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CRITICA ALL’ECONOMIA DEL TEMPO
Nei manoscritti del 1844 critica l’economia politica, poiché essa non era capace di prevedere i cicli,
bensì essa era acritica e descrittiva: rivela solo il come sono le cose, non il perché, non affrontando la
realtà in modo dinamico e processuale. I temi dei manoscritti sono il lavoro e l’alienazione,
l’emancipazione dell’operaio e quindi dell’uomo. Marx definisce il comunismo essere umanismo
(mette al centro il soggetto politico, economico non letterato) cioè una condizione propria dell’uomo
e critica la proprietà privata in quanto viene fatta coincidere con il possesso. La nuova dialettica, di cui
si fa portavoce Marx è di natura prassica, non logica e considera l’uomo, il mondo della natura, i
rapporti sociali, il rapporto tra teoria e prassi.
IL MATERIALISMO STORICO
Marx sviluppa il concetto di materialismo storico nell’opera “Ideologia tedesca” (1845) e il “Manifesto
del partito comunista” (1848): nella prima opera, il materialismo viene utilizzato come un metodo per
comprendere la realtà, invece nella seconda, viene considerato nel rapporto fra teoria e prassi.
Nell’ideologia tedesca, Marx muova una critica alla sinistra hegeliana, in particolare a Feuerbach, la
cui filosofia di stampo materialista, si limitava a comprendere la realtà e non a trasformarla. Difatti,
Feuerbach concepiva l’uomo come entità naturale dotata di corporeità e sensibilità, di carattere
passiva, non come prassi attiva trasformatrice della natura. Il materialismo storico è una metodologia
critica che mira a leggere la storia per smascherare le ideologie. Si parla di materialismo perché
bisogna cercare un principio materiale che giustifichi il suo metodo, a differenza del materialismo
dialettico di Hegel, di natura logica e mirato ad analizzare la realtà. È storico perché prevede che tutti
i principi elaborati siano immanenti, giustificabili, non trascendenti. Secondo Marx, ciò che gli individui
sono dipende dalle condizioni materiali della loro produzione ed è questo il presupposto
fondamentale della concezione materialistica della storia. Dunque, l’abilità è comprendere la storia,
guardarla ed orientarla mettendo l’uomo nelle condizioni di poter acquisire una coscienza sociale e
trasformare la realtà entro cui vive. Marx per coscienza sociale intende un prodotto sociale che si
forma grazie alle sue forze produttive , le quali si distinguono in: mezzi di produzione, la produttività
(creazione e soddisfazione di nuovi bisogni), la popolazione (il processo riproduttivo cioè la famiglia),
la cooperazione. Pertanto, Marx affermerà che non è la coscienza a determinare la vita bensì, è la vita
a determinare la coscienza cioè la coscienza emerge da come l’uomo decide di vivere. La base
dell’ideologia consiste proprio nella separazione tra la coscienza e le condizioni materiali. Marx
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adottando tale metodo va ad indagare i rapporti tra struttura e sovrastruttura. Essi sono due aspetti
che caratterizzano una società; la STRUTTURA è l’insieme delle forze produttive esistenti in società, le
quali sviluppate danno luogo a rapporti di produzione; entrambe generano e condizionano la
SOVRASTRUTTURA, la quale fa riferimento alle produzioni teoriche, alle ideologie ( arte, filosofia,
diritto, religione).
Nell’opera “Il Manifesto”, il materialismo si configura come teoria e prassi. Marx parte dall’assunto
secondo cui, l’essenza della storia di ogni società è la lotta di classi (ai tempi di Marx è lotta tra
borghesia e proletariato). Marx sostiene che la borghesia, nel momento in cui la classe subalterna ha
preso coscienza e si è trasformata in proletariato, deve rinnovare le forme dell’ideologia stessa per
sovrastare la classe, per difendersi. A tal punto emerge un paradosso: perché la borghesia deve
difendersi dal proletariato se quest’ultima classe è un prodotto della stessa? Per rispondere a tale
quesito, Marx riprende la dialettica servo\signore di Hegel, per cui da un lato, la borghesia ama la
classe subalterna poiché la creata, dall’altro, la odia al fine di mantenerla subalterna. Dunque, la
borghesia rinnova i rapporti di produzione. In particolare, la borghesia unifica i mercati (cioè permette
la circolazione delle merci su più nazioni cosicché da smembrare il potere del proletariato) e
centralizza il potere, facendo dipendere nazioni da altre (esportazione\importazione). Cosi facendo,
la borghesia non fa altro che rafforzare il proletariato, che prende coscienza e dà avvio alla rivoluzione.
“Il Manifesto” contiene le conseguenze del processo rivoluzionario: abolizione proprietà privata,
conquista del potere politico da parte del proletariato, abolizione della distinzione in classi. Inoltre,
secondo si dovrebbe realizzare un’associazione nella quale l’evoluzione di uno e l’evoluzione di tutti.
IL CAPITALE
In quest’opera Marx sviluppa una critica nei confronti dell’economia politica del suo tempo. Egli vuole
mettere in luce i meccanismi e le strutture della società borghese per «svelare la legge economica del
movimento della società moderna». Marx sottolinea che il capitale non è solo uno studio di economia
ma lo studio della vita reale nella sua totalità: include, cioè, lo studio del rapporto che intercorre tra
borghesia e classe operaia, poiché è solo a partire da tale legame che è possibile comprendere il
sistema economico. A tal proposito critica i modelli passati di lettura dell’economia classica ed utilizza,
al contrario di ciò che avevano fatto gli economisti precedenti, il metodo storicistico-dialettico al fine
di dimostrare che in economia non vi sono leggi universali e che bisogna utilizzare lo schema hegeliano
della totalità-organica: l’intero sistema è tenuto in vita dalle singole parti che operano al suo interno.
Nell’analizzare il capitalismo, Marx distingue alcuni elementi primari ed altri secondari: analizzando
tali elementi egli può pervenire alla previsione dell’evoluzione del sistema (come esso potrà evolversi
e quali forme assumerà). In particolar modo, egli prevede che il capitalismo evolverà in socialismo
(assimilabile al comunismo, cioè al modello di convivenza in cui si abolisce la proprietà privata e tutto
viene messo in comune), descritto come “la dittatura di classe del proletariato, quale punto di
passaggio necessario per L'abolizione delle differenze di classe in generale, per l'abolizione di tutti i
rapporti di produzione su cui esse riposano, per l'abolizione di tutte le relazioni sociali che
corrispondono a questi rapporti di produzione, per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da
queste relazioni sociali”, e che tale rivoluzione esploderà in Inghilterra o in Germania, ovvero i paesi
in cui si è maggiormente affermato il capitalismo. In realtà la sua previsione si rivelerà sbagliata poiché
la rivoluzione esploderà in Russia. Gli elementi analizzati possono essere sintetizzati come segue: la
merce, il valore, il lavoro, il processo di produzione.
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LA MERCE : è tutto ciò che, grazie alle sue qualità, può soddisfare bisogni umani di qualsiasi genere,
materiali o intellettuali. Marx si occupa di definirne il significato nei Manoscritti. Si tratta di un
concetto sia economico che filosofico. Dal punto di vista economico, essa è una caratteristica specifica
del modo di produzione proprio della società borghese (nella società preborghese non esisteva). In
questa società, la merce indica il prodotto. Dal punto di vista filosofico è un concetto strettamente
legato al lavoro ed all’esistenza dell’uomo (anche l’uomo, infatti, viene considerato merce, ma una
merce in grado di produrre tutte le altre merci. Si parla, cioè, di produttore universale di merce).
La merce non possiede valore (inteso come quantità di lavoro socialmente necessaria per produrre
una merce) in sé ma lo acquisisce in quanto frutto dell’attività umana. In particolar modo, tutte le
merci possiedono due valori, uno D’USO e l’altro DI SCAMBIO.
Il valore d’uso consiste nell’utilità della merce prodotta (è possibile impiegarla, serve a qualcosa,
soddisfa un bisogno. In questo senso si intendono anche i prodotti culturali, ad esempio l’andare a
teatro). Questo tipo di valore, quindi, si realizza solo nell’uso, cioè nel consumo che si fa della merce.
Il valore di scambio, invece, garantisce la possibilità che una merce possa essere scambiata con
un’altra equivalente: è necessario, infatti, che i valori di scambio delle due merci scambiate siano di
uguale grandezza.
A tal proposito, Marx condanna il cosiddetto FETICISMO DELLA MERCE: condanna cioè, il fatto che la
società “odora” le merci senza considerare l’elemento umano che sta dietro la produzione ma
guardando soltanto al loro valore d’uso o di scambio. Tale feticismo è proprio del modo di produzione
capitalistico nel quale il prodotto domina l’uomo e i rapporti sociali appaiono come semplici rapporti
tra cose.
IL LAVORO: viene definito da Marx come “condizione naturale eterna della vita umana”.
Rappresenta, cioè, l’essenza stessa dell’esistenza dell’uomo. In particolare, egli individua due tipi di
lavoro: CONCRETO e ASTRATTO. Il lavoro concreto è quello manuale o intellettuale, cioè l’azione nel
porre in essere l’attività; il lavoro concreto viene definito come “quella quantità astratta grazie alla
quale avviene lo scambio tra merci”: se voglio scambiare due merci devo considerare la quantità di
tempo che l’uomo ha utilizzato per produrre quelle merci. Dunque, Lavoro astratto e valore di scambio
coincidono. Entrambi sono considerati quantitativamente, come tempo di lavoro socialmente
necessario per produrre una merce.
Inoltre, il lavoro è da intendersi come la merce di tutta la merce: è una merce più pregiata perché è
quella da cui si producono tutte le altre (come l’uomo). Non è una caratteristica della borghesia (che,
per definizione, non lavora) ma del proletario. A proposito del rapporto tra l’operaio ed il prodotto del
suo lavoro, Marx introduce il concetto di ALIENAZIONE: il proletario è estraneo alla merce che ha
prodotto poiché quest’ultima non gli appartiene ma diventa di proprietà del capitalista. Nell’attività
produttiva capitalista, l’operaio si estranea, dunque, da sé e non considera il propr