vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
OMUNICARE PER INFORMARE
La mediamorfosi delle notizie
Travolto da quella che è stata chiamata “mediamorfosi”, il mondo dell’informazione ha vissuto
negli ultimi quindici anni cambiamenti notevolissimi.
La concorrenza fra i diversi media ha spinto le varie forme di giornalismo a cercare una propria
identità, ma al tempo stesso la varietà di canali ha innescato un meccanismo di influenza reciproca
tendenza all’iconismo, simulazione dell’oralità, recente riassetto delle prime pagine dei quotidiani
che risente molto dell’organizzazione modulare delle home page.
Il risultato è oggi un sistema dell’informazione che punta alla complementarietà fra i vari media,
con rimandi frequenti dall’uno all’altro, specie fra prodotti appartenenti a una stessa testata o a uno
stesso gruppo editoriale.
Tempi postmoderni
Il primo e più evidente cambiamento avvenuto nell’ambito del giornalismo è quello che riguarda i
tempi: i tempi postmoderni sono quelli dell’accelerazione spasmodica dei processi comunicativi.
Primi fra tutti i processi che riguardano l’informazione. Nell’epoca del “tempo reale” i media
simultanei risultano avvantaggiata nella corsa sfrenata a chi arriva per primo sulla notizia, con un
ritmo sempre più rapido di redazione. Per imprimere un andamento più veloce al pezzo giornalistico
si è modificata anche l’organizzazione sintattica: periodi brevi, ma molto densi. Tra gli artifici usati
per segmentare il periodo, colpisce soprattutto la progressiva espansione dell’uso del punto fermo in
contesti ove tradizionalmente si sarebbe impiegata la virgola. Il ricorso insistito al punto fermo
ormai non ha più la funzione di semplificare la sintassi, ma risponde quasi esclusivamente a
esigenze “impressive” (carica la frase di enfasi).
Notizie animate
Uno fra gli espedienti più frequenti per animare il discorso è quello dell’uso massiccio del discorso
diretto, che la fa da padrone spesso anche nei titoli, rispondendo a esigenze di spettacolarizzazione e
di “ellissi cataforica”: invece di fornire sin dall’inizio dell’articolo tutti gli elementi essenziali, il
giornalista ne rimanda l’esplicitazione verso la fine: si apre con un attacco ad effetto e si continua a
raccontare creando attesa.
Dalle brevi in cronaca all’informazione puntiforme
La tendenza alla miniaturizzazione degli articoli risponde alle esigenze di un pubblico sempre meno
allenato alla lettura o comunque abituato a un consumo di notizie “mordi e fuggi”.
Free press: l’informazione mordi e fuggi
Apparsi in Italia nel 2000 (Metro, Leggo, City) questi quotidiani sono interamente finanziati dagli
introiti pubblicitari. In ogni pagina si trovano fino a una dozzina di articoli-notizia secondo uno stile
informativo che rinuncia al commento e a ogni approfondimento.
Anche fra le varie free-press si possono comunque riconoscere differenze di un certo rilievo: City
punta su uno stile sobrio, mentre Leggo risulta più caotico.
In poche parole: le notizie sul telefonino
È al di fuori della carta stampata che si avvertono tuttavia appieno i cambiamenti legati al ritmo
forsennato dell’informazione. Uno di questi è il netto accorciamento del percorso che separa la
fonte della notizia dall’utente finale. La tendenza è quella ad annullare la tradizionale mediazione
giornalistica che faceva da tramite fra le agenzie e gli uffici stampa da una parte e il lettore comune
dall’altra. Fu l’ANSA a organizzare per prima nel 1999 un servizio sperimentale di diffusione delle
notizie tramite telefono cellulare.
Prima dell’avvento dei cellulari e di Internet, si poteva avere un aggiornamento in tempo reale
andando a leggere le notizie sulla televisione tramite il servizio Televideo, attivo sulle reti RAI dal
1984.
A livello mondiale è stata la CNN ha lanciato un modello integrato di informazione televisiva in cui
la parola scritta continua a mantenere la sua rilevanza. Mentre sul video scorrono le immagini dei
notiziari e dei servizi di apprendimento, le più importanti notizie dell’ultima ora vengono proposte
in un testo scorrevole alla base del video: una medesima soluzione è stata ripresa dal nostro TG2 e
nel canale satellitare RAI News 24.
Da qualche tempo anche il principale quotidiano italiano, il Corriere della Sera, ha ceduto al
fascino della notizia puntiforme, dedicando la colonna destra dell’ultima pagina a un rapido
riassunto del contenuto del giornale, Notizie in due parole, formate da una trentina di parole e
caratterizzate da un ritmo serrata; ovviamente più le misure si fanno strette, più le suddivisione
interne al periodo tendono a venire meno (scompare, di fatto, il punto e virgola).
Dal polisistema all’ipertesto: i quotidiani on-line
Le tante profezie apocalittiche che preconizzavano la scomparsa della stampa cartacea non hanno
tenuto conto della complessa e diversificata domanda d’informazione che viene dal pubblico.
Quanto alla lingua, i quotidiani in rete sono nel complesso solo parzialmente indipendenti da quelli
cartacei. Importanti differenze riguardano l’organizzazione della pagina iniziale, in cui viene meno
la gerarchia tra taglio alto e taglio basso legata alla “diagonale di lettura” del foglio; non dovendo
catturare inoltre l’attenzione del lettore, i titoli sono meno gridati e più aderenti al contenuto.
Testi modulari
La tempestività dell’aggiornamento può comportare qualche errore dovuto alla fretta. Molto più di
quanto accada nel giornalismo tradizionale, gli articoli pubblicati on line poggiano su un visibile
scheletro paratestuale: l’elemento portante di questo scheletro è costituito dai titoletti che
scandiscono la suddivisione in paragrafi e trasformano l’articolo web in una sequenza di
microarticoli, ognuno riferito a un aspetto diverso della notizia. La notevole autonomia acquisita dai
paragrafi spezza la continuità del testo, così ogni paragrafo tende a cominciare con un nuovo
“attacco”; frequente è l’uso del neretto per le parole chiave e un’adeguata gestione dei link,
identificati dalla sottolineatura (consentendo di rimandare il lettore ai precedenti articoli sullo stesso
argomento).
VI. C
OMUNICARE PER INTRATTENERE
Fenomenologia dell’intrattenimento
Nell’era della comunicazione, il difficile non è più raggiungere il destinatario ma conquistare la sua
attenzione e trattenerla per il tempo utile a consentire una comunicazione compiuta. L’imperativo è
dunque “trattenere”, ovvero “in-trattenere” (infotainment, edutainmente, sportainment, ecc.).
Da un punto di vista linguistico tutto questo comporta la necessità di blandire il pubblico attraverso
soluzioni espressive mirata a tre tipi di effetto: il primo è l’animazione (come si è già visto per il
giornalismo) con toni quasi sempre sopra le righe e una gran varietà di neologismi e modismi, il
secondo è quello della riconoscibilità in modo da far ritrovare all’ascoltatore il già noto, il terzo è
quello del rispecchiamento, per cui il medium parla come chi lo ascolta, gratificando il suo
narcisismo tipico esponente di tutti e tre questi ingredienti è ad esempio Paolo Bonolis.
La neo-televisione
In televisione, il trionfo dell’intrattenimento va messo in relazione con la concorrenza legata agli
investimenti pubblicitari. Il fenomeno ha inizio in Italia nel 1976, quando vengono autorizzate le
prime televisioni locali dalla paleo-televisione alla neo-televisione per usare la terminologia di
Umberto Eco (1983).
Per quanto riguarda la neotelevisione si possono individuare tre ondate principali: la prima fase è
quella del talk-show (Bontà loro di Maurizio Costanzo) e del format contenitore (Domenica In), la
seconda, in pieni anni Ottanta, è quella del cinema trasmesso in televisione, la terza è quella che
comincia alla fine degli anni Ottanta e vede andare in corto circuito le ultime distinzioni fra fiction e
non fiction (reality-show, docusoap).
Spechio, specchio delle mie brame
A partire dal suo esordio nel 1954, la televisione italiana si è proposta di volta in volta come scuola
di lingua, strumento complementare alla scuola, modello di italiano “corretto” e specchio dei
linguaggi e dialetti d’Italia. Abbandonati gli intenti pedagogici della paleo-televisione, la
neotelevisione ha puntato a riflettere la realtà linguistica circostante: perso il potere di modello, ha
conservato il potere amplificante spesso la TV spaccia per reali modalità espressive che al parlato
spontaneo fanno solo il verso, assolutizzando la fascia dei registri più bassi.
Niente di nuovo sotto al sole: la fiction all’italiana
La lingua della fiction corrisponde all’immagine che la televisione si è fatta dell’italiano: la fiction
rappresenta il genere più importante della nostra televisione e l’immagine dell’italiano da essa
restituita è piuttosto convenzionale: nell’ambito di una sostanziale osservanza della norma si
introducono alcune soluzioni che già da tempo sono entrate nella resa scritta del parlato (gli/le); il
lessico è di solito colloquiale, con occasionale apertura al turpiloquio; abbastanza significativa
appare la componente regionale.
L’evoluzione del linguaggio radiofonico
Nella radio degli ultimi decenni, invece, il parlato si presenta come spontaneo e la sensazione che si
ricava è quella di una chiacchiera indistinta.
L’omologazione del flusso e il “modello Albertino”
I network più ascoltati hanno optato tutti per una programmazione “di flusso”, basata sul concetto
fondamentale della rotazione: la riconoscibilità è affidata alla confezione del prodotto e il filo
conduttore tra i vari blocchi è garantito dalla voce del dj. Chi parla in radio sa bene che il ritmo è
una componente fondamentale, oltre ad essere l’elemento che rende riconoscibile l’ascolto
all’utente tradizionale, col quale si cerca in ogni modo di accorciare le distanza ricorrendo spesso a
un registro conversativo ostentato.
Dialoghi a una sola voce
Per ottenere questo effetto di parlato spontaneo, il dj imposta il suo discorso come se fosse
impegnato in un continuo dialogo. Fino a qualche tempo fa questo dialogo trovava un seguito nelle
telefonate in diretta degli ascoltatori, mentre oggi le telefonate sono sempre più rare. Per mantenere
alto il tasso di dia logicità, si ricorre allora a una coppia di conduttori che conversano fra loro o
ricorrendo ad ospiti particolari. Il risultato è che la radio di flusso tende ormai sempre più a parlarsi
a