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RAPPRESENTAZIONE.
I risultati di questa competizione sono spesso incerti e scomodi.
abbiamo bisogno di quella che potremmo chiamare info-estetica, un’analisi teorica
dell’estetica dell’accesso all’informazione, nonché della creazione di nuovi oggetti
mediali che “estetizzino” l’elaborazione dell’informazione.
1. Il database
1.1 La logica del database
Dopo la preferenza del romanzo e del cinema per la narrazione come forma principale
di espressione culturale, l’era del computer ha introdotto il suo complice: il database.
Molti nuovi oggetti mediali non raccontano storie, sono piuttosto raccolte di elementi
individuali, ognuna con la stessa possibilità di significare.
Database: nella scienza informatica, indica una raccolta strutturata di dati. I dati
immagazzinati in un database sono organizzati in modo da consentire una ricerca
rapida e quindi non sono altro che una semplice raccolta di voci.
Per l’utente l’esperienza è del tutto diversa dalla lettura di un romanzo o dalla visione
di un film. Secondo Ervin Panofsky possiamo addirittura definire il database come
nuova forma simbolica nell’era dei computer o della società digitale o come un nuovo
modo di strutturare la nostra esperienza per noi stessi e il mondo.
1.2 Dati e algoritmi
Naturalmente non tutti i nuovi oggetti mediali sono esplicitamente dei database. I
videogiochi ad esempio vengono percepiti dai loro utenti come narrazioni.
La base narrativa di un videogioco spesso maschera un semplice algoritmo: non
seguono la logica del database, ma sembrano seguire più che altro la logica
dell’algoritmo. L’utente cerca di costruirsi un modello mentale del principio di
funzionamento del computer.
La programmazione informatica inquadra il mondo nella propria logica: il mondo si
riduce a due tipi di oggetti software complementari, le strutture dei dati e gli algoritmi.
Qualunque processo o compito viene ridotto ad algoritmo; analogamente qualunque
oggetto o fenomeno del mondo reale viene modellato come struttura dati, cioè come
una serie di dati organizzati in modo da garantirne la ricerca.
Gli algoritmi e le strutture dati hanno una relazione simbiotica: più complessa è la
struttura dati di un programma informatico, più semplice deve essere l’algoritmo, e
viceversa.
La computerizzazione della cultura implica la proiezione di queste due componenti
fondamentali del software, e dell’ontologia specifica del computer, sulla sfera
culturale.
1.3 Database e narrazione
Come forma culturale il database rappresenta il mondo come un elenco di voci non
ordinate e che si rifiuta di ordinare. Invece la narrazione crea una traiettoria
causa-effetto di voci (eventi) solo apparentemente disordinati. Perciò database e
narrazione sono nemici naturali.
Essendo in competizione per lo stesso territorio della cultura umana, l’uno e l’altra
pretendono il diritto esclusivo di attribuire un significato al mondo.
Ma, come l’utente del videogioco, il lettore di un romanzo deve ricostruire
progressivamente “l’algoritmo” utilizzato dall’autore per creare ambienti, personaggi
ed eventi.
Nella programmazione dei computer le strutture dati e gli algoritmi sono
reciprocamente necessari e ugualmente importanti per il buon funzionamento del
programma. Cosa accade invece nella sfera culturale? I database e la narrazione
hanno il medesimo status nella cultura dei computer?
Non tutti gli oggetti culturali seguono esplicitamente la logica del database nella loro
struttura, ma al di là delle apparenze sono tutti database. In generale, la creazione di
un’opera, nell’ambito dei nuovi media, può essere assimilata alla costruzione
dell’interfaccia per un database.
Nell’era dei computer il database diventa il centro del processo creativo. Storicamente
l’artista realizzava un’opera unica all’interno di un determinato mezzo, l’interfaccia
non esisteva. Nei nuovi media invece interfaccia e contenuto dell’opera diventano
entità separate, perciò è possibile creare diverse interfacce che portano allo stesso
contenuto.
il nuovo oggetto mediale è costituito da una o più interfacce che portano a un
database di materiale multimediale.
Se si costituisce un’interfaccia unica, il risultato sarà molto simile a un oggetto
artistico tradizionale, ma questa è un’eccezione.
Concetto di ipernarrazione: l’utente della narrazione attraversa un database seguendo
i link secondo il percorso del mare definito dal creatore del database. La narrativa
lineare tradizionale può essere considerata un caso particolare di ipernarrazione. Ma
che cosa è l’ipernarrazione?
Questo cambiamento tecnico o materiale nella definizione di narrazione, sta a
significare che una sequenza arbitraria di dati prelevati da un database è una
narrazione. Per costruire una narrazione, un oggetto culturale deve soddisfare una
serie di criteri, così definiti dal teorico della letteratura Mieke Bal:
Dovrebbe implicare la presenza sia di un attore che di un narratore;
Dovrebbe incorporare anche tre livelli distinti, il testo, la storia e la fabula;
I suoi contenuti dovrebbero consistere in una serie di eventi interconnessi
causati o vissuti dagli attori.
Ovviamente non tutti gli oggetti culturali sono narrazioni. Ma narrazione viene
utilizzato in modo generico perché non abbiamo ancora una terminologia specifica per
descrivere adeguatamente questi nuovi e strani oggetti mediali. In genere si parla di
narrazione interattiva.
In sostanza, il database e la narrazione non hanno lo stesso status della cultura dei
computer. Nella coppia database/narrazione, il database è il termine non
caratterizzato.
1.4 Paradigma e sintagma
La relazione che esiste tra la struttura di un’immagine digitale e i linguaggi della
cultura visiva contemporanea è caratterizzata dalle stesse dinamiche che incorrono tra
database e narrativa.
Non dobbiamo aspettarci che i nuovi media sostituiscano completamente la narrazione
con il database. I nuovi media non rompono totalmente con il passato, semmai
modificano i parametri di giudizio tra le diverse categorie culturali, portando in primo
piano ciò che stava in secondo piano e viceversa.
Teoria semiologica di sintagma e paradigma (ricorda Vitto). Il database di opzioni a cui
si attinge per costruire la narrazione (il paradigma) è implicito; mentre la narrazione
effettiva (il sintagma) è esplicito. I nuovi media invertono questa relazione: al
database (il paradigma) viene data un esistenza materiale, mentre la narrazione (il
sintagma) viene dematerializzato. Il paradigma viene valorizzato, il sintagma passa in
secondo piano. Il paradigma è reale, il sintagma è virtuale. A livello materiale, la
narrazione è una serie di link, gli elementi in sé vengono immagazzinati in un
database. Quindi la narrazione è virtuale, mentre il database esiste materialmente.
1.5 Il complesso del database
Il legame tra i nuovi media a base elettronica e le forme del database non è
universale. L’eccezione più macroscopica è il cinema. Qui i media elettronici
supportano l’immagine narrativa. Perché, nel caso dei media a base fotografica la
tecnologia sostiene il database, mentre nel caso del cinema dà origine a una forma
narrativa.
Bisogna considerare le forme-database e le forme narrative come due forme di
immaginazione concorrenti, due impulsi creativi diversi, due risposte essenziali al
mondo. Entrambi precedono di molto la nascita dei nuovi media.
1.6 Il cinema che utilizza il database: Greenaway e Vertov
Benché la forma-database sia inerente ai nuovi media, gli infiniti tentativi di creare
narrazioni interattive testimoniano la nostra insoddisfazione nei confronti dle computer
come semplice enciclopedia o catalogo di effetti.
Vogliamo delle narrazioni che utilizzino i nuovi media e vogliamo che queste narrazioni
siano diverse da quelle che abbiamo visto o letto in precedenza.
Peter Greenaway, uno dei registi più impegnati nell’esplorazione delle potenzialità del
linguaggio cinematografico, lamentava che “la narrazione lineare è il formato standard
del cinema”. Osservando che il cinema è in ritardo, rispetto alla letteratura moderna,
nella sperimentazione narrativa chiedeva: “Non potrebbe il cinema percorrere la
stessa strada di Joyce, Eliot, Borges e Perec?”
Greenaway aveva ragione a consigliare ai registi di affidarsi un po’ ai modelli narrativi,
ma gli artisti dei nuovi media che lavorano sul problema – database possono imparare
dal cinema così com è perché il cinema già si colloca tra il database e la narrativa. Il
film è un database perché non è girato in maniera lineare. Con il montaggio poi si dà
vita alla narrazione. Da questo punto di vista, tutti i registi si trovano a fronteggiare il
dilemma database – narrazione, sebbene in pochi l’abbiano fatto consapevolmente.
Un’eccezione è proprio lo stesso Greenaway: per tutta la sua carriera egli ha cercato di
riconciliare database e forme narrative. Molti suoi film seguono un elenco di voci, un
catalogo privo di qualunque ordine prestabilito. Nel tentativo di abbandonare la
narrazione lineare, Greenaway usa diversi sistemi per ordinare i suoi film in fase di
montaggio. Il suo sistema si basa sui numeri: la sequenza di numeri funge da cellula
narrativa che convince lo spettatore ad assistere a una narrazione. Usando i numeri,
Greenaway avvolge un esile filo narrativo intorno a un database.
Dziga Vertov può essere considerato l’altro grande regista database del Novecento.
L’uomo con la macchina da presa è forse l’esempio più importante di immaginario da
database. Qui il processo di collegamento delle inquadrature, di riordinamento delle
stesse per scoprire l’ordine segreto del mondo, costituisce il metodo stesso del film.
La struttura complessiva del film è oltremodo complessa e a prima vista sembra avere
ben poco a che fare con un archivio. Come i nuovi oggetti mediali contengono una
gerarchia di livelli, il film di Vertov contiene almeno tre livelli. Uno coincide con la
storia dell’operatore che riprende le immagini da usare nel film. Il secondo livello
consiste nelle immagini del pubblico che vede il film al cinema. il terzo livello è
rappresentato dal film stesso, organizzati secondo la progressione di una singola
giornata. Questo livello è un testo, gli altri due sono metatesti. Vertov attraversa in
continuazione questi livelli, passando dal testo al metatesto, dalla produzione del film,
alla fruizione del film stesso, al film stesso. Ma se ci concentriamo sul film in sé
sco