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ALESSANDRO BARICCO

Barrico nasce a Torino nel 1958. I suoi interessi filosofico-musicali danno vita a Castelli di

Rabbia che intesse tutta una serie di piccole storie intorno a un universo eminentemente

musicale, un non luogo (Quinnipak) popolato da una serie di personaggi tra cui spicca la

figura di Pekish, inventore dell’umanofono, ricercatore e vittima appassionata di suoni. Il

suo secondo romanzo è Oceano Mare dove viene affrontato il tema del mare che

accomuna tutti i personaggi che ruotano attorno alla locanda Almayer. Scrive anche per il

teatro il monologo Novecento, da cui nascerà il film La leggenda del pianista sull’Oceano.

Nel 1994 fonda una scuola di Tecniche della Narrazione (scuola Holden). Nel ’96 esce il

terzo romanzo Seta, sul tema della fedeltà e del tradimento in amore, mentre nel 1999

esce City.

Fin dal suo esordio Baricco ha uno stile fatto di periodi lunghi e brevi (quasi telegrafici) che

si alternano. Talvolta inserisce la parola Stop al posto di un punto, di una pausa o di

un’interruzione. Nella sua prosa si susseguono senza soluzione di continuità il discorso

diretto e quello indiretto libero.

Altro aspetto caratteristico è che Baricco non presenta mai i suoi personaggi, ma sono essi

stessi che si presentano attraverso i loro discorsi, le loro azioni e i loro pensieri. La

narrazione è prevalentemente in terza persona, anche se vengono inseriti monologhi,

come se fossero flussi di coscienza (monologo del pugile in City).

Baricco realizza anche delle progressioni ritmiche nelle sue frasi, succedendo aggettivi,

verbi, nomi e nomi propri. Egli spesso utilizza le congiunzioni e, ma, comunque, allora per

iniziare la frase, quasi a voler azzerare le pause tra un periodo e l’altro. Per far capire al

lettore che vi è un cambiamento di tono l’autore usa i caratteri maiuscoli (come su

internet). 3

Altra particolarità è quella di dividere il periodo in più parti durante una descrizione,

numerandole, oppure – come nella musica – un espediente stilistico di Baricco è quello del

ritornello e delle onomatopee.

Assieme a tutto ciò, l’autore è solito utilizzare espedienti esclamativi o enfatici

(“ninfeeeeeeeee”, “adoooooora”). Sempre a motivazioni musicali è imputabile l’utilizzo di

nomi propri inusuali che per l’autore corrispondono a suoni.

Per far capire l’andamento ritmico del romanzo, Baricco utilizza un’impaginazione inusuale

per far capire quando ci si deve soffermare nella lettura oppure quando si deve procedere

più velocemente.

Frequente è la ripetizione del verbo e degli stessi termini, di un nome proprio, dello stesso

aggettivo (particolare è la ripetizione dell’aggettivo possessivo). Fenomeno da far rientrare

nell’iterazione è l’anafora (consiste nella ripetizione di una parola o di gruppi di parole

all'inizio di frasi o di versi successivi) e ripetute sono anche le frasi interrogative o

esclamative, e tutti quegli avverbi in –mente.

Come già detto, Baricco è solito ripetere intere frasi come se fossero dei ritornelli. Ma a

volte questo espediente è utilizzato per rafforzare un concetto o creare una progressione

ritmica, cioè un climax o un anticlimax (se la lunghezza delle proposizioni è decrescente

fino ad una sola parola).

Ci sono anche altre figure retoriche utilizzate dall’autore, come l’anadiplosi (ripetizione di

un termine posto alla fine di un periodo all’inizio del periodo successivo, “E sulla tela

niente. Niente che si possa vedere”) e l’epanadiplosi (ripetizione di un termine posto

all’inizio di un periodo alla fine dello stesso, “Neri i capeli della puttana Closingtown, neri).

Lo stile di Baricco sembra rivolgersi verso il Barocco, anche grazie all’insistito utilizzo di

Metafore, similitudini, analogie, metonimie e iperboli. Fortemente utilizzate sono altre

figure retoriche come sinestesie (accostamento di due termini appartenenti a due sfere

sensoriali diverse, es.: “rombare illeggibile”), ossimori e chiasmi.

Particolarmente presenti nelle opere di Baricco sono anche quei termini che potremmo

definire tipici dell’uso medio: ad esempio, i pronomi lui, lei, loro usati come soggetto, gli

utilizzato anche con valore di “le” e “loro” (ma comunque appaiono anche le forme

tradizionali). Significativo è l’uso di forme aferetiche (‘sto, ‘sta) caratteristiche del parlato

del centro-sud (Baricco è piemontese). Sempre riconducibile a quest’area geografica è

l’utilizzo del ci attualizzante con il verbo avere. Del centro-nord invece è tipico l’uso di cosa

al posto di che cosa.

Per connotare il parlato Baricco utilizza anche mica senza negazione (ancora tipicamente

settentrionale). Altro aspetto del parlato nelle opere di Baricco è l’utilizzo del verbo al

singolare col soggetto al plurale.

Baricco è anche vicino al linguaggio giovanile e alla trasandata scurrilità metropolitana.

Non mancano anche le imprecazioni. Sempre collegabili al linguaggio giovanile sono i

forestierismi (americani, inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi).

Infine va sottolineata l’importanza della punteggiatura di Baricco e ogni segno è il risultato

di una scelta precisa dell’autore. Colpisce l’uso della virgola prima della congiunzione e,

mentre raramente utilizza il punto e virgola. Del resto nei suoi romanzi vi sono anche interi

periodi senza punteggiatura. Capita anche che dopo il punto interrogativo troviamo la

lettera minuscola. 4

Il trattino invece viene usato spesso dall’autore, in alternativa alle virgolette per aprire il

discorso diretto, ed anche per sostituire le parentesi. A volte però ad introdurre il dialogo

può esserci semplicemente la lettera maiuscola e nessun segno d’interpunzione. Utilizzati

sono anche i punti di sospensione, che servono per creare dei silenzi, delle interruzioni

della voce nel personaggio che drammatizzano il discorso. A volte questi puntini sono

posizionati all’inizio della frase per collegare periodi precedenti. Il duepunti viene utilizzato

più volte all’interno della stessa frase.

Baricco introduce anche un segno che non è tipico della letteratura: lo slash. Viene

utilizzato per scindere delle frasi secondo scansioni brusche che isolano e fanno risaltare

singoli sintagmi.

STEFANO BENNI

Stefano Benni è un autore teatrale rappresentativo di una nuova generazione di scrittori

che ricorrono a registri molto diversi ma presenti nella linguistica italiana. Nel linguaggio

contemporaneo, il parlato e il dialetto influiscono molto sul normale italiano e sono in

molti ad aver riprodotto questa realtà. Quello che fa il Benni è proprio questo: utilizza le

possibilità espressive conferite dal lessico quotidiano e dalla conversazione informale.

Utilizzato è il linguaggio della cronaca nera e del romanzo poliziesco (la fredderà in meno di

un istante), mentre assomiglia ad una caricatura, una parodia, il linguaggio giovanile che

secondo lui è contraddistinto dalla vacuità di parole e dalla povertà d’idee e contenuti.

Importanti sono le espressioni scurrili e blasfeme, al fine di riprodurre la veridicità del

quotidiano, assieme all’impiego di alterati (valigione).

Ne “La Topastra” Benni utilizza le coloriture di italiano regionale per caratterizzare i suoi

personaggi. Utilizzato prevalentemente è il toscano, non solo nel lessico e nella

fraseologia, ma anche nella morfologia e nella sintassi. Viene utilizzato anche romanesco,

messo in bocca ad un macellai.

Ma accanto a questo linguaggio regionale è presente in tutte le commedie un lessico di

tipo letterario, raro e impossibile da trovare nel linguaggio quotidiano.

Per quanto riguarda la grafia e fono morfologia, va considerato il ricorrere dell’apocope

della vocale finale. Anche la punteggiatura segue il ritmo del parlato piuttosto che le regole

della grammatica.

La sintassi è il settore linguistico dove Benni si distingue maggiormente e come detto

precedentemente, ci sono forti aperture verso il parlato e scelte più letterarie. Per quanto

riguarda le prime, notiamo la preferenza del cosa al posto di che cosa e del che

plurivalente. Altro tocco di parlato è dato dalle ridondanze pronominali (A me non mi

piace, E a me mi tocca scappare). Non manca neppure il ci attualizzante (ci avevo un certo

qual appetito).

Molto ricorrenti sono le frasi interrotte, dove sono presenti della. Sono presenti anche

degli incisi, che imitano l’andamento non lineare del parlato con l’inserimento di

informazioni aggiuntive man mano che esse vengono in mente all’interlocutore. Di forte

effetto teatrale sono le correzioni e i cambiamenti di progetto nella realizzazione delle

frasi, capaci di conferire un forte sapore realistico ai personaggi benniani. 5

Anche nei suoi monologhi, vengono utilizzati degli espedienti molto vicini al parlato, come

– ad esempio – ma va’ all’interno delle esclamative.

Il passato prossimo domina quasi incontrastato, mentre il passato remoto è posto soltanto,

significativamente, sulla bocca di un poeta che parla come un libro stampato. Anche il

presente storico è utilizzato per le sue caratteristiche di forte espressività (esempio pagina

154).

Nonostante la sua ricerca di colloquialità, Benni non disdegna la retorica tradizionale.

Frequenti sono l’anafora, l’anadiplosi, utilizzata per connotare la conversazione telefonica.

le serie o enumerazioni e la deissi.

Altro espediente molto utilizzato da Benni è l’onomatopea e talvolta anche le esclamazioni

risultano come trascrizioni di suoni o gridolini emessi dagli attori sulla scena piuttosto che

elementi letterari.

Spesso i personaggi sono soliti, soprattutto nei monologhi, rivolgersi al pubblico,

rivolgendo domande retoriche e richiamando all’attenzione.

In Astaroth, il linguaggio del poeta presenta una fitta trama di figure retoriche, fino al

punto di creare veri e propri versi (IL POETA: Salve, o tu come me nato ribelle; è un

endecasillabo). Sono presenti molte citazioni: Ungaretti per parlare di problemi economici,

D’Annunzio per le vicende sentimentali di una donna, mentre in Astaroth vi sono molti

riferimenti ai personaggi danteschi. Anche la ragazza, di cultura meno tradizionale, cita De

Andrè. Da queste citazioni più colte si può passare a quelle di slogan pubblicitari (una

coniglia bianca che più bianca non si può).

Appendici:

MAURO COVACICH

Prima di sparire è il terzo romanzo di Mauro Covacich.

Da un punto di vista grafico si nota la tendenza dell’autore a riprodurre il parlato

attraverso l’uso della ripetizione

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
7 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eowyn87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica Italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Sorella Antonio.