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Eziologia e diagnosi Come già accennato, nonostante che la malattia

fosse oggetto di studio già nel 1800 e che fin

dall’inizio del secolo scorso se ne fossero intuita la

natura virale, la sua eziologia fu definitivamente

chiarita solo negli anni sessanta, dopo che si riuscì

a trasmettere a piante erbacee, a purificare e

quindi a visualizzare al microscopio elettronico e

ad identificare sierologica-mente il virus

responsabile, ossia il virus omonimo (GFLV=

grapevine fanleaf virus). Si tratta di un virus

isometrico, multicomponente, costituito da

particelle aventi diametro pari a 28-30 nm,

appartenente al genere Nepovirus. Esso è facile

mente trasmissibile per succo a diverse specie di

piante erbacee, alcune delle quali (chenopodium)

in passato furono molto utilizzate a scopo

diagnostico sia perché rispondono all’infezione

con sintomi ben evidenti sia perché sono

facilmente allevabili in serra. Anche la sua

purificazione, per la visualizzazione al microscopio

elettronico o per la produzione di antisieri, non

presenta particolari difficoltà. La sintomatologia

che si osserva in pieno campo sulle viti malate è

abbastanza caratteristica e spesso bel evidente

soprattutto nei mesi evidenti, soprattutto nei mesi

primaverili; il che permette all’occhio esperto di

poter effettuare una diagnosi abbastanza

attendibile anche su base sintomatologica.

Talvolta, però, la forma di “mosaico giallo” viene

confusa con la clorosi da ferro-carenza (su lamina

intera). A tale riguardò va detto che, nel caso di

ferro-carenza, il colore giallo delle foglie è

piuttosto smorto (e non vivace come nel caso

dell’infezione virale), inoltre interessa solo aree

internervali, lasciando risaltare il disegno delle

nervature che rimangono verdi. Infine, uno stato

di sofferenza dovuto a carenze di ferro risulta

uniformemente distribuito su vaste superfici di

terreno (per lo più terreni ricchi di calcare), a

differenza delle infezioni virali che solitamente

hanno una distribuzione piuttosto irregolare.

Un altro motivo di confusione può essere l somiglianza fra alcune malformazioni fogliari determinate da GFLV e quelle

derivanti da casuale assunzione di diserbanti o di loro residui. La vite, infatti, è estremamente sensibili ai diserbanti ad

azione di tipo ormonico; pertanto può risentire danno anche da minime quantità dei suddetti agrofarmaci che le

giungono, ad esempio, da trattamento eseguiti su campi di cereali confinanti (fenomeno “deriva” oppure perché

l’agricoltore impiega, per un trattamento antiperonosporico, una pompa già utilizzata per un trattamento diserbante e

non adeguatamente risciacquata. Anche in questi casi, però, la distribuzione delle piante con sintomi fornisce utili

indicazioni per la diagnosi. Comunque, nei casi dubbi e soprattutto in mancanza di sintomi evidenti, è bene ricorrere al

test ELISA che, se ben eseguito, è in grado di fornire risposte pienamente attendibili.

Epidemiologia

Come per tutti i più importanti virus della vite, anche per GFLV la via principale di propagazione è rappresentata

tuttora dal materiale di moltiplicazione infetto. Se infatti, detto materiale non è stato ottenuto attraverso un rigoroso

procedimento di selezione sanitaria, facilmente può essere portatore di infezioni, a volte latenti, che poi si

manifestano a distanza di qualche anno dall’impianto con conseguenze nocive per la produzione. Certamente questa è

stata la modalità di propagazione che ha permesso al virus di diffondersi in tutti i principali paesi viticoli e in tutte le

aree viticole del nostro Paese. Nell’ambito dei singoli vigneti GFLV può essere propagato anche da nematodi della

specie Xiphinema index che, dopo ver acquisito il virus alimentandosi su radici di viti infette, lo possono trasmettere

trasferendosi sulle radici di viti sane. Spesso le piante infettate per opera dei suddetti nematodi hanno una tipica

distribuzione a macchia d’olio, che tende ad allargarsi di anno in anno a partire dalla pianta che è stata sorgente

d’infezione. Benché la propagazione del virus effettuata in vigneto dai nematodi avvenga piuttosto lentamente (si

stima 1-2 metri all’anno), l’incidenza dell’infezione può in molti casi raggiungere livelli preoccupanti, soprattutto se i

focolai iniziali sono più di uno e tenuto conto che un vigneto può durare 30-40 anni e più. Nel caso di altri di altri

nepovirus, che sono in grado di determinare sintomatologie del tipo “degenerazione infettiva”, la propagazione in

vigneto può avvenire ad opera di altre specie di nematodi vettori quali, ad esempio, Xyphinema diversicaudatum per

ArMV e Longidorus attenuatus per TBRV.

Difesa

Come avviene per tutte le virosi, la difesa dall’arricciamento fogliare non può essere che preventiva. Infatti le piante

che risultano infette in pieno campo non sono in alcun modo risanabili; anzi, possono a loro volta essere sorgenti

d’infezione per altre piante nel caso vi siano nel terreno nematodi della specie X. index. Quindi la prima misura da

adottare è quella di impiegare barbatelle sicuramente virus-esenti per il vigneto che ci si appresta ad impiantare. È

bene cioè ordinare per tempo materiale “certificato” (ossia, selezionato sotto il profilo genetico e sanitario) presso un

vivaista degno di fiducia. L’altra norma importante è quella riguardante la scelta del terreno per il nuovo impianto:

occorre che sia esente da nematodi vettori di virus e, in particolare, da quelli della specie Xiphynema index, che, oltre

ad essere vettori di un virus particolarmente dannoso (GFLV), sono anche presenti nei terreni di molte aree viticole del

nostro Paese. Poiché non sono molti, in Italia, i laboratori in grado di eseguire un’accurata analisi nematologica dei

terreni da destinare a vigneto, una buona norma da adottare è di scegliere per il nuovo impianto un terreno che non

abbia ospitato piante di vite da diversi anni (almeno tre, ma meglio se sono di più). Ciò è suggerito dal fatto che

Xiphynema index vive pressoché esclusivamente su vite (altri ospiti possibili sono fico e rosa) e quindi, non avendo

disponibile la sua fonte alimentare, è destinato ad estinguersi nel giro di qualche anno (tempo necessario perché si

decompongano i residui di radici di vite eventualmente rimasti nel terreno dall’estirpamento dell’impianto

precedente). Poco soddisfacenti sono stati i trattamenti con formulati nematocidi, eseguiti prima del nuovo impianto:

ciò è probabile dovuto al fatto che i nematodi della specie suddetta possono vivere per qualche anno anche su residui

di radici di vite rimasti difficilmente raggiungibili dai normali trattamenti nematocidi.

ACCARTOCCIAMENTO FOGLIARE DELLA VITE

Le prime segnalazioni della malattia risalgono alla seconda metà dell’ottocento per opera di studiosi francesi che la

descrissero sotto la denominazione di “rougeau” o di a”brunissure”. Un primo studio rigoroso venne condotto negli

anni trenta del secolo scorso in Germania, successivamente si era visto che era trasmissibile anche per innesto e che

era da considerare una malattia da virus. Oggigiorno l’accartocciamento fogliare è probabilmente la virosi della vite

più diffusa nella gran parte dei paesi viticoli ed è causa di danni economici consistenti, anche se spesso sottovalutati;

essa infatti, in molti casi, incide più a livello qualitativo che non a livello quantitativo e inoltre viene frequentemente

confusa con alterazioni dovute ad altre cause (carenze nutrizionali, fitoplasmi, danni da cicaline, ecc.).

Sintomatologie e danni

Come dice il nome dato dalla malattia, il sintomo

principale consiste nell’incurvamento del margine

fogliare verso il basso, che generalmente comincia a

manifestarsi a metà estate, a partire dalle foglie

basali, e che, con l’avanzare della stagione, diviene più

evidente e progredisce verso le zone apicali del

tralcio. A questo sintomo si accompagna

frequentemente una colorazione rosso vinosa (nelle

cultivar ad uva nera) o giallastra (nelle cultivar ad uva

bianca) che interessa più o meno estesamente il

bordo e le aree internervali della foglia. Questi sintomi, che risultano solitamente ben visibili a ben visibili a fine

stagione (quando si può notare anche una scarsa o irregolare maturazione delle uve), possono variare in intensità a

seconda delle cultivar e dei ceppi di virus interessati; per lo più sono assenti nelle viti americane e negli ibridi da

portainnesto, che però possono ugualmente venire infettati e quindi comportarsi da “portatori sani”. Tra l’altro,

questo stato di apparente sanità manifestato dalle cultivar di vite utilizzate come portainnesti fu probabilmente la

causa principale dell’ampia diffusione della malattia che si ebbe nel secolo scorso. Infatti, quando non si operava

ancora nessuna forma di selezione sanitaria o quando, successivamente, la si faceva solo su basi morfologiche, molte

pianti-madri da portainnesto, non presentando sintomi, venivano ritenute sane anche se in realtà era infette da uno o

più virus agenti dell’accartocciamento fogliare. Questi ultimi sono virus a localizzazione floematica e la loro presenza

disturba, tra l’altro, la traslocazione degli idrati di carbonio: di qui il danno più frequente, ossia la riduzione del tasso

zuccherino delle uve prodotte, che si traduce poi in una riduzione del tenore alcolico del vino da esse ottenuto. Nei

casi più gravi si possono, verificare anche consistenti cali di produzione (fino al 50%), oltre che riduzione dello sviluppo

vegetativo.

Eziologia e diagnosi

L’accartocciamento fogliare è considerata una virosi ad eziologia complessiva in quanto vi risultano implicati diversi

virus della famiglia Closteroviridae, per i quali si preferisce adottare ancora la dizione di virus “associato” (GLRaV) data

la difficoltà di soddisfare completamente i postulati di Koch. I due virus che comunque, soprattutto in Italia, risultano

più frequentemente associati alla

malattia e vengono ormai considerati

come i principali responsabili, sono

GLRaV-1 e GLRVaV-3, entrambe

appartenenti al genere Ampelovirus. Si

tratta di virus filamentosi, piuttosto

lunghi (circa 2.000 nm), che si

localizzano nel floema e che non sono

trasmissibili per succo. La diagnosi della

malattia in campo, se effettuata in

stagione propizia (fine estate-inizio

autunno), non presenta particolari

difficolta sulle cultivar di vite più

sensibili, in quanto i sintomi di esse

manifestati sono generalmente molto

caratteristici. L’occhio poco esperto può talvolta confonderli con quelli dovuti

Dettagli
A.A. 2017-2018
7 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/12 Patologia vegetale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher raffaeleserreli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia vegetale generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Materazzi Alberto.