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Ciò è utile nel tarare il livello di prezzo, poiché consente di prefigurare diversi scenari: è possibile
valutare sul livello del profitto atteso non solo in senso assoluto e a prescindere dallo stato della
domanda, tenendo anche conto delle possibili modificazioni della quota di mercato al variare del
prezzo praticato (o elasticità della domanda al prezzo).
Come noto, sia nel determinare che nel variare del prezzo, le aziende dovranno tenere
conto della concorrenza, considerando quante ce ne sono, qual è la loro dimensione, la
localizzazione, le condizioni di ingresso nel settore, il loro grado di integrazione e le loro reazioni, il
loro numero di prodotti venduti, la struttura dei costi. Questi sono fattori che possono incidere sulle
decisioni della nostra azienda, ad es. se il prodotto debba essere venduto a un prezzo simile,
superiore o inferiore a quello dei prodotti offerti dalla concorrenza. La scelta di un prezzo in linea
con quello da loro praticato viene chiamato ‘determinazione del prezzo in base ai prezzi
correnti (going rate pricing)’ e comunemente adottata quando i prodotti sul mercato sono molto
omogenei tra loro. Un es. di determinazione al di sotto dei livelli della concorrenza è costituito dal
metodo ‘della gara d’appalto (sealed-bid pricing)’, nell’ambito della quale l’azienda compete
direttamente contro altre del settore per ottenere il contratto. L’azienda cercherà di praticare prezzi
più bassi della concorrenza al fine di ottenere l’appalto, anche se può decidere di adottare prezzi
più alti grazie al fatto che il prodotto commercializzato è di qualità superiore o perché l’impresa
stessa gode di una posizione di predominio nel mercato nel quale opera. Per comprendere il livello
di prezzo più adatto, le aziende fanno largo uso alle attività di marketing intelligence, ossia di
monitoraggio dei concorrenti, utilizzando società di consulenza o ricorrendo a proprie forze interne.
Un modo abituale di procedere consiste nell’osservare l’andamento delle vendite dei prodotti,
mediante la comparazione di aspetti legati al prezzo, come per es. la quota di mercato in relazione
ai prezzi praticati, il rapporto tra prezzo del prodotto dell’azienda e quello del leader del mercato, la
dimensione della confezione commercializzata dai diversi concorrenti (package size), o il prezzo
per la quantità unitaria del prodotto (peso, volume) in modo da rendere omogenea la
comparazione. I prezzi di alcuni
beni/servizi possono anche essere regolamentari dalle leggi statali: come ad es. le tariffe
ferroviarie e autostradali, quelle insomma che comprendono servizi pubblici e che sono il classico
esempio di determinazione del prezzo subordinata a direttive imposte dallo Stato. I dirigenti
marketing delle imprese non sottoposte a queste regolamentazione devono tenere conto
dell’esistenza di eventuali leggi che vietano determinate politiche di prezzo, ritenute perciò illegali
in quanto lesive. In presenza di un prodotto/servizio destinato a uno
specifico mercato target, il processo di pricing ha inizio con lo stabilire i propri obiettivi. Poiché
come un’altra politica anche questa comporta delle conseguenze sulla domanda di un prodotto e
sul profitto conseguito, la produzione per es. potrà incaricarsi di soddisfare la domanda a un
determinato prezzo e il settore finanza invece, coordinato con altre aree funzionali, potrà gestire i
flussi monetari in entrata e uscita ai previsti livelli di produzione. In tema di quale valore possiede il
prodotto per la clientela e come il prezzo ne influenzi il posizionamento, è bene riflettere: a un
prodotto è possibile assegnare un prezzo relativamente alto per quella classe di prodotto, poiché
offre valore in termine di qualità o prestigio, per es. una Porsche o una bottiglia di Brunello di
Montalcino; è possibile assegnare un prezzo in linea con la media di quella classe, perché offre
valore in termine di buona qualità a un prezzo ragionevole, es. una Honda Accord o un spumante
Ferrari; è possibile assegnare un prezzo relativamente basso per quella classe, perché offre valore
in termini di qualità accettabile, ad es. un’auto Hyundai o un vino in cartone Tavernello. Con
determinazione del prezzo basata sul valore (value pricing), si intende una politica di prezzo volta
a far sì che la clientela di riferimento percepisca maggiormente la qualità superiore del prodotto,
piuttosto che l’attrattività del prezzo. I costi per produrre
e mettere in commercio un prodotto definiscono il livello minimo da cui partire per stabilire il prezzo
e la base sulla quale preventivare il profitto potenziale. Se un bene non può essere prodotto e
commercializzato a un prezzo che ne copra i costi e generi profitti nel lungo periodo, allora non
dovrebbe essere prodotto nella forma progettata. Ora, gli operatori devono stimare il potenziale
profitto correlato ai prezzi, con la necessità di offrire agevolazioni alla distribuzione, perché si
impegnino attivamente nella vendita del prodotto. Gli sconti quantità, ad es. sono applicati a chi
acquista molte unità di un bene. Le agevolazioni promozionali, possono assumere la forma di
riduzioni di prezzo praticate a fronte di varie politiche promozionali attuate dai distributori, come
l’inserimento del prodotto nella pubblicità al punto vendita o negli espositori interni (es. di una
libreria con le novità in primo piano). Il contributo per il referenziamento (listing fee o slotting
allowance), indica una somma pagata al dettagliante perché introduca l’articolo nel suo
assortimento. Occorre tener conto delle
oscillazioni del volumi di vendite a fronte delle variazioni del prezzo e il risultato dipenderà da come
questo si posiziona in partenza, oggetto di variazione rispetto a quello ottimale. Un aumento del
prezzo può comportare anche una perdita molto consistente, mentre una diminuzione un congruo
aumento della redditività. Dunque, si parla di riduzione del prezzo in caso di eccesso di capacità
produttiva, quando cioè l’impresa ha bisogno di aumentare il fatturato ma non riesce a conseguire
l’obiettivo con l’aumento dell’attività di vendita, del miglioramento del prodotto, etc. Questa
manovra ha maggiore successo nel caso in cui la domanda sia elastica (e > 1), in quanto
l’aumento percentuale della quantità venduta risulterà superiore alla corrispondente riduzione
percentuale del prezzo. Tra gli inconvenienti c’è il possibile deterioramento dell’immagine,
l’indebolimento della presenza sul mercato e la possibilità di scatenare una guerra de prezzi alla
quale potranno resistere solo le imprese dotate di grande liquidità. Aumento del prezzo, vi si ricorre
in caso di eccesso di domanda, cioè quando l’impresa non riesce o non ha interesse a soddisfare
tutte le richieste. Ha di norma maggior successo nel caso di una domanda rigida o poco elastica (e
< 1) in quanto la diminuzione percentuale delle quantità vendute risulterà inferiore rispetto al
corrispondente aumento percentuale del prezzo. In tal senso si parla di pricing dissimulato (bait
and hook pricing) quando il prodotto di base ha un buon prezzo di mercato cui si contrappone un
prezzo molto elevato dei ricambi o quando i costi dell’assistenza post vendita sono elevati. Le
imprese molto raramente adottano un prezzo unico per tutti i prodotti, in quanto possono esistere
ragioni per modificare il prezzo: un intervento del canale di distribuzione per ottenere margini
superiori, un aumento dei costi per effetto dell’inflazione, etc. L’adeguamento o differenziazione dei
prezzi più che rispondere a una necessità dettata da eventi imprevisti e comunque non
programmati rientra spesso in una precisa strategia di price discrimination volta a ottimizzare la
redditività aziendale e che ad es. si effettua in base al segmento della clientela, al canale di
distribuzione, in base all’ubicazione, alla fascia oraria o al periodo (es. delle compagnie aeree che
applicano sistemi di yield management proponendo tariffe più basse sui biglietti invenduti prima
della loro scadenza).
Canali di distribuzione. Un canale è costituito dalla combinazione di organizzazioni attraverso le
quali il prodotto passa dal produttore all’utilizzatore o consumatore finale. L’utilizzo di intermediari
viene talvolta criticato partendo dal presupposto che il suo profitto grava inutilmente sul prezzo del
prodotto sostenuto dall’acquirente finale. Se ogni individuo o famiglia dovesse provvedere
individualmente al proprio fabbisogno rivolgendosi direttamente al produttore, il sistema economico
sarebbe inefficiente. I principali tipi di intermediari sono le aziende di servizi di supporto, il jobber, il
distributore, l’agente del produttore, il broker, il dettagliante, il grossista, l’agente, l’intermediario e
quello commerciale. I canali comunemente usati per la distribuzione dei beni ai consumer sono
quelli che partono dal produttore per giungere al consumatore o direttamente oppure tramite una o
più figure tra queste: agente, grossista, dettagliante. Il problema di gestione non è tanto se si
debbano svolgere o no le attività, quanto chi le svolgerà e a che livello. Le attività svolte nei canali
di distribuzione, modello per i beni di consumo, sono l’acquisto, la vendita, l’assortimento (con
sorting out, accumulation, allocation e assorting), aggregazione, finanziamento, stoccaggio,
classificazione, trasporto, assunzione di rischio e ricerca di marketing. Alcuni produttori
utilizzano un canale diretto svolgendo l’attività di vendita direttamente sul mercato e consente una
varietà di metodi che includono la posta (direct mail), il telemarketing, la pubblicità ad azione
diretta (direct-action advertising), la vendita su catalogo (catalog selling), le vendite online e quelle
dirette (direct selling) effettuate nel corso di dimostrazioni nelle abitazioni (visite) o sul luogo di
lavoro.
Un es. pratico: la distribuzione dei prodotti dei tre brand del gruppo Piaggio (Piaggio, Vespa e
Gilera) avviene attraverso una rete di 442 concessionari (o dealer) primari che, cioè hanno un
rapporto contrattuale con l’azienda, dei quali 281 trattano solo i brand della Piaggio e i restanti 161
trattano anche altri marchi della concorrenza. La presenza capillare sul territorio è garantita da una
rete di 2200 sub dealer, che dipendono per organizzazione dai concessionari primari a presidio
delle aree di competenza. Oggi le tendenze del mercato e la recente normativa comunitaria
portano verso una maggiore apertura, eliminando la figura dei concessionari monomarca.
La scelta di un canale piuttosto che un altro può essere più precisa s