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Estratto del documento

L)

D D (W \ P) → la domanda di lavoro è una funzione inversa del salario reale:

L L

i = i

quanto minore è il salario reale, tanto più lavoro verrà impiegato

reddittivamente.

 In questo ragionamento abbiamo analizzato il comportamento di una singola impresa ma

tutto questo ragionamento può essere esteso all'economia nel suo complesso.

Ecco che la funzione aggregata del lavoro è: D D (W \ P)

L = L

 Ora dobbiamo considerare il lato dell'offerta di lavoro e si assumerà che le famiglie mirino

a massimizzare la loro utilità. Pertanto l'offerta di mercato del lavoro è una funzione

positiva del salario reale: S S (W \ P)

L = L

 Quanto lavoro venga offerto da una data popolazione dipende dalle preferenze delle

famiglie fra consumo e tempo libero, essendo entrambe queste opzioni dotate di utilità

positive.

 Ma per consumare si deve guadagnare del reddito sostituendo tempo libero con tempo di

lavoro; pertanto le preferenze dei lavoratori e il salario reale determinano l'ammontare

d'equilibrio di lavoro offerto. Un aumento di salario reale rende il tempo libero più costoso

in termini di reddito sacrificato e tende ad accrescere l'offerta di lavoro → effetto

sostituzione.

Tuttavia un aumento del salario reale ha anche un altro effetto, quello di migliorare la situazione

dei lavoratori, i quali possono quindi permettersi di optare per un aumento di tempo libero →

effetto reddito.

Il modello classico assume che l'effetto sostituzione prevalga su quello reddito, cosicché l'offerta di

lavoro reagisce positivamente ad aumenti del salario reale.

Ecco derivate le curve di domanda e d'offerta del lavoro. Ora passiamo a esaminare la

determinazione del prodotto e dell'occupazione in condizioni di equilibrio di concorrenza nel

modello classico.

Il mercato del lavoro classico esprime le forze della domanda e dell'offerta, le quali stabiliscono un

salario reale d'equilibrio (W \ P eq.) e un livello d'equilibrio dell'occupazione (L). Se il salario reale

fosse minore di W/P (eq) vi sarebbe un eccesso di domanda delle imprese concorrenti, riportando

il salario reale al suo valore d'equilibrio. Se il salario reale fosse al di sopra del livello di equilibrio,

vi sarebbe un eccesso di offerta di lavoro e in questo caso i salarai monetari scenderebbero fino a

riportare il salario reale a W/P (eq.).

Nel modello classico questo risultato è garantito in quanto gli economisti classici assumevano

mercati perfettamente concorrenziali, prezzi flessibili e informazione completa.

Ecco che il livello dell'occupazione d'equilibrio (L eq.) rappresenta la “piena occupazione”, in

quanto tutte le forze di lavoro che desiderano occuparsi al salario reale d'equilibrio hanno la

possibilità di farlo.

Mentre la scheda S indica quanti sono disposti ad accettare offerte di lavoro per ciascun salario

L

reale, la scheda L indica il numero totale di quanti desiderano essere fra le forze di lavoro per

T

ciascun salario reale.

Nell'analisi svolta abbiamo visto che nel modello classico la concorrenza nel mercato del lavoto

assicura la piena occupazione. Nessuno di quanti desiderano lavorare per il salario reale

d'equilibrio rimane disoccupato. In questo senso i “postulati classici non ammettono la possibilità

di disoccupazione involontaria”.

Tuttavia gli economisti classici si rendevano perfettamente conto che poteva verificarsi un

persistente eccesso della disoccupazione rispetto al suo livello d'equilibrio, se si imponevano delle

restrizioni artificiali alla funzione equilibrante dei salari reali.

Keynes considerava l'esito d'equilibrio rappresentato come un “caso speciale” tutt'altro che ripico

della “società economica reale in cui viviamo”. L'equilibrio di piena occupazione del modello

classico era un caso speciale perché corrispondeva a una situazione in cui la domanda aggregata

era esattamente sufficiente ad assorbire la quantità prodotta, ma gli economisti classici invocando

la “legge di Say” negavano la possibilità di un'insufficienza della domanda aggregata.

3. La legge di Say

Nell'economia capitalistica una classe sociale, i capitalisti, possiede i mezzi di produzione e può

quindi decidere e controllare il processo produttivo, mentre la classe dei lavoratori non ha altra

possibilità che vendere il proprio lavoro ai capitalisti in cambio di un salario in moneta (salario

monetario). Chiediamoci come si avvia un ciclo produttivo. I capitalisti acquistano forza-lavoro e la

impiegano per produrre merci. In una economia in cui gli scambi avvengono in moneta (economia

monetaria) i capitalisti avviano la produzione solo se prevedono di poter vendere la merce facendo

adeguati profitti. I lavoratori, venuti in possesso dei loro salari, li spendono per comprare beni di

consumo (supponiamo per semplicità che spendano tutti i loro salari; che non risparmino). I

capitalisti decidono che cosa produrre e quanto produrre di beni di consumo (alimentari,

vestiario…) acquistati dai lavoratori (per i quali c’e’ la relativa domanda) e di beni strumentali o di

investimento (impianti, macchinari, combustibili...) utilizzati dalle stesse imprese per lo

svolgimento del processo produttivo. I beni strumentali restano all'interno del settore delle

imprese; essi sono in genere fabbricati da un'impresa e venduti ad un'altra impresa. I beni di

consumo vengono venduti ai lavoratori. La domanda per i beni di consumo non può riservare

sorprese. I lavoratori occupati sono stati pagati e l’acquisto dei beni di consumo è fatto in base

al reddito corrente, non dipende che in minima parte dalle attese sull’andamento dell’economia; la

spesa per beni di consumo è spesa in modo “automatico”.

Ciò non succede per la domanda di beni di investimento. Qui non c’è nulla di automatico. Gli

imprenditori esercitano una domanda di merci (beni di investimento) se valutano che le prosettive

di profitto future saranno favorevoli. Se vedono nero, non investono e quindi non domandano.

L’investimento è fatto da una classe, gli impresnitori, separata dalla classe dei lavoratori e che

investe sulla base delle aspettative di profitto. Ci sono in aggergato due centri decisionali che

decidono in base a motivazioni profondamente diverse. La produzione da luogo al pagamento di

un reddito ai lavoratori i quali esercitano la loro domanda di consumo e da luogo al pagamento di

un reddito agli imprenditori, il profitto. Dove vanno a finire i redditi che gli imprenditori avevano

ricevuto come pagamento della passata produzione? in moneta. La moneta è una forma con cui si

può immagazzinare reddito per spostare le decisioni di spesa nel tempo, con una (quasi) certezza

di mantenete il proprio potere d’acquisto in attesa di tempi migliori.

In un mondo centrato sul lavoro dell’artigiano il processo sarà diverso. Ci sarà un unico centro di

decisione, l’artigiano che deciderà di consumare e allo stesso tempo di risparmiare; ci sarà

egualmente un consumo e un risparmio. Ma la persona che decide se consumare o risparmiare è

la stessa, in altre parole non consuma se deve comperare un macchinario o se deve mettere da

parte una stoffa per farsi un bel vestito, e il suo reddito è quindi speso per consumo e la parte

restante (il risparmio) è comunque spesa per esercitare una domanda di beni di investimento (la

macchina o la stoffa accantonata). Quindi in questo mondo semplificato al pagamento di un

reddito corrisponde sempre una domanda di merci, siano esse di consumo o di investimento. Ogni

produzione crea la propria domanda: la così detta legge di Say. Le cose cambiano se i centri

decisionali sono diversi, decidono in base a logiche diverse e esiste un mezzo che consente di

“trasferire” potere di acquisto nel tempo come la moneta.

Nella parte I del suo capolavoro 1936, La teoria generale di occupazione, l'interesse e la moneta,

Keynes assesce che il centro della sua teoria era il rifiuto della legge di Say, la legge che diceva che

il reddito è speso automaticamenteo o, in altre parole che ogni produzione crea la propria

domanda.

In altre parole poiché l'atto della produzione crea simultaneamente reddito e potere d'acquisto,

non potrebbe esservi alcun impedimento alla piena occupazione causato da un'insufficienza della

domanda aggregata. Il detto “l'offerta crea la sua domanda” esprime l'essenza della legge di Say,

che mirava a definire la caratteristica essenziale dello scambio entro un'economia specializzata.

Se fosse vera la legge di Say, tutte le considerazioni sulle condizioni del consumatore o sulla fiducia

degli investitori sarebbero irrilevanti; in un modo o nell'altro, la gente spenderà tutto il reddito che

riceve.

Keynes ha mostrato, tuttavia, che in una economia monetaria la gente può provare ad accumulare

la moneta piuttosto che le merci reali. E quando tutti accumulano moneta allo stesso tempo, come

è accaduto universalmente dopo il crollo di Lehman Brothers, il risultato è una recessione severa. Il

rifiuto della legge di Say è il centro della Teoria keynesiana. Da questo punto di vista, l'economia

keynesiana è soprattutto una teoria destinata per spiegare come le economie di mercato possono

rimangono a lungo depresse. Ma la base di questo è l’incertezza sulle prospettive relative al

futuro; è questo che conduce ad instabilità economica. E da questa si ricavano alcune conclusioni

radicali. Keynes era, secondo alcuni, ossessionato dalla domanda di come ci si comporta di fronte

ad incertezza, un’incertezza radicale, che è alla radice delle crisi del mondo capitalistico.

Per capire come gli economisti classici giustificassero la convinzione che nel sistema economico la

spesa aggregata sarà sempre sufficiente ad acquistare la quantità prodotta a livello di piena

occupazione è necessario esaminare le loro idee concernenti :

 l'investimento

 il risparmio

 il tasso di interesse

La teoria classica del tasso di interesse ( o meglio la flessibilità del tasso di interesse) svolge un

ruolo cruciale nell'escludere la possibilità di un'insufficienza della domanda aggregata.

Se immaginiamo un'economia formata da due settori, imprese e famiglie, possiamo scrivere la

seguente equazione, la quale ci dice che in stato di equilibrio la spesa aggregata (E) deve

eguagliare il prodotto aggregato (Y): E = C(r) + I(r) = Y

La spesa consta di due componenti: spesa per investimenti (I), generata dalle imprese e spesa per

consumi ©, avente origine dalle famiglie. La domandapianificata di beni d'investimenti. Nel

modello classico la

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
18 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ari.pusi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Macroeconomia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Luttazzi Daniele.