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Il senso di tristezza nel mondo dei poeti

“C’è un poeta, sono un povero fanciullo che piange” questo senso di profonda tristezza, c’è questa specie di lamento e di connotazione elegiaca (Questa voce di pianto). Anche Gozzano nella Signorina Felicita ad un certo punto lui dice: “Io mi vergono di essere un poeta”. Lo dice espressamente perché nel mondo borghese tutto va in un’altra direzione. Lui si fa chiamare nelle sue poesie l’avvocato ma avvocato non diventa mai. Lui si vergogna di essere un poeta e lo dice con ironia, perché in realtà lui sente che quella è la sua strada. Palazzeschi in Chi sono? Si chiede: “Son forse un poeta?” e dice che ormai il mondo non chiede nulla ai poeti, lui dice: “Io sono il saltimbanco dell’anima mia”. Lui fa giochi di prestigio, si esibisce, fa sberleffi e irride il mondo borghese che non ne vuole sapere della poesia ma anche lui non si assume questo impegno. C’è tutta una

gradazione.
Poi ci sono i futuristi che sostanzialmente vorrebbero che il poeta rinunciasse al suo mondo interiore per immergersi nella realtà tumultuosa della vita tecnica presente, che si facesse l’esaltatore della tecnica. Sono tutte declinazioni che Ungaretti è come se spazzasse via, lui orgogliosamente proclama: “Sono un poeta” con tutta l’altezza possibile, è in controtendenza rispetto agli orientamenti della poesia primonovecentesca, lui proclama la sua natura di poeta, perché la poesia lo ha salvato in un certo senso, lui considera la poesia e la parola poetica capace di salvare. Intanto c’è questa fortissima dichiarazione identitaria, è una specie di proclamazione.
Sono un poeta
Un grido unanime
Sono un grumo di sogni
Oltre a proclamarsi poeta poi definisce che cos’è il poeta e qual’è la sua vera identità, la sua vera natura.

molto forte che sottointende la forza profetica del grido, chi grida è il profeta che si sente posseduto da una forza più grande, non è più il suo io che parla. Il suo io di singolo individuo, ma si sente investito da una forza che parla attraverso di lui, questo significa essere profeti. Vuol dire essere la voce di una forza più grande che ti attraversa. Non è solo una voce poetica, è una voce che penetra nella nostra indifferenza e la scuote. Non è la scelta dei crepuscolari di una poesia in minore, è il contrario. L'idea del grido verticalizza la parola, il grido viene dall'alto e ti investe, non si resta indifferenti davanti al grido. C'è tutta la forza della sua forza poetica e poi c'è l'aggettivo unanime: perché lui diventa la voce di quel popolo sofferente che ha intorno a sé, lui diventa la voce dell'uomo, è questo uscire dal proprio io e sentire la condizione di tutta

l'umanità quest'idea dell'unanimità, l'idea dell'essere all'unisono con tutti gli umani che soffrono perché in ogni umano c'è la capacità di rispondere a quel grido, in fondo ogni uomo se è tale si riconosce in quel grido e sente che quella parola ha qualcosa da dirgli. Sempre come ha insegnato Mallarmé questa consonanza delle parole: Grido – Gurmo. Le consonanti iniziali paradossalmente avvicinano due parole che sono lontanissime. Sono due parole di una forza lacerante. Sono un frutto d'innumerevoli contrasti d'innestimaturato in una serra. Qui è la sua origine, la guerra lo ha aiutato a capire che in lui confluiscono e prendono un senso anche esperienze, tradizioni lontanissime tra di loro. Quando dice maturato in una serra fa riferimento al deserto, la serra è un ambiente protetto ma caldo, lui è nato sulla sponda africana del mediterraneo. In lui confluiscono.realtà diverse che ad un certo punto trovano un punto di giunzione di qui la metafora dell'innesto. L'innesto in una pianta è quando si prende un ramo di un albero che fa dei frutti non gustosi, si prende l'rametto di un'altra pianta che da dei frutti particolarmente apprezzati e inseriscono e innestano questo rametto nella pianta originaria, in modo che la pianta ad un certo punto faccia crescere questo ramo. Lui è questo, lui è il frutto di innumerevoli contrasti di innesti, sono innesti contrastanti cioé l'Italia e l'Africa, la lingua Italiana (lingua materna e paterna) e il francese (Lingua dello studio) e le esperienze che in lui confluiscono. E lo dice attraverso una metafora arborea, vegetale perché l'albero ha delle radici, lui ha ritrovato le sue radici e lui è il frutto che solo adesso è arrivato a maturazione di questi innumerevoli contrasti di innesti. Lui adesso si riconosce, sa da dove viene, ha.

Trovato il senso della sua vita e quando dice "sono un poeta" si riferisce a questo, alla sua identità. E poi aggiunge questo: "Ma il tuo popolo è portato dalla stessa terra che mi porta Italia". La poesia ritorna nella terza strofa in forma di vocativo, qui lui si rivolge all'Italia e a questa patria ritrovata e parla del popolo, qui c'è nelle Ultime una poesia intitolata "popolo" e abbiamo detto quanto è importante che Ungaretti scelga di combattere in mezzo al popolo quasi volendo condividere la sofferenza. Il tuo popolo, la gente comune e le persone semplici, il contadino soldato. Qui lui ha ritrovato il suo radicamento con un popolo e con una terra, l'immagine del portare, è l'immagine del sostenere e del sorreggere e di ciò che ci impedisce di cadere nel vuoto e nella disperazione. A differenza di Moahmed Cheab che si era ucciso perché si era sentito perduto, non c'era nulla che lo sostenesse. Questo verbo "portare" è

importantissimo perché è la terra in cui affonda le radici una collettività di uomini, il tuo popolo. Lui adesso ha trovato il suo radicamento, è l'antitesi dell'esperienza dell'esilio e dello sradicamento che c'è invece in In Memoria. → Adesso Il vocativo chiude la strofa: O Italia la può nominare questa patria, la sente sua e l'ha conquistata. E in questa uniforme Di tuo soldato Mi riposo Come fosse la culla Di mio padre Abbiamo trovato uniforme nella poesia distacco e lì unforme era qualcosa di negativo ("Eccovi un uomo uniforme"). Qui uniforme è sostantivo ed è l'uniforme di soldato che si riconoscono perché hanno tutti la stessa divisa. Uniforme etimologicamente vuol dire che è un abito che ha la stessa foggia, non si distinguono i soldati c'è una specie di anonimato dei soldati che portano una comune uniforme. Qui quest'idea è

ribaltata. C'è sempre il deittico: Questa. Di tuo soldato: Perché lui combatte per una patria ritrovata. Mi riposo: Questo verbo lo abbiamo trovato in una poesia importantissma di Ungaretti cioè nei Fiumi ("In là un ulna d'acqua ho riposato l'ulna d'acqua è questo simbolo ecuoreo e materno dell'acqua che ti avvolge e che ti lega al flusso della vita). La donna è la vita e la natura ed è il fluire stesso della natura. La stessa idea è applicata all'origine paterna. Però mi riposo vuol dire che trova finalmente pace ed un appoggio, può posare dove posare vuol dire avere tregua. Come fosse la culla di mio padre: la culla è il luogo in cui si depone il neonato ed il bambino affinché lo protegga, per lui l'unifome di soldato è come un ritrovae un legame con la sua terra e addirittura con gli antenati con quei duemila anni di stirpe sua campagnola che ha

ritrovato nel Serchio.Quindi è veramente un ritrovare la radice profonda del suo essere e con questa radice profonda trovare anche la pace. Finalmente quella sua inquietudine e senso spaesamento che lo spingeva sempre oltre ha trovato un approdo che non è definitivo perché in Ungaretti c'è poi una sezione che si intitola girovago quindi il viaggio continua e non ha mai fine però questo è un momento importante di quel viaggio, è un momento saliente, è come se lui avesse trovato la figura paterna, è come se lui avesse trovato la patria. In questa poesia non c'è mai il termine patria. Gozzano diceva: "Dio, la patria, l'umanità parole che i retori che han fatto nauseose" sono parole consumate dall'uso e dalla retorica. Qui la patria non c'è però l'essenza di cos'è la patria è quest'idea di un legame che ci unisce al sangue di questi avi, diquelli che hanno abitato quel suolo e che lì lui ha ritrovato. Ungaretti sposta Perché? E la mette come terz'ultima dandole più rilievo. Luparia sostiene che lui abbia voluto anche creare una specie di antitesi o contrasto tra il finale della poesia Perché? E quella proclamazione così perentoria di Italia. Perché dice: "il mio povero cuore sbigottito di non sapere" è un'immagine di incertezza mentre invece in Italia: "Sono un poeta". È una certezza e c'è un contrasto tra il finale di perché e la poesia successiva come se questa poesia fosse anche un po' una risposta a quel dubbio e a quella condizione di incertezza esistenziale, come una sorta di approdo. Questa poesia collocata al termine della raccolta è una specie di approdo ad una certezza. Anche in Italia ed è di nuovo una cosa eccezionale abbiamo la rima (Tra il titolo e il vocativo – Italia) e

Poiché c'è anche terra- serra. Due occorrenze di rime a breve distanza in Perché? e in Italia certamente non sono casuali. Il finale della poesia Italia ci riporta al finale dei Fiumi dove lui dice di essersi disteso nell'acqua dell'Isonzo in cui si distende come una reliquia in un'ulna d'acqua ed ha riposato. Lì c'è l'immagine dell'acqua legata all'universo femminile ma c'è anche l'idea della reliquia che in qualche modo ci riporta alla morte e a ciò che sta all'origine della vita in una dimensione immemorabile. In Italia qui è l'immagine in parte simile della culla che accoglie però è un'immagine germinale, la culla accoglie il neonato e la vita che sta crescendo e la simbologia paterna e materna. Queste parole apparentemente semplici sono estremamente dense di significato. Ed infine l'immagine del padre e della patria ritrovata che non è

però nominata.COMMIATO :
Questa poesia ci trasmette una definizione della poesia per Ungaretti quindi potremmo dire si ric
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A.A. 2019-2020
328 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher samanthalopetuso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Luparia Paolo.