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La mancanza di azione scenica implica la scomparsa della messinscena
La mancanza di azione scenica implica naturalmente la scomparsa quasi totale della messinscena - luci, scenografia, costumi ecc.: tutto sarà ridotto all'indispensabile (poiché, come vedremo, il nostro nuovo teatro non potrà non continuare ad essere una forma, sia pure mai sperimentata, di RITO. E quindi un accendersi o uno spegnersi di luci, a indicare l'inizio o la fine della rappresentazione, non potrà mai sussistere).
11) Sia il teatro della Chiacchiera (4) che il teatro del Gesto o dell'Urlo (5) sono due prodotti di una stessa civiltà borghese. Essi hanno in comune l'odio e la Parola. Il primo è un rituale dove la borghesia si rispecchia, più o meno idealizzandosi, comunque sempre riconoscendosi. Il secondo è un rituale in cui la borghesia (ripristinando attraverso la propria cultura antiborghese la purezza di un teatro religioso), da una parte si riconosce in quanto produttrice dello stesso (per ragioni
culturali), dall'altra prova il piacere della provocazione, della condanna e dello scandalo (attraverso cui, infine, non ottiene che la conferma delle proprie convinzioni). 12) Esso (il teatro del Gesto o dell'Urlo) è il prodotto dunque dell'anticultura borghese (6) che si pone in polemica con la borghesia, usando contro di essa lo stesso processo, distruttivo, crudele e dissociato, che è stato usato (unendo alla follia la pratica) da Hitler, nei campi di concentramento e di sterminio. 13) Se, sia il teatro del Gesto o dell'Urlo, che il nostro teatro di Parola, sono ambedue prodotti di gruppi culturali antiborghesi della borghesia, in che cosa consiste la differenza tra loro? Eccola: mentre il teatro del Gesto o dell'Urlo ha come destinataria - magari assente - la borghesia da scandalizzare (senza la quale esso sarebbe inconcepibile, come Hitler senza di Ebrei, i Polacchi, gli Zingari e gli Omossessuali), il teatro di Parola, al contrario, ha comeche sia possibile una coincidenza tra destinatari e spettatori, ma solo in determinati contesti. Ad esempio, nel teatro del Gesto o dell'Urlo, dove gli spettacoli sono rivolti a gruppi culturali avanzati che producono e fruiscono di questo tipo di teatro, la coincidenza tra destinatari e spettatori è più probabile. In questo caso, gli spettatori condividono le stesse convinzioni antiborghesi e partecipano attivamente alla lotta o alla forma comune di ascesi proposta dal teatro. D'altra parte, nel teatro di Parola, dove gli autori e i destinatari appartengono alla stessa cerchia culturale e ideologica, si avrà uno scambio di opinioni e idee più che una conferma rituale. In questo contesto, la coincidenza tra destinatari e spettatori potrebbe essere meno evidente, ma comunque possibile. In conclusione, la coincidenza tra destinatari e spettatori dipende dal tipo di teatro e dal contesto in cui si svolge lo spettacolo.che ormai in Italia, i gruppi culturali avanzati della borghesia possano formare anche numericamente un pubblico, producendo quindi praticamente un proprio teatro: il teatro di Parola viene a costituire dunque, nel rapporto tra autore e spettatore, un fatto del tutto nuovo nella storia del teatro. E ciò per le seguenti ragioni:- Il teatro di Parola è - come abbiamo visto - un teatro reso possibile, richiesto e fruito nella cerchia strettamente culturale dei gruppi avanzati di una borghesia.
- Esso rappresenta, di conseguenza, l'unica strada per la rinascita del teatro in una nazione in cui la borghesia è incapace di produrre un teatro che non sia provinciale e accademico, e la cui classe operaia è assolutamente estranea a questo problema (e quindi la sua possibilità di produrre nel proprio ambito un teatro è soltanto teorica: teorica e retorica, come dimostrano tutti i tentativi di "teatro popolare" che hanno cercato di raggiungere
c) il teatro di Parola - che, come abbiamo visto, scavalca ogni possibile rapporto con la borghesia, e si rivolge solo ai gruppi culturali avanzati - è il solo che possa raggiungere, non per partito preso o retorica, ma realisticamente, la classe operaia. Essa è infatti unita da un rapporto diretto con gli intellettuali avanzati. È questa una nozione tradizionale e ineliminabile dell'ideologia marxista e su cui sia gli eretici che gli ortodossi non possono non essere d'accordo, come su un fatto naturale.
16) Non fraintendete. Non è un operaismo dogmatico, stalinista, togliattiano, o comunque conformista, che viene qui rievocato. Viene rievocata piuttosto la grande illusione di Majakowsky, di Esenin, e degli altri commoventi e grandi giovani che hanno operato con loro in quel tempo. Ad essi è idealmente dedicato il nostro nuovo teatro. Niente operaismo ufficiale, dunque: anche se il teatro di Parola andrà coi
Suoi testi (senza scene, costumi, musichette, magnetofoni e mimica) nelle fabbriche e nei circoli culturali comunisti, magari in stanzoni con le bandiere rosse del '45.
Leggete i precedenti commi 15 e 16 come i commi fondamentali del presente manifesto.
Il teatro di Parola, che attraverso questo manifesto si va definendo, è dunque anche una impresa pratica.
Non è escluso che il teatro di Parola esperimenti anche degli spettacoli esplicitamente dedicati a destinatari operai: ma ciò, appunto, in via sperimentale, perché il solo modo giusto per implicare la presenza operaia in tale teatro, è quello indicato al punto C del comma 15.
I programmi del teatro di Parola - costituito in impresa o iniziativa - non avranno perciò un ritmo normale. Non ci saranno anteprime, prime o repliche. Si prepareranno due o tre rappresentazioni alla volta, che verranno date contemporaneamente nella sede propria del teatro, e nei luoghi (fabbriche, scuole,
(Parentesi linguistica: la lingua)21) Che lingua parlano questi "gruppi culturali avanzati" della borghesia? Parlano - come ormai quasi tutta la borghesia - l'italiano, cioè una lingua convenzionale, la cui convenzionalità però, non si è fatta "da sola", per un naturale accumularsi di luoghi comuni fonologici: ossia per tradizione storica, politica, burocratica, militare, scolastica e scientifica, oltre che letteraria. La convenzionalità dell'italiano è stata stabilita in un dato momento, astratto (mettiamo il 1870) e dall'altro (prima dalle corti, su un piano esclusivamente letterario e in piccola parte diplomatico, poi dai piemontesi e dalla prima borghesia risorgimentale, sul piano statale). Dal punto di vista della lingua scritta, tale imposizione autoritaria può apparire anche inevitabile,
Seppure artificiale e puramente pratica. Infatti si è avuta una indubbia omologazione dell'italiano scritto in tutta la nazione (geograficamente e socialmente). Ma per l'italiano orale l'accettazione dell'imposizione nazionalistica e della necessità pratica, è stata semplicemente impossibile. Nessuno del resto può essere insensibile al ridicolo della pretesa che una lingua soltanto letteraria, venga imposta attraverso norme fonetiche artificiali e dotte, a un popolo di analfabeti (nel 1870 gli analfabeti erano più del novanta per cento della popolazione). Ed è comunque oggi un fatto che se un italiano scrive una frase la scrive allo stesso modo in qualsiasi punto geografico o a qualsiasi livello sociale della nazione, ma se la dice la dice in un modo diverso da quello di qualsiasi altro italiano.
(Parentesi linguistica: la convenzionalità della lingua orale e la convenzionalità della dizione teatrale)
22) Il teatro
tradizionale ha accettato questa convenzionalità dell'italiano orale, emanata, per così dire, pereditto. Ha accettato, cioè, un italiano che non esiste. Su tale convenzionalità, ossia sul nulla, sull'inesistente, sul morto, essa ha fondato la convenzionalità della dizione. Il risultato è ripugnante. Soprattutto quando il teatro puramente accademico si presenta sotto la specie più "moderna" del teatro della Chiacchiera. Per esempio il "Buona sera" che nel nostro esempio sostituisce il "Vorrei morire" che non si dice, ha, nella reale vita dell'italiano orale, tanti aspetti fonetici quanti sono i gruppi reali d'italiani che lo pronunciano. Ma in teatro ha una sola pronuncia (usata unicamente nella dizione degli attori). In teatro dunque si pretende di "chiacchierare" in un italiano in cui in realtà nessuno chiacchiera (nemmeno a Firenze) (8).
Quanto al teatro di contestazione
(che qui chiamiamo del Gesto o dell'Urlo) il problema della lingua orale non si pone, o si pone solo come problema secondario. In tale teatro, infatti, la parola integra, in posizione ancillare, la presenza fisica. E adempie, poi, questo suo ufficio, generalmente, attraverso una semplice contraffazione dissacrante - tende cioè ad imitare il gesto, e a essere quindi pregrammaticale, fino a farsi, appunto, interiettiva: gemito, versaccio o urlo. Quando semplicemente non si limiti a fare la caricatura della convenzionalità teatrale (fondata sulla convenzionalità impossibile dell'italiano orale). 24) Il teatro della Chiacchiera, avrebbe in Italia uno strumento ideale: il dialetto e la koinè dialettizzata (9). Ma esso non usa tale strumento in parte per ragioni pratiche, in parte per provincialismo, in parte per incolto estetismo, in parte per servilismo verso la tendenza nazionalistica dei suoi destinatari. (Parentesi linguistica: Il teatro di Parola e)25) Il teatro di Parola esclude tuttavia, nella sua autodefinizione, il dialetto e la koinè dialettizzata. O, se li include, li include in via eccezionale e in una accezione tragica che li pone a livello della lingua colta.
26) Il teatro di Parola, quindi, prodotto e fruito dai gruppi avanzati della nazione, non può che accettare di scrivere dei testi in quella lingua convenzionale che è l'italiano scritto e letto (e solo saltuariamente assumerei dialetti, puramente orali, al livello delle lingue scritte e lette).
27) Naturalmente il teatro di Parola deve accettare anche la convenzionalità dell'italiano orale: dal momento che i suoi testi sono scritti anche per essere rappresentati, ossia, nella fattispecie, e per definizione, detti.
28) Si tratta evidentemente di una contraddizione: a) poiché in questo caso specifico (ed essenziale) il teatro di Parola si comporta proprio come il più abbietto teatro borghese.
accettando una convenzionalità che non esiste: ossia l'unità di un italiano orale che nessun italiano reale parla; b) perché mentre il teatro di Parola, vuol scavalcare la borghesia, rivolgendosi ad altri destinatari (intellettuali e operai), nel tempo stesso eccolo