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Datazione: Principe e Discorsisi intrecciano quindi è da escludere due fasi del pensiero

machiavelliano; le due opere portano avanti le stesse istanze, la stessa materia, e la volontà di

crudo realismo, ma si differenziano per la prospettiva: mentre il Principe si concentra sul modello

personalistico del sovrano, i Discorsi affrontano il modello pluralistico delle classi sociali. Non a

caso Machiavelli fa riferimento alla Repubblica Romana e la sua riflessione nasce dai primi dieci

libri de Ab urne condita di Tito Livio. Tuttavia i suo non è un commento che riprende la tradizione

umanistica: eli usa il testo di Livio come spunto per poi ampliare autonomamente la sua riflessione;

infatti i tre libri sono più una raccolta di saggi autonomi più che un trattato unitario

- Libro I (60 capitoli): la supposizione che esistesse un’opera precedente e autonoma ai

discorsi nasce dal fatto che i primi 18 capitoli hanno un lievissimo riferimento al testo di

Livio, e dunque si ipotizza si stati inseriti a posteriori nel commento.

Il primo libro tratta di politica interna: istituzione e fattori che favoriscono la coesione dello

stato. Vi è un lessico tratto dall’ambito medico

- Libro II: tratta di politica estera: importanza delle armi e delle leggi.

- Libro III: libro omogeneo parla di politica interna ed estera assumendo come spunto

soprattutto l’azione dei cittadini. IL capitolo 6 è un vero e proprio trattato nel trattato sul

tema delle congiure.

Libro I: paragone tra il primo capitolo del principe e il proemio. Differenze: lo stile (Principe—Z va

dritto al punto; Discorsi ampolloso e sintassi complessa). Continuità: a livello tematico (il motivo

del duplice

Sapere derivato dall’esperienza delle cose moderne e dallo studio delle antiche). Machiavelli nei

Proemio dei Discorsi da più spazio alle cose antiche, vertendo sull’importanza e il valore che ha

l’antichità: viene imitata in campo artistico, ma ciò non avviene in campo politico. La novità

consiste nell’affidare alla lettura di un’opera di storia antica come quella di Livio la scoperta delle

leggi della moderna politica. Di contro ad una cultura estetica, l’autore sostiene le ragioni di un

sapere vivo, capace di produrre una conoscenza approfondita e di dare risposte attive ia problemi

del presente ( utilità della storia in rapporto alla letture delle vicende contemporanee).

Capitolo 4: Parla del Tribunato della Plebe, dell’importanza dei tumulti tra nobili e plebe (la

disunione come condizione naturale della società; sta poi alle leggi e alle armi saperla gestire);

Sparta e Venezia hanno la concordia ordinuum superiorità del modello romano che presentano

disunione, e la loro superiorità è garantita anche dal fatto che consentono alle classi popolari di

partecipare al governo così da impiegarlo negli eserciti raggiungendo una straordinaria potenza

militare.

Capitolo 11: importanza della religione e come instrumentum regni (garantisce coesione tra

cittadini, buon funzionamento delle istituzioni, la possibilità di introdurne di nuove, esempio di

Numa); approccio antropologico alla religione (è più facile istituire una nuova repubblica alle

popolazioni montanare che son più credulone; ma parla anche di Firenze che si è lascaita

abbindolare da Savonarola. Con ironia passerà poi al capitolo successivo in forte polemica alla

chiesa, causa della decadenza italiana perché detentrice di un potere temporale alieno al suo

carattere spirituale.

Libro II, capitolo 5: riflessioni si ampliano al tema cosmologico e teologico dell’eternità del mondo.

Mostra il suo spirito anticristiano ma dissimulato da grande prudenza. Dice che chi si oppone

all’eternità del mondo dicendo che non abbiamo ricordo di epoche remote, erra in quanto ciò è

dovuto alla perdita di memoria storica del passato (inondazioni, epidemie, carestie…) E’ favorevole

alla posizione anticreazionionistica.

Libro III capitolo 1: ripresa del tema cosmologico e teologico. Argomentazione cosmologica che

sfocia in un paragone di carattere medico. Emerge la concezione naturalistica che Machiavelli ha

dello stato visto come organismo vivente oggetto a leggi biologiche di nascita crescit e morte, ma

può compiere il suo percorso con tutte le sue potenzialità se si conserva in salute. Il termine corpi

misti già comparso nel capitolo 5,II dove sostiene che le calamità che portano alla scomparsa di

una parte consistente dell’umanità sono attribuibili a un intervento della natura, la quale opera sugli

stati in stretta analogia con quanto succede nei corpi semplici. (concezione laica e immanentistica

delle avanguardie umaniste più spregiudicate).

Nel capitolo 1 del libro III amplia la sua riflessione sulla degenerazione degli stati affermando la

necessità di ricondurre lo stato ai propri principi generativi: lo stato deve ritrovare il primigenio

accordo tra società e istituzioni, che di quella società esprimono i valori, mostra l’interesse di

Machiavelli ad approfondire ogni aspetto che possa garantire il buon funzionamento dello stato. Lo

stato viene identificato, interpretato e discusso come organismo complesso come istituzione

collettiva per la quale occorre mettere in campo metodi di indagine altrettanto complessi.

L’arte della guerra

Composto tra il 1519-1520 sotto forma di dialogo immaginato negli orti oricellari nel 1516, quando

venne ospitato il condottiero Fabrizio Colonna, il protagonista dell’opera. Machiavelli si concentra

sulla tecnica e tratta una riflessione teorica sugli eserciti (7 libri). Dietro alle parole di Colonna,

visto come magister esperto, c’è il pensiero di Machiavelli: polemica contro gli eserciti mercenari,

lode alla fanteria a discapito dei cavalieri. Il sapere del vecchio condottiero appare minato dalla

consapevolezza della crisi degli Stati italiani e dalla convinzione che non possano esistere buoni

eserciti senza buoni ordini. La figura di Colonna ha spessore letterario e ideale, sorta di

malinconico e saggio eroe conscio della propria impotenza nei confronti della decadenza. Il

rimando al mondo antico è affrontato in modo nostalgico, e si loda la repubblica romana. Già dal

titolo Machiavelli sottolinea il tralignare degli eserciti dall’antica virtù.

Libro VII: il finale è un discorso di Colonna che espone la possibilità di una riforma della milizia

solo se presenti buoni ordinamenti e ciò si coniuga con una spinta ideale: l’acuta coscienza di sé e

delle proprie capacità militari e politiche rende più consapevole l’amara constatazione della rovina

del presente. Sono le istituzioni a esser in difetto. Colonna descrive il pavido e riottoso

atteggiamento dei principi quattrocenteschi che sfocia in una verifica delle conseguenze che

questo a prodotto procurate dalla discesa di Carlo VIII nel 1494 (inizio della decadenza italiana per

M. )

Utilizzo artifici retorici per partecipazione emotiva (parallelismi, chiasmi, ripetizioni..)

La coscienza di Colonna e analoga coscienza che Machiavelli aveva di se stessa e dell’insanabile

discrepanza tra l’approccio teorico e l’imponenza dell’azione. Risolve la condanna all’inezia dei

potentati italiani nell’imitazione in arte delle cose antiche contribuendo alla loro rinascita.

Istorie fiorentine

1520 lo Studio fiorentino con a capo Giulio de’ Medici affida a Machiavelli l’incarico di scrivere una

storia fiorentina, e lui accetta di buon grado. Nel 1525 terminata l’opera si reca a Roma per

consegnarla a Giulia che è diventato papa Clemente VII. 8 libri di 286 capitoli: nel proemio dice

che voleva iniziare con il 1434 (quando i Medici prendono il potere) ma insoddisfatto delle

trattazioni di storia antica di Firenze dedica i primi quattro libri alla storia fino al 1434 e gli ultimi 4

alla dal 1434 al 1492. Essendo un incarico molto delicato visti i suoi precedenti repubblicani sarà

per quello che si è fermato al 1492.

Emerge la sapienza machiavelliana: giudizio positivo delle lotte civili come motore del progresso;

giudizio negativo della Chiesa. Dà una dimensione epica al suo racconto storiografico facendo del

popolo fiorentino l’unico vero protagonista delle Istorie.

Libro III, capitolo 13: discorso di Ciompo, uno dei protagonisti della rivolta del 1378 (lavoratori

umili non iscritta a nessuna elle arti e non aventi diritti politici); Machiavelli per rendere più viva la

sua trattazione crea un discorso fittizio di questo Ciompo, riassumendo però al meglio il punto di

vista della rivolta. Con toni accesi Ciompo esorta i compagni a non curarsi delle punizioni, a

tentare un futuro di libertà, con il ricorso alla violenza. Vi sono anche concetti machiavelliani: il

rifiuto per ogni compromesso per perseguire il fine; la rivendicazione della uguaglianza degli

uomini fondata sul principio di natura. A dispetto di un personaggi con caratteristiche negative, il

discorso appare mirabile esemplificazione della spregiudicatezza machiavelliana.

La Mandragola

Attività teatrale è quella prediletta dal Machiavelli letterario: scrive quattro commedie Andria

(esperimento di traduzione da Terenzio), Maschere(abbiamo solo il titolo), Mandragola e Clizia (le

più famose).

Mandragola: data di composizione non è certa, probabilmente come dice Ridolfi è il 1518. LA

commedia conobbe una fortuna straordinaria venendo rappresentata quello stesso anno in

occasione delle nozze di Lorenzo de Medici e Margherita de la Tour d0Auvergne, ripresa poi a

Modena nel 1525 e l’anno successivo a Venezia per il carnevale. (trama)

Il successo si spiega dall’alto tasso comico con lo scarto che era riuscito a dare rispetto al teatro

rinascimentale. Situazioni e linguaggio sono inediti affondando nella vita e negli interessi della

borghesia fiorentina contemporanea. Le fonti sono volgari: Plauto Terenzio, il tema della beffa da

una novella del Decameron. Rispetta le unità classiche.

La sapienza comica di Machiavelli sta nei doppi sensi, nei personaggi tipizzati nei loro caratteri

eccessivi battute vivaci. HA grande padronanza del linguaggio teatrale: dialoghi rapidi si alternano

a monologhi. Viene rappresentato un mondo dominato dall’’utile erotico o economico e il riso

maschera le ipocrisie che già le opere teoriche avevano provveduto a demolire.

Prologo: Dopo una canzone piuttosto convenzionale probabilmente inserita ella rappresentazione

del 1526, che presenta la materia, lo spazio e i personaggi (caratteri tipici della commedia

rinascimentale prelevati da quella latina). Il parassita è una parziale novità: LIgurio, spregiudicato e

furbo è il burattinaio della vicenda che fomenta le beffe di Callimaco. Tuttavia Ligurio dalla vicenda

non otterrà nulla sembra quasi che ordisca la beff

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cecc.ila di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Anselmi Gian Maria.