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Breve storia della stampa a caratteri mobili e delle novità introdotte da questo tipo di
stampa.
Brevissima storia degli altri media per dire che tutte le rivoluzioni successive alla
stampa a caratteri mobili, per quanto diverse fra loro, hanno al loro centro l’economia
di Gutemberg: la necessità di costi di investimento enormi. È costoso possedere i
mezzi di produzione, il che rende la novità un’operazione fondamentalmente ad alto
rischio, ma fondamentale per andare avanti.
Il pulsante “Pubblica”
La pubblicazione è sempre stata qualcosa a cui dovevamo chiedere il permesso a
qualcuno, e quel qualcuno erano gli editori. Oggi non più. Gli editori continuano a
svolgere altre funzioni nel selezionare, limitare e commercializzare l’opera, ma non
costituiscono più la barriera tra scrittura privata e scrittura pubblica.
Il grande attrito all’interno dei media è da sempre dovuto al fatto che libertà e qualità
sono due obiettivi in conflitto. Da sempre c’è chi sostiene che una maggiore libertà di
pubblicare non è compensata dallo scadimento della qualità media.
Più è facile per l’uomo comune pubblicare, più è comune quel che viene pubblicato.
Ma la maggiore libertà di partecipare alla conversazione pubblica ha dei vantaggi
compensativi:
1. Un aumento della sperimentazione della forma, anche e soprattutto per
l’abbattimento dei costi.
2. Un aumento del numero e una maggiore varietà di creatori.
La scarsità è più facile da gestire dell’abbondanza: siccome l’abbondanza elimina i
compromessi cui siamo abituati, chi è cresciuto nella scarsità può sentirsi disorientato.
Quando una risorsa è scarsa, chi la gestisce spesso la considera un valore in sé, senza
fermarsi a riflettere su quanto quel valore sia legato alla sua scarsità.
Allo stesso modo, quando pubblicare smette di essere complicato e diventa facile, la
gente abituata al vecchio sistema spesso considera la pubblicazione da parte di
dilettanti frivola, come se pubblicare fosse un’attività intrinsecamente seria. Peccato
che non lo sia e non lo sia mai stata. La pubblicazione andava presa sul serio quando i
costi e l’impegno richiesto costringevano la gente a prenderla sul serio. Ma se questi
fattori scompaiono, allora scompare anche il rischio.
Il tessuto connettivo della società
Oggi la rivoluzione è incentrata sullo shock provocato dall’inclusione degli amatori tra i
produttori: non abbiamo più bisogno di chiedere l’aiuto o il permesso di professionisti
per dire cose in pubblico.
Questa facoltà di esprimersi pubblicamente e di unire le nostre capacità è talmente
diversa da quello cui eravamo abituati da costringerci a ripensare all’idea stessa di
media: non sono solo qualcosa da consumare ma anche da usare. Di conseguenza,
molte delle nostre idee consolidate sui media si stanno oggi sfaldando.
La parola media è di per sé un raggruppamento, perché si riferisce, nel contempo, al
processo, alla produzione e al prodotto. Oggi tale termine ha bisogno di una nuova
definizione: i media sono il tessuto connettivo della società.
Oggi le modalità media pubblici e personali si sono fuse insieme.
Internet è il primo mezzo ad avere un’economia postgutenberghiana. Non esiste più il
concetto di “copia” perché tutto è digitale e tutto è perfettamente identico a sé stesso.
Inoltre, i mezzi di comunicazione digitale sono simmetrici.
Inoltre c’è maggiore fluidità tra i media: ciascun medium può passare agilmente dal
broadcast medium al communications medium, senza essere per forza una delle due
opzioni.
Infine, i nuovi media implicano un cambiamento economico: internet è solo una serie
di accordi su come far viaggiare i dati tra due punti. Chiunque si attenga a questi
accordi può essere a pieno titolo un membro del network. L’infrastruttura è proprietà
dei produttori dle contenuto: è accessibile a chiunque paghi per usare il network,
indipendentemente da come lo usa.
Tre dilettanti entrano in un bar…
Fino a quando i media rispondevano all’economia di Gutenberg, noi eravamo portati a
pensare che dovessero esistere dei professionisti retribuiti, mentre il nostro ruolo
doveva essere semplicemente quello dei consumatori.
Concetto di digital sharecropping dello scrittore Nicholas Carr mezzadria digitale,
si rifà ai mezzadri che dopo la guerra di Secessione americana lavoravano la terra
senza esserne i padroni, neppure di ciò che vi cresceva. Con la mezzadria digitale, i
proprietari delle piattaforme guadagnavano e i creatori di contenuti no, situazione che
Carr giudica palesemente ingiusta.
Fatto curioso, le principali vittime di questa ingiustizia non sembrano intenzionate a
ribellarsi. Chi condivide contenuti in Internet non si aspetta di essere pagato e
nonostante ciò condivide e partecipa attivamente nel web.
Le proteste contro la mezzadria digitale nascono in parte da gelosia professionale:
chiaramente, i creatori professionisti di media sono infastiditi dalla competizione con i
dilettanti.
Ma il problema vero e proprio è che stiamo usando un parametro professionale per
riferirci a comportamenti amatoriali, ma gli amatori hanno motivazioni diverse da
quelle dei professionisti i loro lavori sono atti di condivisione, non di produzione.
Esempio delle persone che frequentano un bar.
Tuttavia la logica della mezzadria digitale a volte è valida, e ci si può sentire
esattamente come previsto da Carr. Esempio dei volontari del servizio America Online.
Gli esseri umani, comunque, danno un valore intrinseco all’affinità; davanti a questa
verità, la logica della mezzadria digitale perde molta della sua forza esplicativa.
Lo shock dell’inclusione
Le motivazioni umane non cambiano molto col passare del tempo, ma l’opportunità
può cambiare poco o tanto a seconda dell’ambiente sociale. In un mondo in cui
l’opportunità cambia poco, anche il comportamento cambierà poco, ma se
l’opportunità cambia tanto, lo stesso capita al comportamento, almeno finchè le
opportunità fanno appello a motivazioni umane reali.
L’utilizzo del surplus cognitivo permette alle persone di comportarsi in modi sempre
più generosi, pubblici e sociali, rispetto al loro vecchio status di consumatori e
teledipendenti. Il materiale grezzo di questo cambiamento è il tempo libero a nostra
disposizione. Ma oggi abbiamo a disposizione anche gli strumenti, e le opportunità
che questi ci offrono.
I nuovi strumenti dunque non sono la causa di quei comportamenti, ma li hanno resi
possibili.
Un nuovo strumento viene però usato se ci sono delle motivazioni che lo giustifichino.
Capitolo 3 – Il movente
Il caso delle grobanite e del loro impegno umanitario, riunito al loro idolo Josh Groban.
Love over gold (più del denaro poté l’amore)
Esempio del test “a scelta libera” dello psicologo Edward Deci, sul gioco Soma. Tale
esperimento rivelò che i compensi monetari indebolivano la libera scelta.
La conclusione di Deci fu che la motivazione umana non puramente additiva: fare
qualcosa perché interessa è diverso dal fare qualcosa perché si riceverà una
ricompensa esterna.
L’esperimento convalidò una teoria psicologica che distingueva tra due tipi di
motivazione:
1. Le motivazioni intrinseche: quelle per cui la ricompensa è l’attività stessa.
2. Le motivazioni estrinseche: quelle per cui la ricompensa per un’attività è
esterna all’attività stessa.
Ricevere un compenso sufficiente può rendere un’attività indesiderabile desiderabile e
proficua. Ma l’esperimento di Deci suggerì che le motivazioni intrinseche non sempre
sono le più efficaci e che aumentare le motivazioni estrinseche in realtà può far
diminuire quelle intrinseche.
Concluse che una motivazione estrinseca, come essere pagati, può scalzare (crowd
out) una motivazione intrinseca, come godersi qualcosa per quello che è.
Da allora altri ricercatori hanno studiato gli effetti di crowding-out con risultati
analoghi. Esempio della regione che si era offerta per lo stoccaggio di scorie
radioattive, esperimento condotto da Bruno Frey nel 1993: promettendo un compenso
in denaro gli abitanti della regione erano meno motivati ad accogliere le scorie
radioattive rispetto al farlo per senso civico.
I risultati di Deci sconvolsero l’opinione accademica, perché mettevano in discussione
l’idea che la motivazione umana andasse secondo il meccanismo dello stimolo:
secondo questa visione la motivazione umana è sempre la stessa e quindi reagisce in
maniera sempre analoga a una ricompensa.
Autonomia e competenza
La motivazione intrinseca è un’etichetta onnicomprensiva, che raggruppa le varie
ragioni per cui qualcuno potrebbe essere motivato dalla ricompensa che un’attività è
in sé e per sé. Deci individua due motivazioni intrinseche che si possono definire
“personali”:
1. Il desiderio di essere autonomi determinare quel che facciamo e come lo
facciamo;
2. Il desiderio di essere competenti essere bravi in quel che facciamo.
Il denaro squalifica queste due componenti, perché impone dei limiti e rende l’attività
meno piacevole perché costretta dal desiderio di ottenere la ricompensa.
Appartenenza e generosità
Esperimenti e studi di Benkler e Nissenbaum si sono soffermati maggiormente sulle
motivazioni sociali, avvertibili solo facendo parte di un gruppo.
I due autori dividono le motivazioni sociali in due grandi gruppi:
• Quello che riguarda l’essere connessi;
• Quello che riguarda la condivisione e la generosità.
Essi hanno concluso che le motivazioni social rafforzano quelle personali: le nuove reti
comunicative incoraggiano l’appartenenza e la condivisione, che sono due cose buone
di per sé che rafforzano l’autonomia e la competenza.
Questo feedback circolare di motivazioni personali e sociali vale per la maggior parte
degli utilizzi del surplus cognitivo, da Wikipedia a PickupPal a Grobanites for Charity.
Motivazione amatoriale e dimensione pubblica
Mentre le competenze fra dilettanti e professionisti possono essere anche simili, ci
sono molte differenze fra di loro:
I dilettanti fanno un’attività per amore, interesse, passione; i professionisti la
→ fanno per denaro;
I dilettanti fanno le loro attività in maniera appartata; i pro