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STRATEGIE E STRUMENTI DI COORDINAMENTO DELLA PRESENZA SUI
MERCATI ESTERI (CAP.7)
Fattori di scelta della modalità di entrata
Tale scelta rappresenta una decisione cruciale nel processo di pianificazione
internazionale, poiché da essa dipendono la dimensione delle risorse investite, il
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profilo di rischio associato alle attività condotte nei mercati esteri, il tipo di
apprendimento ed esperienza che possono maturare nel tempo, ed infine la capacità
di raggiungere gli obiettivi strategici prefissati.
Poiché da essa derivano tutti gli strumenti utilizzabili per contrastare ed imporsi sulla
concorrenza, una scelta sbagliata può compromettere in maniera anche irreversibile il
successo delle attività internazionali.
La scelta della specifica modalità di entrata dovrebbe essere il risultato della
valutazione di una serie di fattori riconducibili a tre categorie:
caratteristiche delle opzioni possibili, ovvero delle modalità di ingresso;
fattori interni, cioè le caratteristiche dell’impresa e del prodotto destinato al
mercato estero;
fattori esterni, ossia le caratteristiche del mercato estero e del suo paese di
riferimento.
1) Caratteristiche delle diverse modalità di entrata
Ad ogni modalità di entrata è associabile un profilo relativo a 4 caratteristiche
fondamentali, ognuna strettamente connessa all’altra, e sono:
coinvolgimento
Il livello di nelle operazione internazionali, ed il costo
derivante da implementazione, messa e tenuta in opera delle modalità di
presenza;
controllo
Il esercitabile sulle operazioni internazionali tramite la modalità
scelta;
rischio
Il associato alle operazioni internazionali, derivante dal costo del
capitale investito e dall’entità degli investimenti effettuati;
flessibilità
La della modalità di presenza, ossia la possibilità di convertirla in
altre forme di presidio, a costo contenuto e relativamente in fretta.
Un’impresa deve quindi decidere in quali misure desidera e/o è in grado di
concertare coinvolgimento, controllo, rischio e flessibilità, tenendo comunque
presente che la scelta della forma di presenza è subordinata a quella della strategia
di entrata: le imprese devono infatti stabilire quali attività trasferire all’estero , e
quali controllare direttamente o affidare a terzi.
Più le attività hanno un ruolo cruciale e strategico, maggiore risulta l’orientamento
verso un controllo diretto: l’aumento del numero e delle criticità delle attività
estere fa aumentare a sua volta il livello di coinvolgimento, che misura l’entità
delle risorse investite e l’importanza data alle operazioni condotte all’estero; questi
due elementi sono fortemente legati, tanto che maggiore è uno, maggiore risulta
l’altro.
Il livello di coinvolgimento differisce in base alle strategie ed alle modalità di
presenza adottate, condizionandone la scelta.
Il coinvolgimento fa anche da indice del livello di controllo esercitato, ovvero della
capacità di guidare le decisioni e l’operatività dell’impresa nel mercato; da un lato
fa sì che si possa mantenere il comando delle attività estere attraverso la piena
autonomia decisionale verso gli elementi dell’offerta commerciale, dall’altro
richiede un’assunzione di responsabilità rilevante e la capacità di gestire la
presenza in modo completamente autonomo.
All’assunzione del controllo va quindi associato il rischio, che dipende dalla
quantità e dalla composizione delle risorse investite nei singoli mercati esteri; la
scelta della forma di presenza non può essere guidata solo dall’importanza
strategica del mercato (che indurrebbe ad alti livello di controllo), ma anche dal
profilo di rischio associatogli, perciò la scelta deriva da un trade-off tra rischio e
controllo.
I rischi possono derivare dal rapporto con terzi, che possono agire in maniera
opportunistica, dalle asimmetrie informative e dalla possibilità che un eventuale
partner si appropri di conoscenze e competenze dell’impresa.
A maggiori controllo e coinvolgimento corrisponde di solito un livello minore di
flessibilità, ovvero la possibilità di disinvestire da soluzioni organizzative
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inadeguate o inefficienti, il tutto in tempi brevi e senza perdere ingenti somme;
maggiore è però il capitale investito, minore è la probabilità che non si abbiano
perdite.
La flessibilità, avvalendosi di esperienza e conoscenze maturate sui mercati esteri,
consente di tutelarsi da condizioni competitive ad elevata incertezza, ma il suo
trade-off con il controllo va attentamente valutato, in quanto se da una parte
l’eccessivo controllo rende lento e costoso il cambiamento, dall’altra forme di
presenza ad alta flessibilità possono ridurre (e alla peggio vanificare) i processi
d’apprendimento dell’impresa.
2) Fattori interni
Quelli da considerare nella scelta della strategia e dei canali d’entrata nel mercato
estero sono:
risorse a disposizione,
le che determinano numero e tipi di forme di presenza
tra cui scegliere; per risorse s’intendono capitali, risorse umane e
tecnologiche, e le imprese che ne hanno di più tendono a ricorrere a forme di
presenza più impegnative.
l’esperienza del managment, spesso cruciale per le scelte di
internazionalizzazione, influisce sulla selezione delle strategie e dei canali
d’entrata, e risulta frequentemente il vero motore nell’adozione di modalità
ad elevato coinvolgimento, poiché in generale maggiore è l’esperienza e
minori sono i gradi di rischio e di incertezza percepiti.
possesso di un vantaggio competitivo
il facilita l’impresa nella generazione
di risorse finanziarie per supportare i piani di espansione internazionali ed
orienta la scelta della modalità di entrata verso soluzioni funzionali a
proteggere gli asset strategici; ES: per un’impresa con un vantaggio di
differenziazione può essere sconveniente usare canali indiretti perché
potrebbe portarla a perdere il controllo sulle attività che generano valore.
tipo di prodotto
il e le sue caratteristiche fisiche influenzano le decisioni sul
canale di entrata, in quanti per esempio i prodotti ad elevata complessità
potrebbero richiedere la presenza diretta durante le fasi di produzione e/o
vendita, mentre nei casi in cui i volumi di vendita genererebbero costi di
trasporto troppo alti, si decide di spostare la produzione (anche tramite filiali
o licensing) nel mercato estero di destinazione.
modalità già adottate in altri mercati,
le normalmente quelli limitrofi, poiché
un’impresa avente una filiale in un paese può trovare conveniente avere
preenza diretta anche nel paese confinante avvalendosi della rete di vendita
della prima filiale.
3) Fattori esterni
Tutti i fattori esterni che possono influenzare la scelta della strategiae della relativa
modalità d’ingresso sono:
dimensione del mercato estero e il suo tasso di crescita atteso
la ,
determinanti per le opportunità di sviluppo dimensionale delle imprese. Nel
caso di mercati grandi e dalla crescita veloce, l’impresa può trovare
conveniente farvi il proprio ingresso in base a fattibilità economica e/o per
ragioni competitive, il tutto a patto che abbia le risorse finanziarie
necessarie.
rischi economici e politici,
i che influenzano le decisioni d’ingresso e la scelta
della modalità di presenza, poiché i paesi instabili possono rendere l’ingresso
ben poco attrattivo perché le variazioni di alcune variabili economiche (Pil,
IPC, tassi d’insolvenza/cambio…) risultano imprevedibili.
barriere tariffarie,
le che mettono in forte svantaggio l’offerta dell’impresa
straniera rispetto a quella locale, facendo quindi sì che le prime producano in
loco tramite partner locali
barriere non tariffarie,
le che hanno una forte influenza soprattutto nei casi
di mercati i cui consumatori abbiano una forte tendenza all’acquisto di beni
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autoctoni, e spingono perciò le imprese ad accordarsi con partner locali sia
per la distribuzione che per la produzione.
l’intensità della concorrenza, che quando è alta riduce i profitti esteri
ipotizzabili, inducendo perciò le imprese a privilegiare forme indirette che
consentano di monitorare l’ambiente senza rischi elevati.
il numero di intermediari disponibili, che quando è basso può scoraggiare le
imprese estere in quanto hanno forte potere contrattuale e alti costi di
transazione.
le differenze e la distanza socioculturali, quando sono marcate ed evidenti
orientano verso forme di presidio a basso coinvolgimento.
Negoziazione interculturale: comunicazione e gestione delle trattative
internazionali
La cultura di un paese, oltre ad influenzare le preferenze e le abitudini al consumo e
all’acquisto, incide su come le imprese operano e si relazionano nell’ambiente
economico, istituzionale e politico di riferimento: quando si internazionalizza, infatti,
un’impresa entra in contatto con soggetti aventi diverse nazionalità e cultura, siano
essi clienti, fornitori, partner o altri attori del contesto economico-commerciale.
Per quanto la complessità ambientale aumenti di pari passo con l’aumentare del livello
di coinvolgimento all’estero, anche per le imprese che utilizzano canali indiretti vi è la
necessità di gestire la diversità culturale, in quanto la conoscenza e la comprensione
delle culture estere possono rivelarsi fattori chiave nelle trattative negli scambi
commerciali.
Per quanto detto, la cultura può quindi essere definita come tutto l’insieme di valori,
comportamenti e tratti distintivi comuni agli individui di un certo territorio, che va ad
influenzare la percezione della realtà ed il modo di vivere degli stessi, i quali la fanno
propria crescendo in quanto non innata.
Culture e paesi non sempre vanno assieme, poiché nel caso di paesi molto estesi
(USA, Cina, India) si possono trovare grandi varietà culturali, mentre in altri casi
possono esserci tratti culturali simili per quanto in paesi separati geograficamente
(Paesi Scandinavi, America Latina); tenendo questo presente, si possono considerare
diverse dimensioni lungo le quali suddividere e classificare le culture nel mondo. Tali
dimensioni sono:
l’importanza attribuita e l’uso del contesto , ovvero il contenuto informativo
complessivo di un dato