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CAP. 3 LA DIAGNOSI E I SUOI MODELLI
Il termine diagnosi si può tradurre come “distinzione,
1. discernimento, giudizio e
questi significati rimandano a tre possibilità di interpretazione e a tre fasi
valutazione”:
della diagnosi. La distinzione e il discernimento fanno riferimento alla necessità di
un’attenta osservazione; il giudizio e la valutazione indicano l’esigenza di una riflessione su
un caso particolare; la decisione riguarda i passi necessari al fine di intervenire attraverso la
presa in carico personale o l’invio ad un collega. Il termine diagnosi deriva dal greco
diagnosko che può essere tradotto come esaminare accuratamente e riconoscere. Esaminare
attentamente coincide con l’osservazione l’uso di strumenti, mentre riconoscere rimanda alla
ricerca di corrispondenze tra quanto osservato e il sapere della diagnostica. La conoscenza
psicodiagnostica è una conoscenza speciale in cui sono i bisogni e le caratteristiche del
paziente a definirne gli obiettivi. Scopo della processo diagnostico non è soltanto
identificare la patologia del paziente, ma comprendere l’individuo sia in relazione al
disturbo psichico sia in relazione alla conoscenza dei fattori che determinano la sua
situazione.. Il legame tra diagnosi e trattamento è inscindibile e non si esaurisce nel
momento della formulazione della diagnosi, ma richiede una continua ridefinizione durante
tutto il trattamento. Questo atteggiamento pone al riparo dal rischio di utilizzare un l’iniziale
valutazione del paziente come un assunto aprioristico.
2. Il modello medico-psichiatrico, interessato alla classificazione piuttosto che alla vera
conoscenza del soggetto alla scelta di un trattamento adeguato, si è rivelato inadeguato agli
scopi della diagnosi psicologica. Per questo è necessario evidenziare la differenza tra la
diagnosi psichiatrica tradizionale descrittiva e la diagnosi psicodinamica che invece è
comprensiva. La psichiatria descrittiva suddivide gli individui per categorie, a seconda dei
comuni aspetti fenomenologici e comportamentali; elabora liste di sintomi in base alle quali
classificare i paziente; considera l’esperienza soggettiva di minor importanza rispetto ai
sintomi. Questa modalità diagnostica segue un’esigenza nosografica: cioè si riferisce ad
un0identità di natura e di struttura, in modo da ipotizzare un fondamento comune ai quadri
patologici. In tal modo la psichiatria tradizionale porta ad un riduzionismo, poiché considera
il paziente come un caso clinico da classificare; al contrario la valutazione psicodiagnostica
tende alla comprensione del valore unico dell’esperienza soggettiva. La psicoanalisi ha il
aver introdotto un atteggiamento nuovo verso la patologia: infatti all’idea di unità
merito di
morbosa da riconoscere a partire dai suoi segni, si contrappone l’attenzione alla singolarità
di ogni caso e l’importanza della relazione con il paziente. La più importante rivoluzione
psicoanalitica in ambito diagnostico è relativa al diverso modo di considerare il sintomo,
non più identificato con l’aspetto oggettivo della patologia, bensì costituto dall’inconscio.,
cioè esso acquisisce qualità spaziali e permette il contatto con i fatti del passato, del presente
e con quelli futuri. Per questo motivo il diagnosta orientato psicodinamicamente non può
limitarsi a conoscere teoricamente i sintomi, i quadri psicopatologici a cui connetterli, i
meccanismi di difesa, ma dovrà riviverli nella relazione con quel determinato paziente.
Tutto quello che il paziente dice, non è altro che una proiezione del suo mondo psichico;
pertanto il compito del diagnosta è ricostruire il percorso dei vissuti che hanno condotto il
attuale. L’inquadramento nosografico, se da solo risulta insufficiente alla
soggetto alla stato
valutazione diagnostica, è un necessario supporto per diverse ragione: offre al clinico la
possibilità di orientarsi e forniscono agli operatori un linguaggio comune, con la possibilità
di recuperare materiale teorico e clinico utile a riflettere sulle proprie esperienze.
CAP. 4 GLI STRUMENTI PSICODIAGNOSTICI
L’osservazione, la raccolta dei dati anamnestici, il colloquio, la somministrazione dei test
1. sono elementi indispensabili affinchè il diagnosta e il paziente giungano insieme ad una
costruzione di significato riguardo le esperienze del paziente. Lo strumento cui non è
possibile rinunciare per la formulazione di una diagnosi è il colloquio, dal momento che
esso rappresenta il primo passo per entrare a contatto con il paziente.Attraverso il colloquio,
infatti, lo psicologo ha la possibilità di capire se e quando è opportuno procedere all’uso di
altri strumenti.
2. Il colloquio, oltre che fornire informazioni sulla base della testimonianza verbale del
soggetto, permette una conoscenza diretta della sua dinamica interpersonale. D’altra parte
l’approccio psicodinamico alla diagnosi prevede che il paziente venga coinvolto come
collaboratore attivo nel processo esplorativo. In ciò risiede la differenza tra il colloquio
psicodiagnostico, in cui è centrale la relazione intesa come mezzo attraverso il quale è
e l’esame medico che, al contrario, pone
possibile giungere ad una conoscenza del soggetto,
Anche se l’anamnesi è il momento relativamente
il paziente in una condizione di passività.
più strutturato del colloquio, essa non dovrebbe perdere il carattere di scambio dialettico né
fa riferimento al concetto di “anamnesi sottolineando la
irrigidirsi. Shapiro associativa”
necessità che lo psicologo adotti un atteggiamento di attenzione fluttuante. Questo tipo di
anamnesi si distanzia dall’anamnesi tradizionale, caratterizzata dal tentativo di tenere sotto
controllo la direzione dei pensieri del paziente attraverso un dialogo “domanda-risposta”. Il
fine di un’anamnesi psicologica è quello di giungere al riconoscimento di un determinato
individuo, attraverso i fatti che hanno segnato il suo percorso di vita. L’anamnesi, se
concepita con l’intento di ricavare informazioni necessarie dalla narrazione del paziente, è
uno strumento prezioso, in grado di arricchire la conoscenza. L’oggetto di questa narrazione
non è la storicità, ma l’autenticità, cioè ciò che riguarda una dimensione personale e
soggettiva.
Nell’ambito della diagnosi psicodinamica è necessario che lo psicologo utilizzi “mappe” di
3. riferimento che gli forniscano un orientamento nella conoscenza della psiche del soggetto.
suggerisce di utilizzare un sistema di riferimento basato sull’esplorazione di tre
Gabbard caratteristiche dell’io,
caratteristiche fondamentali: a) la valutazione delle cioè
informazioni che possono essere ottenute anche attraverso la raccolta dei dati anamnestici,
fondamentale allo scopo di comprendere le forze e le debolezze di un paziente. Ciò significa
cercare di comprendere se le sue funzioni sono integre. Informazioni di questo tipo
provengono da ciò che il paziente dice, dal suo linguaggio e stile comunicativo, dagli aspetti
non verbali della comunicazione, dalle emozioni che da tutto ciò emergono. Un indice
per saggiare le caratteristiche dell’io è la capacità di tollerare l’angoscia,
fondamentale che
permette al diagnosta di ottenere informazioni riguardanti anche il livello di integrazione
dell’identità del soggetto, cioè la capacità di integrare gli aspetti contraddittori e conflittuali
di sé e della realtà. Se tale funzione è compromessa, il clinico ascolterà una storia di
comportamenti più o meno contraddittori e l’alternarsi di stati emotivi differenti,
Fondamentale è quindi l’esame di realtà, cioè la capacità di distinguere tra il Sé e il non Sé.
Questa funzione è integra quando dalle informazioni fornite dal paziente non risultano
allucinazioni o deliri. SI può valutare l’esame di realtà
pensieri o comportamenti bizzarri,
anche attraverso l’osservazione delle operazioni difensive che il paziente utilizza nella
situazione diagnostica. I meccanismi di difesa rappresentano un’indispensabile funzione
dell’Io: quanto più l’Io è forte tanto più sarà in grado di convivere con le proprio pulsazioni
ed emozioni. Un’altra area che è importante esplorare sono le parti sane del paziente, cioè
quelle risorse interiori positive che rappresentano le forze progressive dell’Io e la cui
valutazione è indispensabile per comprendere verso quali risorse del soggetto il clinico
possa indirizzare la propria azione. La stima delle parti sane fornisce anche importanti
poiché l’origine delle risorse positive può essere
informazioni sulle b) relazioni oggettuali,
fatta risalire al legame di attaccamento e fiducia del bambino con gli altri significativi. Ciò
che interessa al diagnosta è la qualità delle relazioni oggettuali interiorizzate, che deve
essere raccolta oltre quello che il paziente dice, ma spostando l’attenzione verso il
l’individuo instaura nella vita
comportamento non verbale del paziente. Le relazioni che
quotidiana possono essere considerate una forma di transfer in quanto anche nel rapporto
con il diagnosta, il paziente investe sulla figura del terapeuta una serie di significati. In una
caratteristiche dell’sé. E’ un’area
valutazione diagnostica è importante esplorare le c)
molto vasta perché coincide con la totalità della Psiche. Gli aspetti da valutare sono: la
coesione, la continuità e i confini del sé; la capacità del paziente di fare esperienza del
proprio sé; l’autostima, cioè la capacità di valutare se stesso adeguatamente. Un altro aspetto
L’aspetto forse
riguarda la rappresentazione mentale della corporeità, cioè il Sé corporeo.
più importante per il diagnosta è che le tre componenti descritte mediano una
comunicazione che si colloca spesso fuori al di là della consapevolezza del soggetto,
offrendo dati essenziali per comprendere la sua realtà psichica. L’integrazione dell’identità è
la capacità del soggetto di confrontarsi con le rappresentazioni del sé e degli oggetti,
tollerando la conflittualità che ciò comporta. È fondamentale capire se il soggetto mette in
atto un controllo difensivo nei confronti dell’angoscia che un’intensa relazione con l’altro
provoca in lui.
CAP. 5 IL SETTING
1. Per giungere ad un profil