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PARTE 1 - LA LIGUISTICA E LA VITA
CAP. 1 - CAPIRE LA REALTA'
1. Scienza del linguaggio, scienza del pensiero
La linguistica è la scienza che studia come funziona il linguaggio umano. Essa pertanto si occupa del
pensiero, infatti sia il pensiero che linguaggio sono legati in maniera indissolubile e si influenzano
moltissimo tra loro. La condizione primaria affinché ci sia il pensiero sono le parole della nostra lingua
materna, sebbene a volte si può concepire un pensiero anche senza parole, in forma vaga e indistinta.
Ad esempio, siamo in grado di rifiutare formulazioni che sentiamo non corrispondere a un nostro
pensiero che non riusciamo ancora a formulare. Tuttavia, se il pensiero rimane in uno stato ancora
vago linguistico, risulta molto difficile conservarlo: per cui, se vogliamo ritrovarlo il giorno dopo,
dobbiamo necessariamente legarlo a delle parole; quest'ultime, oltretutto, risultano indispensabili se si
vuole poi comunicare a qualcun altro il nostro pensiero. Il pensiero vive quindi in sostanza attraverso il
linguaggio, pertanto, conoscere come funzionano i meccanismi della lingua ci permette di aumentare
la nostra consapevolezza dei limiti e delle leggi posti dalla lingua stessa sul nostro modo di
comprendere e concepire la realtà. In altri termini, significa comprendere meglio perché pensiamo ciò
che pensiamo. Allo stesso modo, nel momento in cui studiamo la lingua di un popolo possiamo capire
meglio il suo modo di pensare, mentre comprendere ciò che hanno in comune tutte le lingue ci aiuta a
capire ciò che hanno in comune tutti gli uomini: comprendere l'uomo significa quindi comprendere il
linguaggio e viceversa. Questo è possibile per due ragioni: prima di tutto perché il nostro modo di
concepire il mondo impone le sue caratteristiche al linguaggio. L'organizzazione cognitiva in cui
rappresentiamo la realtà determina quindi i modi in cui l'esprimiamo e la comunichiamo agli altri. In
secondo luogo, è il linguaggio stesso a influenzare il nostro modo di concepire il mondo; in particolare,
ogni lingua organizza il mondo in una certa misura, ponendosi come mediatrice fra la realtà e l'idea
che ci facciamo di essa. Le lingue, inoltre, sono anche in grado di creare concetti partendo da zero: ad
esempio parole come "tempo", "libertà", "nostalgia", "amore" ecc. sono concetti che non pre-esistono
al linguaggio, ma che invece cominciano ad esistere proprio nel momento in cui qualcuno dà loro un
nome. Non a caso ci sono popoli che non conoscono alcuni di questi concetti o che, avendoli creati in
maniera indipendente, ne hanno concezioni molto diverse. Per esempio ci sono lingue che esprimono
con nomi ciò che altre lingue esprimono con aggettivi oppure con verbi; e questo si riflette
direttamente nella visione che i loro rispettivi parlanti hanno degli eventi e della realtà in generale.
Molte lingue inoltre, nella loro organizzazione, utilizzano i cosiddetti classificatori numerali: in tal
caso, quando si vuole dire che una certa cosa si presenta in un certo numero, accanto al numero si
mette lì e una parolina che lo "adatta" al tipo di oggetto che si sta contando. Ad esempio, gli animali
piccoli hanno un certo adattatore del numero, quelli grossi un altro, gli oggetti meccanici un altro
ancora e così via. Questa organizzazione della lingua, però, concepisce l'essere, per esempio, "in tre"
o "in cinque" di un qualsiasi ente considerato, non in maniera uguale ma in maniera diversa a seconda
se si tratta di elefanti, di uccelli o di elettrodomestici. Anche le lingue che, come l'italiano o il francese,
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dividono tutte le cose in a maschili e femminili, assumono una concezione della realtà piuttosto
diversa dalle lingue che invece, come il tedesco, attribuiscono a molte cose il genere neutro. Pertanto,
come afferma Sapir, il mondo reale viene costruito sostanzialmente in modo inconsapevole, sulle
abitudini linguistiche del gruppo, per cui non esistono due lingue sufficientemente simili da
rappresentare una stessa realtà sociale.
2. La nascita della linguistica
La linguistica è nata come supporto alla filologia oppure come scienza per definire e insegnare la
lingua corretta. Nell'antica India, in particolare, la riflessione sulla lingua si è sviluppata in
concomitanza con il commento ai Veda, i testi letterari e religiosi più antichi di quella civiltà, risalenti al
secondo millennio a.C. Nell'Occidente greco-latino, invece, la riflessione sulla lingua si è avuta a
partire dalle riflessioni di Platone e Aristotele sulla natura e sull'origine del linguaggio, sulle sue
categorie e sulle parti del discorso; da ricordare sono anche le prime grammatiche, gli studi etimologici
compiuti da Varrone, nel I sec. a.C. e quelli compiuti da Isidoro di Siviglia nel VI-VII sec. d.C.
2.1 La linguistica storica
La linguistica intesa come studio del linguaggio nasce propriamente tra la fine del XVIII e l'inizio del
XIX secolo, anche se in un primo tempo è intesa l'azione essenzialmente come comparazione delle
lingue indoeuropee. In particolare, ad avviare gli studi sulla comparazione delle lingue europee
antiche è stata scoperta del sanscrito. Il primo a segnalare tra il greco, il latino e il sanscrito una
somiglianza da attribuirsi a una comune discendenza di queste lingue fu nel 1786 sir William Jones,
un alto funzionario coloniale inglese. La sua intuizione fu poi raccolta anche da Schlogel il quale, nello
studiare il sanscrito, usò per primo il termine "grammatica comparativa" della nuova scienza che si
proponeva di indagare le parentele e le somiglianze tra le antiche lingua indiana, persiana, greca,
latina e germanica. Un vero e proprio studio sistematico dei fatti linguistici si ebbe invece con Franz
Bopp, il quale stabilì che la comparazione tra il sanscrito e le lingue indoeuropee dovesse basarsi non
solo sulla somiglianza di singole parole presenti nelle lingue considerate, ma anche sulla concordanza
delle loro strutture grammaticali. Un ulteriore passo avanti negli studi di linguistica storica si ebbe con
Jakob Grimm, si occupò di tutte le lingue germaniche, studiandoli dalle loro fasi più antiche fino a
quelle più moderne, descrivendone le modificazioni maniera sistematica. Oggi questa scienza viene
genericamente insegnata in Italia sotto il nome di glottologia: in particolare, grazie al lavoro svolto dai
glottologi indoeuropeisti è stato possibile individuare un gran numero di corrispondenze tra le lingue
indoeuropee conosciute che peraltro continuano a cambiare, dal momento che cambiano le abitudini
linguistiche dei parlanti. Ad esempio l'indoeuropeo parlato dalle popolazioni stabilitisi nella penisola
italiana è divenuto latino, che a sua volta si è trasformato progressivamente in italiano, francese,
spagnolo, portoghese, ecc., che sono appunto dette "lingue romanze" o "lingue neolatine". Allo stesso
tempo, anche ciascuna delle lingue sono oggi parlate nel mondo sta cambiando progressivamente,
anche se lentamente al punto da non accorgercene nemmeno. La filologia romanza e invece la
scienza che studia le antichi testi l'evoluzione storica delle lingue neolatine, sebbene chiaramente
esista anche una filologia germanica, slava ecc.
2.2 La linguistica generale
Uno dei principali esponenti della linguistica storica è stato Ferdinand de Saussure il quale ha peraltro
fondato una nuova branca della linguistica: la linguistica sincronica, vale a dire lo studio delle lingue
non nel loro mutamento, ma nella loro struttura così come essa si presenta in una singola frase. A tal
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proposito, Saussure distingue tra diacronia e sincronia, cioè fra quello che accade a una lingua del
tempo e le regole che sono costantemente alla base del suo funzionamento. Egli inoltre divide il
linguaggio in due parti: da una parte la langue, cioè l'insieme astratto di risorse e di regole che
compongono la lingua; dall'altra, la parole, cioè i comportamenti linguistici individuali. Saussure e
lavorò poi una teoria del segno linguistico, costituito dall'unione indissolubile tra significato, cioè il
concetto a cui si riferisce, e significante, cioè i suoni che lo esprimono, o meglio l'immagine acustica
tic che ogni parlante ha di quel segno. Saussure afferma inoltre che questo rapporto tra significante e
significato è arbitrario, poiché la maggior parte delle parole non sono determinate dalla loro natura
concreta: infatti, uno stesso concetto può essere espresso anche attraverso segni linguistici
completamente diversi in varie diverse lingue. Dal momento che la lingua è un sistema di parti poste
in relazione tra di loro, Saussure individuò anche due tipi di relazioni: sintagmatiche e associative. Le
relazioni sintagmatiche sono le relazioni in presenza che un segno linguistico ha con gli altri segni
che occorrono insieme a lui. Per esempio, considerando la frase Il ragazzo mangia una mela, la
parola ragazzo è posta in relazione di accordo al maschile singolare con l'articolo il, e alla terza
persona singolare con il verbo mangia. Le relazioni associative, più tardi chiamate da Hjemslev
"paradigmatiche", invece, sono relazioni in assenza che un segno linguistico ha con altri segni capaci
di sostituirlo: per esempio, al posto di ragazzo, le parole ragazzi, ragazza, ragazze; al posto di
mangia, le parole mangiò, mangerà, mangiano ecc. Saussure notò inoltre che la funzione del segno
linguistico non è determinata dalla sua natura concreta, cioè dal suo essere fatto in un certo modo,
bensì dal suo essere diverso dagli altri, la lingua, quindi, è fondamentalmente fatta di differenze. Ad
esempio, se invece di ragazzo in italiano si usasse una parola di suono diverso, il suo significato non
cambierebbe, a condizione che la parola risulti comunque diversa da tutte le parole che potrebbero
comparire al suo posto. Per chiarire questo concetto, Saussure fa l'esempio degli scacchi: se manca
un cavallo, per poter giocare non occorre trovare un altro cavallo, in quanto si potrà sostituirlo con
qualsiasi altro oggetto, a condizione che esso sia diverso da tutti gli altri pezzi della scacchiera: questo
perché ciò che definisce il cavallo, e definisce il suo ruolo, non è tanto il fatto concreto di essere un
cavallo, ma il fatto strutturale di non essere una torre, un alfiere, una regina ecc. Questo vale
chiaramente anche per i suoni della lingua: ad esempio, non ha alcuna importanza come si pronuncia
materialmente una c, essa infatti avrà sempre la funzione di una c, a patto però che la sua pronuncia
resti diversa da quella di tutti gli altri fonemi della lingua. A partire da questo assunto di fondo della sua
teoria, e dalla convinzione che non sono lingua, ma anche altre realtà umane funzionano in maniera
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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