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Lucrezio De Rerum Natura vv.1-150 Pag. 1
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Estratto del documento

Poi gli animali feroci esultano per i pascoli lieti

e guadano i rapidi fiumi: così catturato dal fascino

ti segue desiderosamente dove voglia condurre ciascuno.

Infine attraverso i mari e i monti e i fiumi rapaci

e le frondose dimore degli uccelli e i campi verdeggianti

incutendo a tutti attraverso i petti il blando amore

fai che desiderosamente propaghino i secoli per le generazioni.

Che poiché sola governi la natura delle cose

né qualcuno senza di te sorge nelle divine ore della luce

e né accade niente di lieto né amabile,

io desidero che tu sia compagna nello scrivere versi

che io mi sforzo di comporre sulla natura delle cose

per il nostro Memmiade, che tu, o dea, volesti che eccellesse adornato di tutte le cose

in ogni tempo.

Con cui dà, o dea, più fascino eterno ai detti.

Fai che intanto le feroci opere della guerra

per tutti i mari e le terre si acquietino sopite.

Infatti tu sola puoi giovare ai mortali con una pace tranquilla,

poiché Marte armipotente governa le feroci azioni di guerra,

il quale spesso si reclina sul grembo tuo vinto dall’eterna ferita dell’amore,

e così osservando con la tornita testa riposta

pasce in te, o dea, desideroso di amore gli occhi avidi,

e dalla tua bocca pende il respiro del supino.

Tu, o dea, riversata su lui che riposa sul tuo corpo santo, fondi dalla bocca soavi

parole chiedendo, o gloriosa, una placida pace per i Romani.

Infatti noi né possiamo compiere questo in un tempo iniquo alla patria con equo

animo né l’illustre stirpe di Memmio manca in tali situazioni per la salvezza comune.

Infatti ogni natura degli dei è necessario che fruisca per sé di un tempo immortale con

somma pace

rimossa dalle nostre cose e lungamente distaccata.

Infatti privata da ogni dolore, privata dai pericoli,

essa stessa potente per le sue forze, per nulla bisognosa di noi,

non è presa bene dai meriti né è toccata dall’ira.

Ciò che supera, adibisci orecchie (e animo sagace) rimosso dalle angosce vacue per

una giusta ragione,

affinché tu non abbandoni i miei doni, disposti per te con cura fedele, disprezzati

prima che siano stati compresi.

Infatti a te inizierò a disserire della somma ragione del cielo e degli dei ed espanderò

i primordi delle cose,

da dove la natura crei ogni cosa la accresce e la alimenta

e dove di nuovo la medesima natura mortale dissolva,

che noi siamo soliti chiamare materia e corpi generatori delle cose e definire semi

delle cose nella dottrina da trattare e questi medesimi adoperarli come corpi primi,

poiché da questi primi esistono tutte le cose.

Quando la vita umana turpemente giaceva davanti agli occhi

sulla terra oppressa sotto la grave religione

che mostrava il capo dalle regioni del cielo

incombendo sopra i mortali con un aspetto orribile,

per primo un uomo Greco osò sollevare contro gli occhi mortali e per primo

drizzarseli contro,

che non lo compresse la fama degli dei né i fulmini né il cielo con il mormorio

minaccioso, ma da quello più irrita l’acre virtù dell’animo, affinché per primo

desiderasse infrangere le strette sbarre delle porte della natura.

Dunque vinse la vivida forza dell’animo, e avanzò lontano oltre le mura

fiammeggianti del mondo

e peregrinò con la mente e con l’animo tutta l’immensità,

da dove riporta a noi il vincitore che possa nascere,

che non possa, infine per quale motivo ci sia per ciascuno un potere limitato e un

termine profondamente aderente.

Perciò la religione a sua volta abbattuta sotto i piedi

è calpestata, la vittoria ci eguaglia al cielo.

In queste cose temo ciò, che tu per caso pensi di introdurti negli elementi empi della

ragione e di intraprendere la via della scelleratezza.

Poiché al contrario più spesso quella religione produsse azioni scellerate ed empie.

Con questo patto i condottieri scelti dei Danai i primi degli uomini, deturparono

turpemente l’altare della vergine Trivia in Aulide con il sangue di Ifigenìa.

A costei appena la benda circondando le chiome virginee

scese da entrambe le parti delle guance parimenti,

e appena notò il padre mesto stare davanti gli altari

e presso quello i sacerdoti nascondevano la spada

e i cittadini diffondevano lacrime al suo cospetto,

muta per la paura cercava la terra caduta sulle ginocchia.

Né poteva giovare alla misera in tale tempo

che per prima aveva donato il nome patrio al re.

Infatti sollevata dalle mani degli uomini e fu condotta tremante agli altari,

non affinché potesse essere accompagnata in un luminoso Imeneo compiuto il

costume solenne dei sacrifici,

ma casta incastamente nello stesso tempo dello sposare,

cadesse mesta vittima per il colpo del padre,

affinché fosse data una partenza felice e fausta alla flotta.

Tanto di mali poté persuadere la superstizione.

Proprio tu già in qualsivoglia tempo vinto dai detti terribili dei vati cercherai di

allontanarti da noi.

Giacché infatti quanto molti sogni possono plasmare già per te che possano

sconvolgere le ragioni della vita

e turbare con il terrore ogni tua gioia!

E meritatamente. Infatti se gli uomini vedessero che la fine delle fatiche è certa,

servirebbe in qualche maniera resistere alle superstizioni e alle minacce dei vati.

Ora non c’è nessuna ragione, nessuna possibilità di resistere,

poiché nella morte si deve temere le pene eterne.

Infatti si ignora quale sia la natura dell’anima,

se sia innata o al contrario si insinui nei nascenti,

o se muoia insieme con noi dissolta dalla morte

o veda le tenebre dell’Orco e le vaste paludi

o se si insinui divinamente in altre bestie,

come cantò il nostro Ennio che per primo trasportò dall’ameno Elicòna una corona di

fronda perenne,

che risultasse famosa per le genti italiche degli uomini;

anche se tuttavia intanto Ennio espone manifestando in versi eterni che esistono i

templi Acherontici,

dove non rimarrebbero né le anime né i nostri corpi,

Dettagli
A.A. 2016-2017
4 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lillypinto1996 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Paladini Mariantonietta.