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A
minore rispetto al livello del reddito (DA < Y) questo significa che le imprese
aumenteranno la produzione per cui il livello del reddito si sposterà nuovamente
verso il livello del reddito di equilibrio. 10
Tracciamo un’altra retta degli investimenti I’ spostata
parallelamente verso l’alto. Nel punto di intersezione con la bisettrice di
Hansen, e quella della nuova domanda aggregata DA’
otteniamo il punto di equilibrio E’.
Unendo il punto E’ a Y’ sull’asse delle ascisse e sull’asse delle ordinate,
otteniamo il nuovo punto di equilibrio tra il livello del P.I.L. e la domanda
aggregata in economia chiusa ed in assenza dello Stato, ma in questo caso il livello del P.I.L. è
maggiore della domanda aggregata DA’ (Y’ > DA’). Da questo ricaviamo che, con il moltiplicatore
keynesiano, un aumento degli investimenti produce un aumento del reddito di equilibrio
moltiplicato.
La funzione del risparmio
Vi è un modo alternativo per determinare il livello del reddito, in quanto una parte del reddito viene
consumata ed una parte viene risparmiata la quale, per Keynes, viene accantonata o tesoreggiata.
Questo comporta che la parte del reddito risparmiata non rientra nel circuito economico e quindi
non influenza il moltiplicatore del reddito per il quale tanto più è alto il livello del reddito, maggiore
sono gli investimenti industriali e maggiore è la propensione marginale al consumo. Questo è il
paradosso della parsimonia, in quanto per Keynes maggiori sono i consumi delle famiglie e
maggiori sono i benefici per il sistema economico e viceversa.
Il risparmio delle famiglie (S) è dato dalla differenza tra il reddito disponibile delle famiglie (YD),
meno la spesa per i loro consumi (C), ma nel caso in esame consideriamo che il reddito disponibile
delle famiglie al netto delle tasse (YD) coincide con il livello del P.I.L. (Y), in quanto è in assenza
S=Y −C
del settore pubblico quindi avremo che YD = Y. Avremo quindi che: .
S=Y −by−C
Ipotizzando una funzione di consumo lineare, ricaviamo che .
0
S= y 1−b
( )−C
Mettendo in evidenza la y, avremo: che possiamo anche scrivere in questo
0
S=−C 1−b y
( )
+
modo .
0
Rappresentiamo graficamente la funzione del risparmio.
Si avrà un’intercetta negativa C che è il consumo autonomo di sussistenza.
0
Ipotizziamo che tale consumo sia pari a 10, ciò significa che la famiglia si è
indebitata per un valore pari a -10. Ecco perché la funzione del risparmio parte
da un’intercetta negativa pari al consumo di sussistenza. Invece 1 – b identifica il
coefficiente angolare, che risulta essere la propensione marginale al risparmio,
che indichiamo con s. Dunque s = 1- b.
La relazione è positiva, infatti la funzione parte da C per poi crescere. La
0
propensione marginale al risparmio deve essere compresa tra 0 e 1 per le stesse
ragioni considerate per la propensione marginale al consumo. 11
Possiamo anche dire che i risparmi delle famiglie dipendono positivamente dal
reddito disponibile delle famiglie: all’aumentare del reddito, le famiglie risparmiano
.
di più e viceversa
Se dovessimo ipotizzare che i consumi di sussistenza siano uguali a zero, la
propensione marginale al risparmio è data dal rapporto tra la variazione del
ΔS
s=
risparmio e la variazione del reddito: Δy
Ora vediamo un modo alternativo per determinare il reddito di equilibrio tramite la funzione del
risparmio.
Senza i consumi di sussistenza, è possibile determinare il livello del reddito di equilibrio tramite
un’uguaglianza tra risparmio e investimento. In tal caso si parla di risparmio e investimento
programmati.
Sappiamo che il risparmio delle famiglie (S) in assenza del settore pubblico è dato dalla differenza
tra il reddito disponibile delle famiglie (Y) e la spesa per i loro consumi (C): S = Y - C
Sappiamo anche che il reddito disponibile delle famiglie (Y) è uguale alla spesa per i loro consumi
Y I
=C +
(C) più gli investimenti delle imprese : .
Portiamo ora C dall’altra parte dell’uguale che quindi cambia di segno: Y – C = I.
Ora sostituiamo Y – C con S quindi avremo che S = I.
Questo significa che possiamo determinare il livello del reddito di equilibrio laddove il risparmio è
uguale all’investimento, ricaviamo così un modo alternativo per determinare il reddito di equilibrio
tramite la funzione del risparmio.
Nel punto in cui la funzione del risparmio interseca quella degli investimenti,
il punto E, si determina il livello del reddito di equilibrio, y*.
Inoltre in considerazione che gli investimenti sono esogenamente dati (I = I )
0
e vengono rappresentati da una retta parallela all’asse delle ascisse,
quindi la funzione del risparmio è una retta crescente che parte dall’origine
degli assi ed è uguale alla propensione marginale al risparmio che moltiplica
il livello del reddito (S = s ·Y).
Anche in questo caso, il livello del reddito di equilibrio determina che se gli
investimenti sono superiori al risparmio le imprese tenderanno ad aumentare la
produzione per cui il livello del reddito si sposterà nuovamente verso il livello
del reddito di equilibrio.
Lo stesso avviene se il risparmio dovesse essere superiore agli investimenti, per le imprese
tenderanno a diminuire la produzione. 12
Teoria del bilancio in pareggio (Teorema di Haavelmo)
Analizziamo ora una economia chiusa agli scambi con l’estero, ma con il settore pubblico che
influenza la domanda aggregata con la spesa pubblica (G) e il prelievo fiscale (T).
Dall’analisi della domanda aggregata, sappiamo che la spesa pubblica è data esogenamente (G ),
0
mentre la tassazione (T) può essere con sistemi fiscali a somma fissa o proporzionale.
Nel il caso dell’imposizione fiscale, abbiamo una relazione inversa tra imposizione fiscale e livello
del reddito, perché per avere un aumento del reddito è necessaria una riduzione dell’imposizione
fiscale. Ma questa ha effetti minori, rispetto ad un aumento della spesa pubblica, perché nella
domanda aggregata l’imposizione fiscale non compare (DA = C + I + G), pertanto un incremento di
(G) comporta un aumento diretto della domanda aggregata, mentre la T invece, che non compare,
comporta un aumento indiretto del reddito e quindi inferiore rispetto a quello della spesa pubblica.
Quando si parla di politica fiscale espansiva si fa riferimento ad un aumento della spesa pubblica o
ad un a una riduzione della tassazione o ad entrambe le cose, perché la politica fiscale espansiva
può comportare un aumento del livello del reddito o del PIL. Pertanto, sia la tassazione che la
spesa pubblica costituiscono due voci del bilancio dello Stato, che indichiamo con BS. Il bilancio
dello Stato non è altro che un documento contabile nel quale sono registrate entrate e uscite dello
Stato. Le entrate sono rappresentate dalle imposte, le uscite dalla spesa pubblica.
BS=E−U=T −G
Il bilancio è positivo quando le entrate sono maggiori delle uscite, è negativo in caso contrario. Nel
momento in cui il saldo di bilancio dello Stato è negativo si parla di deficit pubblico che, nel tempo,
diventa debito pubblico e lo Stato si dovrà finanziare attraverso la vendita di obbligazioni.
Per evitare il debito pubblico lo Stato dovrebbe aumentare l’imposizione fiscale nella medesima
proporzione in cui viene incrementata la spesa pubblica. ΔG = ΔT
In tal modo si hanno degli effetti sul PIL o sul livello del reddito, nel senso che possiamo scrivere
che la variazione del livello del reddito è data dalla sommatoria della variazione del moltiplicatore
del reddito dato dalla spesa pubblica più la variazione del moltiplicatore derivante dall’attuazione
dell’imposizione fiscale: ΔY = ΔYG + ΔYT
Quindi, affinché non vi sia debito di bilancio e il bilancio si chiuda in pareggio è necessaria
un’uguaglianza tra la spesa pubblica e l’imposizione fiscale. Questo è il teorema di Haavelmo.
A questo punto dovremo sostituire il moltiplicatore derivante dalla spesa pubblica e il moltiplicatore
derivante dall’imposizione fiscale. 13
Per il moltiplicatore della spesa pubblica:
Occorre partire dall’ipotesi che la domanda aggregata è uguale alla somma di consumi,
investimenti e spesa pubblica: DA = C + I + G
Gli investimenti sono esogenamente dati, quindi I = I , così come la spesa pubblica, G = G .
0 0
I consumi, invece, sono dati dalla somma tra i consumi di sussistenza e la propensione marginale
al consumo: C = C + by.
0
Sappiamo che il reddito disponibile è dato dalla differenza tra il livello del reddito e la tassazione:
YD = Y – T. Ma, sapendo che la tassazione è esogenamente data, quindi T = T , sostituendo
0
avremo:
YD=Y −T 0
Sostituendo questa formula nei consumi, avremo:
C = bYD
C = b (y – T ) = by – bT
0 0
Pertanto possiamo sostituire questa formula del consumo nella formula della domanda aggregata:
DA = by – bT + I + G
0 0 0
Essendo y pari alla domanda aggregata: y = by – bT + I + G
0 0 0
Portando dall’altro lato y: y – by = I + G – bT
0 0 0
Ora mettiamo in evidenza la y: y (1 – b) = I + G – bT
0 0 0
1
y = (I + G – bT )
Dividiamo tutto per 1- b: 1−b 0 0 0
Il moltiplicatore è sempre 1/(1- b). Quindi un incremento della spesa pubblica (G) moltiplica il livello
del reddito, cioè comporta le stesse conseguenze derivanti da un aumento dell’investimento
privato.
Supponiamo ora di aumentare la spesa pubblica (da G a G ), lasciando costante la tassazione.
0 1
Questo comporta un aumento del livello del reddito a y che è uguale a:
1
1
y = (I + G – bT )
1−b
1 0 1 0
Ora dobbiamo sottrarre membro a membro: 1 (G – G )
y - y = 1−b 1 0
1
Avremo che una variazione del livello del reddito determinato da una variazione della spesa
pubblica (ΔYG) comporta una variazione della spesa pubblica moltiplicata:
1 ΔG
ΔYG = 1−b
Questo avviene perché la propensione marginale al consumo (b) è uguale ad 1. Questo è il
moltiplicatore della spesa pubblica.
Per il moltiplicatore dell’imposizione fiscale:
Facciamo il caso inverso in cui è fissa la spesa pubblica (G) ma varia la tassazione (da T a T ).
0 1
Quindi: 1
y = (I + G – bT )
1−b
1 0 0 1
Ora dobbiamo sottrarre membro a membro: 1 (bT – bT )
y - y = 1−b 0 1
1 14
Avremo che un aumento