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PSICO-CARDIOLOGIA E ASSESMENT
In questo ambito, è fondamentale il ruolo del terapista occupazionale, il quale deve indagare quali sono le
paure e le preoccupazioni del paziente riguardo la ripresa della sua attività lavorativa.
Egli può sottoporre il paziente a semplici prove fisiche per valutare le sue prestazioni fisiche o simulare con
lui un colloquio di lavoro, per verificare quanto il paziente è in grado di far fronte allo stress e alle pressione
previsti da queste situazioni, soprattutto con soggetti ansiosi e preoccupati riguardo la possibilità di tornare al
lavoro.
Lo psicologo, durante la consulenza, dovrebbe approfondire due aspetti dello stress: i fattori di stress e le
risposte allo stress.
A tal proposito è molto importante riconoscere che le risposte allo stress potrebbero influenzare il decorso
della malattia. Così, per esempio, lo stress del lavoro o lo stress domestico potrebbero indurre il paziente ad
riassumere abitudini sbagliate, come fumare, consumare cibi poco salutari o alcolici e l’inattività fisica.
In alternativa, lo psicologo può invitare il paziente a gestire lo stress con l’esercizio fisico, come lunghe
camminate, o impiegando il proprio tempo libero in attività che suscitano il suo interesse.
A tal proposito Larry Bloom, psicologo clinico dell’Università del Kansas, in un articolo pubblicato nel sito
dell’American Psychology Association, descrive la sua partecipazione come psicologo ad un programma di
riabilitazione cardiaca in una clinica privata, la quale coinvolgeva da 80 a 100 pazienti, maschi e femmine,
l’Anxiety Management Training
sottoposto ad un programma di gestione dello stress, secondo (AMT), che si
svolgeva in tre fasi e della durata di cinque - sette sedute.
Nella prima fase lo psicologo insegnava al paziente il rilassamento muscolare profondo; nella seconda fase i
pazienti erano sollecitati, tramite immagini mentali, a concentrarsi su quale parte del corpo era vissuta la
tensione e come.
In genere, in questa fase del trattamento, al paziente veniva chiesto di pensare e visualizzare le situazioni
della sua vita che avevano causato in lui un forte stress; così il terapeuta contribuiva ad aumentare
l’emozione negativa, incoraggiando continuamente il paziente a concentrarsi su questa immagine sgradevole.
In questo modo egli induceva il paziente a porre attenzione alle sue specifiche reazioni.
Nella terza fase il paziente era nuovamente stressato da immagini mentali e lo psicologo gli insegnava a
ridurre la tensione tramite un segnale, solitamente un respiro profondo, e a tornare ad un livello confortevole
di relax.
L’AMT risultò molto utile per la gestione dell’ansia generalizzata e della tensione perché è la risposta
d’ansia stessa che funge da stimolo per iniziare il rilassamento.
Ansia, stress e depressione non interessano solo il paziente, ma potrebbero sorgere anche nella famiglia e nel
coniuge.
Spesso i coniugi ricevono poche informazioni e supporto in ospedale e hanno sentimenti contrastanti sulla
malattia del loro parente, come ansia, sensi di colpa, risentimento o rabbia e spesso è comune anche la paura
della morte o di ricadute future.
Disaccordi e preoccupazioni tra i coniugi sono tipiche non solo durante il periodo di convalescenza in
ospedale, ma anche dopo.
Una delle preoccupazioni può essere la normale ripresa della vita sessuale coniugale, problema che deve
essere affrontato dallo psicologo, anche se esso non emerge durante gli incontri con i coniugi, per paura o
vergogna.
Infine la consapevolezza del coniuge di dover sostenere e aiutare il paziente, potrebbe indurlo ad essere
eccessivamente iperprotettivo, limitando anche le attività del coniuge.
Per questi motivi, essi dovrebbero essere invitati a partecipare alle consulenze, non solo per il proprio
benessere, ma anche per quello del paziente, in quanto discussioni aperte, in presenza dello psicologo e
dell’assistente sociale sono utili per chiarire tutte queste problematiche.
prevedono anche la valutazione dell’intervento svolto, in riferimento ai risultati
Le linee guida americane
ottenuti nell’ambito clinico, comportamentale e della salute. Queste valutazioni forniscono dati sufficienti
per valutare l’efficacia globale del programma, anche al fine di migliorare le linee guida stesse.
Gli aspetti più importanti che vengono vagliati sono:
lo stato di salute fisico del paziente, che viene valutato sottoponendolo ad esercizi fisici o a test come
il “6 nel quale viene chiesto
minute walking test”, al paziente di camminare il più velocemente
possibile per sei minuti, al fine di rilevare quanto il paziente cardiaco è in grado di svolgere esercizi
fisici; 5
PSICO-CARDIOLOGIA E ASSESMENT
La capacità del paziente di mantenere i cambiamenti di stili di vita richiesti dal programma
riabilitativo, come la necessità di svolgere attività fisica, di mantenere abitudini alimentari corrette o
di aderire alle cure farmacologiche previste;
la percezione, da parte del paziente, del miglioramento della sua qualità di vita dal momento della
ospedaliera; un test che viene utilizzato in questo ambito è il “Medical
dimissione Outcomes Short
composto da 36 item che valutano otto parametri: funzionalità fisica, dolore fisico, salute
Form 36”,
generale, vitalità, funzionamento sociale e limitazioni dovute a problemi emotivi e di salute mentale.
La valutazione è un momento che il paziente vive sia durante il periodo di degenza in ospedale, sia al
termine del programma riabilitativo, dopo 3,6 e 12 mesi, attraverso incontri in ospedale o per telefono.
Come ogni singolo paziente è inviato ad un determinato programma terapeutico, in base alle sue necessità,
così le valutazioni sono predisposte per il singolo paziente in riferimento al suo caso in quanto il piano di
l’unicità del paziente rispetto agli obiettivi terapeutici stabiliti
trattamento e di valutazione deve riflettere
dalle linee guida.
Larry Blomm, nell’articolo prima citato “Psychology and Cardiology: Collaboration in Coronary Treatment
and Prevention”, indica quali sono, a suo avviso, gli aspetti dei programmi di riabilitazione cardiaca che
andrebbero sviluppati.
Innanzitutto la partecipazione dello psicologo agli interventi di riabilitazione non dovrebbe riguardare solo il
trattamento del paziente cardiaco, ma anche la prevenzione.
Un esempio di strategia di prevenzione che può essere formulata dallo psicologo è la promozione di
interventi comunitari, come convegni e incontri pubblici, sulla gestione dello stress e della sua importanza
nelle patologie cardiache.
Un’altra utile area di indagine prevede lo sviluppo di apparecchi biomedici che il paziente porta sempre con
sé, con lo scopo di avvertirlo quanto la tensione sta raggiungendo livelli elevati e deve essere ridotta; è il
caso di un bracciale, progettato per misurare la frequenza cardiaca, che emette una stimolazione tattile
quando la frequenza cardiaca del paziente aumenta rispetto ad un determinato livello, mettendolo così in
guardia e inducendolo ad attuare comportamenti per ridurre la tensione o l’eccitazione.
Ovviamente lo psicologo che lavora in questo campo deve ricevere un training adeguato in medicina,
farmacologia, nel funzionamento cardiaco e nella cura della sua patologia.
Tutto ciò può essere vantaggioso anche ai fini di una buona comunicazione all’interno del team di esperti che
ai programmi di riabilitazione primaria, con l’obiettivo primario di sostenere il paziente cardiaco
partecipano
e la sua famiglia. 6
PSICO-CARDIOLOGIA E ASSESMENT
2. LINEE GUIDA EUROPEE DI RIABILITAZIONE CARDIACA
E PREVENZIONE
Prima di introdurre l’argomento della riabilitazione cardiaca, sarebbe bello potersi soffermare su due
definizioni date dall’Organizzazione Mondiale della Sanità riguardo il concetto di salute e della qualità di
vita connessa ad essa. “non l’ assenza di malattia ma nei termini
Viene cosi proclamato Stato di salute di un completo stato di
e sociale presente nell’individuo”;
benessere fisiologico, psicologico mentre la Qualità di Vita connessa alla
la “percezione
salute è che gli individui hanno della loro posizione della
vita nel contesto della cultura e del sistema di valori nel quale vivono, e in relazione ai loro obiettivi, alle
loro aspettative, ai loro standard e alle loro preoccupazioni”.
Nell’ambito dell’oggettività trovano quindi posto la malattia intesa come quadro clinico definito e le diverse
aree di funzionalità (fisica, psicologica, sociale e lavorativa). Nell’ambito della soggettività si collocano la
percezione di malattia e la soddisfazione del paziente nei diversi ambiti della vita nei quali è ipotizzabile che
lo stato di salute possa influire.
E’ da questi due principi che trova, in parte, fondamento la Riabilitazione Cardiovascolare (RCV) che viene
definita come: “Somma degli interventi richiesti per garantire le migliori condizioni fisiche, psicologiche e
sociali in modo che i pazienti con cardiopatia cronica o post-acuta possano conservare o riprendere il proprio
ruolo nella società” .
Gli obiettivi della RCV sono di ridurre i sintomi legati alla malattia, migliorare la capacità funzionale ,ridurre
la disabilità, favorire il reinserimento, in altri termini migliorare la qualità della vita ma anche definire e
ridurre il rischio di nuovi eventi cardiovascolari.
Come enfatizzato nelle Linee Guida del Ministero della Salute per le Attività Riabilitative
la riabilitazione è un processo che riguarda oltre ad aspetti strettamente clinici anche aspetti psicologici ed
educazionali. Questo perché esiste una forte e consistente evidenza di associazione fra depressione, carenza
di supporto sociale, e comparsa/outcome di malattia coronarica. La prevalenza di depressione nei pazienti
dopo IM è del 15-45%. La depressione aumenta di tre o quattro volte il rischio di mortalità cardiaca ed è
altamente predittiva di una ridotta aderenza ai trattamenti raccomandati dopo 3 e 12 mesi. Pazienti reduci da
malattia cardiaca con sintomi depressivi e ansiosi hanno inoltre un impoverimento delle cure di loro stessi,
danno meno attenzione alla dieta, bevono molto alcool, fumano, hanno scarsa motivazione ed energia per
una regolare attività fisica e un abbandono del regime medico. Ecco perché, dopo i risultati di molte ricerche,
si è sentita sempre più la necessità di un aiuto riabilitativo, non solo a livello fisico, ma anche a livello
psicologico. il modello d’intervento della riabilitazione cardiovascolare su suolo nazionale ed
Illustreremo quindi ora
europeo.
Si parte dal principio base che ogni paziente ha il d