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INFANTICIDIO E FETICIDIO
1. Introduzione La condotta dell'infanticio e del feticidio, considerata
non solo criminale, ma anche particolarmente odiosa
nelle società moderne, è stata invece pratica comune
nel passato, ad esempio in forma di sacrificio rituale o
a causa di deformità.
Numerosi sono gli esempi forniti dalla mitologia greca
in merito a tale tematica. La letteratura mitologica
greca, come si può apprendere dalla “Teogonia” di
Esiodo, è ricca di episodi dove i figli sono sacrificati
nei modi più orrendi. Saturno-Kronos cui era stato
profetizzato che sarebbe stato detronizzato da uno dei
suoi figli, per non perdere il potere, si mise a divorarli.
Tra questi solo Giove-Zeus si salvò. Pelope viene
cucinato da suo padre Tantalo e dato in pasto agli dei
dell’Olimpo per mettere alla prova la loro onniscienza,
ma essi se ne accorgono.
Tali delitti mitologici, hanno la loro controparte anche
nella vita reale. Sempre nella Grecia antica, le
legislazioni di Licurgo e di Solone consentivano
l’abbandono e l’infanticidio. Il fenomeno riguardava
soprattutto le figlie perché queste costituivano un peso
per la famiglia che doveva fornirle di dote perché
potessero trovare marito. Solitamente veniva fatta
sopravvivere una sola femmina.
Tali consuetudini non furono estranee nemmeno ai
Romani, tuttavia le cose cambiarono con l'avvento del
Cristianesimo. Lo strumento attraverso il quale il
Cristianesimo pose l’accento sulla necessità di
rispettare la vita umana fu l’affermazione della
Illustrazione 1: Kronos che divora uno dei
suoi figli. sacralità della vita umana stessa che veniva
confermata dal rito battesimale. Per questo motivo, la sollecitudine della Chiesa nei confronti dei
bambini abbandonati fu dettata non solo dalla preoccupazione per la loro sopravvivenza e la loro
salute fisica, ma anche dal timore che essi morissero senza essere stati battezzati. Questa
preoccupazione di ordine spirituale fu un incentivo alla ricerca di rimedi per il recupero dei bambini
esposti.
Bisognerà attendere però l’epoca di Giustiniano (VI secolo d.C.) perché i diritti del bambino siano
sanciti per legge, quando nel 529 lo stesso Giustiniano fece raccogliere e integrare le leggi romane
in un unico corpus che prese il nome di Corpus Iuris Civilis in cui sono approvate leggi in difesa
dell’infanzia abbandonata, equiparando, tra l’altro, l’abbandono all’infanticidio. Con Giustiniano per
la prima volta il bambino diventa “persona giuridica”.
Il XII secolo della nostra era si apre con l’introduzione del
meccanismo della “ruota”, inventato per evitare che i piccoli
“reietti” fossero abbandonati all’aperto alla mercè degli
eventi atmosferici e degli animali. Le ruote si diffusero
rapidamente in Francia, Italia, Spagna e Grecia, ma non nei
paesi germanici e anglosassoni, dove cadaverini di feti o di
neonati uccisi nei modi più diversi continuavano ad essere
trovati nelle fogne e nelle discariche. La ruota era un
congegno rappresentato da un tamburo di legno rotante su
un’asse verticale dalle piccole dimensioni perché destinato
ad accogliere bambini appena nati e munito di un apposito
sportello aperto in corrispondenza di una fessura posta sulla
cinta esterna dell’ospizio.
Illustrazione 2: Ruota all'interno Nella società moderna, maggiormente progredita rispetto al
della quale veniva deposti i neonati passato, le forti correnti migratorie hanno creato rinnovati
"indesiderati".
problemi sociali di emarginazione e di povertà oltre che di sfruttamento della prostituzione
femminile, con conseguente aumento delle nascite non desiderate. Frequente è il ritrovamento di
neonati morti o ancora vivi nei cassonetti della spazzatura oppure nel piazzale antistante un
supermercato o una discoteca.
2. Analisi statistica del fenomeno
Dati statistici strettamente correlati all'infanticidio e al feticidio non risultano essere facilmente
reperibili. Tuttavia, utili, possono essere le osservazioni statistiche in merito ai delitti che più in
generale vedono coinvolti i “piccolo uomini”. Infatti, nelle casistiche l'”infanticio” viene molto spesso
confuso con un l'omicidio di un soggetto di età piccola (cd. figlicidio). In realtà l'infaticidio
propriamente detto configura una categoria di reato a se stante, che consiste nell'uccisione del
neonato subito dopo la nascita, mentre per feticidio si intende l'uccisione del nascituro proprio nel
momento del parto.
Partendo da queste premesse, cercheremo di costruire un quadro generale.
Il 90% degli infanticidi/figlicidi commessi in Italia è commesso dalle madri e le cifre complessive
parlano di un fenomeno di dimensioni allarmanti: dal 1970 al 2008 ci sono stati 378 omicidi di
bambini, con una media di circa 10 ogni anno. Le madri sono autrici soprattutto fino ai sei anni di
età, i padri tra i 7 e i 12 anni. Ma il numero effettivo dei piccoli soppressi appena nati, ovvero la
fattispecie in esame, ascrivibili all'intervento materno è incalcolabile.
Indicativo è anche il fatto che la maggioranza degli infanticidi avviene nel Nord Italia (48.9%)
mentre diminuisce nel Centro (24.3%) nel Sud (17.8%) e nelle isole (12%).
Molto probabilmente, dato il particolare contesto socio-economico che sta vivendo il nostro paese,
il numero di infanticidi e feticidi è ben più alto rispetto a quello stimato e mostrerà un trend di
crescita. Inoltre, le statistiche non prendono in considerazione eventuali occultamenti di cadaveri,
che per via delle dimensioni ridotte possono essere facilmente eliminabili.
Numerosi studi statistici, vedono un ruolo centrale della donna nella commissione di tali reati. Ciò è
scontato, dato il fatto che la donna partoriente o che abbia da poco partorito è l'unico soggetto ad
essere a stretto contatto con la giovane vita, potendo così indisturbata compiere il reato.
Interessanti sono ulteriori dati in merito alle caratteristiche delle donne che commettono tale
crimine. L'Illustrazione 3 mostra la correlazione tra
l'età materna e il numero di infanticidi. Si può
notare come il fenomeno interessi tutte le
fasce di età di donne in periodo riproduttivo,
tuttavia si possono evincere due picchi: il
primo riguarda la fascia di età tra 19-23 anni,
la seconda tra 29-33. L'interpretazione di
questi due picchi potrebbe suggerire un
particolare profilo socio-psico-economico
della donna che si macchia di infanticidio o
feticidio.
In merito alla nazionalità, circa il 60% è
italiana e solo il 44% delle donne è nubile.
Quello che deve essere chiaro è che tale
fenomeno vede coinvolto soprattutto donne
giovani, intorno ai 20-30 anni, con una
distribuzione quasi paritaria tra donne
Illustrazione 3: Relazione tra numero di infanticidi e coniugate o single. Con questo, si vuole solo
età della madre.
affermare che non esiste un prototipo di infanticida o per lo meno non risulta essere chiaro dai dati
forniti.
Per quanto riguarda le aree “preferite” per occultare il piccolo cadavere, o peggio ancora, l'infante
abbandonato, queste risultano essere le più disparate. I dati comunque evidenziano la facilità con
la quale può essere occultato il misfatto date le esigue dimensioni. Molto spesso, in circa il 70%
dei casi, il cadavere viene avvolto in un sacchetto di nylon ed abbandonato nelle aree più
disparate.
Alla luce dei fatti, il numero di ritrovamenti di piccoli cadaveri potrebbe forse rappresentare sola la
punta di un iceberg, un fenomeno la cui entità, allo stato delle cose, risulta essere difficilmente
valutabile.
3. Reato di infanticidio e feticidio
Prima di procedere, viene riportato in toto il testo dell’art. 578 c.p. che così sancisce:
“La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto
durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale
connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad
anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere
diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale”.
Volendo individuare la collocazione sistematica della fattispecie così delineata, emerge
chiaramente la sua natura intrinseca di delitto contro la persona e l’incolumità individuale, lesivo
della vita umana, e precisamente di quella del feto e del neonato, inserendosi nel Titolo XII, Capo I
del c.p.
Si tratta quindi di una fattispecie a se stante, laddove il bene tutelato, pur nel trattamento
sanzionatorio più mite, è comunque da individuarsi nell’interesse dello Stato alla sicurezza della
persona fisica, bene primario di rilevanza costituzionale esplicita.
Il diritto alla vita rappresenta, infatti, un diritto intangibile e tendenzialmente indisponibile, la cui
protezione preesiste al diritto e a qualsivoglia disposto normativo, la cui posizione sovraordinata ne
rafforza la meritevolezza di tutela; la vita e l’integrità fisica assumono, cioè, la veste di beni
giuridici, difesi attraverso il diritto penale, attraverso il necessario ricorso alla repressione
predisposta dall’ordinamento statale.
Volendo considerare la struttura del reato in esame, si devono analizzare i seguenti elementi:
1. il soggetto agente o attivo;
2. il soggetto passivo;
3. l’intenzione di uccidere (dolo generico);
4. l’aver agito in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto;
5. l’aver usato mezzi idonei a produrre la morte del neonato o del feto;
6. l’essersi verificata la morte del prodotto del concepimento in conseguenza dei mezzi
adoperati.
La medicina legale gioca un ruolo determinante soprattutto negli ultimi due punti, in merito alla
diagnosi di morte e nella dimostrazione della sua immediatezza. Inoltre ha un ruolo determinante
nello stabilire il nesso di causalità tra le lesioni riportate dal neonato o feto e la sua morte, nonché
di dimostrare la presenza o meno di vita al momento del parto.
Prima di procedere oltre, occorre fare una precisazione in merito a termini di “infanticidio” e
“feticidio”:
per infanticidio si intende l'uccisione del neonato “immediatamente” dopo il parto;
• per feticidio, termine improprio visto che, durante il parto, il corpo in transito dovrebbe
• essere definito come “prodotto del concepiment