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Il principale modello che supporta l’infermiere nella pratica clinica (che unisce il

metaparadigma all’accreditamento scientifico) è il modello bifocale di Carpenito. Il concetto

di bifocalità richiama la differenza fondamentale fra il modello biomedico e quello olistico:

bifocale, quindi, perché dà la possibilità di agire con entrambe le linee di pensiero, dando

prevalenza a quello olistico. Il modello di Carpenito è applicabile sia al modello autonomo

che al modello collaborativo. Tuttavia, quando si ragiona con autonomia ci rifacciamo di più

al concetto olistico, mentre quando si ragiona in collaborazione, siamo più sul modello

biomedico: l’ambito autonomo, infatti, lo si gestisce con la diagnosi infermieristica , mentre

l’ambito collaborativo, lo si gestisce di più con i problemi collaborativi.

La diagnosi infermieristica

La prima definizione di diagnosi infermieristica risale al 1953. Oggi consideriamo come

definizione quella data dalla NANDA nel 1990: “la diagnosi infermieristica è un giudizio

clinico riguardante le risposte della persona, della famiglia o della comunità a problemi di

salute/processi vitali in atto o potenziali. La diagnosi infermieristica costituisce la base

sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a conseguire dei risultati di cui

l’infermiere è responsabile” (NANDA, 1990).

Ricorda anche che: “La diagnosi infermieristica racchiude tutto ciò che l’infermiere può

gestire con autonomia decisionale.”

Giudizio clinico: è un giudizio che deriva dal nostro sapere scientifico-disciplinare. Perciò,

nel formulare questo giudizio, è necessaria che l’infermiere conosca non solo ciò che riguarda

le scienze infermieristiche, ma anche quello che riguarda le scienze biomediche. La

formulazione del giudizio, però, deve essere sempre contestualizzata. Il giudizio clinico,

l’infermiere non lo dà sulla malattia, ma sulla risposta alla malattia, da parte dell’assistito.

Le risposte: possono essere di 3 tipologie principali: fisiche (per esempio, stipsi), sociali (per

esempio, disagio nelle relazioni sociali), psicologiche (per esempio, ansia o paura).

Problemi di salute: sono tutte le diagnosi mediche. Gli infermieri non guardano, però, alla

malattia, ma alla salute dell’assistito, così da capire quello che è necessario usare per

ripristinare una condizione di vita stabile e un benessere psicofisico e sociale.

Processi vitali: sono tutti quei processi che identificano la vita biologica di una persona.

In atto o potenziali: questi problemi ci possono essere (in atto) o non essere ancora presenti

(potenziali). L’infermiere deve saper analizzare i cosiddetti fattori predisponenti o di rischio,

costituendo la diagnosi potenziale. Ovviamente fra la diagnosi reale e diagnosi potenziale è

più importante quella reale, poiché deriva da una priorità nel tempo, indice di gravità

imminente. E’ prioritario tutto ciò che deve essere gestito immediatamente, così da non

compromettere ulteriormente il livello di autonomia e funzionalità della persona.

Ma perché è importante l’approccio per diagnosi infermieristica?

1. Ha un ruolo centrale nella formazione del futuro professionista, perché permette di

sviluppare la capacità di ragionamento ipotetico-deduttivo o diagnostico, il quale

consente di analizzare correttamente quelle che sono situazioni critiche complesse,

così da riuscire a capire quale sia la corretta diagnosi per la persona assistita.

2. Ha una ruolo essenziale anche nell’attività lavorativa, perché valorizza quello che

significa essere professionista.

3. Pone un metodo di descrizione del sapere professionale: la diagnosi infermieristica

rappresenta un giudizio clinico dato su una risposta alla malattia, attuale o potenziale.

Il giudizio è la prova del fatto che l’infermiere dichiara il suo sapere, di tipo

scientifico-professionalizzanti, nei confronti della persona.

4. Ha un linguaggio comune: il fatto di utilizzare una classificazione e, quindi, di avere

un approccio per diagnosi infermieristica, porta anche a quello che viene chiamato

unificazione del linguaggio fra professionisti. Se tutti adottano lo stesso tipo di

modello teorico di riferimento, è chiaro che anche il linguaggio da adottare dovrà

essere comune. Questo non solo valorizza quello la professionalità di un infermiere,

ma permette di comprendere efficacemente la problematica trattata, evitando così di

rischiare errori.

5. Ricerca infermieristica: tra le responsabilità di un infermiere generalista c’è la

funzione di ricerca. Questa può essere effettuata su più livelli, poiché esiste una

ricerca base e una ricerca avanzata. La diagnosi infermieristica contribuisce alla

ricerca dell’infermiere generalista, per esempio quando questo deve fare ricerca nelle

banche dati; quando si fa ricerca bibliografica è necessario impostare una stringa con

operatori booleani e la diagnosi può essere benissimo un elemento di stringa da

inserire per poter trovare le evidenze scientifiche in relazione a quel problema, così da

analizzarle e da capire quali sono gli interventi più raccomandati per il dato problema.

6. Qualità di cure: seguire un ragionamento diagnostico, ossia ragionare per problemi e

non per prestazioni, essere in grado di giudicare con professionalità quella che è la

risposta, impostare quello che è il programma di cura, è sicuramente un metodo

efficace per indirizzare la terapia ad una qualità elevata.

Il modello bifocale di Carpenito analizza 2 ambiti, come già precedentemente detto:

1. Un ambito in cui l’infermiere è prescrittore e, quindi, esercita un’autonomia

professionale.

2. Un ambito di collaborazione, in cui l’infermiere ha un approccio nei confronti

dell’assistito per problemi collaborativi.

Problema collaborativo: Qui prevale quella che è la componente biomedica, dove

l’infermiere ha una responsabilità limitata a quelli che possono essere gli indicatori di

miglioramento o peggioramento dello stato clinico della persona. Non si tratta, quindi, di

affrontare un problema infermieristico, ossia la diagnosi, ma si tratta unicamente di analizzare

un problema di ordine prettamente medico. Prevale, dunque, l’autonomia operativa su quella

decisionale. Tuttavia, è sempre un po’ presente anche l’autonomia decisionale, relativa al

fatto che l’infermiere dovrà scegliere quella che possono essere gli interventi che

contribuiscono al miglioramento del problema (interventi che dipendono sempre dal profilo

professionale dell’infermiere). L’infermiere può, solo in caso di necessità e urgenza,

somministrare farmaci di sola competenza medica. Esiste un solo altro caso in cui

l’infermiere può somministrare senza prescrizione medica: nel caso in cui, fra infermiere e

medico, sia stato condiviso precedentemente un protocollo terapeutico.

I modelli funzionali di Gordon

L’ipotesi diagnostica deve essere sempre sostenuta da elementi oggettivi, soggettivi e

strumentali. Per questo, successivamente a quando il modello di Carpenito è stato

implementato nella pratica clinica, ci si è accorti che la sola adozione delle diagnosi

infermieristiche non era sufficiente: Carpenito si è messa insieme a Gordon. Gordon è

un’altra teorica, che ha cercato di capire quali potevano essere gli elementi che, da un punto

di vista dimensionale, potevano essere di supporto all’infermiere nel capire la malattia della

persona assistita; ecco, dunque, che sono stati scritti i modelli funzionali di Gordon. La

struttura dei modelli funzionali di Gordon ha carattere olistico e si applica alla persona in

considerazione del fatto che le entità distinte vanno ricollegate sempre all’unicità e alla

complessità della persona. Tuttavia, mentre Carpenito prendeva in considerazione le

dimensioni della salute facendo prevalere il metaparadigma, ossia il carattere filosofico,

Gordon ha aggiunto ad ogni modello un carattere scientifico: ad ogni modello, infatti, sono

state associate le possibili diagnosi infermieristiche, che un infermiere poteva attivare,

qualora il paziente riscontrasse un alterazione del modello stesso. Esistono, infatti, vari indici

che, se alterati, contraddistinguono l’alterazione di un modello e, di conseguenza, una

diagnosi rispetto ad un’altra. I modelli funzionali (fisiologici) specificati da Gordon

includono:

1. Percezione e gestione della salute. Questo modello ci permette di capire che pensieri

ha la persona rispetto al suo stato di salute, come si mantiene, gli abitudini di vita, gli

stili di vita che la persona ha (se incidono sulla salute della persona o meno).

Descrive, quindi, come la persona percepisce il suo stato di salute e le modalità in cui

la gestisce. Include la gestione dei rischi per la salute, abitudini e stili di vita che

influenzano la salute, comportamenti, trattamenti e prescrizioni, storia medica e

sanitaria in genere.

2. Nutrizione e metabolismo. Questo modello ci presenta le abitudini alimentari della

persona assistita (se mangia e come mangia). Descrive, dunque, come la persona

assume il cibo ed i liquidi in termini di qualità e quantità. Include gli indicatori del

fabbisogno metabolico dell'organismo. Rientrano in questo modello la descrizione

delle condizione della cute, delle unghie, delle membrane mucose, del peso,

dell'altezza e della temperatura corporea.

3. Eliminazione. Questo modello ci presenta le abitudini della persona nell’eliminazione

di, per esempio, urine o feci.

4. Attività e esercizio fisico. Questo modello ci permette di definire la capacità della

persona nella cura di sé, quanto è in grado di soddisfare particolari bisogni primari. E’

un modello estremamente importante per l’infermiere. Per esempio, una persona

anziana che, per un qualche motivo (magari ha un gesso su tutti e due gli arti

superiori), non può mangiare.

5. Riposo e sonno. Questo modello descrive i modelli di sonno e riposo nell' arco delle

24 ore, inclusa la percezione della persona rispetto al livello di riposo/sonno energia,

gli ausili e le abitudini.

6. Cognitivo e percettivo. Questo modello descrive l’adeguatezza delle modalità

sensoriali della persona (i sensi), i relativi disturbi e la presenza di protesi, inclusa la

percezione del dolore e come viene gestito, le abilità cognitive come il linguaggio, la

memoria e l'assunzione di decisioni.

7. Sessualità e riproduzione. Questo modello descrive atteggiamento e percezioni che la

persona ha in relazione alla sessualità e alla funzione ripr

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A.A. 2017-2018
16 pagine
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SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher engyfro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia della ricerca infermieristica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Pietrini Luca.