i primi scavi stratigrafici in funzione della cronologia: tra i primi ad applicare il

nuovo metodo furono gli archeologi preistorici; anche un archeologo classico, Giacomo Boni,

impostò secondo questo metodo gli scavi del Foro Romano.

preistoria

Fino al 1970 ­ In si assiste a scavi stratigrafici per saggi e per tagli: gli scavi preistorici

seguono gli strati, ma danno importanza soprattutto alla stratigrafia verticale, che permette di

leggere la loro successione e quindi la loro cronologia. Si procede in generale per “tagli”, che

mettano appunto il luce la successione degli strati e per “saggi” con funzione diagnostica.

Si hanno quindi sequenze cronologiche abbastanza precise, ma poche piante, a causa dell’area

indagata troppo ristretta. Nei saggi inoltre si scendeva di un numero determinato di centimetri per

volta, non tenendo conto che in tal modo gli strati venivano tagliati e i loro materiali mescolati e

quindi le cronologie confuse. 27

archeologia Classica:

Fino al 1970 ­ In lo scavo segue l’andamento delle strutture architettoniche e

il profilo delle tombe. Le operazioni di scavo quindi seguono i muri o il perimetro delle tombe,

isolando così i monumenti dai loro contesti stratigrafici.

Gli innovatori del XIX e XX secolo:

Il generale Augustus Lane­Fox Pitt­Rivers condusse scavi in modo sistematico e in particolare

diede importanza a tutti i singoli reperti rinvenuti e non solo a quelli considerati opera d’arte che

quindi avevano molto valore sul mercato; curò in particolare la precisione nella documentazione.

metodo Wheeler

Negli anni ‘30­’50 si sviluppò il (1890­1976): Sir Mortimer Wheeler, anch’egli

militante nell’esercito britannico, impostò lo scavo per quadrati. In genere la misura adottata fu di

quadrati di m5x5 intervallati da una zona di 1 metro non scavata e da conservare come testimone. Il

metodo, che curava in particolare le sezioni e quindi la successione degli strati sulle quattro pareti

del quadrato, ebbe un grande successo e venne generalmente applicato sui più importanti cantieri.

Tuttavia questo scavo pone una serie di problemi: prima di tutto i testimoni venivano lasciati in loco

per eventuali studi futuri, ma essi non sono eterni, infatti essendo in terra non potevano resistere a

lungo; poi questi quadrati andavano sempre più in profondità, diventando così pericolosi. Quindi i

testimoni si degradavano e quindi si avevano delle sezioni con buchi in mezzo, infatti era difficile

mettere insieme due sezioni di blocchi diversi; quindi sia le sezioni che le piante erano molto

lacunose proprio a causa dei testimoni, ma anche i ritrovamenti non erano completi per le

interruzioni imposte dai testimoni (ad esempio non si poteva scavare completamente la pianta di un

edificio)

scavo per “plana”

Lo fu teorizzato alla fine degli anni ’60 da Carl­Axel Moberg, archeologo

svedese, che proponeva di scavare sempre per piani successivi, facendo accuratissimi rilievi. In tal

modo gli strati venivano tagliati e confusi.

La ricostruzione degli strati reali in laboratorio, sulla base dei rilievi risultava però molto

difficoltosa. Questo metodo ebbe una certa fortuna in ambito mitteleuropeo.

scavo in estensione:

Negli anni ‘50 ­ ’60 si sviluppò invece lo il metodo Wheeler, con i testimoni

risparmiati, rendeva difficile la lettura delle strutture sepolte, per questo alcuni archeologi, tra i

quali soprattutto Philip Barker, proposero lo scavo per grandi aree, senza più saggi e trincee, che

permetteva di leggere in pianta per intero le strutture. I testimoni si assottigliarono e pian piano si

scavarono completamente, rilevando gli strati man mano che si toglievano.

Naturalmente restarono importanti le stratigrafie verticali, ma collocate in punti strategici e

comunque si idearono piante e sezioni cumulative. La quadrettatura del terreno era ormai un

metodo irrinunciabile per ancorare le piante al terreno, ma divenne soltanto un reticolo geometrico,

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evidenziato solamente da picchetti e fili collocati sopra l’intera area di scavo; in più il reticolo

geometrico non era più basato su misure standard, ma esse erano adeguate all’area di scavo.

stratigrafica

Dagli anni ‘70 ad oggi è nata e si è diffusa su tutti gli scavi l’archeologia di Edward

C. Harris; in Inghilterra avvenne quindi l’ultima grande innovazione, in parte operativa, relativa

cioè alla impostazione delle tecniche di scavo, e in parte teorica. Era stato introdotto, da parte di

Harris, il concetto di “unità stratigrafica”: lo strato è un oggetto unitario, che va considerato in sé, e

che non deve essere manomesso e tagliato, ma scavato unitario nella sua completezza.

Il metodo dell’archeologia stratigrafica di Edward C. Harris in Italia fu diffuso e pubblicizzato da

A

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Publisher
A.A. 2017-2018
46 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/10 Metodologie della ricerca archeologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher veroavalon84 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia della ricerca archeologica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Chiesa Federica.