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Torniamo all’apofonia QUALITATIVA: quello che si assume, a partire da de Saussure

(iniziatore della linguistica generale, ma fu anche un grandissimo indoeuropeista), la

vocale “e” sia una vocale del grado normale. Quindi, per esempio: ter. (apice sillabico: “e”)

Il grado forte, al posto della “e” ha la “o”: tor (apice sillabico: “o”)

Il grado ridotto, in cui si elimina la vocale: t-r (apice sillabico: “r”)

(Apofonia QUANTITATIVA di “ter” —> “tĕr”; “tor” —> “tŏr”.)

Nei verbi, di solito, il grado forte si trova nel passato.

Nel presente di solito (non è una regola) si trova la “e”; ma i cambiamenti possono anche

esserci anche da verbo a nome, per esempio: in latino c’è il verbo tego (coprire), il

participio di tego è tectum, da tectum in italiano viene tetto.

Il grado forte di tego è tog (toga) —> rapporto di apofonia (verbo: grado normale - nome:

grado forte).

Prendiamo solamente la parola “toga”: so dalle fonti latine che era una veste, un capo di

abbigliamento. Ma… Che origine ha questa parola? Cosa significa esattamente?

Dalla radice “tog”: so che esiste il fenomeno dell’apofonia, quindi mi ricorda subito “teg”, il

grado normale. E allora io posso dire che esiste un verbo “tego”, in latino. A questo punto

ho fatto l’etimologia di “toga”, però l’ho fatto semplicemente dal punto di vista formale, cioè

ho spiegato quali connessioni il nome “toga” possa avere: effettivamente c’è una

connessione formale con il verbo. Qual è l’altro passaggio che mi manca? Il significato,

perché io devo in qualche modo giustificare il fatto che si tratti della stessa radice. In

questo caso è facile da giustificare, perché se la toga è un indumento in fondo serve per

coprire.

In latino, la parola per “patto” è “fedus” (federis —> federale, federazione, federativo).

Però sappiamo che “oe” latino viene da “oi”, così come “ae” da “ai”.

Quindi, fedus (foedus) viene da “foidus”, “foid”. Ma sei noi siamo arrivati a “foid”, vediamo

perfettamente che c’è una “o” e quindi è un grado apofonico forte. Il grado normale è

“feid”. Il grado ridotto è “fid”. Questo fid in realtà in latino ce l’ho come radice nel nome

“fides” (quello che è il nostro “fede”). “Feid” così non ce l’ho, perché “ei” si monottonga e

diventa una “ī”, quindi “feid” diventa “fīd” e “fīd” è il verbo, “fido” (fidarsi).

Quindi a questo punto, grazie all’apofonia, abbiamo trovato tutta quella seria (radice latina

feid, che troviamo nel verbo fidarsi, al grado ridotto nel nome fede, fedeltà e nel grado

forte nel nome di “patto”. È un po’ più complicato spiegare il punto di vista semantico, cioè

il significato di “patto” —> ma è proprio impossibile collegare il patto con la fiducia

reciproca? Evidentemente no. Questa è un’etimologia, spiegando sia il punto di vista

formale, cioè inserire tutto in una radice, e dal punto di vista semantico perché i vari

collegamenti tra le diverse parole si sono trovati e sono facili da trovare. Ci sono casi in cui

è più difficile trovare i collegamenti, ma non è impossibile.

Continuiamo a parlare di etimologia.

In latino abbiamo “superstes”, “superstitis” (in italiano “superstite”) e

“superstitio”-“superstitionis” (che è la nostra superstizione). Chiaramente

“superstitio”-“superstitionis” sono derivati da “superstes”.

Considerato che “superstitio” è un derivato, partiamo da “superstes”:

super-stes = super —> “sopra” (avverbio preposizione) e stes —> radice del verbo “stare”.

Quindi il “superstis” sarebbe colui che “sta di sopra” (punto di vista formale).

Dal punto di vista semantico: “superstes” nelle forme più antiche del latino non è il nostro

“superstite” (quello che sono sopravvissuto), ma è il “testimone” (e chiaro che se, ad

esempio, c’è un incidente ci sono due superstiti di conseguenza essi sono anche dei

testimoni). Quindi il primo significato è quello di “testimone”, ma il testimone lo dobbiamo

riconnettere con “che sta di sopra”: perché il testimone starebbe di sopra? Il testimone è

colui che sa come sono andate le cose: “stare di sopra” significa “stare di sopra agli

avvenimenti, conoscere le cose”.

Intanto in greco il verbo conoscere è “epìstamai”, epì-stamai —> verbo stare +

preposizione epì, quindi sarebbe sempre “stare di sopra”.

Poi, per esempio, in inglese —> understand “stare in mezzo” (under: sotto/in mezzo

(=inter)), quindi “stare in mezzo alle cose”, che significa capirle, avere la conoscenza delle

cose. Quindi, a questo punto si spiega meglio: “superstes”, sì, significa colui che sta di

sopra, ma il significato è colui che sta di sopra e quindi ha la conoscenza: e come se

dicessimo “domina gli avvenimenti e quindi li conosce”. Quindi chi ha la conoscenza è il

testimone. Poi però se in un incidente, mettiamo caso ci sono pochi testimoni o tutti sono

morti, il testimone diventa anche il superstite, in senso nostro.

Ora veniamo a “superstitio”. Abbiamo detto che dal punto di vista formale sicuramente

“superstitio” (quindi superstizione) è il nome derivato da “superstes”. Il problema è

spiegare il significato, perché se noi partivamo dall’idea di superstite, quest’ultimo con la

superstizione non c’entra niente. Però se si parte dall’idea di testimone, cioè di colui che

sa, forse ci si arriva. Quindi la “superstitio” sarebbe lo “stare di sopra”, quindi la

conoscenza. Ora la conoscenza può essere sia delle cose che si vedono sia dell’occulto,

quindi anzi sarebbe una forma maggiore di conoscenza. E in questo senso prima era

accettato. Poi ad un certo punto, nella Roma Repubblicana, si condannò la conoscenza

dell’occulto. E quindi il termine “superstitio” (superstizione), che in origine aveva un

significato positivo, acquisì una valenza negativa, perché era la conoscenza di quello che

non si doveva conoscere, che era proibito conoscere. Allora acquisì un significato simile a

quello della nostra superstizione, che sarebbe in qualche modo la conoscenza delle cose

occulte, però una conoscenza che non è conoscenza, che è sicuramente negativa per noi.

Quindi a questo punto abbiamo fatto, non solo l’etimologia dal punto di vista formale, ma

anche dal punto di vista storico, perché abbiamo capito qual’è il significato originario di

“superstes” (che non è quello di superstite ma quello di testimone), abbiamo capito quale

era il significato originario di “superstitio” (che era quello in generale di conoscenza, anche

dell’occulto. Poi ad un certo momento storico acquisì una valenza negativa, quella valenza

negativa che ancora questo termine mantiene).

Non sempre è sufficiente fare l’etimologia formale, anche quando si è parlato di “toga” o

“fedus”: si è detto che si deve spiegare anche dal punto di vista del significato.

_____________

Si è detto che l’indoeuropeo è stato ricostruito confrontando le lingue figlie e cercando di

capire quale fosse la formula che spiegava tutte le forme delle lingue figlie. Questa stessa

tipologia di lavoro è stata intrapresa non solo per la ricostruzione linguistica, ma anche per

la ricostruzione culturale, cioè si è detto —> l’indoeuropeo veniva parlato da un

determinato popolo, che chiamiamo dell’indoeuropeo, che sicuramente aveva una sua

cultura.. E noi come facciamo a ricostruire la cultura di questo popolo? Lo facciamo, come

al solito, confrontando le culture dei popoli parlanti le lingue figlie e cercando di

interpretare e rivedere quale fosse la cultura originaria.

Una delle cose più interessanti è la ricostruzione culturale del matrimonio: è stata fatta

mettendo a confronto i documenti irlandesi e documenti antico-indiani. Sia l’Irlanda che

l’India si parlavano lingue indoeuropee, quindi si suppone che le popolazioni fossero

indoeuropee. Sono molto distanti, non solo nello spazio, ma anche nel tempo, perché i

documenti irlandesi sono tutti dopo Cristo.

Mettendo a confronto questi documenti con anche tradizioni latine, viene fuori che presso

l’indoeuropei c’erano più forme di matrimonio: una era quella legata con tutti i crismi, con il

rituale ecc… (che per tanti versi è quella che è continuata); un altra forma di matrimonio è

quella per ratto; altra forma di matrimonio è quella per acquisto: nel senso che il marito

dava dei soldi o dei beni al padre della moglie e prendeva la ragazza in moglie. In genere

nella nostra civiltà è al contrario —> c’è la dote: la famiglia della sposa che lo da allo

sposo, mentre presso l’indoeuropeo a quanto pare era lo sposo che pagava per avere la

sposa, diciamo per “acquisto”. Una altra forma era quella per libera scelta degli sposi.

Queste forme di matrimonio sono state attribuite agli indoeuropei, perché si trovano nei

documenti irlandesi e indiani, che essendo molto distanti sia nel tempo che nello spazio

non si può pensare che avessero dei contatti tra di loro, chiaramente erano le forme di

matrimonio ereditate.

Queste forme in qualche modo noi le troviamo testimoniate nella cultura latina, se

riusciamo ad interpretare le fonti. Il matrimonio con tutti i crismi e la cerimonia non

abbiamo bisogno di interpretarlo (c’è stato sempre), così come il matrimonio con acquisto.

Il matrimonio per ratto —> Nella leggenda di Roma si parla del Ratto delle Sabine, e si

dice che i Romani, dopo avere fondato Roma, siccome non avevano donne, rapirono le

donne Sabine. Poi quando i Sabini andarono per recuperare le donne (guerra), esse si

misero in mezzo e si arrivò alla pacificazione. E addirittura raccontano gli storici latini che

poi ci fu il matrimonio per tutti questi. Ma in realt

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hardrockmetallover97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Glottologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Aliffi Maria Lucia.