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La giustizia amministrativa in Italia
V).Infine, nel 1923 ( con regio decreto n. 2840 ) venne abolita la distinzione di competenza tra la IV e la V sezionedel Consiglio di Stato e venne istituita la giurisdizione amministrativa esclusiva ( del Consiglio di Stato ) sudeterminate materie, la principale delle quali era sicuramente quella relativa al rapporto di impiego con lo Statoe gli enti pubblici: in questi casi, la giurisdizione del giudice amministrativo era determinata dalla materia e nondalla situazione soggettiva di interesse legittimo ( tutta la materia, cioè, era attribuita al giudice amministrativo,170Manuale di diritto amministrativo (Guido Corso, edizione 2010)sia che il privato avesse fatto valere un interesse legittimo, sia che avesse chiesto la tutela di un dirittosoggettivo).§2. La giustizia amministrativa in Italia, oggi. Il riparto di giurisdizioneIn Italia, in virtù dell’ applicazione del sistema dualistico, non esiste un giudice competente per ognicontroversia amministrativa, maOccorre individuare, di volta in volta, il giudice dinanzi al quale la causa deve essere proposta; con tale sistema, ovviamente, i problemi di giurisdizione sono ricorrenti, perché non è sempre agevole applicare i criteri di ripartizione stabiliti dall'ordinamento.
L'attuale sistema di riparto giurisdizionale trova fondamento nell'art. 103, co. 1 Cost., il quale stabilisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi legittimi e, in particolari materie, anche dei diritti soggettivi. Il criterio ordinario, quindi, è quello della posizione soggettiva fatta valere in giudizio: se si tratta di un diritto soggettivo la giurisdizione è del giudice ordinario, mentre se è di interesse legittimo la giurisdizione è del giudice amministrativo [come sappiamo, sussiste interesse legittimo quando l'ordinamento,
allo scopo ditutelare interessi pubblici, conferisce alla pubblica amministrazione il potere di incidere unilateralmente, con un proprio atto o provvedimento, nella sfera giuridica altrui, sacrificandola o espandendola: nel primo caso, il soggetto terzo è titolare di una posizione di interesse legittimo oppositivo (volto a salvaguardare l'integrità della propria sfera giuridica lesa dall'azione amministrativa); nel secondo caso, invece, il terzo vanta una posizione di interesse legittimo pretensivo (volto ad ampliare la propria sfera giuridica per opera della pubblica amministrazione).
La coesistenza di due diversi ordini di giurisdizioni ha posto notevoli problemi in ordine all'identificazione dei criteri idonei ad operare il necessario riparto; in questa prospettiva, la Cassazione, con sent. 1657/49 ha stabilito con chiarezza il criterio discretivo tra i due ordini di giurisdizioni, osservando che: tutte le volte che si lamenta il cattivo uso del potere
dell'amministrazione si fa valere un interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo, mentre si ha questione di diritto soggettivo e giurisdizione del giudice ordinario quando si contesta la stessa esistenza del potere (in tal modo, si è posto il collegamento seguente: carenza di potere-diritto soggettivo, cattivo uso del potere-interesse legittimo). La soluzione adottata dalla giurisprudenza si spiega in virtù del fatto che il provvedimento amministrativo, per quanto illegittimo (cioè, adottato con cattivo uso del potere), è pur sempre efficace, ossia dotato di autoritatività ed esecutività (comportando, laddove incida su di un diritto soggettivo, la degradazione del diritto ad interesse legittimo, con conseguente competenza del giudice amministrativo). Il tradizionale riparto di giurisdizione per posizioni soggettive, però, non trova applicazione laddove il legislatore disponga il cd. riparto per blocchi.di materie: qualora, cioè, attribuisca alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario o del giudice amministrativo una determinata materia, indipendentemente dal fatto che si faccia valere una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo. È bene precisare, infine, che il nostro ordinamento (accanto ai rimedi giurisdizionali) prevede e disciplina anche strumenti di tutela di carattere amministrativo, azionabili di fronte alla stessa autorità amministrativa attraverso procedimenti interni, senza l'intervento del giudice.
Sezione II 171172
La tutela giurisdizionale ordinaria
§1. L'ambito della giurisdizione del giudice ordinario
L'ambito della giurisdizione del giudice ordinario, nei confronti della pubblica amministrazione, è ancora oggi definito dall'art. 2 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo. In base a tale articolo, infatti, sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per
contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la P.A., e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa. Da questa disposizione si evince, pertanto, che nella giurisdizione del giudice ordinario rientrano:
- le cause per contravvenzioni, ossia tutte le violazioni della legge penale;
- tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico (al riguardo, va detto che l'espressione diritto civile o politico deve essere intesa nel senso di diritto soggettivo: di conseguenza, la cognizione del giudice ordinario si estende a tutti i diritti soggettivi, ad eccezione delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva dei Tar);
- comunque vi possa essere interessata la P.A. (ciò significa che il giudice ordinario è competente non solo nell'ipotesi in cui la pubblica amministrazione sia parte in causa, ma anche quando la sua attività o i suoi atti siano oggetto di giudizio).
amministrazione sia parte attrice, ma anche qualora la stessa sia convenuta ingiudizio);
- ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa (questo vuol dire che la giurisdizione del giudice ordinario non è preclusa dal fatto che la pubblica amministrazione abbia emanato un atto autoritativo; ciò trova conferma, tra l'altro, negli artt. 4 e 5 della legge abolitiva, i quali disciplinano i poteri del giudice ordinario in presenza di un atto amministrativo, nonché nell'art. 113 Cost., che espressamente prevede la cognizione del giudice ordinario per gli atti amministrativi lesivi di diritti).
§2. I poteri del giudice ordinario in ordine all'atto amministrativo
Il giudice ordinario può conoscere di tutti i comportamenti della P.A. lesivi di diritti soggettivi: sia che si tratti di meri comportamenti (si pensi, ad es., al mancato compimento di lavori di restauro ad una strada
pubblica, con conseguenti danni per la circolazione e per le autovetture private), sia che si tratti di atti compiuti in esecuzione di provvedimenti amministrativi.
Gli artt. 4 e 5 della legge abolitiva stabiliscono, però, i limiti interni alla giurisdizione del giudice ordinario in ordine agli atti amministrativi; queste due disposizioni enunciano, in particolare, i seguenti principi:
- il giudice ordinario può conoscere degli effetti dell'atto in relazione all'oggetto dedotto in giudizio (ciò significa che eventuali vizi dell'atto, accertati dal giudice, potranno essere fatti valere solo nella controversia sottoposta al suo esame);
- il sindacato del giudice sull'atto amministrativo è limitato ai soli vizi di legittimità, non anche a quelli di merito (il giudice ordinario, cioè, può solo dichiarare l'illegittimità dell'atto, ma non può sindacare i criteri
di opportunità e di convenienza ai quali l'amministrazione si è ispirata); quanto al profilo di legittimità, si ritiene che il giudice ordinario disponga degli stessi poteri cognitori riconosciuti al giudice amministrativo (egli può, quindi, esaminare l'atto sotto il profilo dell'incompetenza, dell'eccesso di potere e della violazione di legge);
il giudice ordinario, anche qualora dovesse accertare l'illegittimità dell'atto, non dispone del potere di annullarlo, revocarlo o modificarlo (se così fosse, infatti, il giudice, in contrasto con il principio della separazione dei poteri, sostituirebbe la sua volontà a quella dell'amministrazione); questo limite, recepito dall'art. 113, co. 3 Cost., conosce tuttavia determinate deroghe, tra le quali ricordiamo: il potere di annullare le ordinanze-ingiunzioni in materia
di sanzioni amministrative; il potere di annullare la trascrizione del matrimonio e la possibilità di rettificare i certificati di stato civile;
- l'accertamento dell'illegittimità dell'atto compiuto dal giudice non è, però, privo di conseguenze giuridiche: in primis, infatti, il giudice ordinario è abilitato a disapplicare l'atto ai fini della soluzione della controversia sottoposta al suo esame; in secondo luogo, la pubblica amministrazione interessata ha l'obbligo di conformarsi alla pronuncia [in altri termini, l'autorità amministrativa è tenuta a conformarsi al giudicato del giudice ordinario e ad adottare successivi provvedimenti con esso coerenti, a seguito di istanza dell'interessato (va sottolineato che il mancato adempimento di quest'obbligo è tutelato, in sede giurisdizionale, attraverso il giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo, che può,
In questa sede, conoscere anche dei vizi dimerito)].§3. Le azioni ammissibili davanti al giudice ordinario
Esaminati i poteri ed i limiti posti al sindacato del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione, è importante, a questo punto, determinare le azioni ammissibili contro la pubblica amministrazione; a tal fine, occorre richiamare la classificazione delle azioni della dottrina processual civilistica e, in base ad essa, applicare le regole di cui agli artt. 4 e 5 della legge abolitiva.
La dottrina del processo civile (a partire dal Chiovenda) ha classificato le azioni in tre categorie fondamentali: le azioni dichiarative (o di mero accertamento), le azioni di condanna e le azioni costitutive.
Le azioni dichiarative sono quelle attraverso le quali l'attore mira ad acquisire una certezza giuridica (messa indiscussione dalla pretesa o dalla contestazione del convenuto); queste azioni sono sempre consentite contro la P.A., perché l'
accoglimento della domanda non modifica l'assetto esistente [non incide, cioè, sull'atto emesso dall'autorità, ma si limita ad accertare una situazione giuridica o di fatto (ad es., il giudice accerta che una determinata area, che secondo l'autorità