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V’ V’
Q* Quantità Q* Quantità
(a) (b)
Quando l’offerta è elastica, come in (a), la spesa marginale e la spesa media non differiscono di
molto, perciò il prezzo è vicino a quello che prevarrebbe in un mercato concorrenziale. Si verifica il
contrario se la domanda è anelastica, come in (b).
Il potere monopsonistico dipende da tre elementi del tutto simili:
l’elasticità dell’offerta di mercato: un monopsonista si avvantaggia perché affronta una
curva di offerta con inclinazione positiva, per cui la spesa marginale supera la spesa media.
Meno elastica è la curva di offerta, maggiore è la differenza tra la spesa marginale e la
spesa media e maggiore è il potere monopsonistico di cui gode l’acquirente. Nel caso di un
monopsonista puro il suo potere monopsonistico è determinato interamente dall’elasticità
dell’offerta di mercato;
il numero di acquirenti presenti nel mercato: il potenziale per il potere monopsonistico
emerge quando il numero di acquirenti è limitato;
il modo di interazione tra gli acquirenti: non esiste un metodo semplice per prevedere
l’entità del potere monopsonistico che avranno gli acquirenti nel mercato; possiamo contare
il numero di acquirenti e stimare l’elasticità dell’offerta, ma non basta. L’interazione tra gli
acquirenti è un elemnto difficile da valutare.
I costi sociali del potere monopsonistico
Supponiamo di valutare allo stesso modo il benessere degli acquirenti e dei venditori. In che modo
il benessere aggregato è influenzato dal potere monopsonistico?
€ S’ O = SM
Perdita secca
B
P
c A C
P
m
29 V’
Q Q Quantità
m c
Il rettangolo e i triangoli colorati mostrano la variazione di surplus dell’acquirente e del venditore
quando si passa da prezzo e quantità concorrenziali, Pc e Qc, a prezzo e quantità monopsonistici,
Pm e Qm. Poiché prezzo e quantità sono inferiori, vi è un aumento di surplus dell’acquirente
(consumatore) dato da A – B. Il surplus del produttore scende da A + C, perciò vi è una perdita
secca rappresentata dai triangoli B e C.
Monopolio bilaterale
Il monopolio bilaterale è un mercato con un unico venditore e un unico acquirente. È difficile
prevedere quali prezzo e quantità prevarranno. L’acquirente e il venditore si trovano entrambi in
una situazione di negoziazione. Il potere monopolistico e il potere monopsonistico tendono a
neutralizzarsi l’un l’altro. Il potere monopsonistico degli acquirenti riduce l’effettivo potere
monopolistico di venditori e viceversa.
Limitazione del potere di mercato: leggi antitrust
Abbiamo visto che il potere di mercato, sia esso controllato dai venditori o dagli acquirenti,
danneggia gli acquirenti (o venditori) potenziali che avrebbero potuto acquistare (o vendere) a
prezzi concorrenziali. Un potere di mercato eccessivo solleva problemi di equità e giustizia: se un
impresa ha un potere monopolistico significativo, trarrà profitto a spese dei consumatori.
Le leggi antitrust sono una serie di regole e normative studiate per promuovere un’economia
concorrenziale, vietando azioni che limitino, o che possano limitare, la concorrenza e limitando le
forme di struttura di mercato ammesse.
Fissazione del prezzo e potere di mercato – capitolo 11
I manager di imprese che hanno un certo potere monopolistico devono affrontare il problema di
come utilizzare nel modo più efficiente possibile il loro potere di mercato. Devono decidere come
stabilire i prezzi, scegliere le quantità di fattori produttivi e determinare la produzione nel breve e
nel lungo periodo al fine di massimizzare il profitto. In un impresa dotata di potere monopolistico i
manager devono anche pensare alle caratteristiche della domanda oltre che preoccuparsi del
livello di produzione.
Estrarre il surplus del consumatore
Tutte le strategie di fissazione del prezzo che considereremo hanno un elemento in comune: sono
mezzi per estrarre il surplus del consumatore e trasferirlo al produttore.
30
Supponiamo che l’impresa venda tutta la produzione ha un prezzo unico. Per massimizzare il
profitto sceglierebbe un prezzo P* e la corrispondente produzione Q* all’intersezione delle curve di
costo marginale e ricavo marginale.
I manager sanno che alcuni clienti (nel tratto A della curva di domanda) sarebbero disposti a
pagare un prezzo superiore a P*. Tuttavia, aumentare il prezzo significherebbe perdere alcuni
clienti, vendere di meno e ridurre i profitti. Esistono altri clienti potenziali che non acquistano il
prodotto dell’impresa perché non sono disposti a pagare un prezzo P*. Molti di essi però sarebbero
disposti a pagare un prezzo superiore al costo marginale dell’impresa (questi clienti potenziali si
situano nel tratto B della curva di domanda). Riducendo il prezzo, l’impresa potrebbe catturare
alcuni di questi potenziali clienti, ma sfortunatamente, in questo modo otterrebbe un ricavo
inferiore dai clienti esistenti e anche in questo caso i profitti si ridurrebbero.
L’impresa potrebbe applicare prezzi diversi a clienti diversi, in base alla posizione in cui essi si
trovano lungo la curva di domanda. Si potrebbe applicare il prezzo più elevato P ad alcuni clienti
1
che rientrano nell’estremità superiore del tratto A, il prezzo inferiore P ad alcuni nel tratto B, e il
2
prezzo P* a quelli del tratto intermedio. Questa è la base della discriminazione di prezzo:
applicare prezzi diversi a clienti diversi.
Discriminazione di prezzo
Discriminazione di prezzo di primo grado
Un’impresa potrebbe applicare un prezzo diverso a ciascuno dei suoi clienti. Ogni impresa
vorrebbe applicare a ogni cliente il prezzo di riserva cioè il prezzo massimo che un cliente è
disposto a pagare per un bene. La pratica di applicare a ciascun cliente il suo prezzo di riserva si
chiama discriminazione di prezzo di primo grado (o discriminazione perfetta).
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Per vedere il suo impatto sul profitto dell’impresa, dobbiamo conoscere il profitto che l’impresa
ottiene quando applica unicamente il prezzo P*. Per determinarlo, sommiamo il profitto ottenuto
con ogni unità prodotta e venduta in più, fino a raggiungere la quantità totale Q*. Questo profitto
incrementale è la differenza tra il ricavo marginale e il costo marginale per ogni unità.
Se aggiungiamo i profitti per ciascuna unità aggiuntiva prodotta, otteniamo il profitto variabile
dell’impresa, ovvero il profitto dell’impresa al lordo dei costi fissi. Nella figura il profitto variabile è
rappresentato dall’area colorata tra le curve di ricavo marginale e di costo marginale. Il surplus de
consumatore, rappresentato dall’area compresa tra la curva di ricavo medio e il prezzo P* pagato
dai clienti, è evidenziato come triangolo dal contorno nero.
Discriminazione di prezzo perfetta. A ogni consumatore è applicato esattamente il prezzo che egli
è disposto a pagare. Il costo di ciascuna unità aggiuntiva è dato dalla curva di costo marginale.
Perciò, il profitto aggiuntivo ottenuto dalla produzione e dalla vendita di una unità aggiuntiva è la
differenza tra la domanda e il costo marginale. Finchè la domanda è superiore al costo marginale,
l’impresa può aumentare il profitto incrementando la produzione, e lo farà fino a raggiungere una
produzione totale Q**.
Il profitto variabile ora è rappresentato dall’area compresa tra le curve di domanda e di costo
marginale.
Discriminazione di prezzo imperfetta. Solitamente è impraticabile applicare un prezzo diverso a
ogni singolo cliente; inoltre un’impresa solitamente non conosce il prezzo di riserva di ciascun
cliente.
Le imprese possono applicare una discriminazione imperfetta applicando alcuni scaglioni di prezzo
in base a stime dei prezzi di riserva dei clienti.
32
Se si applicasse un prezzo unico, sarebbe P* . Invece si applicano sei diversi prezzi, il minore dei
4
quali (P ) è fissato più o meno al livello in cui il costo marginale interseca la curva di domanda. I
6
consumatori che pagano P o P godono di un surplus.
5 6
Discriminazione di prezzo di secondo grado
In alcuni mercato, poiché ciascun cliente acquista più unità di un bene in un periodo dato, il suo
prezzo di riserva diminuisce al crescere del numero di unità di prodotto acquistate. La
discriminazione di prezzo di secondo grado consiste nell’applicare prezzi diversi per quantità
diverse dello stesso bene o servizio.
Gli sconti per quantità sono un esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado.
Un altro esempio di discriminazione di prezzo di secondo grado è il prezzo a scaglioni cioè si
applicano al consumatore prezzi diversi per diverse quantità o “scaglioni” di un bene. Se le
economie di scala causano un calo del costo medio e marginale, l’ente pubblico che controlla le
tariffe potrebbe incoraggiare questa pratica. Poiché fa aumentare la produzione e le economie di
scala, questa politica può migliorare il benessere del consumatore e consentire un maggior profitto
per l’impresa: i prezzi complessivamente si riducono, ma i risparmi ottenuti grazie al minor costo
unitario permettono di aumentare il profitto.
La figura illustra la discriminazione di prezzo di secondo grado per un’impresa con costo medio e
marginale decrescente. Se si applicasse un prezzo unico sarebbe P , e la quantità prodotta
0
sarebbe Q . Invece si applicano tre prezzi diversi in base alle quantità acquistate. Per il primo
0
scaglione di vendite si applica il prezzo P , per il secondo P e per il terzo P .
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Discriminazione di prezzo di terzo grado
La discriminazione di prezzo di terzo grado è la pratica di dividere i consumatori in due o più
gruppi con curve di domanda separate, applicando prezzi diversi a ogni gruppo. Per dividere i
consumatori in gruppi ci si basa su alcune caratteristiche.
Se esiste la possibilità di praticare la discriminazione di prezzo di terzo grado, come fa l’impresa a
decidere quale prezzo applicare a ciascun gruppo di consumatori?
1. La produzione totale dovrà essere divisa tra i gruppi di clienti in modo che i ricavi marginali
per ciascun gruppo siano uguali, altrimenti l’impresa non massimizzerebbe il profitto.
Se vi sono due gruppi di clienti e il ricavo marginale per il primo gruppo, R’ , supera il ricavo
1
marginale per il secondo gruppo, R’ , l’impresa potrebbe ottenere migliori risultati
2
trasferendo la produzione dal secondo gruppo al primo: basterebbe diminuire il prezzo
applicato