Linguistica Mediterranea - Appunti
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Alcune lingue codificano anche diversi tipi di oggetto. La differenziazione degli oggetti è intrinseca ai
nominali e non parte dal verbo, perché questo è ovviamente sempre transitivo.
Spagnolo, dialetti italiani meridionali, sardo, ecc. contrassegnano con marca diversa l’oggetto animato da
quello inanimato.
GERARCHIA DI DEFINITEZZA: la definitezza è una proprietà semantico-pragmatica che indica la
identificazione univoca e senza residui di un referente da parte degli interlocutori. In particolare del “tu”.
SEGMATICO – PRAGMATICA: shared knowledge = ciò che è condiviso.
1. Pragmatica: qualcosa è definito non di per sé ma sulla base del contesto e del cotesto.
2. Semantico: definitezza che si richiama a proprietà intrinseche del nominale che si richiamano alle
conoscenze enciclopediche pregresse del parlante.
ESEMPIO: il sole (è sempre solo uno, è definito intrinsecamente dalla semantica del nome), il papa, nomi
propri, ecc.
Nomi comuni indefiniti:
• Ieri ho letto UN libro = indefinito aspecifico;
• Ieri ho letto UN libro che parlava di avventure = indefinito specifico.
L’ebraico marca sulla base del principio di definitezza.
ESEMPIO: “La legge” e “Davide” (nome proprio, quindi definito) hanno la stessa marca.
GEOGRAFIA LINGUISTICA DEL MEDITERRANEO
Impossibile qualsiasi definizione essenzialistica, solistica o che prescinda dalla dimensione diacronica.
Perfino una definizione meramente geografica si rivela difficile e problematica in prospettiva temporale,
perché in diacronia profonda anche gli aspetti fisici del Mediterraneo cambiano, modificando la
conformazione terrestre, gli assetti climatici, bio-zoo-fitologici e le forme di adattamento dei gruppi umani
all’ambiente (e quindi la cultura).
Si ipotizza quindi che anche una definizione del Mediterraneo linguistico su simili basi sia destinata a fallire.
La situazione va descritta e studiata per sincronie linguistiche cn raffronti interstatali per determinare
processi storici.
PROFILO LINGUISTICO DEL MEDITERRANEO ATTUALE
Articolazione della regione mediterranea in 6 sub regioni:
1. arco latino;
2. ponte anatomico - balcanico;
3. facciata medio orientale (dalla Siria a Israele);
4. flesso libico - egiziano (Libia, Egitto);
5. fronte magrebino (Tunisia, Algeria, Marocco).
1. ARCO LATINO: lingue appartenenti quasi in toto alla famiglia romanza dell’indo-europeo. Si hanno 3
gruppi:
• italo-romanzo: dalmatico, ladino, italiano, sardo;
• gallo-romanzo: francese, franco-provenzale, provenzale, guascone;
catalano;
• ibero-romanzo: casigliano, portoghese.
Le posizioni classificatorie di alcune varietà sono delicate.
DALMATICO: presenta elementi di transizione balcanica. Era parlato sino all’estinzione del Vegliato
(varietà di dalmatica della città di Veglia) nel 1898, quando morì il suo ultimo parlante nativo (Antonio
Udina). Varietà che doveva essere parlata nella zona compresa tra Segna, Zara, Spalato Ragusa e
Antivari. Pressione da est delle lingue slave occidentali e di varietà dialettali del gruppo veneto.
[lingua franca: forma di pidgin parlata dal secolo XII sino ai primi del novecento. Lingua veicolare legata
alle occasioni d’uso a base soprattutto italiana o comunque romanza con apporti minoritari di greco-
bizantino, arabo e altre lingue del mediterraneo. Usata soprattutto per i documenti e la comunicazione
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tra porti, commercianti, ecc. era così denominata dagli arabi che chiamavano “franchi” tutti gli
occidentali. Franco è quindi usato in questo caso come sinonimo di occidentale].
LADINO: parlato nell’arco alpino e dolomitico. In origine in un areale continuo, dalle Alpi al confine con
Trentino e Svizzera sino alle estreme propaggini settentrionali dell’Adriatico (attuale Venezia-Giulia). In
seguito si inseriscono popolazioni germanofone in questo spazio spezzando la continuità e creando 3
gruppi:
• ladino occidentale: Svizzera, Cantone dei Grigioni (Sopraselva, Sottoselva, Engadina);
• ladino centrale: regioni dolomitiche, massiccio del Sella (valli si Fassa, Gardena, Badia, Ampezzo,
ecc.)
• ladino orientale: friulano, parlato fino a Trieste sno all’800, successivamente venetizzato. Oggi si
parla una varietà veneto-giuliana.
Il termine ladino designa anche la varietà conosciuta come giudeo-spagnolo: spagnolo del XV secolo
parlato dagli ebrei di Spagna, cessato nel 1492 con la diaspora degli ebrei sefarditi (Sefarad = Spagna in
Ebraico) di Ferinando il Cattolico.
SARDO: posizione intermedia tra il dominio romanzo e caratteristiche del tutto autonome (vocalismo,
formazione plurali con –s). articolazione interna e repertorio ricco.
• Varietà genuinamente sarde: nuorese, logudorese, campidanese, arborense.
• Varietà endogene ma con apporti esogeni: varietà non sarde del repertorio
sardo. Gallurese (base corso-meridionale), sassarese (base pisana, genovese e corso-
settentrionale).
• Varietà alloglotte (minoranze storiche): formate all’esterno e importate in
Sardegna successivamente. Catalano, tabarchino (liguri dell’isola Nueva Tabarka in Tunisia).
ITALIANO: 3 sottodomini.
• Dialetti alto-italiani (o settentrionali)
- Piemontesi; Lombardi; Liguri; Emiliano-Romagnoli;
- Veneti.
• Dialetti toscani (o centrali)
- toscano centrale o fiorentino;
- toscano occidentale: pisano, livornese, pistoiese, corso [cismontano (tratti di origine toscana che
conservano uno stadio antico del toscano) e oltremontano (tratti che lo avvicinano al sardo, per es.
vocalismo. Varietà più conservativa che rappresenta la situazione più antica e originale del corso,
prima che iniziasse la forte toscanizzazione)]
• Dialetti centro-meridionali
- marchigiano; umbro; romanesco;
- abruzzese; pugliese settentrionale; molisano; campano; lucano;
- salentino; calabro-siculo.
PROVENZALE (lingua d’oc): da Nizza in poi lungo la costa. Unica varietà gallo-romanza effettivamente
parlata sul Mediterraneo. Confine settentrionale storicamente variabile. Subisce la pressione espansiva
del francese dal ‘500 in poi.
FRANCESE: varietà dell’ile de France che è stata lingua della classe dirigente e si è espansa con gli
eserciti e l’amministrazione del re. Varietà originaria è il Francico. Si è imposta sulle altre unificando
linguisticamente zone limitrofe e sempre più ampie della Francia geografica. Lingua che emerge con
Ugo Capeto, I Re di Francia a parlare Francico e a ignorare il Frantone, lingua germanica. Tratti che la
accomunano con le lingue del SAE.
CATALANO: posizione problematica. Strutturalmente con tratti convergenti con il gallo-romanzo. Per altri
tratti più stretti all’ibero-romanzo. È inserito nei territori storicamente iberici. Varietà di transizione parlata
presso la Catalogna, Andorra, Valencia, Alghero, striscia dell’Aragona.
SPAGNOLO: 3 sottovarietà principali
• Casigliano: di Madrid;
• Leonese: antico regno di Leon;
• Aragonese 12
L’Andaluso è una derivazione del Castigliano, reimpiantato a sud con la Reconquista.
PORTOGHESE: Portogallo, isole Azzorre, Madeira. Il portoghese antico era strettamente connesso al
Gallego fino a formare una unità Gallego-Portoghese.
BASCO: lingua isolata, non si conoscono relazioni genetiche. È pre-indoeuropea. Attualmente è parlato
in alcune province a cavallo dei Pirenei (4 spagnole e 3 francesi). Le province francesi non hanno alcuno
statuto; quelle spagnole hanno uno statuto ufficiale conferito dopo il franchismo. Trend in espansione dei
parlanti di basco: insegnato nelle scuole come lingua di educazione primaria. I figli parlano il basco che i
genitori non hanno mai parlato. Lo fanno insegnare nelle scuole particolarmente valutate da un punto di
vista della qualità dell’insegnamento. Il basco ufficiale è stato messo a punto in clandestinità alla fine
degli anni ’60 partendo da una varietà letteraria basata sui dialetti guipuzcoano e laverdino.
2. CONCA ADRIATICA: le lingue slave del gruppo meridionale, o jugoslavo (slavo del sud) sono staccate
dalle lingue slave occidentali e orientali dalla interposizione della Romania e dall’inserzione dei Magiari,
ultimi barbari ad aver invaso l’Europa medievale. Tale distacco ha portato ad alcuni tratti specifici
rispetto alle altre lingue slave.
SLOVENO (letterario standard): standardizzazione basata sulla lingua letteraria. Lingua parlata in
Slovenia e in alcuni territori immediatamente transfrontalieri (Italia, Croazia, Austria, Ungheria). Diversità
strutturali rispetto allo sloveno parlato. Esempio: articolo determinativo e indeterminativo presenti nel
parlato e assenti invece nello sloveno standard che conserva uno stato di cose tipico delle lingue slave.
Lo sloveno parlato non ha il duale che invece lo standard conserva.
SERBO-CROATO: parlato nelle repubbliche ex jugoslave di Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina e
Montenegro. Unica lingua articolata in dialetti la cui varietà standard nel corso soprattutto dell’ultimo
secolo è stata oggetto di una politica di enfatizzazione (artefazione in alcuni casi) delle diversità
linguistiche nel quadro di un nazionalismo linguistico tra Serbia e Croazia. Le nazioni hanno lavorato per
dividere il serbo-croato in modo da avere il serbo da una parte e il croato dall’altra, sin dalla veste
grafica (il serbo presenta caratteri latini; il croato cirillici). Questa volontà poggiaoggia su una fattualità
storica antica: tra le attuali Serbia e Croazia passava il confine tra impero romano d’occidente e
d’oriente.
Nel lessico si assiste alla sostituzione di parole comuni con parole di dialettali, croate in Croazia e serbe
in Serbia. Nella sintassi si ha la scelta di costrutti caratterizzati dialettalmente con lo stesso
procedimento del lessico.
Nonostante gli sforzi, la varietà resta sostanzialmente la stessa.
Il serbo-croato presenta 3 grandi gruppi dialettali:
1. caicavo: Croazia settentrionale;
2. ciacavo: costa settentrionale e occidentale della Croazia (quindi Istria e isole);
3. stocavo: zona interne della Serbia.
MACEDONE: lingua parlata nella Repubblica di Macedonia. È lingua ufficiale da prima della
dissoluzione dell’ex jugoslavia. Dal 2/08/1944 il macedone letterario è stato innalzato a lingua ufficiale
della repubblica di Macedonia, parte della repubblica federale di Jugoslavia dal 1945. per il procedimenti
di standardizzazione del macedone si è usata quale varietà di riferimento la varietà dialettale parlata
attorno a Skopje. Si hanno 2 macrovarietà dominanti:
1. dialetti occidentali
2. dialetti orientali
I due gruppi corrispondono a un fascio di isoglosse che passa presso Skopje seguendo il corso dei fiumi
Crna e Vardar.
Il Macedone è parlato anche in Albania, Kosovo, Serbia, Bulgaria, Grecia settentrionale e in Tracia. Il
termine “macedone” in Grecia non è mai riferito alla lingua della repubblica macedone, ma si riferisce o
al macedone antico o agli attuali dialetti greci parlati nella Macedonia storica, o meglio in quella parte
della Macedonia storica che oggi sta entro i confini dello stato greco).
ALBANESE: lingua parlata nella repubblica di Albania. È divisa in 2 varietà dialettali:
1. ghego a nord;
2. tosco a sud. 13
La varietà ufficiale è basata sul tosco letterario con elementi ibridanti assunti dal ghego.
L’albanese è parlato anche in tutte le nazioni vicine (Kosovo, Macedonia, Serbia, Grecia, ecc.). Nel 1830
si ebbe la proclamazione del regno d Grecia indipendente dall’impero ottomano. L’albanese era la
varietà maggioritaria in molte regioni; oggi è una lingua minoritaria a seguito di 150 anni di politica
linguistica.
L’albanese è parlato anche in Italia meridionale, nelle comunità ARBËRESH (Puglia, Calabria e Sicilia)
insediate nel ‘500 a seguito della diaspora delle popolazioni balcaniche dopo la conquista ottomana.
Lingue minoritarie nei Balcani: Ladino (giudeo-spagnolo), Turco balcanico, turco ottomano, Romani
(varietà Rom).
3. PONTE ANATOLICO-BALCANICO:
GRECO MODERNO STANDARD (O NEOGRECO): varietà parlata in Grecia e nella Repubblica di
Cipro. Il repertorio greco vide per molto tempo una netta dissimetria funzionale tra:
- varietà alta: scritta e impiegata in usi ufficiali. KATHAREVOUSA (“lingua pura”), basata fortemente sul
greco letterario antico, non ha mai avuto parlanti nativi. Nel 1830 con il trattato di Londra è diventata la
lingua ufficiale del neonato stato repubblicano. Negli anni successivi si è accentuata la politica di
caratterizzazione della Katharevousa, attraverso sempre più tratti della lingua letteraria classica.
- varietà bassa: non scritta e impiegata per usi informali. DIMOTIKÍ, lingua effettivamente parlata. Deriva
per trafila diretta dal Greco medievale e bizantino, a sua volta derivato dalla koiné ellenistica.
La Grecia è un esempio paradigmatico di diglossia (Ferguson), durata sino al 1975 quando ha avuto fine
la dittatura dei colonnelli). La legge 309 del 1976 individua la lingua ufficiale nella NEO-ELLENIKÍ
DIMOTIKÍ, quindi neo-greco basato sul Dimotikì. La Katharevousa rimane la lingua dell’esercito, della
chiesa e del diritto.
Dialetti della Grecia moderna:
1. Zaconico: dialetto pastorale nell’antica Laconia e unico dialetto moderno derivato dall’antico dialetto
della Grecia classica (il laconico). Tutti gli altri dialetti greci sono di derivazione koinaica
2. Pontico
3. Cappadoce: varietà che transitò in Grecia. Nel 2005 due studiosi hanno scoperto alcuni parlanti di
questo dialetto, nonostante si pensava che fosse estinto.
Le ultime due sono rientrate in Grecia solo di recente. Provengono dall’Anatolia e rappresentano uno
sviluppo del greco di Anatolia. Nel 1922 cessa l’impero ottomano e si ha la fondazione della repubblica
turca. Ataturk disegna il nuovo stato sull’esempio degli stati occidentali. La pace di Losanna (1923)
stabilisce i confini con la Grecia: per ragioni di omogeneità linguistica le comunità grecofone di Turchia
vengono espulse e inviate in Grecia, quelle turcofone di Grecia vengono espulse e inviate in Turchia.
Molti grecofoni di Turchia non accettano di andare in Grecia e si trasferiscono presso le comunità
grecofone del Mar Nero: Bulgaria, Ucraina, Russia, Georgia. Lo fanno in particolare coloro che
parlavano Pontico.
Trudgill parla di “ethnic cleansing”.
TURCO: unica lingua dell’areale che non fa capo all’indoeuropeo o al camito-semitico (eccetto il basco).
Si presenta tipologicamente più distante e meno ibridata rispetto alle altre lingue della regione. Si ha una
forte distanza strutturale dovuta alla recente diffusione del turco nei territori.
La varietà ufficiale nell’impero ottomano era il turco OSMANLIO, fortemente interferito dal persiano e
dall’arabo, scritto con l’alfabeto arabo-persiano sino al 1928. In seguito si è usato l’alfabeto latino e ciò
denota l’occidentalizzazione della Turchia avvenuta con Ataturk, che ha favorito anche la sostituzione
del sistema onomastico a 3 membri proprio dell’arabo, con quello a 2 membri derivato dal latino. Il
nazionalismo turco si è sviluppato in direzione anti-araba e ha portato alla drastica riduzione delle varietà
linguistiche nello stato turco: se l’impero ottomano era caratterizzato da multiculturalismo e
plurilinguismo, l’ideologia nazionalistica ha imposto il monolinguismo di stato, portando a:
• l’estinzione del gruppo linguistico Armeno. Si distingueva l’armeno occidentale (Anatolia) e l’armeno
orientale (Caucaso). Le persecuzioni condotte dal sultano tra il 1892-94 e lo sterminio tra il 1915-17
portano all’estinzione della varietà occidentale dell’ armeno. L’armeno orientale resta vivo come
lingua ufficiale della repubblica di Armenia.
• Pressioni verso il Curdo, lingua indoeuropea del ceppo iranico. I curdi occupavano storicamente il
Kurdistan (a cavallo tra Iraq, Turchia, Iran e Siria). Mentre gli Armeni erano cristiani ortodossi, i Curdi
erano musulmani. Tra il 1925 e il 1934, al fine di estirpare le minoranze etno-linguistiche minacciose
per l’unità nazionale turca, i curdi sono stati trasferiti in massa sulle coste del mediterraneo e in
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Turkistan, in modo da bloccare eventuali istanze separatrici. Dal 2003 si ha la possibilità di far uso
del curdo nelle televisioni locali.
Oggi in Turchia vengono parlati anche:
- aramaico, varietà di arabo. Al confine con la Siria;
- dialetto arabo attorno al lago di Van;
- georgiano, lingua caucasica;
- curdo, nei territori sud orientali;
- giudeo-spagnolo, comunità ebraica di Istambul.
Oggi il 90% della popolazione turca è turcofona e il 98% è musulmana.
CIPRO: per secoli l’isola si è caratterizzata per un relativo plurilinguismo. Mentre la grecofonia è un tratto
antichissimo, altre componenti sono in seguito andate ad arricchire la compagine linguistica di Cipro.
L’ultimo grande evento linguistico è stato l’avvento di popolazioni turcofone (conquista ottomana 1571).
Un momento di svolta è rappresentato nel 1960 dall’indipendenza di Cipro, dopo un lungo protettorato
inglese. La lingua ufficiale scelta è il Greco: tale decisione determina una situazione di diglossia . il greco
standard non aveva parlanti nativi ed era strutturalmente distante dalla varietà parlata a Cipro. La
situazione è peggiore che in Grecia: la distanza tra la lingua alta e la varietà parlata è più accentuata.
Si ha una polarità: varietà parlate nelle città vs varietà rurali. Nel corso del ‘900 le prime danno luogo a
una forma coinizzata basata sulla varietà alta del dialetto della capitale; dall’altra parte si ha il dialetto
rurale costituitosi come forma coinizzata delle varietà rustiche di Cipro.
Oggi si sta costituendo una nuova varietà di tipo standard basata sul Cipriota (saggio di Arvaniti) e
denominata CIPRIOTA MODERNO STANDARD. La vecchia opposizione tra lingua A (scritta/elevata) e
lingua B (nativa/quotidiana) sta cessando. Si impone questa nuova varietà basata su un livello alto, ma
nativa.
Il ruolo del turco si è rinforzato: nel 1974 i turchi invasero la parte settentrionale dell’isola e lo scontro
determinò la pulizia etnica. La popolazione grecofona del nord fu espulsa verso Cipro sud; la
popolazione turcofona di Cipro sud fu espulsa verso Cipro nord. Venne eretto un muro che tuttora
sussiste. La repubblica federata di Cipro Nord non è riconosciuta dall’ONU (la riconosce solo la Turchia).
L’inglese è la lingua ufficiale non nazionale di Cipro Sud (fino al 1987 è stata l’unica lingua di
legislazione).
Grande importanza riveste il dialetto arabo di ceppo siro-palestinese KORMAKITI, parlato a Cipro Nord
nel villaggio di Kormakitis. È un dialetto proveniente dal Libano e importato nel XII secolo da un gruppo
di Maroniti. Oggi è quasi estinto.
L’ARABO
Il mediterraneo meridionale orientale è occupato dalle lingue semitiche.
Si distingue tra mondo arabo e mondo islamico: il tratto discriminante riguardo il primo è l’arabofonia, mentre
per il secondo è rappresentato dall’appartenenza alla religione islamica. Il mondo islamico eccede il mondo
arabo. L’arabofonia interessa i territori compresi tra Iran e Marocco/Mauritania; dalla Siria all’Africa sub-
sahariana. Il mondo islamico comprende tutta questa zona arabofona ma è più esteso (es. Turchia e Iran).
Malta è un paese arabofono ma non islamico.
IL MONDO ARABO
Si distingue tra Maghreb (dalla Libia all’Atlantico) e Mashrek (dall’Egitto all’Iraq e fino ai paesi del Golfo
Persico). Questa opposizione insiste su una linea di faglia antichissima: il punto di divisione tra impero
romano orientale e occidentale e ancora più anticamente tra Egitto e ‘imnt (leggere: imet).
Quest due entità hanno profonde differenze: il Mashrek si contraddistingue per forti disparità nel reddito. Ciò
comporta una forte emigrazione verso i paesi del Golfo. Tali dinamiche determinano una serie di
conseguenze sul piano linguistico in quanto le varietà diverse di arabo favoriscono, da un lato, un
arricchimento dei paesi del golfo ma, dall’altro, comportano difficoltà di comunicazione.
Il Maghreb presenta differenze economiche minori. 15
Tutto il mondo arabo si riconosce in un’unica lingua di riferimento: l’Arabo Cranico. L’arabo classico è la
varietà esemplata sulla lingua del Corano che produsse vasta letteratura tra VI-XIX secolo. Dal XIX secolo si
sviluppa una varietà di arabo caratterizzata da fenomeni di semplificazione strutturale (es. perdita dei casi).
Si tratta dell’Arabo moderno:
• ARABO MODERNO STANDARD
• ARABO LETTERARIO
L’arabo moderno è una varietà alta. L’arabo in realtà è una lingua morta, non ha parlanti nativi. Esistono
tante varietà dialettali di arabo: tali varietà sono state dotate di un uso scritto solo recentemente. Si era
sempre fatto uso dell’arabo cranico. Tali varietà sono le lingue d’uso quotidiane.
L’arabo come lingua elevata è una delle ragioni dell’unità araba. L’unità di religione e lingua determina
l’appartenenza alla ‘UMMA.
L’accesso della popolazione all’istruzione ha accresciuto la conoscenza dell’arabo classico e moderno
standard. Si è sviluppata una classe colta che ha sentito l’esigenza di creare una varietà di arabo parlata
basata prevalentemente sulla varietà di prestigio della capitale del paese, arricchita da elementi della lingua
alta (lingua C).
Si ha un nuovo schema:
LINGUA A
TRIGLOSSIA LINGUA C (arabo mediano)
LINGUA B
Queste varietà mediane facilitano l’intercomprensibilità. L’altra alternativa è rappresentata dall’Egiziano.
4. FACCIATA MEDIORIENTALE [Siria, Libano, Israele, Giordania]: le varietà qui parlate appartengono al
sottogruppo siro-palestinese. La varietà di riferimento è la varietà urbana parlata nelle grandi capitali:
Damasco/Aleppo, Gerusalemme, Amman.
Esistono poi varietà rurali divise in sottogruppi:
- siro-palestinesi settentrionali;
- siro-palestinesi centrali;
- siro-palestinesi meridionali;
- beduine (šawi).
La popolazione della Siria è caratterizzata da complessità etnica e linguistica:
• 86% arabofoni;
• 2 % armeni;
• 7% curdi.
Il 12% della popolazione è di fede sciita mentre il 5% è cristiana.
Il Libano è a netta dominanza arabofona. Importanti sono il francese e l’inglese, lingue di dominazione.
Lo stato si divide in 5 province:
• Beqà
• Nord Libano
• Libano montano
• Regione di Beirut
• Sud Libano.
La popolazione è distribuita nelle province in base alla religione professata. Sull’equilibrio di quest etnie
si basa la pace del Libano.
La Giordania è uno stato indipendente dal 1946. durante la Guerra dei 6 giorni nel 1967 tanti palestinesi
emigrarono i Giordania. Oltra alla popolazione araba si ricorda una minoranza di origine caucasica: i
Circassi (circa 25 mila persone), insediatisi nel 1878.
Il caso di Israele è molto interessante: rappresenta un unicum a livello mondiale. Lo stato fu riconosciuto
nel 1948 e la sua lingua ufficiale fu l’Ebraico (denominazione moderna IVRIT). L’ebraico è l’unica lingua
semitica non araba del vicino oriente, ad eccezione di pochi villaggi al confine tra Siria e Turchia che
conservano dialetti aramaici. 16
Il corpo sociale di Israele si è costituito solo dopo l’istituzionalizzazione dello stato. Prima di tutto durante
la guerra con l’esodo degli ebrei verso la Terra Promessa e, dopo il 1948, con la continua migrazione di
popolazioni di origine ebraica dall’Europa. Nel 1948 il numero di Ebrei era di 550 mila. Si avevano
1.050.000 arabofoni. Oggi, dopo piani quinquennali, la popolazione si aggira sui 7 milioni (20% di arabi).
Nell’arco di 60 anni i rapporti demografici sono dunque cambiati.
Le genti diverse di origine varia parlavano tutte la lingua nazionale della nazione di provenienza. Israele
era una sorta di Babele linguistica. Quale lingua utilizzare? Il modello statuale è quello europeo che
prevede 1 STATO – 1 LINGUA. la lingua è quindi intesa come tratto identitario per la rivendicazione di
un popolo.
I testi biblici sono per lo più redatti in ebraico classico: varietà dotta parlata dalla classe dirigente del
regno di Israele e poi del regno di Salaria, dopo la divisione tra Israele nord e sud.
La presenza dell’ebraico in Israele cessò in un periodo che va dal 597-596 aC e il 586 aC quando la
classe dirigente venne allontanata. Nel 586 Gerusalemme venne distrutta e la comunità ebraica fu
deportata a Babilonia. Nel 539 Ciro il Grande conquistò Babilonia e liberò tutte le minoranze in cattività.
Gli ebrei poterono tornare in Palestina nel 538. durante questo allontanamento gli ebrei avevano perso
l’uso della loro lingua: la lingua quotidiana era divenuta l’aramaico. L’ebraico era usato per la letteratura
e la liturgia. Al rientro in Palestina l’Ebraico non aveva più parlanti nativi.
Alla metà del XIX secolo, nel quadro dell’ideologia sionista che auspicava un ritorno degli ebrei alla
tessa promessa con la costituzione di uno stato nazionale, Eliezer Ben Yehuda sosteneva che le
comunità ebraiche in Palestina dovessero adottare l’ebraico classico. egli si reca quindi in Palestina e
insegna ai propri figli l’ebraico biblico. Spinse altri a fare lo stesso e diede sistematicità alla grammatica
ebraica. Introduce inoltre nuove parole, per prestito o calco. Convince quindi le comunità dei kibbutz
(forma associativa volontaria di lavoratori dello stato di Israele, basata su regole rigidamente
egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune) a usare l’ebraico biblico come lingua di
insegnamento per i bambini. Il numero dei parlanti nativi cresce rapidamente. Nel 1948 l’ebraico poteva
dirsi risorto dopo 2500 anni di morte linguistica. Questo è l’unico caso di rinascita di una lingua. tale
lingua è avvertita come continuazione della lingua antica.
5. FLESSO LIBICO-EGIZIANO: si ha una chiara discontinuità linguistica. All’interno della zona corre una
faglia culturale importante: linea tra Mashrek e Maghreb. Dal punto di vista linguistico il flesso è diviso
tra:
1. Gruppo linguistico egiziano:
• Dialetti parlati nel delta del Nilo (nord-egiziani): presentano una mescolanza di tratti magrebini
e mashrekini. Nella zona del Sinai si muovono popolazioni nomadi portatrici di varietà
indipendenti (es. oasi di Siwa in cui si parla il Siwi)
• Dialetti del medio corso del Nilo (medio-egiziani): es. cariota. La varietà del Cairo, unica
megalopoli dell’area Euro-mediterranea (per megalopoli si intende una città con più di 10
milioni di abitanti), è la più prestigiosa. Si è imposta anche come medium comunicativo
interarabo: varietà d’uso in contesti non formali tra arabi parlanti dialetti diversi. Per vari
decenni il sistema formativo egiziano ha esportato professionisti vari in molti stati. L’industria
cinematografica e televisiva egiziana ha dato forte spinta alla diffusione dell’egiziano parlato:
l’arabo egiziano è assurto a un ruolo veicolare. Rispetto ad altre varietà dialettali, l’arabo
egiziano viene usato anche in situazioni formali.
• Dialetti egiziani meridionali (detti anche Saidici: in arabo sa ‘id = altopiano)
2. Gruppo linguistico libico: lingue che si collocano nel gruppo magrebino. Si ha una certa
polarizzazione tra la parte orientale della Libia e quella più occidentale. Si ha poi una forte
polarizzazione tra varietà urbane e rurali.
6. FRONTE MAGREBINO [Tunisia/Algeria/Marocco]: la situazione linguistica riflette i diversi stadi
dell’arabizzazione. La fase di arabizzazione si ebbe tra il 692 e il 709. la seconda ondata si ebbe nel’XI
secolo ad opera di popolazioni nomadi condensate in gruppo, il più famoso dei quali è il Banū Hilal: tali
popolazioni investivano il nord Africa potrando un diverso strato linguistico. La popolazione, per ragioni
climatiche, si concentrò nelle città; le campagne desertificate divennero luogo d movimenti per i nomadi.
Lo smantellamento della colonizzazione agricola comportò pesanti conseguenze linguistiche.
In ragione di queste ondate oggi si parla di varietà pre-hilaliche e di varietà hilaliche.
Scompare il punico, il latino, ma l’arabo non riesce a far scomparire il Berbero, antica varietà libica.
Oggi i berberi parlano una grande varietà di dialetti disseminati in un vastissimo areale in un regime di
oralità. Il berbero non è riconosciuto dai governi se non con poche eccezioni: è lingua nazionale in Mali
dagli anni ’80. 17
Varietà di Berbero:
• Riffano (Riff, Marocco settentrionale);
• Beraber (anche detto TAMAZIGHT: AMAZIGH = lingua; T_______T = circumfisso determinativo);
• Cabilo (Cabila);
• Chaouia (Algeria nord-orientale);
• Mzabita (Algeria);
• Warguita (Algeria);
• Nefussi (Libia occidentale);
• Siwi (oasi di Siwa).
La politica linguistica svolta dagli atati è piuttosto repressiva: alle rivendicazioni linguistiche se ne legano
altre di natura amministratva e politica.
MALTESE: dialetto arabo maghrebino pre-hilalico. Deriva da una varietà tunisina attraverso la
mediazione dell’arabo si Sicilia [varietà fortemente mescidata con il romanzo].
La bizantina Malta fu conquistata dagli arabi nell’870. lo storico arabo di Sicilia al-Himyari racconta che
la popolazione di Malta fu deportata e l’isola fu poi ripopolata con arabi di Sicilia.
Il maltese è l’unica lingua araba scritta in alfabeto latino. È la lingua ufficiale di Malta insieme all’inglese.
IL CONCETTO DI AREA LINGUISTICA
Negli anni ’90 è nata l’idea che il Mediterraneo fosse un’Area Linguistica.
Un’AREA LINGUISTICA è una regione geografica caratterizzata dall’esistenza di lingue appartenenti a
famiglie diverse che, a seguito di un bilinguismo diffuso e prolungato, hanno sviluppato tratti comuni che non
possono che essere dovuti al contatto, non ascrivibili quindi a derivazione genetica né a fenomeni
universalmente condivisi.
La contiguità geografica non è causa necessaria di interferenza: questa è dovuta a un bi/plurilinguismo
sociale, dovuto a molti casi di bi/plurilinguismo individuale. “L’interferenza avviene nella mente del parlante”
(1953, Weintech, Language in conctat). È quindi necessario che i singoli parlanti abbiano competenze in più
lingue.
Si parla di aree linguistiche quando i tratti in comune riguardano tratti strutturali della lingua, ovvero quelli
che riguardano le strutture sistemiche (fonologia, morfologia, sintassi). Il lessico non è escluso: la presenza
di un campo lessicale strutturato in modo omologo è un tratto strutturale.
Il concetto di Area linguistica deve molto alla linguistica areale (Batoli, per esempio). Sulle basi delle
osservazioni prodotte (distribuzione dei tratti linguistici che codifica le dinamiche di diffusione) fu concepito il
concetto di area linguistica. Fondamentale è stata la riflessione di Trubeckoj che nel 1928 distinse tra
parentela genetica e parentela areale:
• Parentela genetica: individua famiglie linguistiche ed è definita da congruenze nel lessico e nella
morfologia, individuate in base a regolari corrispondenze fonetiche o fonologiche;
• Parentela areale: definita non sulla base di regolari corrispondenze fonetiche, ma di congruenze nella
sintassi e nella semantica e sulla base della contiguità geografica.
Questo tipo di relazioni individua dei raggruppamenti detti leghe o aree linguistiche.
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE AREALE
Si hanno 3 criteri usati in modo concentrico (Haspelmath 2001):
1. Criterio Areale: il tratto sotto analisi deve mostrare un cospicuo frequentarsi nelle lingue interessate
ma non in quelle adiacenti ad esse;
2. Criterio Diacronico: bisogna poter dimostrare che il tratto comune non era ereditario nell’ambito di
una famiglia linguistica. Non deve essere ricondotto a una lingua madre;
3. Criterio Tipologico: il tratto non deve essere frequente nelle lingue del mondo.
LE ISOGLOSSE
I fenomeni di convergenza linguistica si rappresentano attraverso le isoglosse. Un’isoglossa è una linea che
unisce i confini di aree linguistiche uniformi. Una isopleta è un fascio di isoglosse: è una linea che comprime
in sé più linee.
PRINCIPALI AREE LINGUISTICHE
1. Area linguistica Balcanica: individuata tra gli anni ’20 e ’30 grazie anche a Trubeckoj;
2. Area linguistica Indiana (sub continente indiano): l’India presenta grande varietà linguistica;
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3. Area linguistica Mesoamericana: 1986, Campbell, Smith-Stark e Kaufman;
4. Area linguistica Amazzonica: 1986, Campbell, Smith-Stark e Kaufman;
5. Area linguistica Etiopica: 1976, Ferguson;
6. Area linguistica della Costa Nord-Occidentale Americana: intuita nel 1929 da Boas;
7. Area linguistica Europea: Standard Average European. Nata da un’intuizione del linguista americano
Whorf (anni ’30), autore della teoria del relativismo linguistico. In polemica con i sistemi basati sulla
grammaticografia occidentale, sosteneva che questi fossero inadeguati per descrivere le lingue
amerindiane.
Le varie lingue europee nel corso dei secoli si sono omologate a vicenda a seguito della lunga e stretta
contiguità geografica. Nella seconda m,età degli anni ’80 Ramat volle verificare l’ipotesi di Whorf. Si
ebbe allora un progetto internazionale finanziato dalla European Linguistic Foundation (1990-95).
AREA LINGUISTICA BALCANICA: Rumeno (lingua romanza orientale); Bulgaro e Macedone (lingue slave
meridionali balcaniche); Albanese (lingua isolata); Greco (lingua isolata). A queste lingue si sono unite poi:
Turco balcanico (turco parlato nei Balcani dopo la conquista ottomana); Rom (lingue provenienti dall’India);
Ladino (evoluzione del giudeo spagnolo).
Tale area linguistica fu definita da Sanfeld-Jensen.
Gli studi più recenti hanno esteso la considerazione anche ai dialetti che, mancando di standardizzazione e
privi di fenomeni di ripulitura puristica, sono un terreno ideale per il riscontro di fenomeni di interferenza.
Partecipano quindi alla lega anche i dialetti serbo-croati meridionali e i dialetti greci settentrionali.
BALCANISMI
1. casi preposizionali: si sono perse le desinenze dei casi, sostituite con le preposizioni;
2. presenza di articoli determinativi posposti (tranne in greco);
3. confusione di genitivo e dativo (sincretismo dei casi);
4. confusione di locazione e direzione (moto a luogo = stato in luogo);
5. ripresa dell’oggetto con pronomi clitici;
6. presenza di un marcatore di caso locativo;
7. perdita del futuro (fenomeno partito dal greco medioellenico);
8. espressione analitica del futuro con un ausiliare a base volere (come è anche in inglese);
9. perfetto analitico con ausiliare a base avere;
10. categoria del verbo nota come “evidenzialità” (molto discusso);
11. comparativo dell’aggettivo in forma analitica;
12. perdita dell’infinito (in alcune lingue il processo non è ancora terminato.
In slavo gli articoli mantengono le caratteristiche dei dimostrativi da cui derivano (distale, mediale,
prossimale).
LINDSTEDT ha cercato di calcolare un “fattore di balcanizzazione”: il punteggio più alto è raggiunto dalle
lingue slave, poi albanese, quindi greco e lingue romanze e infine rom.
AREA DELLO STANDARD AVERAGE EUROPEAN (SAE)
Principali tratti:
1. ordine dei costituenti elementari della frase nucleare semplice di tipo affermativo: tutte le lingue hanno
un ordine SVO, relativamente rigido. Il tedesco presenta tuttavia il verbo alla fine nelle frasi subordinate.
Per contro, le lingue celtiche, fuori dall’ara centrale, hanno ordine VSO; dall’altra parte, il turco ha ordine
SOV. È un tratto che ha rilevanza innanzitutto perché circoscritto. Dal punto di vista tipologico però non
è probante in quanto molto diffuso nel mondo.
2. sono tutte lingue NON PRO-DROP. Le lingue pro-drop (dall’inglese pronoun drop out) ammettono il
soggetto nullo (es. piove). Le lingue della SAE dunque non ammettono il soggetto nullo.
3. presenza di preposizioni e del genitivo post-nominale: le lingue SAE hanno solo preposizioni e non
posposizioni, in armonia con il tratto SVO. Analogamente pertinente pare il fatto che il genitivo segua il
nome. Questi tratti sono tra loro strettamente irrelati, dunque non sono particolarmente probanti nella
definizione dell’area linguistica. 19
4. relative post-nominali, con pronome flesso: nelle lingue SAE si usa sempre il pronome relativo e questo
è anche flesso. Si tratta di un fatto distintivo. In inglese esste il gapping (es. the book I gave you).
5. uso di essere e avere in funzione degli ausiliari nei tempi composti.
6. passivi participiali: tali lingue ammettono quindi costruzioni passive e queste sono costruite con un verbo
copulativo + il participio passato.
7. compresenza di articoli definiti e indefiniti: l’articolo definito segnala che il referente è univocamente
identificabile; quello indefinito segnala che non è univocamente identificabile. Si distingue tra indefinito
aspecifico (es. ho letto un libro) e indefinito specifico (es. ho letto un libro che parlava di linguistica). Si
possono avere diverse possibilità:
articolo determinativo Articolo indeterminativo
+ +
+ -
- +
- -
Da uno studio realizzato da Dryer nel 1989 emerge che 1/3 delle lingue ha l’articolo determinativo
mentre solo l’8% ha contemporaneamente quello indeterminativo. È dunque un tratto molto marcato e
quindi distintivo in senso areale.
8. alignment nominativo-accusativo: sono lingue nominativo-accusativo. Di contro, una lingua non SAE
come il basco è ergativo-assolutiva.
9. agente e costruzione passiva: le lingue SAE ammettono l’evidenziazione dell’agente tramite una
procedura di estrazione per via del ribaltamento della frase attiva.
10. possessore esterno espresso con il caso dativo: la categoria del possesso prevede una
macrodistinzione.
a) L’oggetto posseduto si trova in una relazione di inalienabilità con i possessore (es. parte del corpo);
b) L’oggetto può essere non inerente.
Molte lingue distinguono rigidamente i due tipi di possesso: si parla allora di possessore interno (caso a)
e di possessore esterno (caso b). Le lingue SAE esprimono i due possessori in maniera uguale.
11. pronome negativo senza il negatore avverbiale: le lingue SAE non ammettono la doppia negazone.
12. distinzione tra intensificatore (operatore che intensifica la semantica dell’elemento lessicale cui si
riferisce) e riflessivo (pronome che indica che l’azione espressa dal verbo di scarica sul soggetto che la
compie). In inglese non si distingue: es. Himself in entrambi i casi.
GRADIENTE DI RAPPRESENTATIVITA’
1. tedesco, francese, nederlandese
2. inglese, italiano, lingue romanze, lingue germaniche, lingue slave
3. greco, albanese
4. lingue celtiche
5. lingue baltiche
6. maltese
7. …
IL MEDITERRANEO LINGUISTICO OGGI: UN PROFILO TIPOLOGICO
• ORDINE DEI COSTITUENTI: l’ordine dominante è SVO. Basco e Turco sono divergenti. È
un tratto che si evolve: si pensi all’ordine in latino. Questo tratto potrebbe avere un riscontro in termini
areali.
• PARAMETRO PRO-DROP: tutte le lingue del mediterraneo sono pro-drop. Un caso
particolare è rappresentato dal francese. La Francia è in realtà bipartita: l’occitano, varietà effettivamente
mediterranea, è pro-drop. 20
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