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CAP. 4 - OLTRE LA FUNZIONE COMUNICATIVA DELLA CONOSCENZA DELLA LINGUA

STRANIERA E IL RUOLO DELL'INSEGNAMENTO DELLA LETTERATURA

La conoscenza di una o più lingue straniere per scopi comunicativi è diventata oggi

estremamente importante, in quanto la rete comunicativa si è ormai estesa su tutto il pianeta.

Per questo motivo, sia la scuola che l'università non possono ignorare questa esigenza. La

questione, però, è capire se lo studio delle lingue straniere può avere scopi diversi da quelli

comunicativi. In questo senso, l'insegnamento della lingua straniera sin dalla scuola

elementare dovrebbe far riflettere sui possibili altri scopi dello studio di una o più lingue, oltre

quelli comunicativi. In genere, l'insegnamento della lingua straniera ha come primo scopo

quello di aiutare e incrementare lo sviluppo cognitivo attraverso un altro strumento di

organizzazione delle conoscenze, mentre in seconda istanza ha come obiettivo permettere

alle persone di comunicare con altri attraverso una lingua diversa dalla propria. Riguardo la

questione se ci siano altri scopi e vantaggi nello studio delle lingue straniere, Noam Chomsky

afferma che la funzione specifica del linguaggio non è la comunicazione, riferendosi in

particolare alla conoscenza della lingua da parte del linguista che evidentemente va al di là

degli scopi comunicativi. Per Chomsky, però, anche la competenza linguistica del comune

parlante non si riduce alla conoscenza comunicativa. In questo senso, la questione diventa

capire se lo studio delle lingue straniere possa aiutare a riflettere sulla lingua straniera, oltre

che usarla semplicemente nella comunicazione, in modo da allargare la propria coscienza

linguistica e porsi criticamente nei confronti della propria lingua materna. Sotto questo aspetto,

riacquista importanza anche lo studio delle cosiddette lingue morte, come il greco antico e il

latino che possono contribuire alla consapevolezza nei confronti della propria lingua viva.

Per distanziarsi dalla propria lingua e porsi criticamente nei confronti di essa, sono necessari

gli occhi di un'altra lingua, per riprendere un'espressione di Bachtin. Questo significa che non

è possibile uscire dalla propria lingua per guardarla dall'esterno se al contempo non si entra in

un'altra lingua. Inoltre, nell'insegnamento della seconda lingua si deve tener conto anche della

differenza che intercorre tra plurilinguismo, inteso come capacità di passare da una lingua ad

un'altra, e pluridiscorsività dialogica, ovvero il confronto e l'interazione dialogica fra due lingue.

Attraverso gli studi di psicologia del bilinguismo condotti in Italia da Titone nel campo della

psicopedagogia del linguaggio, il ricercatore italiano sottolinea l'importanza della conoscenza

della seconda lingua non solo come semplice strumento comunicativo ma anche e soprattutto

come elemento formativo che può contribuire allo sviluppo della personalità della persona che

ne ha conoscenza. Titone, inoltre, fa una distinzione tra consapevolezza linguistica e

coscienza metalinguistica. La consapevolezza linguistica è di carattere implicito, dal momento

che è determinata dalla maturazione cognitiva che può precedere la scolarizzazione formale.

La coscienza metalinguistica, invece, è una conoscenza formale, intenzionale, che riguarda i

sistemi semiotici comuni alle lingue e che emerge intorno ai 12 anni dopo la scolarizzazione

formale.

L'importanza dell'apprendimento di una seconda o terza lingua della personalità è legata alla

concezione del parlare, intesa come linguaggio non ridotto a mero strumento comunicativo,

ma in quanto abilità cognitiva complessa o, per usare la terminologia di Sebeok, procedura

modernizzante primaria, ossia la capacità di costruzione e decostruzione infinita attraverso un

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numero finito di elementi. In questo senso, il linguaggio è una capacità specifica dell'uomo: in

particolare, sul piano filogenetico, è una capacità insita già nell'homo habilis, prima ancora che

nell'homo sapiens che impiega il parlare per comunicare; sul piano ontogenetico, il linguaggio

è già in dotazione dell'infante, il quale non è ancora parlante, mentre sul piano patologico, il

linguaggio è posseduto anche dal sordomuto, anche se incapace di utilizzare il mezzo

comunicativo del parlare. Il linguaggio, inoltre, dal momento che permette di costruire più

mondi possibili, si delimita e si realizza anche attraverso una lingua determinata. Il gioco del

fantasticare fondato sul linguaggio, si sviluppa nella lingua quanto più è in grado di sfruttare

tutti gli strumenti che la lingua fornisce, comprese le sue potenzialità, dal momento che le

lingue stesse sono fondate sulla capacità di linguaggio e sono capaci di costruire più mondi.

Le possibilità determinate dalla capacità di linguaggio e dal gioco del fantasticare sono però

delimitate anche dalla lingua. Questa restrizione del linguaggio da parte di lingua può però

essere superata attraverso l'impiego di un'altra lingua. In particolare, se si assume la visione

del mondo di un'altra lingua, questo permette una presa di coscienza nei confronti della

propria lingua e, allo stesso tempo, permette una visione che non coincide con quella della

propria lingua e che arricchisce quindi, sul piano dialogico, la coscienza linguistica del parlante

e la coscienza linguistica della lingua stessa.

Anche la letteratura svolge una funzione analoga nei confronti della conoscenza della lingua. A

questo proposito, i formalisti russi furono i primi a occuparsi delle caratteristiche del testo

letterario, analizzando il linguaggio. Il limite di questo approccio è però costituito dal fatto che,

secondo i formalisti russi, l'analisi del linguaggio doveva essere condotta solo con le categorie

della linguistica che doveva considerare a sua volta il linguaggio poetico come una vera e

propria lingua, con caratteristiche di ordine fonetico, sintattico e semantico. Un primo

presupposto che viene dato per scontato dai formalisti russi è la contrapposizione di due

sistemi linguistici: il sistema poetico e il sistema comunicativo. Un secondo presupposto,

invece, è l'aver sottolineato le differenze piuttosto che le somiglianze tra questi due sistemi, in

funzione dello studio del linguaggio poetico. La letteratura supera la lingua, all'interno della

lingua stessa, dal momento che essa utilizza le potenzialità dialogiche del linguaggio: questo

superamento, però, pone la parola letteraria in rapporto di alterità con la lingua della

linguistica. Affinché si possa comprendere la specificità del testo letterario, dunque, è

necessaria una concezione del linguaggio verbale che sia la linguistica che la letteratura

permettono di cogliere: questa linguistica della letteratura viene chiamata da Bachtin

metalinguistica.

I generi letterari sono particolari tipi di generi del discorso e hanno un ruolo fondamentale

riguardo il problema del dialogo interno all'enunciazione. Bachtin distingue i generi di discorso

in generi primari o semplici, cioè i generi del dialogo quotidiano, e in generi secondari o

complessi, come il romanzo, i generi teatrali ecc. Il dialogo dei generi primari, dal momento

che diventa dialogo raffigurato e oggettivato, non è più legato direttamente al contesto attuale

e agli obiettivi della vita quotidiana, di conseguenza, non ha più carattere funzionale. In questo

caso l'enunciazione esce dal contesto limitato ed entra nel contesto del discorso che la

oggettiva nella forma del discorso indiretto, diretto, indiretto libero ecc. Il dialogo della parola

viva può quindi essere analizzato meglio nei generi del discorso secondari della letteratura e in

particolare nel genere del romanzo, dove è possibile cogliere aspetti del dialogo che i genere

di discorso primari non rivelano. Questa dialogicità è presente anche in altri generi letterari,

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così come nella poesia lirica. Infatti, ogni momento di un'opera artistica può essere

considerato come la reazione dell'autore a una reazione dell'eroe nei confronti di un oggetto o

di un evento. Allo stesso modo, anche nella vita sperimentiamo situazioni di reazione: in

questo caso, però, l'uomo a cui si reagisce e la sua reazione sono considerati nella loro

oggettività, quindi anche la reazione alla reazione è oggettiva ed è funzionale a un determinato

contesto e a un determinato scopo. A livello artistico-letterario, invece, la reazione dell'eroe è

raffigurata, e non è più oggettiva, bensì oggettivata. Di conseguenza, la reazione all'eroe non

ha più carattere funzionale a uno scopo. Per quanto riguarda invece l'opera letteraria, in

questo caso è necessaria una reazione unitaria alla totalità dell'eroe che comprende tutte le

singole reazioni, unificandole in un unico ordine. Affinché questa reazione unitaria da parte

dell'autore assuma valore artistico, deve sottolineare l'alterità dell'eroe, pertanto deve partire

da una posizione di exotopia, di extralocalità di spazio e di tempo rispetto all'eroe.

Il testo letterario, a seconda del genere a cui appartiene, permette a gradi diversi di

sperimentare direttamente il carattere dialogico del parlare. Esso, inoltre, permette di mostrare

anche come funziona sul piano dialogico la lingua stessa. Il testo letterario ha una funzione

importante anche nell'insegnamento della lingua straniera. In questo senso, invece di separare

l'insegnamento della lingua viva dall'insegnamento della letteratura, bisognerebbe mostrare

attraverso il testo letterario fino a che grado di dialogità può vivere la parola e mostrare al

contempo come il dialogo si realizza concretamente nei dialoghi creati dal testo letterario.

Un'opera letteraria può assumere fisionomie diverse a seconda di come la dialettica è

organizzata tra l'essere dentro e l'essere fuori della parola letteraria. L'exotopia e quindi

l'extralocalizzazione di spazio, tempo, valore e senso, è quindi la condizione fondamentale

della parola letteraria. Infatti, anche quando l'autore di identifica con l'eroe, la letterarietà del

testo dipende sempre da un certo grado di distanziamento fra autore ed eroe, affinché la

visione del mondo di quest'ultimo sia relativa e superata da una visione esterna. Questa

partecipazione distanziata tra autore ed eroe dà luogo anche alla cosiddetta "percezione

doppia" di cui parla Leopardi, che è la condizione di una vita non appiattita dalla univocità,

dalla omologazione e dalla chiusura dell'identità. In questo senso, rifacendoci al mito, la

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
35 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valja di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Ponzio Augusto.