vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Origine e sviluppo del linguaggio
Il linguaggio umano è la capacità dell'uomo di comunicare per mezzo di
un codice complesso, cioè una lingua. Spesso con il solo termine linguaggio ci si riferisce
in generale a un sistema di comunicazione: si veda "linguaggio animale", "linguaggio del
corpo", "linguaggio dei computer", "linguaggio dei fiori". La capacità di linguaggio orale si è
sviluppata nell'uomo a seguito di mutamenti strutturali della cavità orale. In particolare
l'arretramento dell'ugola ha reso l'essere umano capace di esprimere una gamma sonora
variegata. Il linguaggio verbale basato sulla doppia articolazione è una prerogativa
dell'uomo, senza il quale esso non sarebbe tale. Non esiste infatti in nessun altro essere
vivente un linguaggio simile per complessità e livello di elaborazione. Anche i pappagalli
imparano a pronunciare parole, ma non possiedono il linguaggio, gli scimpanzé possono
imparare a comunicare ma non utilizzano le due funzioni del linguaggio, vale a dire quella
comunicativa e quella simbolica (sostituzione dell’oggetto con la parola). Riguardo l’origine
del linguaggio, si delineano diverse posizioni: la posizione “gradualista” continuista e la
posizione discontinuista. La prima sostiene che il linguaggio umano, si è evoluto sulla
base della selezione naturale per mezzo di adattamenti specifici e graduali volti ad
aumentare la possibilità di sopravvivenza e riproduzione della specie. Di conseguenza, se
il linguaggio si è evoluto in modo graduale sulla base della selezione naturale a partire da
una comune condizione animale e come svilupp di modalità di comunicazione pre-
linguistiche, è cruciale rintracciare gli antecedenti del linguaggio umano nelle specie a noi
geneticamente vicine.Una conferma di questa ipotesi giunge, recentemente, dalla
scoperta dei neuroni specchio che ha portato ad ipotizzare che il linguaggio umano e
determinate forme gestuali di comunicazione dei primati abbiano una origine comune nel
meccanismo che consente di riconoscere azioni. Difatti si individua l’esistenza nel cervello
delle scimmie di un’area della corteccia premotoria che si attiva sia quando l’animale
compie un’azione manuale, sia quando osserva qualcuno compierla. I neuroni specchio di
questa area, rispondono selettivamente ad un’azione osservata in varie condizioni,
svolgendo un ruolo alla base della comprensione delle azioni altrui. L’area omologa nel
cervello umano è l’area di Broca deputata all’elaborazione del linguaggio. Secondo alcuni
studiosi, tale area è attiva anche nell’esecuzione di movimenti manuali e nella formazione
di immagini mentali di questo tipo di movimenti.Il fatto che questo sistema di osservazione
ed esecuzione dell’azione sia situato in un’area del cervello delle scimmie omologa
all’area di Broca del cervello umano, ha portato a ritenere che il parlato umano derivi
quindi da abilità legate a comportamenti sequenziali complessi antecedenti all’emergere
del linguaggio. Invece, la posizione discontinuista rappresentata da coloro (come lo stesso
Chomsky, Gould, Lewontin, Fodor) che pensano che il linguaggio umano sia un prodotto
talmente complesso da non essere spiegabile attraverso la selezione naturale, e lo
ritengono piuttosto la conseguenza di leggi di crescita indipendenti dalla selezione
naturale o il prodotto collaterale dello sviluppo di abilità e fattori biologici inizialmente non
linguistici, ad esempio dell’aumento delle dimensioni del cervello. Questa posizione,
esemplificata da Chomsky, è quella secondo cui il linguaggio è irriducibile alla
comunicazione animale ed è descrivibile come un caso di vera e propria «emergenza»,
cioè di apparizione di un fenomeno qualitativamente differente rispetto agli stadi che lo
hanno preceduto. Su questa linea Piattelli-Palmarini critica l’ipotesi della continuità
graduale, sostenendo che fra due forme biologiche successive non devono
necessariamente essere esistite delle forme intermedie. Non ci sarebbe dunque alcuna
necessità di trovare gli antecedenti del linguaggio umano nei primati, dal momento che
«l’anello mancante» potrebbe non essere mai esistito. Vi sono, però, aspetti del linguaggio
attribuibili a fattori di tipo genetico, di tipo storico-culturale e anche legati al caso.
Riguardo al primo fattore, Darwin sosteneva che l’uomo ha una tendenza istintiva a
parlare . Da allora molto si è scritto e dibattuto sulle basi genetiche del linguaggio e sul
rapporto tra genetica di popolazioni e famiglie linguistiche per capire quanto le differenze
linguistiche abbiano avuto un ruolo nel plasmare le differenze genetiche fra esseri umani.
In merito a ciò, alcuni studi hanno dimostrato l’esistenza di una significativa correlazione
fra diversità linguistica e diversità genetica: le barriere linguistiche avrebbero avuto un
ruolo importante nel mantenere le differenze genetiche agendo come barriere riproduttive.
Relativamente al rapporto tra pensiero esso è uno dei temi che troviamo variamente
discussi fin dall’origine della nostra cultura. Su questo complesso problema si possono
considerare diverse ipotesi. Tra queste vi è Lev Semenovic Vygotskij, il quale sosteneva
che questo rapporto va inteso come un processo o meglio, un movimento continuo dal
pensiero alla parola e dalla parola al pensiero. Per lui, il funzionamento del pensiero è
indipendente e più complesso di quello del linguaggio in quanto esistono pensieri non
verbalizzati o frasi prive di pensiero. Per Vygotskij, sono 3 le articolaziooni tra pensiero e
linguaggio:
Il linguaggio interiore ossia una forma di pensiero non verbalizzato
1) Il linguaggio esteriore con funzioni relazionali e referenziali
2) Il linguaggio privo di pensiero, implicato ad esempio nel ripetere a memoria una
3) parte senza comprenderne il significato.
Un’altra ipotesi relativa a questo rapporto è quella del realativismo linguistico di Sapir-
Whorf. In questa ipotesi si ritiene che il linguaggio determina la maniera di percepire e di
pensare. Esistono quindi tante forme di pensiero e tante immagini del mondo quante sono
le lingue. Per esempio gli eschimesi hanno 19 termini per designare altrettanti tipi di neve.
Invece, secondo Ray Jackendoff, il pensiero è separato dal linguaggio e indipendente da
esso. Lo stesso Jackendoff sostiene inoltre che il linguaggio fornisce delle modalità che
rendono possibili varietà di pensiero più complesse.
Riguardo il linguaggio, sono state sollevate diverse altre questioni. Tra queste vi è un
dibattito riguardo alla visione del linguaggio come istinto. Difatti, a partire dal 1950 si è
avuta una contrapposizione tra due posizioni teoriche: la posizione comportamentista e
quella innatista. La prima sostiene che il linguaggio si basa sul rafforzamento
dell’associazione stimolo-risposta e viene acquisito dal bambino dopo la nascita, grazie
agli stimoli ambientali. Si pensa che il bambino apprenda il linguaggio semplicemente
osservando e tentando di imitare il linguaggio degli adulti. Gli adulti utilizzando sorrisi o
altri cenni di approvazione, fungono da rinforzo che serve al bambino per modellare il
linguaggio fino a farlo assomigliare a quello della comunità di cui fa parte (posizione di
Skinner). Invece la posizione innatista ritiene che il linguaggio è considerato innato ed è in
grado di condurre lo sviluppo linguistico del bambino secondo un predeterminato percorso.
Questa posizione viene accolta da Chomsky il quale rifiuta la posizione comportamentista,
in quanto ritiene che gli stimoli linguistici che il bambino riceve dall’ambiente sono troppo
poveri (utilizzo di frasi incomplete o interrotte) per permettere che l’apprendimento
avvenga per imitazione. Ciò è testimoniato ad esempi dal madrese, ossia un tipo di
linguaggio utilizzato dagli adulti sui bambini caratterizzato da un’intonazione esagerata,
ritmo lento e toni alti, composto da frasi brevi, ripetizioni e parole distorte. Inoltre, i bambini
imparano il significato di molte parole ben prima di usarle (ad esempio “si”) oppure
utilizzano degli ipercorrettismi, ovvero applicano a forme irregolari regole grammaticali
tipiche di quelle regolari (“bevere” invece di “bere”).
Per Chomsky, dunque, il linguaggio è una facoltà autonoma del pensiero, geneticamente
determinata e dotata di strutture specifiche che maturano secondo un ordine fisso.
Chomsky sostiene, inoltre, che l’essere umano nasce con un dispositivo innato per
l’acquisizione del linguaggio, il Language Aquisition Device un programma biologico e
universale costituito da tratti strutturali che formano una grammatica universale che
contiene una serie di interruttori di controllo che possono assumere valori differenti.
Chomsky distingue, in particolar modo, universali sostanziali (relativi alle categorie che
formano la sintassi, la semantica e la fonologia) e universali formali (relativi alla forma
generale delle regole sintattiche che organizzano queste categorie). Successivamente,
Derek Bickerton, ha formulato l’ipotesi del bioprogramma per il linguaggio, secondo la
quale la mente dei bambini ha una predisposizione innata a strutturare il linguaggio
secondo regole grammaticali precise anche quando queste mancano nella lingua che
sentono parlare dagli adulti. I risultati delle ricerche condotte da Bickerton non fanno altro
che confermare le tesi di Chomsky ammettendo l’esistenza di due componenti distinte
nella capacità linguistica: una concettuale, che fornisce i significati ed è alla base della
formazione del lessico ed una computazionale che organizza i significati e li traduce in
frasi.
Differentemente da Chomsky, però, Hean Piaget ritiene che lo sviluppo del linguaggio sia
parte dello sviluppo cognitivo. Lo sviluppo cognitivo, quindi, guida quello del linguaggio in
quanto ha le sue radici nell’interazione senso-motoria del bambino con l’ambiente e
percorre una sequenza preordinata di stadi: Il primo stadio è quello senso-motorio che va
dalla nascita fino ai 2 anni dove il bambino si concentra sulle informazioni sensoriali e
motorie per prendere confidenza con le proprietà dell’ambiente esterno. Segue lo stadio
preoperatorio che dura fino ai 7 anni in cui il bambino inizia a ragionare in modo più
intuitivo con sviluppo di un pensiero più egocentrico. Successivamente vi è lo stadio
concreto-operazionale che dura fino agli 11 anni in cui il bambino sviluppa capacità di
ragionamento qualitativo sul mondo e inizia a prendere in considerazione punti di vista
diversi. Infine vi è lo stadio formale che dura fino ai 15 anni in cui l’adolescente inizia a
ragionare in mo